AMELUNG, Walther

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

AMELUNG, Walther

W. Fuchs

Archeologo, nato a Stettino il 15 ottobre 1865, morto a Bad Nauheim il 12 settembre 1927.

Studiò nelle università di Tubinga e Monaco, dove nel 1888 si laureò con H. Brunn sostenendo la tesi Die Personzfizierung des Lebens in der Natur in der Vasenmalerei der hellenistischen Zeit (letteralmente: La personificazione della vita nella natura sulla pittura vascolare dell'epoca ellenistica). Dopo aver fatto per un certo periodo l'attore, nel 1890-1891, si dedicò di nuovo completamente all'archeologia e visse da studioso nella prediletta Roma. Allontanatosi durante la prima guerra mondiale, vi ritornò nel 1921 come primo segretario dell'Istituto Archeologico Germanico.

Egli incominciò la propria attività scientifica insieme all'amico Paul Arndt con la pubblicazione delle Photographische Einzelaufnahmen antiker Skulpturen (Riproduzioni fotografiche di sculture antiche). Nel 1893 pubblicò, come primo importante frutto dei suoi studi nell'Italia a N di Roma, il libro Florentiner Antiken in occasione dei festeggiamenti per il cinquantennio della laurea del suo maestro Brunn, a cui seguì l'ancor oggi utile Führer durch die Antiken von Florenz (Guida delle antichità di Firenze) del 1897, nel quale dimostra per la prima volta la propria attitudine di compilatore di insuperabili cataloghi per musei. Risultato dei suoi viaggi in Grecia e in Turchia è, nel 1895, Die Basis des Praxiteles in Mantinea, che contiene più vaste indagini sull'arte del IV sec. a. C. Inoltre ci sono molti parerga che apportano nuove conoscenze, le quali rimarranno legate al suo nome; egli scopre un frammento del fregio del Partenone a Palermo (Röm. Mitt., viii, 1893, p. 76 ss.), riconosce la testa della Nike di Paionios nella testa Herz (Röm. Mitt., ix, 1894, p. 162 ss., tav. 7); identifica il tipo di testa della cosiddetta "Aspasia" (Demeter Europa: Röm. Mitt., xv, 1900, p. 181 ss., tavv. 3-4) e nell'Afrodite Doria una copia di una importante figura della cerchia di Fidia (Röm. Mitt., xvi, 1901, p. 21 ss., tavv. 1-2).

Sin dalla fine del decennio 1890-1900 egli si occupa del lavoro preliminare per la sua opera principale, il catalogo monumentale Sculpturen der Vatikanischen Museen, il cui primo volume appare nel 1903, il secondo nel 1908. Con essi l'A. crea il prototipo del catalogo moderno, che soddisfa tutte le esigenze scientifiche, e che rimane un modello per la profonda analisi del materiale, per la chiarezza dell'esposizione e per la sicurezza del proprio giudizio.

Pubblica inoltre indagini fondamentali per l'arte del IV sec. a. C. in Ausonia, 1908, p. 91 ss. A questo secolo, oltre che al precedente, dedica tutto il suo interesse. Il fascino di un originale greco del tardo stile severo lo tiene avvinto nella pubblicazione della stele sepolcrale del Vaticano (Jahrbuch, xviii, 1903, p. 109 ss., tav. 8); nel 1908 egli riesce a unire insieme il torso dell'Atena Medici con il tipo di testa Carpegna (Oesterr. Jahreshefte, xi, 1908, p. 169 ss.). Inoltre, riesce a riunire frammenti dispersi di rilievi romani (Röm. Mitt., xx, 1905, p. 121 ss., tav. 5; xxiii, 1908, p. 1 ss., tavv. 1-3; xxiv, 1909, p. 177 ss., tav. 5). Infine intraprende la nuova redazione dell'opera dello Helbig, Führer durch die öffentlichen Sammiungen klassischer Altertümer in Rom (Guida delle collezioni pubbliche di antichità classiche a Roma) che appare in due volumi nel 1912 e 1913 e offre una veduta unitaria di tutto l'insieme delle antichità di Roma; si tratta di un libro egualmente importante per i competenti come per i profani. Per un pubblico più vasto l'A. scrive i testi relativi alle collezioni di antichità nel Moderner Cicerone.

Dopo l'interruzione del periodo della prima guerra mondiale che trascorre, lontano da Roma, a Berlino traducendo Catullo e Sofocle, A. al suo ritorno vede al Museo delle Terme l'Artemide di Ariccia scoperta da poco e ad essa dedica un inno entusiasta (Jahrbuch, xxvii, 1922, p. 122 e ss., tavv. 2-5). Nel 1923 riconosce l'importante rilievo a tre figure di Eracle presso le Esperidi (80. Berl. Winckelmannspr., 1923). Dedica quindi una ricerca approfondita allo stile severo: Der Meister des Apollon auf dem Omphalos und seine Schule (Il maestro dell'Apollo sull'Onfalo e la sua scuola) (Jahrbuch, xli, 1926, p. 247 ss., tavv. 6-8). Prima della morte può ancora completare il restauro di una statua di atleta di Mirone, sulla quale riferì M. Bieber (Jahrbuch, xlii, 1927, p. 152 ss., tavv. 3-8).

Non iniziò mai la ricerca dal problema astratto, ma sempre dall'osservazione della singola opera. Con questo metodo induttivo e grazie al suo incomparabile senso della forma, dopo la morte di Adolf Furtwängler egli fu nel suo tempo incontestabilmente il miglior conoscitore dell'antica plastica (cfr. Antike Plastik, W. Amelung zum 6o. Geburtstag, miscellanea pubblicata dopo la sua morte nel 1928, alla quale presero parte quasi duecento studiosi di tutto il mondo) e ha potuto porre l'indagine su una base più sicura. Meta e scopo fondamentale del suo lavoro era il capolavoro, la sua ricostruzione dai frammenti conservati. Persino attraverso opere puramente decorative del periodo romano dei copisti, l'A. fu in grado di vedere l'importante modello classico, ma i suoi uditori e lettori non l'hanno sempre potuto seguire in questa indagine. Dato però che lo sviluppo storico era comprensibile per l'A. solo come estrinsecazione dell'influenza di grandi personalità, egli era conseguente nel vedere il compito dell'archeologia nella ricerca di capolavori, e quindi dei maestri classici. Perciò non si occupò di periodi di storia anonima; l'arte arcaica e l'inizio della tarda antichità gli furono estranei; i libri di Alois Riegl e i lavori della scuola viennese non lo interessarono. La sua patria spirituale è insita nell'arte dei Deutsch-Römer del XIX sec.; i suoi impulsi sono alimentati dal classicismo protestante, che ha modellato il suo atteggiamento nella vita verso un classicismo dall'impronta religiosa. Gli dèi greci del V sec. erano per lui reali potenze vitali; egli venerava l'Eros di Prassitele come la più grande rappresentazione dell'eterno segreto della vita e dell'amore.

Bibl: G. Rodenwaldt, in Röm. Mitt., XLIII, 1927, V-XIX; F. Noack, in Arch. Anz., 1927, p. 427 ss.; L. Curtius, in Münchener Neueste Nachrichten, anno LXXX, n. 262 del 26 settembre 1927; L. Curtius, Deutsche und Antike Welt, pp. 131, 184; S. Reinach, in Rev. Arch., 5 ser., XXVIII, 1928, I, p. 208; H. Diepolder, nella Neue Deutsche Biographie (1953), I, p. 245.