Mercato

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mercato


s. m. [lat. mercatus -us, der. di mercari «far commercio, trafficare»]. – 1. a. In senso concr., il luogo, per lo più all’aperto, dove avvengono le contrattazioni per la vendita e l’acquisto di determinati prodotti e dove normalmente s’incontrano, tutti i giorni o in giornate stabilite, compratori, venditori e intermediarî per effettuare transazioni commerciali relative a merci varie o anche a una sola merce: m. generali, quelli che nelle grandi città sono adibiti alla raccolta, alla vendita e alla conservazione dei beni di consumo provenienti dalla produzione per lo smistamento ai m. al minuto; sono invece mercati speciali il m. del pesce, della carne, dei foraggi, dei fiori, ecc. M. delle pulci (traduz. del fr. marché aux puces), luogo dove si vendono oggetti vecchi o usati di ogni tipo, in genere privi di particolare valore; m. dell’usato, v. usato. Con sign. più partic., la piazza o altro luogo di una città dove si vendono al minuto generi commestibili (carne, pesce, erbaggi, frutta, ecc.) e anche altre cose di uso giornaliero: piazza del m.; m. all’aperto, m. coperto, realizzati spesso secondo sistemi costruttivi rispondenti a esigenze di comodità e d’igiene e non di rado con carattere di monumentalità che reca l’impronta del tempo in cui sono stati costruiti; m. rionale, lo stesso che mercatino; andare al m.; fare la spesa al m. (anticam., soprattutto nell’uso tosc., si diceva in questo senso in m., senza articolo, riservando l’uso dell’articolo per le riunioni periodiche di vendita o di contrattazione: portare i buoi al m.; il sabato, tutti i contadini vengono al m. in paese). In senso fig., sembra un m., par d’essere al m., di luogo o ambiente dove si faccia gran confusione, gran vocìo, o dove si odano parole sconvenienti; fare un m., far confusione (tre donne fanno un m., e quattro una fiera, proverbio citato anche in altre varianti); con senso analogo: non siamo al m.!; credete d’essere al m.?, e sim. b. Più astrattamente, la riunione di compratori e venditori, di produttori e grossisti, ecc., che si fa in luoghi e giorni fissi per la vendita di beni o prodotti determinati, con il concorso di persone anche da centri più o meno vicini: m. bovino, equino; il m. del bestiame si fa da noi tutti gli anni per s. Lucia; m. settimanale; venerdì è giorno di m.; oggi c’è stata grande affluenza al m.; è un m. assai frequentato. c. Per estens., talora, la roba stessa offerta in vendita: m. povero, scarso; non com., c’era grande m. di latte, ce n’era abbondanza. 2. Con sign. più ampio, in ogni economia basata sulla divisione del lavoro, il momento dello scambio generalizzato di beni e servizî. In partic.: a. L’àmbito (non necessariamente determinato topograficamente) delle contrattazioni e degli scambî di beni (o servizî) in quanto ne determinano la fissazione del prezzo e il suo andamento (con sign. più astratto, nella teoria economica, la struttura dei prezzi relativi di beni e servizî e delle loro variazioni, in quanto fornisce ai produttori informazioni indispensabili per decidere cosa produrre e in quale quantità, e ai consumatori informazioni sulla scarsità relativa dei prodotti): m. locale, regionale, nazionale, europeo, mondiale, interno, estero; prodotti che non si trovano, che sono rari sul m.; generi temporaneamente spariti dal m.; gettare, immettere sul m., porre in vendita gran quantità di merce anche a scopo speculativo, per far cioè ribassare i prezzi. b. L’insieme degli operatori legati da determinati rapporti d’affari (sia che si incontrino effettivamente, sia che comunichino per telefono o per posta, ordinaria o elettronica), o, sotto altro aspetto, l’insieme delle operazioni relative a un determinato bene o gruppo di beni, fungibili o infungibili: m. dei grani, delle materie prime, dei cambî, dei preziosi; m. immobiliare; m. delle aree fabbricabili; m. delle opere d’arte, ecc. In un senso più ampio: m. dei prodotti, m. dei servizî produttivi; m. dei capitali, distinto in m. monetario, che si svolge tra banche e in cui si scambiano capitali a breve termine, e m. finanziario, che si svolge nelle Borse valori e in cui si trattano capitali a lungo e medio termine; m. dei titoli e m. dei cambî; si parla inoltre di m. del lavoro, per significare il rapporto che, in una determinata situazione economica, si istituisce tra domanda e offerta, rapporto dal quale dipende il prezzo del lavoro stesso (cioè il salario). Per analogia, nel calcio, m. dei giocatori (o calciomercato), l’acquisto o cessione d’atleti tra le varie squadre. Per l’espressione polemica m. delle vacche, v. vacca. c. Il complesso delle contrattazioni e i modi in cui si svolgono: m. all’ingrosso, per le contrattazioni tra produttori e commercianti, m. al minuto, per la vendita al consumatore; m. ufficiale, in cui le transazioni si svolgono secondo modalità prescritte dalla legge o sotto la direzione di enti o organi pubblici; m. clandestino o m. nero, quello che, in un regime di prezzi calmierati, si svolge senza rispettare le limitazioni e i divieti imposti dalla legge per il commercio di determinati beni o prodotti; m. libero, aperto, che si svolge in regime di libera concorrenza; m. chiuso, regolato, vincolato, quando lo stato fa sentire il peso della sua volontà nel gioco della domanda e dell’offerta; m. a pronti, m. a immediata consegna, m. a termine, ecc. Nelle contrattazioni di borsa, m. ridotto o ristretto, lo stesso che mercatino1 o borsino2 (v.); nel gergo degli operatori di borsa e nel linguaggio giornalistico, per calco di espressioni ingl., m. toro (bull market), un mercato con prezzi al rialzo, e m. orso (bear market), un mercato con prezzi al ribasso. Per estens., m. muto, in etnologia, usanza ancora in vita, per es., presso certe tribù dell’Amazzonia, di scambiarsi cibarie e merci varie senza venire a reciproco contatto ma semplicemente lasciandole in un luogo convenuto. d. Con riferimento alle possibilità di collocamento continuativo di un prodotto: m. reale, quello già esistente, distinto dal m. potenziale, quello che si può suscitare adeguando l’offerta ai gusti e ai redditi di nuovi possibili consumatori e ricorrendo alla pubblicità. Ricerca (o indagine) di mercato, in senso stretto, qualsiasi indagine svolta direttamente dall’impresa o, per suo conto, da appositi istituti, agenzie di pubblicità e sim., allo scopo di raccogliere e valutare elementi per meglio conoscere le possibilità di collocamento di un dato prodotto o servizio e il suo potenziale sviluppo. Con altro sign., ricerca di m., lo stesso che analisi di m. (v. analisi, n. 5 b). Nella scienza economica, si distinguono inoltre più forme (o regimi o configurazioni) di mercato, in base a classificazioni più o meno complesse che variano a seconda delle diverse scuole; così, per es., in relazione alla concorrenza che si istituisce tra gli offerenti di beni e servizî, si hanno l’omeopolio, l’eteropolio e il monopolio, cui corrispondono, dal lato della domanda, l’omeopsonio, l’eteropsonio e il monopsonio (v. le singole voci). e. Con riferimento alla centralità e all’importanza che il mercato e i suoi meccanismi hanno nelle società capitalistiche, si parla di leggi di m., con partic. riguardo alle leggi della concorrenza; e di economia di m., per indicare quella propria dei regimi liberistici, basata sulla libera iniziativa individuale (in contrapp. a economia di piano o a programmazione centrale). 3. M. comune, spazio economico comune a più stati, che comporta l’eliminazione delle barriere doganali e degli altri ostacoli al commercio tra gli stati membri, nonché una politica commerciale comune verso i paesi terzi: tale era il m. comune europeo previsto dai trattati istitutivi delle Comunità europee; a partire dal 1987, con l’entrata in vigore dell’Atto unico europeo, è invalsa l’espressione m. unico o interno, che indica uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizî e dei capitali. 4. a. L’andamento delle contrattazioni commerciali e anche il complesso delle offerte e delle richieste di un determinato bene che si verifica in un dato luogo e momento contribuendo alla formazione del prezzo: m. languido, fiacco, morto; m. sostenuto, quando i prezzi si mantengono alti; m. fermo, nel quale mancano domanda o offerta di merci, titoli o altri valori o gli operatori insistono nei prezzi richiesti; vendere a prezzo di m.; quest’anno il m. è basso, la richiesta è scarsa; è una merce che in questo momento non ha m., non ha richiesta. Ant., fare gran m., dare via la roba a basso prezzo: gli convenne far gran m. di ciò che portato avea (Boccaccio); avere buon m., comprare per poco; fare un cattivo m., un contratto di compra o vendita svantaggioso. b. Di qui, per estens., il prezzo corrente di una merce, o più genericam. il prezzo a cui un prodotto si vende o s’acquista, soprattutto nella locuz. a buon m., a poco prezzo; comprare, acquistare, vendere, dare via a buon m.; quest’anno la verdura si trova a buon m. (nel comparativo più a buon m., non a più buon m.; meno com. a miglior mercato). In senso fig.: lodi, titoli, onori a buon m., distribuiti con larghezza; fama acquistata a buon m., con poca fatica; cavarsela a buon m., senza grave danno. Sotto m. (o sottomercato), a un prezzo inferiore a quello corrente: vendono sotto m. per vincere la concorrenza; sopra m. (ant. sopra il m.), oltre il convenuto, per giunta, per sovrappiù (oggi per lo più in senso fig. e comunem. con grafia unita: in o per soprammercato: v. soprammercato). 5. fig. Traffico di cose non venali; mercimonio: fare m. della giustizia, del proprio onore, della propria coscienza; scrittori che fanno m. della penna, che se ne servono a scopo di lucro; fare m. del proprio corpo, prostituirsi; turpe, vile, vergognoso mercato. In diritto penale, mercato di voto, reato commesso da chi, in un’elezione politica o amministrativa, offre o riceve denaro o qualsiasi bene per far votare o per votare in un determinato modo, o anche per astenersi dal voto. ◆ Dim. mercatino (v. mercatino1).

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