Fòro

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foro


fòro s. m. [dal lat. forum]. – 1. Presso gli antichi Romani, in origine lo spazio intorno alla casa e alla tomba; più tardi, il centro religioso, commerciale, amministrativo, culturale della città (f. urbano), oppure il luogo, posto presso grandi vie di comunicazione (f. comunale), dove si teneva mercato, si trattavano gli affari, si amministrava la giustizia, si celebravano cerimonie; intorno a questo, spesso si svilupparono importanti centri abitati, della cui origine rimane traccia in parecchi toponimi (Forlì, da Forum Livii; Fossombrone, da Forum Sempronii; Friuli, da Forum Iulii, ecc.). Per il f. boario, v. boario. Con allusione ai grandi complessi monumentali sorti anticamente intorno ai fori urbani, il nome è stato dato talora ad analoghi complessi moderni, con destinazioni varie (come il Foro italico, già F. Mussolini, a Roma). 2. a. Nel linguaggio giur. (con riferimento al fatto che nei fori urbani si esercitava la giustizia), il luogo in cui si trova l’ufficio del giudice dotato di competenza territoriale, o il tribunale competente per determinate cause: f. generale, quello in cui si giudicano le controversie tra attore e convenuto, determinato di norma dal luogo dove ha residenza o domicilio il convenuto; f. particolare, quello che per speciali casi di necessità o di opportunità viene scelto in luogo diverso da quello generale (distinto in f. facoltativo e f. obbligatorio secondo che sia o no consentita all’attore la scelta tra quello generale e quello particolare); f. convenzionale, o prorogato, quello, diverso dal foro legale, stabilito d’accordo tra le parti per le controversie in cui la legge consente tale potere alle parti. F. erariale, quello che ha esclusiva competenza per le cause nelle quali è parte un’amministrazione dello stato. b. Più genericam., nel linguaggio letter. o solenne, tribunale in senso lato. Per estens., il complesso di coloro (in partic., gli avvocati) che esercitano la professione legale: il f. di Torino, di Napoli; un luminare del f. italiano, un principe del f., espressioni enfatiche riferite spesso a magistrati e avvocati di grande notorietà. c. Per analogia, f. ecclesiastico, la giurisdizione della Chiesa, e il complesso degli organi che la esercitano, competente a giudicare particolari cause, sulle quali non ha competenza l’autorità civile (quelle cioè riguardanti cose spirituali, la violazione di leggi ecclesiastiche, la determinazione del carattere peccaminoso di un atto, le cause contenziose o criminali riguardanti persone che godono del privilegio del foro a norma del diritto canonico). Si distingue un f. esterno, che si occupa di fatti e controversie che riguardano il bene sociale o pubblico della Chiesa, e si esercita pubblicamente, con effetti giuridici; e un f. interno, che riguarda le azioni individuali e private delle persone in rapporto alla loro coscienza, per le quali la giurisdizione si esercita privatamente e procede segretamente, senza effetti giuridici, o nel sacramento della penitenza (f. interno penitenziale o sacramentale) o fuori di esso (f. interno extrasacramentale).

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