Bonatti, Walter

Enciclopedia dello Sport (2004)

Bonatti, Walter

daniele redaelli

Italia • Bergamo, 22 giugno 1930

Le sue imprese, la sua determinazione e coerenza ne fanno una figura di assoluto spicco nella storia dell'alpinismo mondiale del dopoguerra. Dopo essersi trasferito a Monza, crebbe alpinisticamente nel locale gruppo dei 'Pel e Oss' e appena diciannovenne (1949) ripeté la parete Nordest del Pizzo Badile, la Ovest dell'Aiguille Noire de Peuterey e la via Cassin sulla Nord dello Sperone Walker nelle Grandes Jorasses. Nel 1951 balzò alla ribalta con una scalata che rivoluzionò i concetti di arrampicata artificiale, tecnica fino a quel momento in uso sul calcare delle Alpi orientali: insieme a Luciano Ghigo, la trasferì sul granito e vinse così la parete Est del Grand Capucin. Nel 1953, mentre Ardito Desio cominciava a selezionare la squadra di alpinisti destinati a tentare la prima ascensione del K2 (8611 m), scalò con Carlo Mauri (per alcuni anni i due furono ritenuti la coppia più forte del mondo) la parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo in prima invernale. Subito dopo compì (con Roberto Bignami) un'altra prima invernale, aprendo la diretta della Cresta del Fürggen sul Cervino. La spedizione al K2 (1954) lasciò una traccia amara e indelebile nella vita di Bonatti: durante la scalata arrivò, insieme all'hunza Mahdi, fin nei pressi dell'ultimo campo per portare bombole di ossigeno per la cordata di punta, composta da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, ma per un inspiegabile equivoco (polemiche e discussioni si sono trascinate per anni, anche nei tribunali) i due dovettero bivaccare all'aperto, oltre quota 8000 m, poco lontano dalla tendina dei compagni, che nel buio non riuscirono a individuare; sopravvissero e il mattino successivo scesero, mentre Compagnoni e Lacedelli, recuperate le bombole, salirono fino in vetta. Un Bonatti più determinato che mai affrontò la stagione successiva e la lotta solitaria durata 6 giorni sul Petit Dru lo rese celebre anche al di fuori dell'ambiente alpinistico. A Natale dello stesso anno affrontò con Silvano Gheser la scalata invernale dello Sperone Moore, sul Monte Bianco, durante la quale al bivacco della Fourche incontrarono due giovani scalatori, il francese Jean Vincendon e il belga François Henry; nella bufera le due cordate si unirono e uscirono insieme sulla calotta sommitale; Bonatti, il cui compagno era sfinito, invitò Vincendon e Henry a seguirli subito al rifugio Vallot, ma i due si fermarono per rifocillarsi e al Vallot non arrivarono mai; Gheser e Bonatti furono recuperati da una squadra italiana, mentre i corpi di Vincendon e Henry furono trovati soltanto il 19 marzo; Bonatti fu, ingiustamente, accusato di non aver prestato sufficiente aiuto ai due colleghi. Tre anni dopo, nel 1958, compose la cordata di punta insieme a Mauri nella spedizione guidata da Riccardo Cassin al Gasherbrum IV (7929 m), difficile vetta del Karakorum, e ne compì la prima ascensione. In seguito, alternò l'attività sul Monte Bianco (Grand Pilier d'Angle, Pilastro Rosso del Brouillard con Andrea Oggioni) con le spedizioni extraeuropee (Patagonia e Ande peruviane). Nel luglio del 1961 si ritrovò al centro di nuove polemiche: due cordate tentarono la prima ascensione del Pilone Centrale del Frêney: Bonatti con Oggioni e Roberto Gallieni, e il francese Pierre Mazeaud con Pierre Kohlmann, Robert Guillaume e Antoine Vieille; a poche decine di metri dalla vetta, tutti dovettero desistere per una tormenta violentissima e cercarono scampo scendendo alla capanna Gamba; solo Bonatti, Gallieni e Mazeaud ci riuscirono; il racconto di Mazeaud su come Bonatti avesse comunque portato in salvo due dei sei compagni non bastò a tenere l'italiano al riparo dalle critiche. Nel 1963, insieme a Cosimo Zappelli, Bonatti compì la prima invernale dello Sperone Walker, nel 1964, con Michel Vaucher, una nuova via sullo Sperone Whymper, sempre sulle Grandes Jorasses e, nel 1965, il capolavoro che ne chiuse in pratica la carriera alpinistica d'alto livello: una via nuova, diretta, invernale e solitaria, sulla parete Nord del Cervino. In seguito, si dedicò ai reportage fotogiornalistici di viaggi avventurosi (per molti anni collaborò con il settimanale Epoca) e alla scrittura (una quindicina di libri, tutti autobiografici).

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