Giusto¹

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giusto1


giusto1 agg. [lat. iūstus, der. di ius iuris «diritto»]. – 1. a. Di persona, che osserva i principî della giustizia, che opera e giudica secondo giustizia: uomo g.; giudice g. con tutti; fam., siamo giusti!, invitando altri e sé stessi a un giudizio obiettivo e imparziale: siamo giusti!, non poteva comportarsi meglio di così. Per antonomasia, attributo della divinità: Dio è g., è immensamente g.; il g. Dio; e come esclam. (pronunciato con vario tono, talvolta d’impazienza), Dio giusto! b. In senso religioso-morale, e per lo più come s. m., chi vive o è vissuto rettamente, procedendo nella via del bene e seguendo i precetti della religione: Cristo giudicherà i g. e i reprobi; spesso patisce il g. per il peccatore; il regno o la sede dei g., il paradiso; dormire il sonno dei g., il riposo eterno (fig., dormire il sonno del g., dormire profondamente e tranquillamente); anche il g. cade sette volte al giorno, frase proverbiale, adattamento del versetto biblico (Proverbi, 24, 16) Septies enim cadet iustus et resurget, impii autem corruent in malum «perché il giusto potrà cadere sette volte ma si rialzerà, mentre gli empî precipiteranno nel male» (riecheggiato anche nel Vangelo, da Luca 17,4 e con altro spirito da Matteo 18,21-22). 2. Riferito a cosa: a. Che è conforme a giustizia, ossia, propriamente, a un diritto naturale o positivo; che è detto o fatto con giustizia: pronunciare una g. sentenza; dare un g. castigo, una g. pena; avere il g. premio, proporzionato al merito; fare le parti g., distribuire in parti uguali o in modo proporzionato al diritto di ciascuno; fare le cose g., essere imparziale. Che è fondato sulla giustizia: combattere una guerra g.; lottare per una g. causa. Con sign. particolare, nel linguaggio giur. e sindacale, g. causa, v. causa, n. 1 b. b. Legittimo, che ha un motivo ragionevole: g. desiderio, g. risentimento, g. collera; essere infiammato di g. sdegno; acconsentire a una g. richiesta. c. Che ha radici nel vero, che risponde a verità: hai detto una cosa molto g.; è una g. osservazione; a dirla giusta, per dire la cosa com’è veramente. d. Che risponde perfettamente alle esigenze, allo scopo, o all’uso a cui è destinato; quindi adatto, appropriato, conveniente, opportuno: l’abito mi sta g.; le scarpe, il cappello, i guanti mi sono g.; non trovo la parola g.; dare il g. rilievo a una cosa; questo mi pare il momento g. per agire; sei arrivato al punto giusto. e. Che è nella misura, nella quantità richiesta, che è appunto come deve essere, quindi normale, regolare e sim.: portare a g. cottura; assaggia se la minestra è g. di sale; ridurre alle g. proporzioni; pranzare, andare a letto all’ora g.; ha l’età g. per prendere marito; persona di statura g. (o giusta di statura), di statura media; mi pare un prezzo g. (anche s. m., pretendere, pagare il g., il prezzo che una cosa realmente vale); nel linguaggio econ., g. prezzo, g. salario, indipendentemente da qualsiasi valutazione di carattere etico, quelli che risultano sul mercato dall’incontro della domanda e dell’offerta (in altro senso, con riferimento alle teorie dei canonisti e teologi medievali, g. prezzo, prezzo equo regolato dalla legge morale anziché da leggi di mercato, quello cioè destinato a permettere al venditore non di arricchirsi ma di continuare a vivere secondo il proprio rango sociale). f. Esatto, preciso: colpire nel punto g.; bilancia g., quella che dà una misura precisa; dare il peso g. (nella vendita); dimmi l’ora g.; ci vogliono tre ore giuste; e in diretta contrapp. a errato, sbagliato: il conto è g.; la soluzione del problema è g.; dare una g. interpretazione; questa mi pare la via g. (fig., la g. via, la via del bene, della rettitudine morale). g. In musica, intervalli g., gli intervalli che non hanno alternative di maggiore e minore quando essi si trovano al loro stato normale: quarta g., quinta g. (= do - fa, do - sol). 3. a. Sostantivato con valore neutro, solo al sing., ciò che è giusto, la giustizia: volere, operare il g.; essere nel g., avere ragione; ciò che è dovuto di diritto, ciò che spetta: non chiedo che il g.; pagare il g., pretendere il g.; dare a ciascuno il g.; ha avuto il suo g., ciò che meritava (spec. di punizione, castigo); la giusta misura: lungo, largo meno del g.; ti lamenti più del giusto. b. In funzione di predicato, rispondente o conforme a giustizia: mi sembra g. ciò che dici; non è g. trattarlo così; con questo sign., nell’uso fam. anche giusta: non è giusta trattarlo così; a me non mi par giusta; e in forma ellittica, per approvare un’affermazione o un’azione altrui: è giusto!, è troppo g.!, quello che è giusto è giusto! (anche senza il verbo: giusto!; giustissimo!). 4. Con valore di avv.: a. Esattamente, con precisione: hai detto g.; hai risposto g.; il mio macellaio non pesa mai g.; colpire, mirare g., nel segno. b. Per l’appunto, proprio: l’ho incontrato g. ora; sei arrivato g. in tempo; cercavo g. te; anche in forma esclamativa: g.!, venivo in cerca di te; raddoppiato: ho fatto giusto giusto in tempo a salire, che il treno si è messo in moto. Ricordandosi d’una cosa: giusto!, volevo chiederti un piacere. Rafforza appunto per esprimere approvazione, spec. se risentita: «Vuoi dire che la colpa è mia?» «Giust’appunto!» (v. anche giustappunto). c. Talora serve a disapprovare, a ricusare o negare in modo tra ironico e sdegnoso: «Si potrebbe mandare mio fratello» «Giusto lui!»; «Io chiedergli scusa? Giusto!»; «Dovresti farlo tu» «Giusto!». ◆ Avv. giustaménte, con giustizia: operare giustamente; comportarsi giustamente con tutti; a ragione: si è giustamente lamentato di te; in modo rispondente a verità, o alla realtà: dici giustamente che ci dovrebbe pensare lui; con esattezza: hai interpretato giustamente il senso di quella frase.

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