VOLTERRA

Enciclopedia Italiana (1937)

VOLTERRA (A. T., 24-25-26)

Aldo NEPPI MODONA
Odoardo Hillyer GIGLIOLI
Giovanni Battista PICOTTI
Attilio Mori

Città della Toscana nella provincia di Pisa, da cui dista circa 70 km. verso SSE., già capoluogo di circondario e da tempo antichissimo, non precisato, sede vescovile. La città si distende sulla sommità delle alture che dividono la valle dell'Era (Arno) da quella della Cècina, a 531 m. s. m., a circa 30 km. dalla costa tirrena. Le antiche mura che la recingevano con uno sviluppo di circa 7 km. racchiudevano un'area di 102 ha. mentre la sua cinta medievale che corrisponde all'estensione attuale, è di soli 2,6 km. e l'area racchiusa si riduce a 26 ha., neppure totalmente coperta, specialmente nella parte orientale. Il centro è rappresentato dalla Piazza dei Priori. Adiacente a quella è la Piazza del Duomo. Nell'estrem0 orientale della città sorge la Fortezza, casa di detenzione e di pena tra le più tristamente celebri del regno. La città di Volterra conta oggi nel suo centro urbano una popolazione di 6500 ab. mentre il comune, vasto kmq. 268,23, ne contava 19.054 al censimento del 1931, contro 12.019 del 1861. La città è sede di istituti di istruzione media fra i quali il Seminario vescovile e un reputato collegio dei padri seolopî. Nota e reputata è l'industria che a Volterra si pratica fino dal sec. XVIII della lavorazione artistica dell'alabastro, del quale esistono nel suo territorio numerose cave. Questa antica industria, che ebbe di recente un nuovo impulso, occupa numerosi lavoranti e contribuisce alla vita economica della città. Appartengono al comune di Volterra, e ne derivano il nome, le antiche e fruttifere saline poste a 6 km. a SO. della città nella sottostante valle della Cecina (72 m. s. m.) e delle quali si ha notizia fino dal sec. IX. Le saline, di proprietà demaniale, ricavano il sale dall'estrazione ed evaporazione delle acque del sottosuolo ricche di cloruro di sodio. Il sale prodotto ascende a 170.000 q. e contribuisce in larga misura, specialmente col sale raffinato, al consumo e all'approvvigionamento del regno. L'abitato delle saline, che accoglie specialmente le famiglie degli addetti alla lavorazione, conta 934 ab. Un altro centro sorto fuori dei limiti della città è costituito dal grandioso manicomio di S. Girolamo, uno dei maggiori e meglio attrezzati d'Italia, che sorge a i km. a levante, fuori dalle mura, e accoglie circa 4500 ricoverati. Non si può parlare di Volterra senza ricordarne le Balze che insidiano alla sua stessa esistenza. Il suolo sul quale la città sorge è costituito da argille grige e turchine ricoperte nelle parti più elevate da banchi potenti di sabbie gialle calcarifere. Dove queste formazioni vengono a contatto si verificano franamenti, che assumono talvolta proporzioni paurose determinando lo sprofondamento delle costruzioni soprastanti. Tali sono le balze di S. Giusto a 1 km. a nord, che nel 1140 determinarono la rovina di quella chiesa e a più riprese inghiottirono altre chiese e conventi, tratti di mura e necropoli etrusche, risultando inefficaci tutti i tentativi fatti per arrestarne il lento ma invincibile progredire.

Monumenti. - Indubbia testimonianza del periodo di maggior potenza militare di Volterra etrusca, è offerta dall'imponente cerchia di mura etrusche di aspetto ciclopico, di cui restano cospicui avanzi (soprattutto il tratto detto La Guardiola); mostrano successivi ampliamenti nei secoli IV-III a. C., adattandosi arditamente ai forti dislivelli del terreno. Restano pure due porte etrusco-romane, la Porta all'Arco, ornata esternamente con tre teste all'apice e alle basi della vòlta, secondo la consuetudine etrusca, e la Porta Diana o Portone, interessante per la sua struttura.

Nelle immediate vicinanze furono scavate varie tombe a camera di età piuttosto tarda: sono ricavate nella roccia naturale e provviste di banchine all'ingiro per i sarcofagi e le urne (sec. IV-III a. C.). Caratteristiche del territorio volterrano sono le tombe circolari con vòlta a filari di blocchi aggettanti ad anelli concentrici sempre più ristretti verso l'apice, dove sono chiusi da un blocco sovrapposto, con pilastro centrale di apparente sostegno. Se ne conosceva per lungo tempo una sola, scoperta a Casal Marittimo nel 1898 e trasportata a Firenze, dove fu ricostruita nel giardino del R. Museo Archeologico; una seconda fu scoperta a Casaglia nel 1932. Risalgono alla prima metà del sec. VI a. C. Sull'acropoli, al Piano di Castello, dov'era la rocca etrusca, furono pure posti in luce avanzi di templi.

D'età romana fu scoperta la piscina, rettangolare, sostenuta da sei pilastri di calcestruzzo.

Tra il pregevolissimo materiale etrusco che arricchisce il locale Museo Guarnacci, il R. Museo Archeologico di Firenze ed altre raccolte, sono da ricordare anzitutto le urne cinerarie, quasi tutte d'alabastro con scene a rilievo policromate mitiche, greche o nazionali, o relative all'oltre tomba, sulla faccia anteriore della cassa e con la figura recumbente del defunto, molto accorciata, sul coperchio: le teste sono veri ritratti e offrono materia di confronti molto interessanti per lo studio della ritrattistica etrusco-romana, mostrando un indirizzo artistico molto diverso da quello di altri centri, quali Chiusi e Viterbo.

Notevoli pure sono delle stele arcaiche con figure di guerriero; accurati gli specchi graffiti e molto diflusa una speciale ceramica Volterrana tarda (sec. IV-II a. C.), con scene, tra motivi vegetali, raffigurate a colore bruno sul fondo giallo pallido naturale dell'argilla, e rifiniture in bianco: i vasi sono di proporzioni grandi, soprattutto anfore e crateri dall'alto collo, decorato con teste o grandi foglie; spesso vengono preferite figure buffonesche di pigmei. Dal Volterrano provengono importanti testi epigrafici etruschi.

La cinta delle mura medievali, che si fa risalire a Ottone I, dà a Volterra austero carattere medievale con le porte di S. Francesco della Docciola e fonte omonima (1245), di S. Felice e fonte, di Marcoli, come pure le case-torri già degli Allegretti, Cafferecci (1209), Minucci, Buonparenti, Buonaguidi, Auguri (1299). Il grandioso palazzo turrito dei Priori, sede del comune, s'impone sui vicini palazzi del Podestà e Pretorio. Fu cominciato nel 1208 e finito nel 1254 ed è ancora ben conservato nella sua parte esterna, mentre l'interno è stato in grande parte rifatto. L'affresco della Sala del Consiglio attribuito a Iacopo di Cione e a Pietro Lamberti è quasi completamente rovinato da un restauro settecentesco. Nella Pinacoteca comunale si conservano pitture di Segna di Bonaventura, Taddeo di Bartolo, Benvenuto di Giovanni, Domenico Ghirlandaio, Neri di Bicci, Luca Signorelli, Raffaellino del Garbo, Leonardo da Pistoia, Rosso Fiorentino, Giovanni Paolo Rossetti e altri. Se la costruzione del duomo nella sua parte esterna risale alla seconda metà del sec. XIII e conserva tipici elementi architettonici pisani di quel tempo, l'interno a 3 navate appare modificato nel. sec. XVI, pure conservando opere più antiche come il pergamo, il paliotto d'altare, le colonne a spirale del baldacchino su cui furono collocati gli angeli di Mino da Fiesole, il gruppo ligneo della Deposizione. Pregevoli sono gli stalli corali con la cattedra episcopale (1404). Nella sacrestia sono oggetti di oreficeria sacra tra i quali reliquiarî del sec. XVI. Tra le pitture ricorderemo un affresco di Benozzo Gozzoli, una tavola di M. Albertinelli, affreschi di Giovanni da San Giovanni e quadri del Domenichino e di Matteo Rosselli. Tra le sculture: opere robbiane, di Raffaello Cioni e di Andrea Ferrucci fiesolano. Il battistero, rivestito di fasce marmoree a due colori soltanto da un lato, nell'interno ha un tabernacolo di Mino da Fiesole e la vasca battesimale di Andrea Sansovino. Conserva la sua architettura romanico-pisana la chiesa di S. Michele arcangelo; in S. Pietro si trovano due statue lignee senesi del Quattrocento (Annunciazione), in S. Lino il sepolcro di Raffaello Mattei di Silvio Cosini con statue laterali di Stagio Stagi, in S. Francesco la cappella della S. Croce con affreschi del 1410 di ser Cenni di Francesco di ser Cenni e Iacopo fiorentini, in S. Girolamo la deliziosa Annunciazione di Benvenuto di Giovanni, una pala d'altare di Giusto di Andrea e un dossale della maniera di Giovanni Della Robbia. Quattrocenteschi sono i palazzi: Pilastri-Borgiotti, Biondi, Campani, Incontri, Contugi (ora Ricciarelli), dove si conservano pitture di Daniele da Volterra. Sangallesco è il bel palazzo Minucci, ora Solaini; all'Ammannati fu attribuito il palazzo Viti e a Gherardo Silvani il palazzo Inghirami finito nel 1615. Un altro aspetto di severa grandiosità dà alla città la mole della Fortezza con la rocca nuova di pianta quadrata munita di cinque torrioni, uno dei quali centrale, detto il Mastio. La rocca vecchia ha un torrione poligonale e speronato ma sui suoi elementi architettonici prevalgono le modificazioni che vi fece Lorenzo il Magnifico quando nel 1472 ebbe il dominio su Volterra. (V. tav. CXXII).

Storia. - L'antica Volterra (Volaterrae, Οὐολατέρραι, etr. Velathri) fu una delle dodici lucumonie etrusche. La menzione di Volterra riferentesi ad epoca più antica si trova in Dionisio d'Alicarnasso a proposito del'aiuto che avrebbe porto, con altre quattro città, ai Latini contro Tarquinio Prisco. È poi ricordata a proposito della vittoria sugli Etruschi riportata nei suoi pressi nel 298 a. C. da L. Cornelio Scipione. Divenuta città federata di Roma diede anch'essa, nella seconda guerra punica, il suo contributo a Roma per l'allestimento della flotta (205 a. C.). Avuta la cittadinanza per effetto della guerra sociale, fu municipio governato da quattuorviri, seguì nella successiva guerra civile la parte mariana e dovette quindi subire un assedio di due anni (81-80 a. C.) da parte dei sillani, finché fu costretta a capitolare, ma per l'interessamento di Cicerone le fu evitata una sorte troppo dura; dovette poi accogliere una colonia militare sotto il triumvirato. Fu ascritta alla tribu Sabatina.

A Volterra la civiltà etrusca giunse relativamente tardi, cioè verso la fine del sec. VII a. C., e può supporsi che vi risalisse lungo la valle del Cecina da Populonia che era il suo porto: la più antica civiltà volterrana è documentata dagli scavi sistematici iniziati da Gherardo Ghirardini nel 1896 sul piano della Guerruccia: vi fu posta in. luce la necropoli arcaica con una trentina di tombe, alcune a cremazione (a pozzetto), altre a inumazione (a cassa) risalenti al secolo VII a. C. e ad epoca anteriore. Interessanti sono le piante, molto variate, di quelle a camera, databili al sec. V a. C.

Volterra giunse a dominare anche sull'Elba e sulla Corsica, arricchendosi per il commercio dei metalli, per l'abbondante produzione di legname e di grano, per la presenza di cave d'alabastro. Probabilmente venivano già sfruttati i soffioni boraciferi delle alte valli del Cecina e della Cornia, come erano certo utilizzati i bagni termali delle Aquae Volaterranae, di ubicazione non precisabile con sicurezza.

La floridezza dei suoi commerci è attestata anche dalle tre serie monetali bronzee fuse, messe in circolazione alla metà del see. III a. C., con testa di Giano nel rovescio, e clava o delfino, o soli segni del valore, sul diritto. Una triplice alleanza commerciale attesta molto probabilmente il sestante con i nomi Fufluna (Populonia), Velathri e Cha [mars?] (Chiusi?), che presenta la testa di Vulcano sul diritto e i suoi arnesi - martello e tenaglie - sul rovescio. Apparteneva a Volterra il tratto di costa dalla Fine (Livorno) alla Cornia (Piombino). I Vada Volaterrana sul litorale sono ricordati da Cicerone, da Rutilio Namaziano e nell'Itinerario d'Antonino. Peraltro, dopo l'apertura della grande via costiera Emilia di Scauro (114-109 a. C.), dalla quale restò tagliata fuori, Volterra decadde rapidamente.

La città rimane per più secoli quasi dimenticata. Essa è tuttavia, almeno dal sec. V, sede di un vescovato e, secondo la tradizione, è rifugio a cattolici d'Africa, sfuggiti alla persecuzione vandalica, fra i quali Giusio e Clemente, cari alla pietà cittadina. Politicamente è soggetta ai Longobardi e ai Franchi e sede di un conte. Accanto e sopra al potere comitale, si va costituendo quello del vescovo, prima di fatto, poi di diritto con i privilegi imperiali, che gli riconoscono la giurisdizione nelle terre della Chiesa (Enrico III, 1052), il dominio della città e del comitato (Federico Barbarossa, 1164 e 1185), il diritto di coniare moneta (Enrico VI, 1189), l'autorità di messo regio e di conte palatino (Enrico VI, 1194). Il vescovato diviene pressoché ereditario nella potente famiglia dei Pannocchieschi, che lo tiene per quasi un secolo (1150-1239). Ma il comune, che ha già nel 1150 suoi consoli e nel 1193 un potestas o rector, va affermando la sua autorità a danno della giurisdizione vescovile, e dopo una lotta lunga e aspra, soprattutto per il possesso delle "moie", o polle d'acqua salsa di Pomarance, e della dogana del sale e delle miniere di argento di Montieri, riesce nel sec. XIII a soppiantarla completamente. E insieme conquista con tenace sforzo il comitato costringendo i feudatarî a giurargli fedeltà e fino i potenti conti della Gherardesca a fargli atto di sottomissione. Nelle lotte fra magnati e popolo, fra ghibellini e guelfi, si afferma sotto Federico II un breve dominio imperiale (1245-50): poi, come a Firenze, prevale il "popolo", che nel Constitutum del 1252 pone, accanto al podestà, il suo capitano e i dodici anziani. Ma i contrasti interni offrono occasione ai potenti comuni vicini, a Firenze, a Siena, a Pisa, di estendere il loro dominio nel Volterrano: Firenze, dopo una vittoria nel 1254, insedia in Volterra stessa un podestà fiorentino. La città si destreggia fra i pericolosi vicini, ora guelfa, ora ghibellina: accetta anche (1259, 1278) brevi signorie vescovili, finché, nei contrasti fra gli Allegretti, "ghibellini", e i Belforti, "guelfi", si afferma, nel 1340, la signoria di Ottaviano Belforti, la quale, interrotta da un breve dominio del duca d'Atene (1342-43), dura fino alla morte di lui (1348) e passa ai figlioli. Ma i Fiorentini, giovandosi delle discordie riaccese, nel 1361 mettono piede in città, occupano la fortezza, nominano un loro cittadino a capitano, escludono i Volterrani dagli uffici politici. Fuori, Firenze stessa e Pisa e Siena sono già, o divengono, padrone dei castelli del distretto. Un tentativo di opporsi al nuovo estimo imposto dai Fiorentini è soffocato, per la viltà degli stessi priori, con l'uccisione di Giusto Landini (1429); un litigio del comune con gli appaltatori dell'allume e la resistenza ai voleri di Lorenzo de' Medici, probabilmente interessato con questi, conducono alla guerra di Firenze contro Volterra, alla presa e al saccheggio della città (1472), che perde ogni resto dell'antica autonomia, riavendola solo in parte nel 1513. Dichiaratasi per i Medici contro Firenze ribellata, Volterra è nel 1530 presa e difesa coraggiosamente dal Ferruccio. Poi segue le sorti di Firenze e delle altre città di Toscana.

Bibl.: Su Volterra antica v.: G. Dennis, Cities and cemeteries of Etruria, 4ª ed., p. 126 segg.; P. L. Consortini, Le necropoli etrusche di Volterra, e le tombe sei secoli V e IV a. C., Lucca 1933; Pauly, Real-Encycl., 1ª ed., VI, ii, s. v. Volaterrae; N. Toscanelli, Pisa nell'antichità, I-III, Pisa 1933-34, passim; A. Solari, Topografia storica dell'Etruria, II, 2ª ed., Pisa 1920, p. 84, segg.; per gli scavi: G. Ghirardini, Rend. Lincei, IV (1895), pp. 176-81, e Mon. Ant. Lincei, VIII (1898); A. E. Petersen, Röm. Mitt., XIII (1898), pp. 409-13; A. Minto, Studi Etruschi, VIII (1934), pp. 59-75; Boll. Inst. Corr. Arch. e Not. scavi ant., passim; per le epigr.: Corpus Inscr. Lat., XI, i, p. 324 segg., nn. 1737-1800, e XI, ii, p. 1272 segg., nn. 7066-84; Corpus Inscr. Etrusc., I, p. ii segg., nn. 18-172, e Addit., p. 604 segg., nn. 4614-15.

Per il periodo seguente cfr.: L. A. Cecina, Notizie istoriche della città di Volterra, Pisa 1758 e Volterra 1900; G. Amidei, Delle istorie volterrane, Volterra 1865; A. Cinci, Dall'archivio di Volterra, ivi 1884-87; id., Guida di Volterra, ivi 1885; A. F. Giachi, Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno di Volterra, 2ª ed., ivi 1885; R. Guarnacci, Guida di Volterra, ivi 1852, 1885, 1903; R. Maffei, Storia volterrana, pubbl. da A. Cinci, ivi 1886-88; C. Ricci, Volterra, Bergamo 1905 (Italia artistica, 18); F. Schneider, Regestum Volaterranum, Roma 1907 (in Regesta chartarum Italiae); P. F. Kehr, Italia pontificia, III, Berlino 1908; G. Volpe, Volterra, Firenze 1923; A. E. Solaini, Sommario della storia e guida del museo e della città di Volterra, Volterra 1927; A. Martelli, Le balze di Volterra, in Rivista geograf. italiana, XV, Firenze 1908; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Torino 1927, passim; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, Milano 1902 segg., passim.