ZOOTECNIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

ZOOTECNIA (XXXV, p. 1014)

Angelo SALERNO

Nell'ultimo ventennio la scienza zootecnica ha progredito soprattutto nel campo della genetica applicata, nel campo dell'alimentazione degli animali domestici ed in quello della ormonologia.

Genetica applicata alla zootecnia. - Esiste nelle specie animali e vegetali una notevole variabilità dei caratteri ereditarî. Questa può essere aumentata sperimentalmente per mezzo dei raggi X. L'uomo può, tra gl'individui messi a disposizione dalla natura, scegliere quelli che siano in possesso delle caratteristiche desiderate e ad essi applicare i metodi di selezione. La stessa cura deve essere posta nella selezione dei soggetti dei due sessi, essendosi dimostrate fallaci le antiche teorie che accordavano ai maschi o alle femmine la prevalenza nelle trasmissioni dei caratteri ereditarî. Il maschio è uguale alla femmina in quanto a patrimonio genetico e lo spermatozoo e l'ovulo hanno una costituzione genotipica equivalente.

Lo studio sperimentale della eredità è condotto attualmente su vasta scala, e grazie ad esso molti fatti che apparivano misteriosi nel passato sono stati invece spiegati (v. genetica; sesso, in questa App.).

La teoria cromosomica della eredità è venuta affermandosi; restano ancora molti dubbî sulle modalità della eredità citoplasmatica. La genetica applicata alla zootecnia mira oggi a rendersi conto dell'importanza che hanno le mutazioni (v. genetica) nella genesi delle razze, ed a porre in evidenza i fattori che influiscono sulle produzioni economiche delle diverse specie animali, sulle particolarità morfologiche e sui caratteri determinati da geni letali.

Affermato anche nella moderna genetica è lo studio della variabilità, che stabilisce i limiti della reazione degl'individui agli agenti esteriori (alimentazione, ginnastica funzionale, fattori mesologici), nell'ambito del genotipo; si applica il metodo biometrico che ha il vantaggio di stabilire, attraverso la statistica, l'andamento dei fenomeni biologici.

La genetica ha posto fine ad alcune credenze, molto radicate fra gli allevatori, come la telegonia o influenza del primo maschio sui nati da successive fecondazioni da parte di altri maschi.

Lo studio del comportamento ereditario dei fattori che più interessano dal punto di vista zootecnico, perché incidono sulle funzioni economiche, è riuscito a portare qualche luce sul complesso meccanismo che regola le funzioni stesse. Esse sono legate per lo più a fattori multipli (polimeria), i quali entrano in gioco in maniera complessa sommandosi o elidendosi. Inoltre, sull'espressione dei caratteri genetici agiscono fattori non ereditarî dovuti alla ginnastica funzionale, all'alimentazione ed all'ambiente. Questa situazione complessa rende difficili gli studî (che vanno condotti con metodi statistici raffinati) e le conseguenti norme per l'applicazione pratica. Così il peso corporeo dipende da una serie di geni, ciascuno dei quali concorre in una determinata misura ad incrementarlo.

Per la fecondità il Robertson, in base ad abbondante materiale d'indagine, ammette che nei cavalli non esiste neppure ereditarietà della tendenza a produrre gemelli, contrariamente a quanto sostiene il Lamprecht, che ritiene trattarsi di un carattere mendeliano recessivo. Nei bovini, secondo il Johnson, i parti multipli sono spesso geneticamente determinati. Negli ovini esiste una variabilità di fecondità nell'ambito della razza dipendente da fattori genetici; la fecondità però può essere influenzata dall'alimentazione e dall'età. Il von Patow ammette che la gemellarità dipenda da una coppia di geni mendeliani con dominanza incompleta. È probabile però che, oltre questa coppia principale di fattori, ne esistano anche altre che intervengono nello stesso fenomeno. Nei suini e nei conigli la fecondità è probabilmente legata a più coppie di fattori e la constatazione che le varie razze hanno un differente numero medio di nati, dimostra una variazione della fecondità legata a fattori genetici.

Per le uova delle galline il peso basso domina sul peso elevato e la produzione annuale è anch'essa in dipendenza di fattori ereditarî.

Anche la produzione quantitativa e qualitativa di latte, secondo l'ipotesi di von Patow, è tipicamente plurifattoriale. Analogamente le produzioni quantitative di lana e le caratteristiche fisiche del filamento lanoso sono legate a fattori polimeri.

Per il colore del corpo molti studî sono stati condotti e molte sono le conoscenze acquisite sul comportamento ereditario delle colorazioni del mantello nelle diverse specie animali. Interessanti sono anche i risultati ottenuti dalle prove condotte in questi ultimi decennî sul comportamento ereditario delle forme del pelo e delle piume. È stato accertato ad esempio che la presenza di peli setolosi nel vello è un carattere dominante rispetto al carattere lana pura. Voltz, Adametz e von Holleben, incrociando ovini a vello puro con ovini a vello misto, hanno ottenuto un vello a lana mista. Le razze a pelo lungo (Angora) dànno, se accoppiate con conigli normali, in F1 conigli con pelo normale.

Tra gli altri caratteri morfologici si è visto che nei bovini la mancanza di corna è un carattere mendeliano semplice dominante. Dall'incrocio però tra bovini acorni e bovini della steppa o africani vi sono casi in cui nella F1 le femmine sono senza corna ed i maschi invece presentano tutte le gradazioni tra la presenza e l'assenza di corna. Buchanaan, smith, White ed Ibsen hanno trovato casi di ereditarietà "limitata dal sesso" anche in certe razze di bovini europei.

Anche sui fattori letali che costituiscono uno dei più importanti aspetti della eredità patologica sono state acquisite in epoca recente conoscenze di grande interesse. Si accenna qui ad alcune anomalie dovute a fattori letali. Il Loje nei vitelli, Zophoniasson negli ovini e il Mohr nei maiali hanno segnalato (1930) la paralisi degli arti posteriori, dipendente da fattori letali che agiscono sul sistema nervoso. Nei maiali sono frequenti malformazioni ereditarie del cranio, descritte da Goldschmidt, da Nardby e da Hughes e Hart: le ossa parietali e frontali risultano scostate sì da consentire che attraverso le fessure facciano ernia la dura madre e l'aracnoide.

Il Mohr (1929) ha trovato in pecore norvegesi un mutante recessivo al quale è dovuta l'assenza del padiglione auricolare dell'orecchio, il palato fesso, la mandibola corta ed anchilosata, gli zoccoli tripartiti. Heizer ed Hervey (1937) hanno osservato nei bovini Milking Shorthorn dell'Ohio una condizione particolare della mandibola per la quale i premolari sono accavallati in un piccolo spazio dove sforzano l'osso fino a romperlo.

A fattori letali sono da riportarsi l'acondroplasia dei bovini e di altri mammiferi, alcune malformazioni dello scheletro del tronco e degli arti studiate dal Mohr e dal Liutikow nei bovini, dal Zophoniasson (1939) negli ovini, dal Manderer negli equini e dal Johnson nei maiali. La polidattilia e le malformazioni del sistema tegumentario studiate da Croft e Blizzard (1934) nei bovini Polled Hereford, le anomalie dello scheletro, della pelle e del piumaggio nei polli sono dovute anch'esse a fattori letali.

Dimostrato così che la maggior parte dei caratteri morfologici, fisiologici, patologici sono determinati da una o parecchie (polimeria) coppie di geni, che l'azione dei fattori genetici nella loro estrinsecazione fenotipica è controllata dalle condizioni esterne; riconosciuto che la frequenza delle mutazioni può essere notevolmente aumentata con l'applicazione dei raggi X, si possono definire i compiti principali della genetica applicata alla zootecnia: 1) trarre dallo studio genetico norme per la selezione e il miglioramento delle razze, onde poterla attuare con criterî razionali e uscire dall'empirismo; 2) determinare le migliori condizioni ambientali favorevoli a quei caratteri che si intende selezionare; 3) tentare di ottenere sperimentalmente mutazioni utili ai fini pratici.

Alimentazione del bestiame. - Notevoli i progressi recenti nella conoscenza della utilizzazione dell'energia netta dei mangimi, che si è dimostrata più elevata - circa il 20% - nel mantenimento, nella produzione di latte, nell'accrescimento e nella produzione di uova in confronto all'ingrassamento dei bovini adulti. In rapporto alla specie, il Fingerling ha fatto rilevare (1932, 1935) che i suini utilizzano il mangime meglio dei bovini; il Moellgaard e collaboratori, confermando le esperienze del Fingerling (1934, 1938, 1939), mostrarono che 1000 calorie di energia netta per l'ingrasso dei bovini dànno un effetto utile nei suini rispettivamente superiore del 45%, del 25% e del 30%, a seconda che siano somministrate per il mantenimento, per l'accrescimento e per l'ingrasso.

Il massimo effetto utile dei mangimi si ha quando essi entrano a far parte di una razione i cui componenti - protidi, lipidi, glucidi, sali minerali e vitamine - siano sufficienti a coprire il fabbisogno delle varie produzioni. Per i protidi si è osservato che gli amminoacidi devono entrare nella composizione in proporzioni definite perché la deficienza di alcuni di essi, oltre a non rendere utilizzabile al massimo la razione, esercita, secondo Forbes (1935), un'azione deprimente sull'appetito. Per i lipidi, le esperienze del Mainard e del Cay (1932, 1934) hanno posto in evidenza che somministrando alle vacche una dieta alimentare priva degli stessi si è avuta una diminuzione nella produzione di latte, pelame smorto e pelle arida.

In questi ultimi anni è stata messa in particolare evidenza l'importanza delle sostanze minerali e delle vitamine nell'alimentazione del bestiame. L'utilizzazione dei sali minerali che, come è noto, esplicano nell'organismo funzione plastica e funzione catalitica e che condizionano anche la produzione del latte, è legata a meccanismi molto complicati. Le deficienze di sali minerali incidono sulle produzioni economiche e sullo stato di sanità degli animali, come è stato dimostrato da Bethke, Ediginton e Kick (1933) per il calcio e il fosforo; da Kahlenberg, Elack e Forbes (1937) per il sodio, e da Forbes e collaboratori (1938) per il ferro e il rame.

Le conoscenze sulle vitamine sono in continuo sviluppo ed allo stato attuale molte di esse sono state isolate e se ne conosce l'importanza, la composizione chimica e la sintesi (v. vitamine, in questa App.). È stato accertato che la deficienza di vitamine - avitaminosi - può manifestarsi con la depressione dell'appetito, con l'insorgenza di alcuni particolari stati morbosi, con l'abbassamento dell'utilizzazione dei mangimi, con la sterilità, ecc. Il fabbisogno in vitamine è più sentito negli animali in via di sviluppo ed in quelli in produzione di latte.

Ormoni. - Un particolare cenno meritano le conoscenze recenti acquisite sulle funzioni di alcuni ormoni che stimolano lo sviluppo del tessuto mammario e la secrezione lattea. Tra i primi si ricordano la follicolina ed il progesterone, che avrebbero rispettivamente una azione elettiva sui canali galattofori e sugli acini ghiandolari. Degli ormoni che stimolano la secrezione lattea, quello essenziale è la prolattina, la cui azione galattogena è dimostrata da molte prove. Anche gli ormoni tiroidei influenzano favorevolmente la produzione del latte, come è stato dimostrato in questi ultimi anni da Ralston, Cowsert, Ragsdale, Hermann e Turner.

Fecondazione artificiale. - Vedi fecondazione, in questa App.

Patrimonio zootecnico e produzioni (v. anche bestiame, in questa App.). - La consistenza del patrimonio zootecnico secondo i dati più recenti rilevati in diversi paesi prima dell'ultima guerra è riportata distinta per specie nel precedente prospetto. Le produzioni medie animali in Italia, oltre il lavoro dato dagli equini e dai bovini, ed il letame, nel quinquennio 1936-40, secondo i dati pubblicati dal Barberi sono:

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