Zenone da Pistoia

Enciclopedia Dantesca (1970)

Zenone da Pistoia

Achille Tartaro

Autore della Pietosa fonte, il poemetto in morte del Petrarca pubblicato per la prima volta da Giovanni Lami (v.) nel 1743. Assai scarse le notizie che lo riguardano, desumibili per la maggior parte dalla sua opera.

Visse nella seconda metà del sec. XIV, toccando presumibilmente gl'inizi del successivo: se è vero che alla data del poema, nel 1374, poteva dirsi ancora " giovine " (Pietosa fonte I 40 3; V 22 1). Pistoiese forse di nascita, certamente di famiglia, Z. lasciò presto la Toscana per stabilirsi a Padova sotto la protezione di Francesco da Carrara il vecchio e del figlio di questo, Francesco Novello. Da un'allusione, invero assai generica, all'esosità dei dominatori fiorentini (V 22 2-3) il Lami ha creduto di potere individuare la causa e l'anno - il 1351 circa - della sua partenza da Pistoia; ma è solo una debole congettura. Indubbia piuttosto è la sua fisionomia di poeta cortigiano. La dedica del poema a Francesco il vecchio (XIII 49), i luoghi in cui si esaltano la liberalità e il mecenatismo dei Carraresi (IV 40-41; XII 47-49; XIII 6-10) iscrivono Z. nell'area dei rimatori toscani che nel pieno e tardo Trecento operarono al servizio delle signorie settentrionali.

Composta nei mesi immediatamente successivi alla morte del Petrarca (XIII 48 2-3) e comunque prima della morte del Boccaccio, citato da Z. come ancora vivente (ivi, terz. 15), la Pietosa fonte - tredici canti in terzine incatenate - riproduce i caratteri principali della poesia allegorica del Trecento.

L'autore immagina che una bella donna lo conduca in un giardino al cospetto di Giove e degli dei riuniti in concilio (canti I-II). Qui giunge il Mondo, sotto le sembianze di un vecchio accompagnato da uno stuolo di quattordici donne (i peccati capitali e le virtù), a lamentare la morte degli uomini migliori, primo fra tutti il Petrarca (canti III-IV). Vestita a lutto, sopraggiunge una " donna gentile " (Firenze): anch'ella piange la morte del Petrarca, collegandola alla recente scomparsa di altri a lei cari (canti V-VII). Seguono le Arti liberali e le Muse, introdotte a presentare le opere dell'illustre aretino (canti VIII-IX). Questi, condotto da Apollo e da Minerva alla presenza di Giove, in un corteo di filosofi e di poeti, viene quindi incoronato di palma, di olivo e di alloro e inviato al cielo sotto la scorta di quattro angeli (canti X-XII). Rinnovato il pianto, la visione si chiude con l'elogio di Arquà e del signore di Padova (canto XIII).

Collegato al circolo degli amici del Petrarca e del Boccaccio (sintomatiche nel poema le citazioni di Zanobi da Strada, di Niccolò Acciaiuoli, di Paolo dell'Abaco, di Manno Donati, di Tommaso del Garbo: v. per tutti il canto VI), Z. rientra propriamente nella schiera degl'imitatori trecenteschi della Commedia. La diretta ma rapidissima allusione a D. (VI 9) non ci lascia neppure sospettare la portata di un'influenza in realtà massiccia, attiva non tanto nelle figurazioni e nelle strutture narrative (per questo aspetto la Pietosa fonte ci rimanda a esperienze intermedie, compresi ovviamente i Trionfi), quanto nella compagine espressiva: nelle forme di un linguaggio scopertamente - e grigiamente - ricalcato, a parte le rare filigrane petrarchesche, sul grande modello della scrittura dell'Alighieri.

Numerosissimi i ricordi puntuali: I 1 2 = Pd XXXIII 142; V 27 3 = Pg I 45; V 40 3 = Pg I 58; VI 3 2 = Pd I 32-33; VII 6 1 = If VI 59; VII 14 3 = If I 87; VII 29 3 = Pg VIII 83; VIII 31 3 = If II 17; XI 24 1 = Pd XXI 127; XI 45 1 = Pd I 4 (è quasi un'esplicita citazione, estesa in fine di terzina a Pd I 2: " Che l'un per l'altro penetra e risplende "). Sono i momenti più scoperti di un ricalco grossolano, per quanto puntiglioso e tenace, condotto a ogni livello della lingua e dello stile.

Bibl. - Z. da P., Pietosa Fonte..., con annotazioni di G. Lami, in Deliciae Eruditorum, XIV, Firenze 1743; ID., Pietosa Fonte, a c. di F. Zambrini, Bologna 1874 (rist. fotomeccanica, ibid. 1968); C. Del Balzo, in Poesie di mille autori intorno a D.A., II, Roma 1890, 254-256 (ne riproduce due terzine - VI 8-9 - e dà notizie su Z. derivate dal Lami). Per il genere della poesia allegorica e intorno ai poeti cortigiani del Trecento: E. Levi, Francesco di Vannozzo e la lirica nelle corti lombarde durante la seconda metà del secolo XIV, Firenze 1908; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1966³,109-138, 427-452; G. Petrocchi, Cultura e poesia del Trecento, in Storia della letteratura italiana, a c. di E. Cecchi e N. Sapegno, II, ibid. 1965, 582-602, 688-697; A. Tartaro, Studio della " Commedia " e poemi dottrinali. I poeti delle corti settentrionali, in La letteratura italiana. Storia e testi, a c. di C. Muscetta, II I, Bari 1971, 461-523, 525-570; E. Pasquini, Antonio da Ferrara, in Dizionario critico della letteratura italiana, a c. di V. Branca, Torino 1973, I 86-93; E. Ragni, Fazio degli Uberti, ibid. II 66-71.