Plurale

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plurale


agg. e s. m. [dal lat. pluralis, der. di plus pluris «più»]. – Che si riferisce a più persone o cose, che indica o esprime il concetto della molteplicità. È termine usato esclusivam. in linguistica e grammatica, in quanto costituisce un aspetto della categoria grammaticale del numero che, contrapposto al singolare (e, dove esiste, al duale, triale e quattrale), indica che le persone o le cose sono più di una (e rispettivam. più di due, tre, quattro): numero singolare e p.; sostantivo, aggettivo, pronome p. o di numero plurale; come sost.: la formazione del p.; sostantivi che non hanno il p., o usati soltanto al p., o difettivi del p.; parlare al p., o in p., usando la forma del plurale, pur riferendosi a persona singola. ◆ Il termine compare in alcune locuz. che definiscono un procedimento stilistico, caratterizzato dall’uso del plurale dove sarebbe logicamente richiesto un singolare, trattandosi di una sola persona o cosa: a. P. di maestà o ma(i)estatico (lat. pluralis maiestatis), l’uso della prima persona plurale del pronome e delle forme verbali e nominali che con essa concordano, così detto perché adottato dai sovrani e dai papi nei loro atti e discorsi ufficiali, e, per estens., da personaggi d’alto rango o investiti di cariche particolarmente importanti. b. P. di modestia o d’autore (lat. pluralis modestiae o auctoris), l’uso della prima persona plurale in un discorso o in uno scritto, al fine di evitare una troppo insistente e immodesta ripetizione del pronome di prima persona «io», o quando si vogliano considerare ascoltatori o lettori come partecipi del proprio ragionare. c. P. ellittico: l’estendere, al plurale, il valore semantico di una parola, comprendendovi anche una nozione affine, spesso di genere diverso (il femminile incluso nel maschile, per es.: i principi Sanseverino per il principe e la principessa Sanseverino). d. P. enfatico o poetico, l’uso stilistico, per ornamento letterario o effetto poetico, del plurale di un nome, con lo stesso senso generale e contestuale del singolare: esempio tipico è la parola cielo, in espressioni come nell’alto o dall’alto dei cieli.

Grammatica. – In italiano il plurale dei sostantivi e degli aggettivi (i pronomi, gli articoli e i verbi hanno flessione propria) si forma nei modi che vengono illustrati qui di seguito. I nomi e gli aggettivi maschili in -o e in -e hanno il plur. in -i (tavolo-tavoli, cane-cani, lieto-lieti, felice-felici); i femminili hanno il plur. -e se terminano in -a (finestra-finestre), -i se terminano in -e (nave-navi). Sono invariabili al plur.: i maschili e femminili in -i (il, i brindisi, la, le crisi; pari, impari, dispari); i monosillabi (il, i re; la, le gru); le parole terminanti in vocale tonica (il, i caffè; la, le virtù); i nomi in consonante (il, i lapis; il, i film). Questo Vocabolario considera regolari i nomi e gli aggettivi che rientrano nelle classi fin qui enumerate, e non ne registra quindi espressamente il plurale. In altri casi non si possono dare regole assolute. Così, dei nomi masch. in -a alcuni fanno il plur. in -i (poema-poemi), altri sono invariabili (il, i delta). Dei femm. in -ie, alcuni fanno -i (moglie-mogli), altri sono invariabili (la, le serie), di altri è ormai disus. il plur. invar. (effigie, superficie) e rimane solo quello in -i: effigi, superfici. Dei nomi femm. in -o, mano ha il plur. in -i e gli altri sono invariabili (la, le radio). Dei nomi masch. in -co, -go, alcuni fanno al plur. -ci, -gi (amico-amici, teologo-teologi), altri -chi, -ghi (elenco-elenchi, dialogo-dialoghi); lo stesso comportamento hanno gli aggettivi in -co (pratico-pratici di fronte a carico-carichi), mentre quelli in -go hanno solo un plur. in -ghi (larghi, vaghi, ecc.). I nomi in -ca, -ga fanno tutti al plur. -chi, -ghi se maschili (monarca-monarchi, collega-colleghi), -che, -ghe se femminili (banca-banche, paga-paghe). I nomi e aggettivi masch. in -io con -i- atona hanno il plur. con una -i sola se terminano in -cio, -chio, -ghio, -glio, -scio, -aio, -eio, -oio, -uio (bacio-baci, vecchio-vecchi, grigio-grigi, mugghio-mugghi, taglio-tagli, uscio-usci, saio-sai, leguleio-legulei, corridoio-corridoi, buio-bui); negli altri casi c’è scelta fra le grafie -i, î, -ii (premio: premi o premî o premii). I femminili in -cia, -gia, -scia (con i atona), sostantivi e aggettivi, fanno il plur. in -ce, -ge, -sce (lancia-lance, saggia-sagge, fascia-fasce), ma la -i- è spesso conservata nella scrittura quando ha una giustificazione etimologica (socia-socie, regia-regie; provincia-province o provincie, conscia-consce o conscie) e in genere quando la -c- o la -g- è preceduta immediatamente da vocale tonica (micia-micie, raro mice, grigia-grigie o grige; camicia-camicie o, meno frequente perché ambiguo, camice). Per ulteriori notizie sul plurale dei maschili in -io atono e dei femminili in -cia, -gia, -scia, v. la voce i, I. Un caso particolare è costituito dai sostantivi masch. che al plur. assumono la terminazione -a del neutro latino, diventando femminili (l’uovo - le uova, il lenzuolo - le lenzuola, ecc.), mentre per alcuni di essi sussistono tutte e due le possibilità, con qualche differenziazione semantica (filo, pl. i fili e le fila; braccio, pl. i bracci e le braccia; ecc.). Anomali sono i plurali di dio (dèi), uomo (uomini), bue (buoi). ◆ I sostantivi composti hanno, a seconda del tipo di composizione, quattro diversi modi di formare il plurale: alterando il solo secondo elemento (francobollo-francobolli; ferrovia-ferrovie); alterando il solo primo elemento (capostazione-capistazione); alterandoli tutti e due (terracotta-terrecotte); rimanendo invariati (il, i portamonete; il, i sottoscala). Gli aggettivi composti si comportano come se fossero semplici quando sono formati dalla giustapposizione di due aggettivi (grigioverde-grigioverdi) o hanno un aggettivo come secondo componente (sempreverde-sempreverdi), sono invariabili se la composizione è d’altro tipo (dabbene, anticarro).

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