Mishima, Yukio

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Pseudonimo dello scrittore giapponese Hiraoka Kimitake (Tokyo 1925 - ivi 1970). Radicato nella tradizione classica del suo paese ma anche conoscitore e ammiratore della letteratura occidentale, con particolare attrazione per l'opera di O. Wilde, mostrò fin dalle prime prove di scrittore amore per la parola ricercata e gusto per la metafora. All'indomani della sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale condivise con la sua generazione un marcato disinteresse per le vicende e i problemi del paese, dando la preferenza, nei suoi scritti, a temi autobiografici, più o meno scoperti, e all'analisi psicologica (Kamen no Kokuhaku, 1949, trad. it. Confessioni di una maschera, 1969; Ai no kawaki "Sete d'amore", 1950; Kinjiki, 1953, trad. it. Colori proibiti, 1982; Shiosai, 1954, trad. it. La voce delle onde, 1961, scritto dopo un lungo viaggio in Grecia e ispirato al romanzo classico Dafni e Cloe; Kinkakuji, 1956, trad. it. Il padiglione d'oro, 1962, da molti considerato la sua opera migliore; Utage no ato, 1960, trad. it. Dopo il banchetto, 1963; Utsukushii hoshi "La stella meravigliosa", 1961, con spunti fantascientifici). Agli inizî degli anni Sessanta divenne acceso fautore di idee nazionaliste e militariste, fino al punto di dar vita (1968) a una associazione paramilitare, Tate no kai ("Società dello scudo"), per propugnare il suo credo politico, di cui risentono i romanzi di questo periodo: Ken ("La spada", 1963), Gogo no eikō (1963; trad. it. Il sapore della gloria, 1967), Yukoku ("Patriottismo", 1966), Eirei no koe ("La voce degli eroi caduti", 1966). Interessato fin dal 1950 al tema della reincarnazione, ne fece il motivo ispiratore di una tetralogia dal titolo generale Hojō no umi ("Il mare della fertilità"), pubblicata a puntate mensili a partire dal 1965 (Haru no Yuki, 1965-67, trad. it. Neve di primavera, 1982; Honba, 1967-68, trad. it. Cavalli in fuga, 1984; Akatsuki no tera, 1968-70, trad. it. Il tempio dell'alba, 1984; Tennin gosui, 1970-71, trad. it. Lo specchio degli inganni, 1985), al completamento della quale, considerando concluso il suo compito di scrittore, il 25 nov. 1970 mise fine alla sua esistenza con uno spettacolare suicidio rituale nel quartier generale delle forze di autodifesa (dove aveva fatto irruzione alla testa dei suoi seguaci), dopo aver arringato un gruppo di soldati invitandoli a farsi restauratori dei valori spirituali del Giappone. Ha lasciato anche alcuni lavori teatrali (Kindai nōgaku shū, 1956, trad. it. Cinque nō moderni, 1984; Sado kōshaku fujin, 1965, trad. it. Madame de Sade, 1982; Waga tomo Hittorā, 1968, trad. it. Il mio amico Hitler, 1983) e un ampio saggio polemico contro gli intellettuali suoi contemporanei (Taiyō to tetsu, 1968; trad. it. Sole e acciaio, 1982).

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