Madre

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madre


(ant. matre) s. f. [lat. mater -tris]. – 1. a. Donna che ha concepito e partorito; genitrice: m. tenera, affettuosa, amorosa; m. snaturata; amore di m.; m. di molti figli; diventare m., avere il primo figlio; ragazza m. (o anche, ma oggi poco com., m. nubile), giovane donna che ha figli senza essere sposata; generalm. senza articolo quand’è preceduto da un agg. poss. (ad eccezione di loro): mia m., tua m., sua m., nostra m., vostra m.; hai visto la loro madre? Nel vocativo è d’uso esclusivam. letter.; nell’uso com. si preferisce mamma. Locuz. più frequenti: m. di famiglia, donna che cura personalmente i figli e il buon andamento della casa; la m. è sempre m., per indicare il suo generoso amore fatto di sacrificio e di abnegazione; sono madre o sono la m., è una m., e simili, per scusare l’eccessiva indulgenza verso i figli; e viceversa, non ha cuore o non ha viscere di m., riferendosi a madre egoista o comunque scarsamente sollecita dei figli; per parte di m., di parentela per via materna. Non com., m. spirituale, la madrina che tiene a battesimo. M. nobile, nelle compagnie del teatro drammatico (dalla fine del sec. 18°), ruolo di attrice con parti relativamente importanti di donna matura e d’alta condizione, che poteva assumere l’importanza di una parte di prima attrice (gli corrispondeva il ruolo maschile di padre nobile). Regina m., titolo che si dà alla regina quando, rimasta vedova, subentra nel governo il figlio. M. di Dio, Vergine m., la Madonna, invocata anche come m. dei peccatori, m. di misericordia, di grazia, di carità, ecc. Gran Madre, epiteto (traduz. del gr. Μεγάλη μήτηρ e lat. Magna Mater) con cui nella letteratura storico-religiosa sono designate le grandi divinità femminili che si presentano come madri originarie degli dèi, e in partic. la dea Cìbele o Cibèle, il cui culto passò anticamente dai Frigi alla Grecia e dalla Grecia a Roma, diffondendosi poi in tutto l’Occidente romano; analoghe figure sono assai diffuse anche in culture extraeuropee come simbolizzazione della Terra quale elemento femminile contrapposto al Cielo, come divinità fecondatrice e, talora, come divinità creatrice dell’universo. In antropologia, il concetto di madre assume un carattere eminentemente culturale e sociale, distinto da quello di genitrice, soprattutto con riferimento a casi di madri non genitrici (per es., nell’adozione) in cui risulti preminente la funzione di cura della prole. In genetica (ma con linguaggio giornalistico), m. surrogata (dall’ingl. surrogate mother), o m. ospite, m. sostituta, m. in affitto, quella che presta il proprio utero per la gestazione di un ovulo fecondato in vitro e appartenente ad altra donna (taluni peraltro distinguono la m. surrogata, che donerebbe anche l’ovulo, dalla m. sostituta, che provvederebbe soltanto alla gestazione). b. Per estens., la parola è usata anche con riferimento ad animali, spec. domestici: il micino gioca con la madre. In pollicoltura, m. artificiale, apparecchio che sostituisce la chioccia nel periodo dell’allevamento dei pulcini, costituito da una cameretta in cui si mantiene una temperatura elevata, e dalla quale i pulcini possono uscire in un reparto a temperatura più bassa, dove trovano l’alimento. 2. Titolo reverenziale che si premette ai nomi delle suore professe o di quelle che rivestono un grado o esercitano una carica nei conventi (non alle converse e alle novizie): m. Teresa; la m. badessa; anche come vocativo: mi ascolti, madre. 3. In usi fig., per mettere in rilievo un rapporto affettivo, o un rapporto di origine, di discendenza: a. Donna che adempie alle funzioni di madre senza essere tale: è stata una m. per lui. b. Attributo riferito, per analogia, alla Terra: la terra m. o la m. terra, la m. di tutti, la gran m. antica, la nostra m. antica (l’antica m. è anche espressione talvolta riferita a Eva, intesa come la progenitrice del genere umano); o alla natura: quella [natura] Che veramente è rea, che de’ mortali Madre è di parto e di voler matrigna (Leopardi); anche, più esplicitamente, m. natura, spesso scherz.: come m. natura l’ha fatto, nudo, o con le caratteristiche fisiche che ha dalla nascita; alla Chiesa: m. dei santi; m. dei fedeli; (la) santa m. Chiesa; alla patria: Non è questa la patria in ch’io mi fido, M. benigna e pia, Che copre l’un e l’altro mio parente? (Petrarca). c. Causa, origine (soltanto con riferimento a sost. femminili): l’esperienza è m. di scienza; Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, Non la tua conversion, ma quella dote Che da te prese il primo ricco patre! (Dante). d. Con valore attributivo, posposto o premesso al sost. che determina (in questo secondo caso può scriversi talvolta in una parola sola): idea m., l’affermazione più importante, fondamentale, di un’argomentazione, di una teoria, ecc.; lingua m., la lingua da cui altre derivano (per es., il latino rispetto all’italiano); m. lingua, la lingua materna (v. madrelingua); m. patria, v. madrepatria; scena m., v. scena; scheda m., in informatica, v. motherboard. Abbazia m., quella da cui sono derivate e dipendono altre abbazie; casa m., la casa religiosa di un ordine, da cui dipendono altre, e anche la casa commerciale principale in relazione alle filiali. Chiesa m., o chiesa matrice (lat. ecclesia matrix), nei primi secoli del Cristianesimo, quella da cui la predicazione evangelica si è diffusa nelle zone circonvicine; successivamente, ogni chiesa da cui sono derivate altre; in partic., nel linguaggio delle decretali, la chiesa che ha una superiorità gerarchica sulle altre (chiesa madre per eccellenza è la Chiesa di Roma, poi le chiese metropolitane e quelle vescovili). 4. Come sinon. di matrice, o con sign. affini: a. Nell’uso pop., ant., utero (per es., nell’espressione mal di madre, l’isterismo, termine che etimologicamente è connesso con l’utero). b. Oggetto che ne contiene un altro, o strumento che serve a dare forma particolare a un pezzo o a una serie di pezzi uguali (cfr., in partic., madreforma e madrevite); anche, la parte principale degli antichi astrolabî, costituita da un disco d’ottone circondato da un rilievo circolare che forma una cavità cilindrica (nella quale sono alloggiate le lamine) e dotato di un anello per la sospensione dello strumento. c. La parte di un registro o di un blocchetto a due moduli (detto appunto a madre e figlia) che si conserva come documento per eventuali accertamenti, mentre l’altro modulo (cioè la figlia) si stacca e si consegna come ricevuta. 5. In botanica: a. Sinon. di ceppaia. b. Pianta m., quella, coltivata o no, che, in modi o con mezzi diversi, genera altre piante. c. M. del sughero, la zona viva della corteccia secondaria della sughera, cioè la zona del fellogeno, dalla quale si forma il sughero che viene messo in commercio. 6. In citologia, cellula m., la cellula che in seguito a mitosi dà origine a due nuove cellule (che rispetto alla prima possono dirsi cellule figlie). 7. In geologia, roccia m., v. roccia (n. 1 b). 8. a. M. dell’aceto, la pellicola più o meno consistente che gli acetobatterî (Acetobacter aceti) formano sulla superficie dei liquidi in corso di acetificazione; analogam., m. del vino, velo biancastro che certi lieviti formano alla superficie di esso. b. Acqua m., il liquido residuo, saturo, che rimane dopo la parziale cristallizzazione del soluto presente in una data soluzione (per es., le acque madri delle saline). 9. In anatomia, dura m. e pia m., denominazioni tradizionali delle meningi che sono a contatto rispettivam. della teca cranica e rachidea e del parenchima nervoso dell’encefalo e del midollo spinale.

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