Scadére

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scadere


scadére v. intr. [lat. tardo excadēre, lat. classico excidĕre «cadere giù o fuori», comp. di ex- e cadĕre «cadere»] (coniug. come cadere; aus. essere). – 1. Ridursi di valore, di qualità e d’importanza, o perdere in tutto o in parte il credito e il prestigio precedentemente goduti: è un prodotto che va sempre più scadendo; questo quartiere negli ultimi anni è molto scaduto; appien dal prisco grado, Dalla tua stirpe appien scaduta sei (Alfieri); con uso sostantivato: quei secoli che chiamansi mezzi, perché interposti fra lo s. della prima cultura e il crescere della novella (Gioberti). 2. a. Giungere al termine stabilito per il pagamento oppure per l’esigibilità o il rimborso di una somma di denaro, con riferimento a titoli di credito e in generale a obbligazioni economiche, impegni e accordi privati o pubblici: devo andare in banca a pagare una cambiale che mi scade oggi; l’ultima rata della macchina mi scade fra quindici giorni; il contratto d’affitto scadrà l’anno prossimo. b. Essere giunto al termine fissato come limite massimo di durata e di validità: il permesso scade a mezzanotte; il termine per la domanda di ammissione al concorso scade il 15 giugno; il tempo concesso al concorrente è scaduto; in partic., riferito a prodotti alimentari, farmaceutici e sim., superare il termine minimo di conservazione: il latte è scaduto ieri; queste medicine sono scadute. 3. ant. a. Accadere, succedere. b. Avere effetto: imperò non mi scade altra tua scusa o promessa (G. Forteguerri). c. Pervenire in eredità: di tutto ciò che a lei per eredità scaduto era il fece signore (Boccaccio). 4. Nel linguaggio marin., spostarsi di un galleggiante in senso trasversale alla sua rotta, per effetto di un vento o di una corrente laterali. Anche, perdere cammino sulla rotta prevista oppure rimanere indietro rispetto a una linea di rilevamento prestabilita o comunque a una data posizione relativa a un’altra unità navale. ◆ Part. pres. scadènte, con valore verbale, che scade: gli effetti scadenti alla fine del mese. Per l’uso come agg., v. la voce. ◆ Part. pass. scaduto, con uso verbale e di agg., che ha perso valore, pregio, validità, efficacia: un biglietto ormai scaduto; medicinali scaduti; ristorante, albergo scaduto (precisando: un ristorante, un albergo di un certo tono scaduto ormai a modesta trattoria, a locanda di terza categoria); una bellezza scaduta; non com., che ha perduto il suo grado di nobiltà, decaduto: Venezia si chiudeva melanconica e dolorosa fra le moli marmoree, come il principe scaduto che si rassegna a morire d’inedia per non tender la mano (I. Nievo).