Consonante

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consonante


s. f. [dal lat. consŏnans -antis (littĕra), part. pres. di consonare «consonare»]. – Ciascuno dei fonemi di una lingua che vengono pronunciati con il canale vocale chiuso (c. occlusive o momentanee) o semichiuso (c. semiocclusive e costrittive), e che non possono fare sillaba da sé soli, in contrapp. alle vocali, che possono far sillaba da sole e vengono pronunciate con il canale vocale aperto.

Linguistica. – Le consonanti costituiscono una delle due grandi classi in cui si dividono i suoni articolati di una lingua. Il confine tra esse e le vocali non è peraltro rigido né dal punto di vista fonetico, avendo cioè riguardo al processo fisiologico di formazione dei suoni articolati, né dal punto di vista fonologico, avendo cioè riguardo alla funzione distintiva dei suoni d’una singola lingua. Quando infatti due vocali si susseguono, si dànno due casi: o tutt’e due conservano il loro pieno valore (per es. u e i nell’ital. suinosu-ìno›), o una delle due assume l’ufficio di consonante, (dicendosi allora propriam. semiconsonante o semivocale), dando origine a un dittongo, che può essere discendente (per es. au nell’ital. autore) o ascendente (per es. iu nell’ital. fiume). A loro volta le consonanti occlusive nasali (m, n) e costrittive liquide (r, l) possono diventare sonanti, assumendo l’ufficio di vocali (per es. n nella pronuncia trascurata del ted. liebenlìibn›) e portando qualche volta anche l’accento tonico (per es. cèco Brnobrno›).

Le consonanti si classificano principalmente secondo tre punti di vista: I. secondo il modo di articolazione, in occlusive, semiocclusive e costrittive; II. secondo il luogo di articolazione, in bilabiali, labiodentali, dentali (distinte in interdentali, dentali proprie e alveolari), cacuminali, palatali (distinte in prepalatali, mediopalatali e postpalatali), velari, uvulari, faringali e laringali; III. secondo l’impressione uditiva, in esplosive, affricate, fricative e liquide (distinte in proprie e vibranti). Inoltre le consonanti nel loro complesso si classificano: in sonore e sorde, secondo la presenza o la mancanza di vibrazioni delle corde vocali nell’emissione del suono; in orali e nasali, secondo la posizione del velo palatino (alzato o abbassato, rispettivam. con chiusura o apertura del canale nasale); in deboli (o anche tenui o leni), medie, forti, secondo l’intensità dell’articolazione; in semplici (o scempie o brevi) e geminate (o doppie o rafforzate o lunghe), secondo la durata.

La tabella a p. 922 rappresenta il sistema delle consonanti ridotto alle linee fondamentali: ne sono escluse le semiconsonanti, e delle consonanti in senso stretto vi si trovano indicate soltanto quelle che siano rappresentate da un proprio segno nel sistema di trascrizione fonetica seguito in questo Vocabolario.

La tabella accoglie solo le consonanti del sistema fonologico italiano ufficiale. In tale sistema i suoni consonantici (indicati qui secondo il nostro sistema di trascrizione fonetica) che hanno valore di fonemi sono: b, č (scritta c come in cera, cima, o ci come in ciao, ciocca, ciuffo), k (scritta c come in caro, coro, cura, credo, o ch come in chinare, amiche, o q come in questo), d, f, ǧ (scritta g come in gesso, girare, o gi come in giacca, gioco, giusto), ġ (scritto g come in gatto, gola, gusto, grosso, glicine, o gh come in ghetto, luoghi), l, l’ (scritta gl come in negli, o gli come in paglia, aglio), m, n, n’ (scritta gn come in gnocco, pegno), p, r, s sorda (di sano, sportello, casa), (cioè s sonora, non distinta graficamente dalla precedente, come in rosa, sdentato, smorto), š (scritta sc come in scena, o sci come in sciatto), t, v, z sorda (di zio, vizio), ʒ (cioè z sonora, non distinta graficamente dalla precedente, come in zero, orzo). La maggior parte delle predette consonanti può avere, nel sistema fonologico italiano, tre gradi di intensità articolatoria: debole (o tenue) se iniziale di sillaba e preceduta da vocale (es. t di moto); medio, se finale di sillaba, o preceduta da un’altra consonante, o iniziale assoluta di frase (es. le varie consonanti di smorto e di sport); forte, se divisa tra due sillabe (es. t di motto); mancano di alcuni gradi la , che ha soltanto i gradi debole e medio (es. s di rosa e sdegno) e le cinque consonanti l’, n’, š, z e ʒ, che hanno solo i gradi medio e forte. L’opposizione tra deboli e forti (che però non esiste, come s’è detto, per le sei consonanti, , l’, n’, š, z e ʒ) ha valore fonematico, serve cioè a distinguere due diversi fonemi e quindi basta a differenziare parole che hanno tutti gli altri suoni identici (es. pala e palla, nono e nonno, braci e bracci). L’ortografia italiana distingue le consonanti di grado debole e medio, che sono scritte scempie (afa, rupe, golfo, monte), da quelle di grado forte che, fatta eccezione per l’, n’, š, sono scritte doppie (caffè, ruppe, atto, ecc.). Il grado forte della q è espresso graficamente con cq (es. acqua), raramente con qq (es. soqquadro). La consonante occlusiva nasale velare è presente in italiano soltanto come variante di posizione (regolata dalla presenza di una consonante velare successiva) della occlusiva nasale e viene rappresentata con la semplice n (anca, angolo).

Nelle varietà regionali di italiano e nei dialetti sono presenti altre consonanti non accolte nella nostra tabella: le postpalatali t’ e d’ sono varianti centro-meridionali della pronuncia ki̯ e ġi̯ (chiave e occhio pronunciate ‹t’i̯àve› e ‹òt’t’i̯o›; ghiotto pronunciata ‹d’ótto›); le costrittive sorde , , di grado debole sono varietà della pronuncia rispettivam. di p, t, k di grado debole nelle parlate toscane (spec. fiorentina), dove è presente il fenomeno cosiddetto della «gorgia» (v.); la costrittiva sonora bℏ di grado debole è varietà della pronuncia di b debole in alcuni dialetti dell’Italia meridionale e della Sardegna, dov’è presente il fenomeno cosiddetto del «betacismo» (v.); la costrittiva sonora ˇ∫ esiste come varietà della pronuncia della ǧ debole nell’area tosco-umbra (‹raˇ∫óne› come pronuncia di ragione).

Inoltre z e ʒ di grado debole, non presenti nel sistema fonologico dell’italiano ufficiale, sono però varietà regionali largamente diffuse rispettivam. della pronuncia zz in molte parole col nesso zi̯ (vizio e nazione pronunciate ‹vìzi̯o› e ‹nazi̯óne› invece che ‹vìzzi̯o› e ‹nazzi̯óne›) e della pronuncia ʒʒ in alcune parole (azoto pronunciata ‹aʒòto› invece che ‹aʒʒòto›); anche š debole, non presente nel sistema italiano, è una varietà di pronuncia della č debole in una vasta area centrale, soprattutto toscana e laziale (pace, la cena pronunciate ‹pàše› e ‹la šéna›); la intervocalica è assente nella varietà mediana e meridionale (dalla linea Roma-Ancona in giù); le consonanti forti sono largamente assenti nella varietà settentrionale di italiano (dove, dunque, non si avverte la differenza tra rupe e ruppe, calo e callo, ecc.).