Fare. Finestra di approfondimento

Sinonimi e Contrari (2003)

Fabio Rossi

fare. Finestra di approfondimento

F. è tra i verbi più generici e frequenti della lingua italiana, con valore sia tr., sia intr. e pron., usato ora con sign. pieno, ora come sostituto di verbi più specifici, ora come cosiddetto verbo supporto e in moltissime espressioni più o meno cristallizzate.

Compiere azioni - Il sign. principale di f. riguarda il compimento di un’azione (materiale o spirituale). Spec. se si tratta di compiti o di azioni che erano state precedentemente assegnate o programmate può talora essere sostituito da compiere, eseguire o svolgere. Compiere implica spesso un portare a conclusione, mentre svolgere indica un dare via via forma compiuta a qualcosa (per es. svolgere un tema, una lezione e sim.): qualunque ostacolo morale non lo avrebbe distolto dal compiere un’azione proficua a’ suoi interessi (I. U. Tarchetti); eseguii con accuratezza quanto m’impose (P. Giannone); soleva ogni anno, in principio, dettare il sommario di tutta la materia d’insegnamento che avrebbe svolto durante il corso (L. Pirandello).

Effettuare è un altro possibile sinon. di f., che tuttavia ha spesso un sapore artefatto e burocr., degno di quella che I. Calvino chiamava l’«antilingua», vale a dire quel registro, per lo più burocr., nel quale «i significati sono costantemente allontanati, relegati in fondo a una prospettiva di vocaboli che di per sé stessi non vogliono dire niente o vogliono dire qualcosa di vago e sfuggente [...]. Perciò dove trionfa l’antilingua – l’italiano di chi non sa dire “ho fatto” ma deve dire “ho effettuato” – la lingua viene uccisa». Ci sono peraltro rari contesti in cui effettuare è appropriato, nel suo sign. di «mandare a effetto, realizzare»: svaniva così a poco a poco il primo stupore quasi di sogno, il primo turbamento cagionatogli dalla vista di Marta e dalla insperata facilità con cui il suo improvviso ardentissimo desiderio s’era effettuato (L. Pirandello).

Realizzare progetti - Per quanto riguarda la realizzazione materiale di qualcosa, f. è meno specifico dei sinon. costruire e fabbricare, riferiti in genere alla realizzazione di progetti edili o di oggetti di notevoli dimensioni (ma sono possibili anche usi fig.: costruire un rapporto con qualcuno; fabbricare degli ideali, ecc.): i poeti sono come le rondini che volentieri fabbricano il loro nido fra le rovine (I. Nievo); fra le altre cose, costruì da sé stesso un elegante carrettino per condurre a spasso il suo babbo alle belle giornate (C. Collodi). Per vestiti e sim. il sinon. più appropriato è cucire, mentre confezionare è più formale o adatto a lavori professionali di sartoria: ogni tanto si diverte a cucire qualche abito; di mestiere, confeziona camicie. Per gli alimenti, preparare e cucinare (il secondo verbo solo, ovviamente, per preparazioni che vengono cotte. Per le bibite, soltanto preparare: ho preparato un cocktail. Per prodotti artistici (libri, film, canzoni, quadri, ecc.) esistono sinon. specifici secondo l’oggetto creato: comporre e scrivere vanno entrambi bene sia per la scrittura sia per la musica: San Francesco compose il Cantico del Sole dentro la cella di canne che Santa Chiara gli aveva costruito dentro l’orto del monastero (G. D’Annunzio); Verdi scrisse il Requiem per la morte di Manzoni; dipingere per i quadri; girare o (più generico) realizzare per i film. Realizzare, peraltro, un tempo limitato per lo più ai sogni che si realizzavano, cioè diventavano reali, nella sua estrema genericità è oggi troppo spesso sostituito a f., rispetto al quale esprime però in maniera più diretta la sfumatura di «rendere concreto o operativo, portare a compimento, far passare dallo stadio progettuale a quello reale»: Rossini ha realizzato tutte le sue opere in poco tempo. Per le opere architettoniche si usa realizzare o, estens., costruire (che, propriam., si addice a chi ha in effetti costruito un edificio, più che all’architetto che l’ha progettato).

Fare cose non buone - F. ha come sinon. di combinare, nel sign. di «fare qualcosa di male», riferito per lo più a danni non gravi, rilevati con tono non severo o scherz.: guarda che cos’hai combinato: hai rovesciato tutta l’aranciata sul tappeto nuovo! Per azioni più gravi si dovrà invece usare f.: che ha fatto? Ha ammazzato la moglie?

Per i casi di sinonimia tra essere e f. (fare l’avvocato; fa freddo) v. la scheda essere. Un altro uso molto frequente di f. è come verbo causativo, ovvero un verbo con un debole sign. autonomo, seguito da un inf., al quale assegna la sfumatura di «non impedire che, fare in modo che» ƒfammi mangiare in santa pace; non mi fa mai parlare senza interrompermi). Per questo sign., si rimanda alla scheda del principale sinon., lasciare.

Verbo supporto e verbo vicario - In molte espressioni, f. seguito da un sost. o da un avv. è perifrasi in genere più colloquiale di verbi che derivano dal sost. o dall’avv. stesso: f. colpo = colpire; f. furore = furoreggiare; f. impressione = impressionare; f. la barba = sbarbare; f. paura = impaurire; f. tardi = tardare o attardarsi; f. una domanda = domandare; f. una vincita = vincere; f. un sogno = sognare; farsi avanti = avanzare; farsi indietro = indietreggiare. In questi e in molti altri casi f. funge da verbo supporto, atto, cioè, solo a sostenere un compl.: f. benzina, f. il letto, f. i soldi, f. pena, f. schifo, f. una pausa, ecc. Alcune espressioni assumono anche valori figurati: fare buon viso a cattivo gioco «accettare con serenità le situazioni negative»; fare le scarpe a qualcuno «cercare di soffiargli una buona occasione»; fare spallucce «alzare le spalle in segno di disinteresse».

Spesso, infine, f. funge da sostituto di altri verbi già usati in precedenza e ha la funzione di evitare una ripetizione. In quest’uso f. è detto dai grammatici verbo vicario: né più mai dolce fiamma in duo cori arse,/ né farà, credo (F. Petrarca); col capo alzato, con gli occhi fissi, con le labbra strette, esprimeva molto più che non avrebbe potuto far con le parole (A. Manzoni).