Solfòrico

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solforico


solfòrico agg. [dal fr. sulfurique, der. del lat. sulphur «zolfo»] (pl. m. -ci). – In chimica, di composto contenente zolfo esavalente: acido s., anidride s., ecc. 1. L’acido s., di formula H2SO4 (noto in passato come olio di vetriolo: v. vetriolo, n. 2), è il più importante di tali composti e uno dei più importanti prodotti della grande industria chimica; liquido incolore, inodore, di consistenza sciropposa, è un acido forte che, in soluzione acquosa, attacca quasi tutti i metalli (a eccezione dell’oro, del platino e, parzialmente, del piombo); è formato da una molecola di anidride solforica e una di acqua; assorbendo altre molecole di anidride solforica si trasforma in un liquido più denso, detto acido solforico fumante o oleum. In natura si rinviene, eccezionalmente, allo stato libero (per es., nelle acque del Río Tinto, in Spagna), e forma, allo stato di solfato, molti minerali (per es., il gesso è solfato di calcio biidrato); negli organismi entra nella composizione di particolari glicoprotidi e viene utilizzato dal fegato nella sintesi protettiva di alcuni prodotti del metabolismo proteico (indolo, scatolo, ecc.). L’acido solforico si prepara ossidando l’anidride solforosa (ottenuta bruciando zolfo, piriti o altri solfuri) ad anidride solforica e facendo poi combinare questa con acqua. Il primo sistema di preparazione che si è sviluppato industrialmente è il processo detto delle camere di piombo (perché le camere in cui si fa avvenire sono rivestite di piombo, inattaccabile dagli acidi), che consiste essenzialmente nell’ossidazione dell’anidride solforosa per opera di acido nitrico e ipoazotide in presenza di acqua, e nella riossidazione a ipoazotide per mezzo dell’ossigeno dell’aria degli ossidi inferiori di azoto risultanti, che possono perciò essere riutilizzati. Più moderno e più largamente impiegato è il processo catalitico o di contatto, nel quale l’anidride solforosa si combina direttamente con l’ossigeno dell’aria in presenza di catalizzatori. Per ottenere rese di conversione dell’anidride solforosa in anidride solforica dell’ordine di 99,5 ÷ 99,7%, si utilizzano catalizzatori molto attivi a base di pentossido di vanadio e si fa avvenire la trasformazione in due stadî successivi dopo ciascuno dei quali viene assorbita l’anidride solforica formatasi; in tal modo si ottiene anche il risultato di abbassare la concentrazione dell’anidride solforosa nei gas residui, diminuendone così l’impatto ambientale. Di vastissimo impiego in tutti i campi industriali, l’acido solforico viene, per es., usato a bassa concentrazione (65-75%) nella preparazione di fertilizzanti, di molti prodotti chimici (dall’acido cloridrico all’acqua ossigenata), nella preparazione di fibre tessili artificiali, in tintoria, nelle reazioni più diverse nelle quali è richiesto un acido forte in mezzo acquoso; a concentrazione maggiore nella raffinazione di olî minerali, nella preparazione di nitroderivati e di acidi grassi, nella fabbricazione di esplosivi, come agente solfonante, nella raffinazione dei petrolî, come catalizzatore, come agente disidratante. 2. L’anidride s. (o triossido di zolfo), di formula SO3, con aspetto di aghi bianchi, si forma in piccole quantità nella combustione dello zolfo e viene prodotta industrialmente per ossidazione dell’anidride solforosa da parte dell’ossigeno dell’aria, in presenza di catalizzatori; con l’acqua si combina violentemente, formando acido solforico.