VOLO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

VOLO (XXX, p. 552; App. III, 11, p. 1114)

Luigi Pascale-Francesco Contursi-Pasquale Leone

Volo ipersonico. - Velivoli ipersonici. - È soltanto da qualche anno che si sono destati concreti interessi per il v. ipersonico e pertanto si sono via via acquisite conoscenze sempre più approfondite su tale regime.

L'interesse del mondo aerospaziale verso le possibilità di realizzazione di aerei ipersonici in effetti risale agli anni Cinquanta, quando si pensava a essi come possibili mezzi per il trasporto di carichi bellici. L'avvento dei missili intercontinentali ridusse di molto negli anni Sessanta l'interesse verso tali aeromobili, anche se nel frattempo l'aereo sperimentale americano X-15 della North American aveva dato inizio all'era ipersonica volando a una velocità di 7300 km/h 6,72 Mach). Recentemente nuove possibilità sono sembrate apparire all'orizzonte, essenzialmente per quanto riguarda l'utilizzazione di tali velivoli come sistemi spaziali riutilizzabili per la messa in orbita di carichi utili orbitali e come basi di lancio per missioni extraterres t ri.

Un'altra possibilità, per ora solo in fase di studio, sembra essere quella derivante dal fatto che aeromobili ipersonici, propulsi con turbo-motori utilizzanti come combustibile l'idrogeno, presentano notevoli vantaggi sotto il profilo dell'autonomia e del carico pagante se utilizzati quali mezzi di trasporto commerciali. La soluzione delle problematiche aerodinamiche, strutturali e propulsive, relative a una tale applicazione, anche se possibile in linea teorica, è per ora di difficile attuazione per gli elevati costi d'investimento necessari.

Più semplice dal punto di vista tecnologico e più proficuo da quello economico e militare sembra invece il raggiungimento del primo obiettivo.

Volo planato ipersonico. Space shuttle. - L'esperienza acquisita nella messa in orbita dei satelliti e nelle missioni extraplanetarie ha messo in evidenza l'ingente costo per kg di carico utile messo in orbita. Questa valutazione economica ha indotto i responsabili della ricerca spaziale statunitensi ad accentrare gli sforzi sulla realizzazione di una navicella spaziale (space shuttle), che tra l'altro secondo le previsioni potrà ridurre drasticamente, a circa un decimo dell'attuale, il costo per kg di carico utile trasportato (v. anche satellite artificiale: Veicoli orbitali con equipaggio umano, in questa Appendice).

Lo space shuttle nelle fasi di rientro e di atterraggio può essenzialmente definirsi come un velivolo planante ipersonico, cioè capace di eseguire un v. planato e guidato, senza apporto di potenza, a velocità molto elevate (superiori a 5 Mach).

Il rientro nell'atmosfera di un velivolo a velocità ipersonica costituisce un problema notevolmente complesso per l'intervento di numerosi fenomeni su alcuni dei quali le conoscenze sono ancora solo di tipo teorico (v. fluidodinamica, App. III,1, p. 638). Le forze aerodinamiche infatti, a questi valori del numero di Mach, possono essere calcolate solo in prima approssimazione in base alla teoria probabilistica di Maxwell valida per le correnti di molecole libere.

Inoltre, accanto al problema aerodinamico, c'è anche quello fluidotermodinamico dello strato limite che circonda il corpo e che ha come conseguenza il riscaldamento cinetico delle strutture. Molte delle semplificazioni che si fanno nel caso di strato limite, in campo subsonico e supersonico, non sono più possibili perché nel suo interno sono presenti variazioni molto rapide della temperatura e della pressione, fenomeni di dissociazione e ricombinazione delle molecole dei gas, alti gradienti diffusivi, ecc. Infine, nella fase di rientro, il velivolo è dotato di una componente verticale della velocità molto elevata, il che implica di dover tener conto nelle equazioni del moto delle variazioni della densità dell'aria in funzione della quota.

Studi approfonditi, condotti con l'ausilio di gallerie aerodinamiche ipersoniche, hanno indicato come la più conveniente per la fase di rientro una configurazione della navicella con assetti accentuatamente cabrati (≈ 60°). In questa maniera i vantaggi che si conseguono dal punto di vista del riscaldamento cinetico della struttura sono notevoli, perché con assetti molto cabrati solo una piccola parte della superficie della navicella è direttamente esposta ai flussi termici e quindi richiede un'adeguata protezione.

Gli assetti cabrati consentono inoltre di ottenere una buona stabilità e controllo longitudinale della navicella, in fase di rientro, con accorgimenti non sofisticati; infatti all'uopo si è rivelato sufficiente attribuire un'adeguata curvatura alla parte inferiore del corpo centrale. La stabilità laterale è favorita attribuendo alle ali un certo angolo diedro, mentre quella direzionale dotando la navicella di piccoli razzi, stante l'inefficacia dell'impennaggio verticale, completamente in ombra.

La navicella mantiene l'assetto fortemente cabrato sino a una quota di 12.000 m, dopodiché attraversa una fase di transizione che la porta a un assetto normale con il quale effettua l'ultima fase del v. e l'atterraggio.

Stabilità e controllo: dispositivi di controllo automatico (ACT). - L'orientamento attuale nella costruzione dei velivoli, militari e civili, è quello di affiancare, alle tre tradizionali componenti tecnologiche (aerodinamica, strutturale e propulsiva), una quarta componente costituita da nuovi sistemi di controllo automatico, in grado di condizionare l'intero progetto del velivolo. La terminologia americana qualifica questa nuova componente con la sigla ACT (Active Control Technology) e i velivoli che sono stati costruiti secondo questo criterio con la sigla CCV (Control Configured Vehicle).

Non ci si riferisce qui a ben noti dispositivi di controllo automatico, quali per es. l'autopilota, il limitatore d'incidenza, ecc., già da lungo tempo equipaggianti gli aerei, bensì a quei dispositivi dotati di "piena autorità", ossia a funzionamento continuo e indispensabile per il controllo dei velivoli.

Un tipico dispositivo ACT funziona nella maniera seguente: il comando impartito dal pilota viene trasformato, per mezzo di trasduttori di posizione della barra e/o del pedale, in segnale elettrico che, confrontato ed elaborato mediante calcolatori di bordo di tipo misto (analogico-digitale) con i segnali di alcuni elementi sensori del moto del velivolo, viene utilizzato per l'azionamento, mediante connessioni elettriche (fly-by-wire) degli attuatori elettromeccanici delle superfici mobili di controllo del velivolo.

In definitiva è ragionevole ritenere che la tecnologia del controllo automatico ACT offrirà vantaggi considerevoli: a) sulla stabilità statica longitudinale artificiale, nel senso che renderà possibile il v. con aeromobili intrinsecamente instabili; b) sul controllo della distribuzione della portanza, per conseguire una sua ottimizzazione al fine di ridurre il momento flettente alla radice dell'ala e per migliorare l'efficienza aerodinamica totale; c) nell'attenuazione degli effetti delle raffiche, il che rende più confortevoli i viaggi aerei oltre a ridurre le sollecitazioni a fatica a cui il velivolo viene sottoposto; d) nella prevenzione attiva del flutter nel senso che è possibile controllare l'evoluzione dello smorzamento dei vari modi strutturali che intervengono nella determinazione della velocità critica di flutter senza dover modificare le caratteristiche in rigidezza delle strutture (v. anche avionica, in questa Appendice).

Gettosostentazione. - Nel corso degli anni Sessanta (v. aeronautica, App. III,1, p. 30) sono stati sviluppati, specialmente nel campo dei caccia a reazione, vari progetti di aerei a decollo e atterraggio verticale, comunemente indicati con la sigla VTOL (Vertical Take Off and Landing).

La maggior parte di questi aerei utilizza per la sostentazione, fintanto che non sia stata raggiunta la velocità di sostentazione alare, getti opportunamente orientati disposti nella fusoliera o nelle ali e generati o dallo stesso apparato propulsivo o da motori ausiliari.

Tralasciando le differenze che possono esistere tra i vari modelli finora realizzati, con riferimento sia alle caratteristiche operative, sia alle varie soluzioni tecniche adoperate, nel prosieguo è riportata una sintetica e rapida rassegna dei problemi connessi con la gettosostentazione alle basse velocità e precisamente nella fase di decollo e atterraggio.

In un aereo con caratteristiche VTOL si distinguono quattro fasi di manovra (v. figura): l'avviamento (taxing dei motori, a), l'involo verticale e lo stazionamento (hovering, b), la transizione (c) e il v. a sostentazione alare (d). Tralasciando l'ultima fase che ha la stessa problematica degli aerei convenzionali, si osserva che con riferimento all'avviamento dei motori, il problema più rilevante è connesso all'azione erosiva sul suolo dei getti di sostentazione e all'azione aerotermodinamica che i gas di scarico inducono sul velivolo e sui motori stessi.

Per quanto riguarda l'involo verticale i problemi di maggiore interesse sono quelli relativi al rumore e alla riduzione di spinta gettosostentatrice dovuta alla presenza del suolo in connessione con la particolare disposizione dei getti sul velivolo.

Nella fase di transizione, in cui avviene il passaggio dal v. gettosostentato al v. a sostentazione alare, si verificano notevoli fenomeni d'interferenza aerodinamica dovuti alla presenza della componente traslatoria della velocità dell'aereo che, agendo contemporaneamente sia sui getti di sostentazione, sia sulle superfici portanti, dà luogo a notevoli e rapide variazioni dei momenti aerodinamici con gravi effetti sul controllo e sulla stabilità del velivolo. Ora, date le relativamente basse velocità di v., tali momenti non possono essere facilmente equilibrati attraverso la manovra delle normali superfici di governo, per cui si richiede l'uso di getti ausiliari che controllano l'assetto del velivolo in tutte le fasi di v. ora elencate. Generalmente il controllo di tali getti avviene tramite sistemi di comando automatici, non avendo il pilota rapidità di riflessi tale da permettergli di governare normalmente l'aereo.

Esempio di realizzazione di velivolo VTOL, tralasciando i vari prototipi finora costruiti, è l'aereo inglese Hawker Siddeley Harrier, con i modelli GR MK1 e TMK2, uno dei pochi a essere effettivamente operativo.

V. ancora missile; razzo; navigazione: Navigazione spaziale, in questa Appendice.

Bibl.: Jane's, All the world's aircraft, Londra 1977. Riviste: Aviation week & space technology, New York; Interavia, Ginevra; Aircraft engineering, Londra; AIAA Journal (American Institute of Aeronautics and Astronautics); Aeronautics and astronautics (AIAA); Flight international, Londra; The aeronautical journal, ivi; L'aerotecnica, missili e spazio, Milano.

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