Tintura

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tintura


s. f. [lat. tinctura, der. di tingĕre «tingere», part. pass. tinctus]. – 1. a. L’operazione di tingere, di dare un colore diverso, con coloranti che penetrano a fondo e uniformemente, a materiali e prodotti varî, e il modo stesso con cui l’operazione viene eseguita: t. di fibre tessili, di filati, di tessuti o stoffe; t. di pelli; t. della carta; coloranti, macchinarî per la t.; tecniche, metodi di t.; una t. resistente, ben riuscita. Tra i procedimenti più comunem. usati per i materiali tessili: t. diretta, mediante immersione nel bagno colorante; t. a mordente, preceduta da mordenzatura e attuata con coloranti e additivi; t. al tino, attuata con coloranti insolubili, detti coloranti al tino (v. tino1); t. in corda, t. in largo, modi di procedere nell’operazione di tintura delle stoffe (ma anche in quelle di lavaggio, follonatura, ecc.) a seconda che la pezza di stoffa venga preventivamente cucita a sacco o mantenuta tesa. Tra i metodi usati per le pelli: t. alla spazzola, adatta per pelli da valigeria; t. a spruzzo, per pelli al sommacco di concia fresca; t. in barca, per pelli a concia vegetale, consistente in un bagno in vasche di materiale inattaccabile dagli agenti chimici; t. al tino, analoga a quella dei tessili; t. al bottale, la più diffusa, adatta soprattutto per pelli al cromo. b. fig., non com. Informazione, conoscenza superficiale intorno a una determinata materia (cfr. il più com. infarinatura): ha qualche t. di lettere, di scienze, di latino. Con altro senso, macchia, taccia, fama non buona: per non esser possibile levargli quella t. della tirannide, della qual tanto tempo era già macchiato (Castiglione). 2. Lo stesso che tinta, per indicare una soluzione colorante. In partic., tinture per capelli, che si usano distinguere in: permanenti (costituite di una sostanza sintetica incolore, per es. una diamina aromatica, che penetra nel capello e viene poi ossidata con acqua ossigenata, potendo assumere colori varî, dal nero al biondo), semipermanenti o dirette (costituite da coloranti sintetici, come certi nitroderivati aromatici, o da estratti vegetali, quali l’henné, che si legano labilmente alla superficie del capello e ne sono rimossi solo dopo 5-6 shampoo) e temporanee (costituite da coloranti sintetici, per es. derivati antrachinonici, che si fanno aderire al capello mediante resine e si eliminano con un solo shampoo). 3. Nella tecnica farmaceutica, preparato liquido contenente in poco volume i principî attivi di una sensibile quantità di sostanze medicamentose in percentuale costante (20%, per gli stupefacenti 10%) e in forma facilmente assimilabile dall’organismo, ottenuto mediante macerazione o mediante percolazione di droghe vegetali, più raramente animali, in adatto solvente. Vengono dette t. acquose, alcoliche (alcoliti e alcolaturi), eteree (eteroliti), vinose (enoliti), acetiche (acetolati), a seconda del solvente usato, semplici o composte a seconda che nella loro preparazione si siano trattate una o più sostanze: tra le più note la t. acquosa di rabarbaro, la t. alcolica di belladonna, la t. eterea di valeriana, la t. vinosa di boldo. Sono impropriam. chiamate tinture alcune soluzioni di farmaci inorganici, di cui la più comune è la t. di iodio. 4. Nel linguaggio alchimistico, ipotetica sostanza nobilissima e attiva, estratta da metalli o anche da vegetali e animali, che contiene oltre il colore anche le virtù essenziali dei corpi da cui è estratta ed è capace di portare alla massima perfezione i corpi cui è applicata, producendo in essi trasmutazioni che, ove si tratti dell’uomo, sono non soltanto fisiche ma anche spirituali.

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