Microscòpio

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microscopio


microscòpio s. m. [comp. di micro- e -scopio, termine coniato (sull’analogia di telescopio) dallo scienziato e accademico linceo J. Faber, nel 1625, per designare lo strumento inventato da Galileo e da lui chiamato occhialino]. – 1. Strumento atto a dare immagini ingrandite, usato per l’osservazione o la fotografia di oggetti molto piccoli (di solito opportunamente preparati secondo la tecnica microscopica), costituito da una lente (m. semplice, o più comunem. lente d’ingrandimento) o da più lenti (m. composto). M. ottico, il più comune, di tipo composto, costituito schematicamente da uno o più obiettivi (in tal caso sistemati in una torretta portaobiettivi a revolver) e da un oculare a distanza costante da essi: l’immagine formata dall’obiettivo viene ulteriormente ingrandita dall’oculare, sicché si ottiene un rapporto di ingrandimento molto maggiore di quello ottenibile mediante un solo sistema ottico; la messa a fuoco avviene (a differenza dei telescopî, binocoli, ecc.) spostando tutto il sistema ottico rispetto all’oggetto posto su di un piano (detto portaoggetti) e coperto con una lastrina di vetro (detta coprioggetti); a seconda che l’oggetto sia poco, molto o per nulla trasparente l’illuminazione necessaria avviene rispettivamente per trasmissione (o trasparenza) o a campo chiaro (quando all’obiettivo giunge la luce che attraversa il preparato), per diffusione o a campo oscuro (quando il preparato è illuminato in modo che all’obiettivo giunge solo la luce da esso diffusa), oppure per riflessione (quando l’obiettivo raccoglie la luce riflessa dalla superficie dell’oggetto). Altre tecniche di illuminazione, di impiego più recente, sono utilizzate: nel m. a contrasto di fase, che rende osservabile la struttura interna di un oggetto trasparente a debole contrasto (per es. una cellula vivente) convertendo in differenze di intensità le differenze di fase che si producono tra la luce che attraversa le parti interne (non omogenee) del campione e la luce diretta proveniente dal piano su cui questo è posto; nel m. a fluorescenza, in cui il preparato, illuminato con luce ultravioletta, viene trattato con opportune sostanze coloranti che emettono per fluorescenza nel campo visibile; nel m. polarizzatore, in cui il campione è posto tra due nicol (funzionanti rispettivam. da polarizzatore e da analizzatore), usato soprattutto in mineralogia, nell’osservazione di strutture microcristalline, identificabili in base agli effetti cromatici derivanti dal loro diverso potere birifrangente; nel m. invertito, in cui il sistema di illuminazione e il sistema ottico sono rovesciati rispetto a quelli di un normale microscopio ottico, il che permette di esaminare la parte inferiore del preparato (per es. di colture cellulari in vitro). Se l’esame dell’oggetto viene effettuato in luce visibile, l’ingrandimento massimo non può superare il migliaio di volte, non potendo la distanza minima apprezzabile tra due punti dell’oggetto (l’inverso del potere risolutivo) essere inferiore a 0,2 micron, dato che la luce, incidendo su un oggetto di dimensioni paragonabili alla sua lunghezza d’onda, dà luogo a fenomeni di diffrazione, con la conseguente impossibilità di ottenere immagini nitide; per aumentare il potere risolutivo e quindi il numero degli ingrandimenti utili si usano microscopî ottici fotografici che impiegano, in luogo della luce visibile, radiazioni di minore lunghezza d’onda, come i m. a luce ultravioletta e i m. a raggi X. Tra i microscopî ottici si distinguono inoltre: m. binoculare (o bioculare), a un solo obiettivo e due oculari, in cui un sistema di prismi divide in due e convoglia verso i due oculari il fascio di luce proveniente dall’obiettivo consentendo un’osservazione più agevole; m. universale, costruito a blocchi e atto, mediante l’interscambio dei dispositivi, all’osservazione con diversi metodi di illuminazione; m. normale, microscopio monoculare con obiettivi intercambiabili su supporto a revolver, con illuminazione a campo chiaro e che realizza immagini ingrandite fino a 300 volte. M. elettronico, particolare tipo di microscopio in cui l’osservazione dell’oggetto è realizzata tramite un fascio di elettroni e quindi a lunghezza d’onda molto piccola (dell’ordine di 10-3 nm): ciò permette di ingrandire l’oggetto più di 100.000 volte e di ottenere un potere risolutivo dell’ordine di 0,1 nm; il m. elettronico a trasmissione è costituito da una sorgente elettronica (generalmente un catodo termoelettronico), da un cannone elettronico e da un sistema di lenti (elettrostatiche e magnetiche) che focalizzano e deflettono il fascio di elettroni, il quale attraversa il preparato producendone l’immagine ingrandita su uno schermo fluorescente o su una pellicola fotografica; il m. elettronico a scansione consente di ottenere una profondità di campo molto maggiore di quella del microscopio ottico, grazie al fatto che il fascio di elettroni viene deflesso magneticamente in modo da esplorare (o scandire), muovendosi su diversi piani paralleli, tutta la superficie dell’oggetto esaminato. M. a emissione di campo, caratterizzato da ingrandimento e risoluzione assai maggiori di quelli dei microscopî elettronici, nel quale il campione viene deposto su una punta e, sotto l’azione di un campo elettrico molto intenso, emette elettroni o ioni positivi (in tal caso si parla di m. ionico) che raggiungono uno schermo fluorescente. M. acustico, strumento usato per evidenziare alcune caratteristiche fisiche microscopiche di un materiale opaco mediante onde elastiche ultrasonore: trova applicazione in elettronica (nello studio di circuiti integrati), in metallurgia (per evidenziare difetti strutturali di un oggetto metallico), in biologia (quando non sia possibile usare la microscopia ottica basata sulla colorazione selettiva dei tessuti). 2. In espressioni fig.: guardare, esaminare, osservare qualche cosa col m., con attenzione e pedanteria eccessiva, soprattutto per scoprire difetti e sim.: cosa da guardarsi col m., che non si vede senza il m., straordinariamente piccola. TAV.

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