Òsso

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osso


òsso s. m. [lat. ŏs ŏssis] (pl. -i; in senso proprio e con valore collettivo, le òssa). – 1. a. Ciascuno degli elementi, duri, resistenti, di colore biancastro, formati di un particolare tessuto connettivo differenziato (tessuto osseo), che costituiscono l’apparato scheletrico dell’uomo e degli altri vertebrati, con funzione di sostegno e talora di protezione delle parti molli; le ossa hanno in genere la superficie ricoperta di una membrana connettivale, detta periostio, oppure di uno strato di cartilagine nei punti di articolazione, mentre nel loro interno contengono per lo più, in cavità di forma e dimensioni varie, una sostanza molle, di colorito giallastro, o rossastro, o tendente al grigio, il midollo osseo: forma, struttura, costituzione delle o.; la formazione delle o. (v. ossificazione); frattura, lussazione di un osso. In anatomia si distinguono, in rapporto alla forma: ossa lunghe (femore, omero, radio, ulna, tibia, perone), costituite in genere da un corpo prismatico o triangolare (detto diafisi), con un’ampia cavità ripiena di midollo, e due estremità (epifisi), generalm. più voluminose; ossa larghe, o piatte, quelle (ossa della volta cranica, osso iliaco) in cui larghezza e lunghezza superano nettamente lo spessore, costituite da due lamine di tessuto osseo compatto fra le quali è compreso uno strato di tessuto spugnoso; ossa brevi (vertebre, ossa del carpo e del tarso), con le tre dimensioni pressoché uguali, formate prevalentemente di tessuto spugnoso, rivestito di tessuto compatto. Con riferimento alla posizione nello scheletro: ossa facciali, ossa del cranio, del torace, del bacino, della mano, del piede; osso frontale, zigomatico, palatino, iliaco, ischiatico, sacro; ossa temporali, parietali, occipitali, ecc. (molte ossa hanno peraltro una denominazione propria: sterno, clavicola, omero, ulna, radio, femore, tibia, ecc.). Per le ossa pneumatiche degli uccelli, v. pneumatico2. b. Frequenti nell’uso com. le espressioni: o. del collo, denominazione pop. delle vertebre cervicali, spec. in frasi quali rompersi l’o. del collo, riportare gravi lesioni e, in senso fig., rovinarsi finanziariamente o nella vita familiare (v. anche collo1, n. 1 b); rimetterci l’o. del collo, subire un grave danno economico; nella forma plur. ossa: avere le ossa indolenzite (dalla fatica e sim.); sentirsi le o. peste, a pezzi; un brivido, un fremito gli corse per le o.; si sentì il gelo nelle o.; rompere le o. a qualcuno, con tono scherz. o di minaccia, dare una buona dose di percosse (iron., con lo stesso senso, aggiustare, raddrizzare le o.); avere le o. dure, esser molto resistente alle contrarietà, ai colpi della sorte o degli avversarî, e sim. 2. Usi estens. e locuzioni fig.: a. Esser tutt’ossa, essere o ridursi pelle e ossa, per indicare magrezza eccessiva (con immagine poetica, in Dante: Ne li occhi era ciascuna oscura e cava, Palida ne la faccia, e tanto scema [= priva di carne] Che da l’ossa la pelle s’informava); con lo stesso senso, ma spreg., essere un sacco d’ossa. b. Essere di carne e ossa, essere un uomo, avere natura umana (non essere cioè un puro spirito), ed essere perciò soggetto a tutti i bisogni, i difetti, le fragilità umane: che vuoi, sono anch’io di carne e ossa! (a giustificazione di un errore, di una debolezza); tu medesimo di’ che la moglie tua è femina e ch’ella è di carne e d’ossa come son le altre (Boccaccio). Anche semplicem. per significare il fatto d’esser vivo; e così in Dante: Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe Che la madre mi diè (quand’ero ancora unita al corpo: è l’anima di Guido da Montefeltro che parla). Con altro senso: era proprio lui, in carne e ossa, lui in persona (per esprimere lo stupore o anche il piacere provato nel vedersi davanti inaspettatamente qualcuno); , sono io, in carne e ossa, a chi si mostra sorpreso o turbato di vederci. c. Con allusione alla durezza dell’osso: far l’osso a una cosa, abituarcisi, non farci più caso (cfr. il più com. fare il callo). d. Si riferiscono al fatto che le ossa sono la parte più interna del corpo le frasi fig. o iperb.: bagnarsi, infradiciarsi fino all’o. (meno com., fino alle o.); il vizio (del bere, del gioco) ce l’ha ormai nelle o., è in lui radicato, inveterato; e con riguardo a sentimenti, atteggiamenti: essere innamorato, repubblicano, anticlericale, ecc. fino all’o., fino nelle o., e più energicamente fino al midollo delle ossa. e. In alcune frasi fam., il plur. ossa indica il corpo umano in genere: non vedo l’ora di poter riposare le mie povere o. (o, scherz., le mie stanche o.); essendo andato a una spedizione rischiosa, lasciò l’ossa sur una strada (Manzoni); Ho tirato su Le mie quattr’ossa E me ne sono andato (Ungaretti); oppure i resti mortali (in questo senso, anche letter. e poet.): finalmente le sue o. riposano in pace; desidero che le mie o. siano sepolte nella terra dove sono nato; il sepolcro dove posano le o. dei nostri padri; la bella conca In sé chiudea del gran profeta l’ossa (Ariosto); Straniere genti, l’ossa mie rendete Allora al petto della madre mesta (Foscolo); ingrata patria, non avrai le mie o., libera traduz. delle parole latine (ingrata patria, ne ossa quidem mea habes) che Scipione Africano, come riferisce Valerio Massimo, fece iscrivere sul suo sepolcro a Literno, dove s’era ritirato in volontario esilio, per sdegno contro i tribuni della plebe che l’avevano citato e fatto condannare a grave multa. 3. Con riferimento alle parti ossee degli animali macellati (sia crudi, sia dopo la cottura): gli o. del coniglio, dell’agnello; l’o. della bistecca; mezzo chilo di carne senz’osso; questa carne è tutta ossi; ho preso un po’ d’ossi per il brodo; una fetta di prosciutto vicino all’o.; rodere, ripulire un o.; gli è rimasto in gola un o. di pollo; dare gli o. ai cani; o. buco, v. ossobuco. In frasi fig.: si prende sempre lui tutto il meglio, e agli altri non lascia che gli o.; troppi cani attorno a un o., come due cani attorno a un o., e sim., di persone che si contendono con accanimento il possesso di qualche cosa; è un o. duro (da rodere), di cosa che presenti serie difficoltà: temo che questa faccenda sarà un o. duro da rodere; l’algebra è sempre stata un o. duro per lui; anche, di persona poco malleabile, che non si lascia convincere facilmente: dovrai penare per averla vinta con lui, è un o. duro; essere un o. in gola, di persona antipatica, di cosa che dia preoccupazione e fastidio o a cui non ci si riesca a rassegnare; essere all’o., esser ridotto all’o., aver finito le riserve, la roba, i risparmî, non aver più nulla da ricavare o da guadagnare; risparmiare, fare economie fino all’o., fino al massimo limite possibile (per la frase economie fino all’o. di Q. Sella, v. economia, n. 1 b); posa l’o.!, sputa l’o., in usi pop. e scherz., per invitare qualcuno a rendere ciò che ha preso, o anche, nella seconda forma, a confessare francamente quello che ha da dire. 4. a. Con uso limitato al sing., l’osso animale adoperato come materia prima per la fabbricazione di oggetti varî: bottoni d’osso; fibbia, pettini d’osso; anche assol., per indicare oggetti d’osso: Bellincion Berti vid’io andar cinto Di cuoio e d’osso (Dante). b. Nella lavorazione industriale: grasso d’ossa, sottoprodotto della lavorazione delle ossa, sostanza più o meno fluida di colore dal giallo al bruno e di odore talora disgustoso, ottenuta per estrazione con vapore d’acqua (grasso d’ossa naturale) o con solvente (grasso d’ossa d’estrazione), e usata nella fabbricazione di saponi, candele, lubrificanti; olio d’ossa, liquido giallo inodore, ottenuto trattando con acqua calda ossa fresche o ben conservate, oppure spremendo a bassa temperatura grasso d’ossa di buona qualità, usato in conceria e come lubrificante. 5. Per estens., materia o sostanza simile, per il colore, la durezza o altre caratteristiche, all’osso. In partic.: a. Osso artificiale, materiale derivato dalla caseina, sinon. di galalite. b. Osso di balena, la sostanza cornea dei fanoni della balena, usata soprattutto per la fabbricazione di stecche per busti femminili. c. Osso di seppia, la conchiglia interna delle seppie e di altri cefalopodi, costituita da poca sostanza organica e da molta sostanza calcarea a struttura schiumosa e leggera (Ossi di seppia, titolo di una raccolta di poesie di Eugenio Montale, pubblicata nel 1925). d. region. Il nòcciolo di alcuni frutti: l’o. della pesca, della susina, della ciliegia. e. Ossi di morto, piccoli dolci fatti di pasta di mandorle o di marzapane, di forma varia (in qualche luogo rotondi come le «fave dei morti», in qualche altro lunghi o simili a piccole tibie), tradizionali in alcune regioni per il giorno dei Morti. ◆ Dim. ossétto, ossino, ossicino (v.), meno com. ossicciòlo, ossicèllo, ossùccio; accr. ossóne; pegg. ossàccio.

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