Selvàggio

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selvaggio


selvàggio (ant. salvàggio) agg. e s. m. (f. -a) [dal provenz. salvatge, che è il lat. silvatĭcus: v. selvatico] (pl. f. -ge). – 1. agg. a. Di pianta, che vive e cresce nelle selve, selvatica, non coltivata: L’olmo fronzuto, e ’l frassin pur selvaggio (Poliziano); il timo e il croco E la menta selvaggia (Parini); fig.: Ben venga maggio, E ’l gonfalon selvaggio! (Poliziano), il maio, costituito da un ramo di pianta, e quindi gonfalone che viene dalla selva o dalla campagna, non cittadino. Analogam., di luogo o terreno coperto di bosco, o dove crescono piante selvatiche, e in genere non coltivato, incolto, deserto: una landa s.; quanto in più selvaggio Loco mi trovo e ’n più deserto lido, Tanto più bella il mio pensier l’adombra (Petrarca); estens., orrido: gole s. (di montagna); per s. dirupi. b. Di animali, non domestici, che vivono allo stato selvatico soprattutto nei boschi, nelle foreste: Quelle fiere selvagge che ’n odio hanno Tra Cecina e Corneto i luoghi cólti (Dante). c. Nel linguaggio medico, di microrganismo, in partic. di virus, allo stato naturale, dotato quindi di tutta la potenzialità patogena: virus s. della poliomielite. d. Di persona, che vive o è abituata a vivere lontano dalla città o da centri abitati e civili; rozzo, zotico: Con sì dolce parlar e con un riso Da far innamorare un uom selvaggio (Petrarca); anche riferito a un nome collettivo: Verranno al sangue, e la parte selvaggia Caccerà l’altra con molta offensione (Dante), la parte dei Bianchi, definita selvaggia dal poeta perché capeggiata dai Cerchi, gente rustica venuta dal contado; con allusione esclusiva al carattere, ai costumi (cfr. il più com. selvatico): in questo Natio borgo selvaggio, intra una gente Zotica, vil (Leopardi). e. estens. Non pratico, ignaro, inesperto per essere nuovo d’un luogo: siccome gente straniera e da’ lor costumi selvaggia (G. Villani); La turba che rimase lì selvaggia Parea del loco (Dante); fig., poet. raro, di cose: sorgere una stella Soleva, lunga, che parea selvaggia Del cupo cielo (Pascoli). 2. a. Di popolazioni, con forma di civiltà ancora primitiva, molto arretrata e inferiore rispetto ad altre considerate progredite e superiori: tribù selvagge; riferito ai singoli, è più spesso usato come sost.: un s., una selvaggia; una spedizione accolta con sospetto dai selvaggi. In questa accezione il termine deriva dall’antropologia evoluzionistica ottocentesca, e in partic. dallo schema elaborato dall’antropologo sociale statunitense L. H. Morgan (1818-1881), secondo il quale la cultura umana si sarebbe evoluta attraverso tre stadî, il selvaggio appunto, il barbaro e il civile, ognuno diviso in tre fasi: antica, media e recente; nella fase antica dello stadio selvaggio si sarebbe sviluppato il linguaggio, in quella media l’uso dell’ascia, e in quella recente la caccia con l’arco. Da tale periodizzazione deriva la sinonimia tra primitivo e selvaggio, che nel linguaggio comune assume il sign. di arretrato, culturalmente e socialmente inferiore. In partic., il mito del buon s., nel sec. 18°, dottrina utopistica secondo cui gli uomini primitivi, essendo più vicini allo «stato di natura», conducevano un’esistenza più libera e felice, non toccata da una civiltà e cultura corruttrice, non oppressa dalla struttura di una società organizzata sulla proprietà privata, la disuguaglianza e la sopraffazione; assunse in Rousseau un particolare rilievo e un valore polemico contro le dottrine illuministiche esaltanti la civiltà e il progresso. In araldica, si chiama selvaggio una figura che rappresenta un uomo nudo con il capo e i lombi cinti di foglie, appoggiato a una clava. Per estens., riferito a fatti, comportamenti, istituzioni, proprio di una civiltà non evoluta: vivere allo stato s.; usanze s.; riti s., ecc. b. agg. estens. Crudele, efferato, disumano: un omicidio, un delitto s.; s. rappresaglie; distruggevano tutto con furia s.; la s. violenza degli invasori; anche, più genericam., violento: era invasato da una s. passione; una s. gelosia lo accecava. Talora riferito agli elementi naturali: un s. uragano si era abbattuto sulla regione; un vento s. spazzava via ogni cosa; in geografia fisica, acque s., le acque di pioggia o temporalesche che, non essendo ancora incanalate, scorrono disordinatamente sul suolo dilavandolo furiosamente. c. agg. Riferito a manifestazioni collettive, ne sottolinea non tanto l’aspetto violento e ribelle quanto il carattere improvviso, la mancanza di preparazione e di organizzazione: protesta, contestazione s.; in partic., sciopero s. (o a gatto s., per calco dell’ingl. wildcat strike), attuato da singoli gruppi, in modo improvviso e sporadico, non preavvertito e non programmato né controllato dalle organizzazioni sindacali (secondo le varie categorie di lavoratori, tali scioperi vengono di solito annunciati sulla stampa con nomi di fantasia, suggeriti da elementi che caratterizzano le varie attività: timone s., per lo sciopero dei marittimi; aquila s., per il personale dell’aeronautica, ecc.; rotaia s. o locomotiva s., per il personale viaggiante delle ferrovie; saracinesca s., per le improvvise e non preannunciate serrate dei negozianti, ecc.). Anche, nel linguaggio giornalistico, di fenomeni e fatti sociali che insorgono e si sviluppano in modo incontrollato, e perciò spesso inarrestabili: ne seguì un’inflazione s.; un’industrializzazione, una lottizzazione s., e sim. Con sign. affine, si parla di psicanalisi s. (calco dell’espressione ted. wilde Psychoanalyse, coniata da S. Freud) per indicare, in senso generico, qualsiasi pratica d’analisi condotta con metodi approssimativi, al di fuori della disciplina acquisita dall’analista con l’analisi didattica, e, con sign. più particolare, l’atteggiamento di psicoterapeuti anche qualificati, i quali, sottovalutando i fenomeni di resistenza e di transfert, rivelino bruscamente al paziente la presunta causa dei suoi disturbi. d. s. m. (f. -a), fig. Persona sfrenata, eccessivamente vivace, o addirittura indisciplinata, irrispettosa, che non osserva le tradizionali regole di comportamento: mòderati un po’, sei proprio un s.!; spec. al plur.: erano un’orda, un branco, una banda di selvaggi che di notte facevano un chiasso indiavolato per le strade. Con uso iperb., persona ribelle, o scontrosa, non socievole, per lo più riferito a ragazzi: è un s., non riesce a fare amicizia con nessuno. ◆ Avv. selvaggiaménte, da selvaggio, come i selvaggi: vivere selvaggiamente; più spesso, in modo efferato, con ferocia, o con furia violenta: il volto della vittima era stato selvaggiamente sfregiato; l’aveva selvaggiamente frustato; l’uragano abbatteva selvaggiamente alberi e case; con uso estens., fam.: ragazzi che urlano selvaggiamente, che si rincorrono selvaggiamente.