màrtire s. m. e f. [dal lat. tardo (eccles.) martyr -y̆ris; gr. μάρτυς -υρος, propr. «testimone»]. – 1. Nel cristianesimo primitivo, parola che designò in un primo tempo gli apostoli, cioè i testimoni qualificati della vita e della resurrezione di Cristo; successivamente fu riferita a tutti coloro che attestavano la verità del cristianesimo, dando prova, in circostanze pericolose, di fede incrollabile; in periodi di persecuzione l’appellativo finì per essere riservato a coloro che sigillavano col sacrificio della vita la confessione della loro fede (mentre chi aveva sofferto persecuzione, senza perdere la vita, riceveva l’appellativo di confessore): i martiri di Cristo; santa Lucia vergine e martire; il sangue, le ossa dei martiri. Dal 1800 in poi furono così denominati, da parte cattolica, i cattolici inglesi vittime delle persecuzioni ai tempi di Enrico VIII ed Edoardo VI, nella prima metà del Cinquecento, e, da parte protestante, i luterani, calvinisti, ecc. arsi nei paesi cattolici o ad opera di sovrani cattolici; m. anglicani, le vittime della restaurazione cattolica di Maria Tudor, nella seconda metà del Cinquecento. 2. Per estens., nell’uso mod., chi si sacrifica volontariamente, con piena coscienza delle pene o dei pericoli cui va incontro, per un motivo religioso, un alto ideale, una generosa causa e sim.: i martiri musulmani; un m. della scienza, del libero pensiero; i m. dell’indipendenza italiana, greca, polacca; i m. di Belfiore, denominazione tradizionale del gruppo di patrioti che furono giustiziati dagli Austriaci sugli spalti di Belfiore (