Paura. Finestra di approfondimento

Sinonimi e Contrari (2003)

Fabio Rossi

paura. Finestra di approfondimento

Tipi di paura - Numerosi sono i termini che esprimono il senso di forte insicurezza e smarrimento provato di fronte a pericoli o a cose o persone spaventose. Tra questi, p. è il termine più generale e meno marcato, rispetto ai sinon., che sono o più formali, o più fam., o di diversa gradazione. I sinon. più vicini a p. sono timore e spavento. Tuttavia, il primo termine è più formale (via, fate presto, e venite pure senza timore [A. Manzoni]), mentre il secondo è d’ambito più circoscritto. Infatti p. (o timore) è spesso usato in un sign. attenuato (similmente a presagio, presentimento, sospetto: è ingiustificata la tua paura di offenderlo), inadatto a spavento, che si riferisce soltanto a una reazione improvvisa di paura oppure a una forte preoccupazione: ora vado a ber l’acqua, per lo spavento che ho avuto (C. Goldoni). Terrore e panico esprimono un grado più intenso di paura, un sentimento incontrollabile: tutti non poterono frenare un brivido di terrore (G. Verga); cerca di non farti prendere dal panico prima dell’esame. Analogo, ma di grado ancora più intenso e più formale (in quest’accezione) è orrore, soprattutto in riferimento alla vista di oggetti o situazioni raccapriccianti: ogni mattina era ancora invasa dall’orrore dei sogni (L. Pirandello). Anche angoscia è di grado più intenso, ma è meno specifico di p., indicando un forte e per lo più immotivato senso di a‚izione e preoccupazione, così come affanno, ansia, pena (l’ultimo dal sign. più circoscritto e più vicino al dolore che alla paura, a parte l’espressione essere in pena per qualcuno = essere preoccupato) e sim.: pensare al futuro mi dà l’angoscia. Gli altri sinon. di p. sono tutti marcati, ora fam. e region. (fifa, spago, strizza, tremarella), ora pop. (cacarella): se la sta facendo sotto dalla fifa. Un grado meno intenso della paura è espresso da preoccupazione: egli contempla e vagheggia il suo difetto senza alcuna preoccupazione di biasimo (F. De Sanctis). D’analogo sign. sono i meno com. allarme, ansietà, apprensione, inquietudine e il più formale e intens. turbamento: si presentò dal medico con una certa apprensione; provava un turbamento nuovo, un incomprensibile timore, un’apprensione strana, adesso, nel vedersi sola, senza nessuno accanto, per le vie aperte, tra la gente che la guardava (L. Pirandello).

Avere paura - I sinon. di avere p. sono tutti marcati: paventare è lett., temere è formale, farsela sotto è fam.: non ti stimo, non ti temo, e non ho soggezione di te, né di cento de’ par tuoi (C. Goldoni). Talora anche odiare può sostituire avere p., specialmente se ci si riferisce a animali, situazioni e sim.: odio i ragni. Come già visto per il solo p., anche avere p. e temere sono spesso usati iperb., per intendere in realtà un semplice immaginare, prevedere, sospettare, supporre e sim.: ho paura che se non ti sbrighi faremo tardi; se chiedo, temo che mi neghiate il favore (C. Goldoni). Oppure avere p. e temere sono usati, sempre iperb., come preoccuparsi, darsi pensiero: non avere paura: vedrai che sarai promosso; si preoccupa di non riuscire a farsi rispettare dagli alunni.

Fare paura - Più numerosi e com. sono invece i sinon. di fare p.: mettere p., impaurire (più com. come intr. pron. impaurirsi), impressionare, spaventare: non so che gusto provi a farci impaurire così! (L. Pirandello); quando è arrabbiato mi spaventa. Intens. sono atterrire, terrificare e terrorizzare: il buio la terrorizza. Fare p. è spesso usato iperb., nel senso di meravigliare, stupire e sim.: ha una memoria che fa paura. Anche spaventare, benché di solito indichi un grado maggiore di paura, o quantomeno una reazione improvvisa, può essere usato iperb.: la sola idea di un altro trasloco mi spaventa (= mi preoccupa).

Che ha o fa paura - Interessante è il caso dei der. di p., spavento e timore, alcuni col sign. di «che ha paura» (pauroso, timoroso, spaventato), altri con quello di «che fa paura» (spaventoso e il molto più formale spaventevole: allora soltanto scoperse lo spaventoso abisso del precipizio su cui egli si cullava [G. Verga]; un fantasma spaventevole s’era buttato sopra di me e mi stringeva [I. U. Tarchetti]). Tra i primi, pauroso (con il fam. fifone) è appropriato per chi caratterialmente ha sempre paura di tutto (con i sinon. più formali pavido, pusillanime, vigliacco, vile: io non sono un uomo pauroso [A. Manzoni]), mentre timoroso indica di solito un atteggiamento di esitazione, meno intenso della paura: esce di camera timoroso guardando intorno (C. Goldoni). Quando indica vera paura (con il sinon. impaurito, che però è più per spaventi improvvisi, come spaventato), timoroso non è usato per chi ha paura abitualmente e soprattutto non compare quasi mai assol., a di‡erenza di pauroso: andando, guardava innanzi, ansioso insieme e timoroso di veder qualcuno (A. Manzoni). Assai diverso è timorato, detto di chi si fa scrupoli di coscienza talvolta eccessivi, quasi solo nell’espressione timorato di Dio: egli era un uomo timorato di Dio, casalingo e caritatevole (G. D’Annunzio). Spaventoso è talora sinon. di atroce, mostruoso, orrendo, terribile, ecc., e dunque richiama più l’idea dello sdegno morale, della bruttezza, del fastidio o del disgusto, che quella della paura: ora senti com’è spaventoso il mio peccato (G. Verga). Spesso è usato iperb., specie nel linguaggio fam., come sinon. di allucinante, enorme, esagerato, fenomenale, formidabile, inaudito, incredibile, straordinario, tremendo, ecc.: fa un caldo spaventoso. Analogo impiego, sempre nell’uso fam., può avere pauroso (s’è comprato una moto paurosa), che però designa per lo più oggetti, persone o situazioni che destano ammirazione, con i sinon. bestiale, da paura, eccezionale, fantastico, ecc.