Villa

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villa


s f. [lat. vīlla «podere, fattoria, casa di campagna»]. – 1. a. Abitazione solitamente elegante e con parco o giardino, situata sia in campagna (per lo più all’interno di un fondo rustico dello stesso proprietario), sia in zone pregevoli per il paesaggio, l’ambiente e il clima, utilizzata soprattutto nei mesi estivi o, i genere, nei periodi di vacanze: andare, stare in villa; passare, trascorrere l’estate in villa; avere una v. al mare, sul lago, in collina. Con riferimento ai varî periodi storici: le v. signorili romane, che si distinguono in v. rustiche, semplici fattorie, e v. urbane, organismi monumentali autosufficienti con edifici termali complessi per lo studio, lo sport, teatri, ecc., per es. la villa Adriana di Tivoli; le v. rinascimentali, che, relativamente semplici nell’architettura, sono spesso circondate da grandiosi parchi come la villa di Bagnaia, la villa d’Este a Tivoli, ecc.; le v. palladiane venete, come villa Capra, villa Trissino, villa Foscari, ecc., caratterizzate dalla disposizione simmetrica degli ambienti e dall’uso di frontoni e colonnati per le facciate, la cui tipologia è stata ripresa spesso in epoche successive al Cinquecento sia in Italia che all’estero (in Francia, in Inghilterra, e, più tardi, nelle colonie d’America); le v. barocche e rococò, ricche di effetti monumentali, espressione della fastosa vita di corte, come per es. le palazzine di caccia a Stupinigi, villa Doria Pamphili e villa Albani a Roma. b. Nella terminologia edilizia moderna, tipo di abitazione unifamiliare, di un certo lusso, accompagnata da un giardino più o meno esteso, che si costruisce nei quartieri residenziali più signorili della città. c. V. comunale, denominazione, in certe regioni, del giardino pubblico della città. 2. ant. Campagna; territorio in campagna, podere: gli comandò che alla v n’andasse e quivi co’ suoi lavoratori si dimorasse (Boccaccio); uomo di villa (o della v.), campagnolo, villano: Maggiore aperta molte volte impruna Con una forcatella di sue spine L’uom de la v. quando l’uva imbruna (Dante). 3. a. Nella corografia medievale, piccolo centro rurale comprendente svariate e distinte aziende agricole. Più genericam., borgo, villaggio: dopo più giorni essi pervennero a una v. la quale non era troppo riccamente fornita d’alberghi (Boccaccio); E mandono spiando assai persone Per le città, per ville e per castella (Pulci); Odi spesso un tonar di ferree canne, Che rimbomba lontan di villa in villa (Leopardi). Traccia di questo significato rimane ancor oggi in toponimi del tipo Villabate, Villalago, ecc.; in partic., toponimi come Francavilla o Villafranca si riferiscono a villaggi che nel medioevo godevano di particolari privilegi e immunità largiti da sovrani o da grandi feudatarî interessati a interrompere la continuità dei dominî dei vassalli, oppure da città che volevano avere, presso i confini, colonie fedeli. b. poet. Città (cfr. il fr. ville): Se tu se’ sire de la villa Del cui nome ne’ dèi fu tanta lite (Dante, alludendo ad Atene); Lascia tacere un po’ tuo maggior tromba Ch’i’ fo squillar per l’italiche ville (Poliziano); E rividi la mia v. diserta Da Carlo di Valese (Carducci). ◆ Dim. villétta, piccola villa, per lo più in periferia, con giardino (nell’uso ant., anche piccolo borgo: n’andò ad una villetta ivi vicina, Boccaccio), villettina, villina (per villino m., v. la voce); accr., non com., villóna, e villóne m.; spreg., non com., villùccia; pegg. villàccia. ● TAV.

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