Pècora

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pecora


pècora s. f. [lat. pecŏra, neutro pl. di pecus pecŏris «bestiame; pecora»]. – 1. a. Nome comune dei mammiferi bovidi del genere Ovis, comprendente sei specie selvatiche e numerose razze domestiche, diffuse in tutti i continenti escluse le regioni artiche e l’America Merid.: sono alte da 70 a 120 cm alla spalla e hanno corporatura robusta, muso stretto, corna (presenti nel maschio o in ambo i sessi) ricurve a spirale e coda uniformemente rivestita di peli. Le specie selvatiche comprendono il muflone (Ovis musimon), diffuso nel Medio Oriente, in Sardegna, Corsica e Cipro; l’urial (Ovis orientalis), diffuso dal Kashmīr all’Iran; l’argali (Ovis ammon), degli altopiani del Pamir, del Tibet e della Mongolia; la pecora delle Montagne Rocciose (Ovis canadensis); la pecora delle nevi (Ovis nivicola), limitata al sud-est della Siberia; la pecora bianca delle Montagne Rocciose (Ovis dalli), che vive sulle montagne dall’Alasca alla Columbia Britannica. Le varie razze domestiche si ritengono derivate dall’argali e sono allevate per la lana, la carne e il latte; tra le più diffuse si annoverano la merino, comune in tutto il mondo e probabilmente originaria dell’Africa, la karakul, allevata principalmente in Iran, dai cui agnelli vengono ricavate le pellicce di agnellino persiano e Breitschwanz; comuni in Italia sono la p. sarda da latte, la p. bergamasca, di grosse dimensioni e diffusa nelle zone prealpine ed appenniniche, e la p. gentile di Puglia. b. Nell’uso corrente, si intende per lo più l’animale domestico femmina (riservando il nome di montone per il maschio adulto, e il nome di agnello per l’animale giovane di entrambi i sessi fino a un anno d’età): un gregge di pecore; le p. belano; guidare, pascolare le p.; badare alle p.; tosare, mungere le p.; marcare le p., con segno di riconoscimento; latte di pecora; lesso di pecora, fatto con carne di pecora. c. Locuzioni fig.: dare le p. in guardia al lupo, affidare persona o cosa in mani tutt’altro che sicure; conoscere le proprie p., conoscere qualità e difetti dei proprî dipendenti (lo stesso che conoscere i proprî polli); p. nera, persona che, in una qualsiasi comunità, appare diversa dagli altri per le sue qualità negative o è comunque mal vista; p. segnata, marcata con segno di riconoscimento (soprattutto in quanto destinata al sacrificio), e, in senso fig., persona vigilata o destinata a subire una pena; prov., una p. marcia (o rognosa) ne guasta un branco, le cattive compagnie sono dannose. 2. fig. a. Con allusione all’organizzazione del gregge sotto la custodia del pastore, persona o insieme di persone affidate alla guida di un’autorità spirituale: E quanto le sue pecore remote E vagabunde più da esso vanno, Più tornano a l’ovil di latte vòte (Dante), dei domenicani che s’allontanano dalla regola di san Domenico (più com. in questo senso il dim. pecorella). b. Come esempio di mansuetudine, spesso in contrapp. al lupo, nelle favole e in frasi prov.: chi pecora si fa, il lupo se la mangia, i timidi, i deboli sono spesso vittime dei prepotenti. Con riferimento ad animale particolarm. mansueto: va’ pure sicuro col mio cavallo, è una pecora; riferito a persona ha sempre tono spreg., indicando, più che mansuetudine, viltà e codardia, obbedienza passiva al volere altrui: siete una massa, un branco di pecore; meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora (v. meglio, n. 2 a). c. Più genericam., con riferimento al sign. lat. di pecus «bestia», indica animale senza discernimento, e quindi, in comparazioni e similitudini, anche in funzione di agg., persona di scarso cervello, sciocco, babbeo: Uomini siate, e non pecore matte, Sì che ’l Giudeo di voi tra voi non rida! (Dante); possibile che siate così pecore, da non capire? 3. Carta di pecora o carta pecora, v. cartapecora. ◆ Dim. pecorèlla, raro pecorina e pecorino m.: è venuto drieto a’ lor consigli Come al pane insalato il pecorino (Pulci); accr. pecoróna, e pecoróne m. (v.); pegg. pecoràccia. TAV.

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