Dettato

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dettato


(ant. dittato) s. m. [der. (e più propriam. part. pass.) di dettare; cfr. anche lat. dictatum (part. pass. neutro sostantivato di dictare «dettare»), usato per lo più al plur., dictata, con il sign. di «esercizî» e anche «regole, precetti»]. – 1. Testo scritto sotto dettatura; il dettare stesso o lo scrivere ciò che altri detta, spec. come esercizio scolastico: rivedere, correggere i d.; fare il d.; errori di dettato. Per analogia, nella didattica musicale, d. musicale, esercizio (che fa parte del corso di solfeggio) consistente nell’addestrare l’allievo a trascrivere sul pentagramma una melodia che l’insegnante suona o canta. 2. letter. Modo di scrivere, di esprimersi, per ciò che riguarda la lingua e lo stile: un elegante d.; un d. pesante, involuto; scrittore pregevole per chiarezza di dettato. 3. a. letter. Suggerimento, ispirazione: parlava sempre per dettato di sua moglie (Verga); in partic., e più com., per d. divino, per d. dello Spirito Santo, e sim. b. letter. Precetto, norma: i d. della scienza; il d. o i d. della saggezza, del buon senso, della ragione. c. Quanto è disposto da una norma giuridica o da altra norma imperativa che non può essere discussa o modificata da chi è tenuto ad applicarla: il d. della legge; secondo il d. costituzionale (o della costituzione). d. Per calco del ted. Diktat (v.), regolamento di rapporti internazionali, e in partic. trattato di pace, imposto dai vincitori ai vinti senza che questi abbiano possibilità di trattativa: leggo in giornali che l’Italia deve dare prova della sua buona volontà ... col ratificare docilmente e prontamente il d. di pace (B. Croce). 4. letter. Proverbio, detto proverbiale, sentenza morale: i d. degli antichi; uno di quegli individui di cui dice il d. che se si mettessero a fare il cappellaio nascerebbero gli uomini senza testa (Soffici).