Vuolvìnio

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Orafo attivo nella prima metà del sec. 9º, autore dell'altare d'oro di S. Ambrogio a Milano commissionato dall'arcivescovo Angilberto II. Nonostante un'apparente diversità stilistica tra il lato frontale (Cristo in trono inserito in una croce con i simboli degli evangelisti, gli apostoli e scene cristologiche svolte in un racconto serrato, denso di personaggi in cui luce e movimento assumono una qualità inquieta) e gli altri lati (scene della vita di s. Ambrogio, che si svolgono in un racconto più scandito evidenziando figure più compatte contro una più quieta superficie di sfondo), l'altare dev'essere stato eseguito da un'unica bottega, e V. dev'esserne stato l'ideatore (alcuni critici pensano che di sua mano sia però soltanto la parte verso il coro, dove appare la scritta Vuolvinius magister faber). Le qualità stilistiche, i motivi iconografici, la grande perizia nelle varie tecniche (sbalzo, filigrana, smalto) pongono quest'opera come l'espressione più alta dell'arte dell'Italia settentrionale in epoca carolingia, mettendo in evidenza una complessa cultura figurativa che affonda le proprie radici nel mondo tardo antico. Il rapporto, nell'arte di V., fra tradizioni radicate nell'Italia settentrionale e il rinnovamento apportato dalle scuole di corte carolingie è oggetto di studio e di dibattito.

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Angilberto ii