VOJVODINA

Enciclopedia Italiana (1937)

VOJVODINA (A. T., 75-76)

Elio Migliorini

Regione della Iugoslavia settentrionale, sulla sinistra del Danubio, la quale comprende le pianure del Banato, Bačka e Barania, appartenenti prima del 1918 al regno d'Ungheria. Alcuni vi comprendono anche il Sirmio, cioè il territorio posto tra Danubio e Sava. La Vojvodina fa ora parte del banato del Danubio, conta una popolazione di circa due milioni e mezzo d'abitanti, su una superficie di poco inferiore a 25 mila kmq.

Si ha notizia che, già nel sec. XI, popolazioni slave iniziarono il popolamento della regione, allora quasi disabitata, ma solo cinque secoli più tardi le correnti d'immigrati aumentarono d'importanza, finché l'invasione dei Turchi frenò questo movimento e in quasi un secolo e mezzo d'occupazione procurò al paese danni che sarebbero stati irreparabili, se la loro cacciata (1690) non fosse stata immediatamente seguita da una nuova immigrazione. Chiamate dalla Vecchia e dalla Nuova Serbia da Leopoldo I, circa 40 mila famiglie, con alla testa il patriarca di Peč, occuparono quelle fertili terre, gettando le basi per la creazione d'un Ducato (con a capo un duca elettivo o vojvoda), che venne più tardi (1790) riconosciuto al Congresso di Temesvár (ora TimiŞoara in Romania), ma ebbe breve durata. Il territorio aveva anche funzioni politiche, in quanto formava una barriera linguistica slava contro i Magiari. Il carattere etnico andò tuttavia facendosi più complesso per il fatto che sotto Maria Teresa (che diede il nome alla maggiore città della Volvodina, Maria Teresiopoli, ora Subotica) vennero inviati nel paese anche molti coloni tedeschi, provenienti dalla Svevia o ritenuti tali (Schwaben). La città che ha avuto culturalmente maggiore importanza è stata Novi Sad, posta allo sbocco del Lanale Alessandro nel Danubio (di contro alla fortezza di Petrovaradin), sede di una delle prime scuole normali serbe, d'una società letteraria (dal 1826: Matica srpska) e più tardi (1866) anche dell'Unione della gioventù Serba (Omladina). Appunto per assecondare le aspirazioni di autonomia e frenare l'irredentismo ungherese, l'Austria diede al paese per poco più di un decennio (18 novembre 1849-27 dicembre 1860) un proprio governo provinciale con sede a Temesvár e l'imperatore assunse tra gli altri titoli anche quello di Gran vojvoda della Vojvodina serba: quest'ultima era un paese della corona e aveva per molti riguardi una posizione simile alla Croazia. Venuta a far parte del regno d'Ungheria, la regione progredì economicamente anche se non poté conservare le sue prerogative. Passata poi alla Iugoslavia dopo la guerra mondiale, ha subito sensibili modificazioni per l'applicazione della riforma agraria; dato infatti che gran parte delle terre si trovavano in possesso di latifondisti ungheresi (59,6% dei campi in Bačka e Banato erano nelle mani di 192 persone, di cui 186 Ungheresi, 15 Tedeschi e 11 Slavi) venne sancita la spartizione e la concessione di piccoli lotti di terre ai contadini, agevolando in pari tempo il sorgere di nuovi villaggi.

Il terreno, del tutto pianeggiante, e solo lievemente inclinato da N. verso S., quasi privo di alberi, assai fertile, è un'antica piattaforma lacustre coperta da argille e sabbie diluviali, sovrapposte a ciottoli e sedimenti neogenici. Soprattulto adatta alle colture è la parte più settentrionale, formata da löss, mentre invece a S. non mancano vaste aree sabbiose (con dune). La falda acquifera non è del resto molto profonda e può esser facilmente raggiunta con pozzi. Presso le rive del Danubio e del Tibisco, dal corso maestoso, reso lento da copiosi meandri, crescono rigogliose boscaglie. Grandi bonifiche eseguite nel corso del sec. XIX hanno migliorato assai le condizioni naturali. La popolazione, in maggioranza serba, ma con alte minoranze tedesche e ungheresi, vive di preferenza in grossi villaggi, con lunghe vie diritte, aventi talora (come è il caso di Senta) una pianta regolare, indice della colonizzazione recente. Le case sono separate una dall'altra, nascoste tra alberi e frutteti, in modo che l'abitato si estende su aree assai vaste. Dato poi che la campagna è quasi deserta, ogni contadino, oltre alla casa nel villaggio, possiede anche una casa in campagna, che serve per tenere gli utensili agricoli e per abitare nei mesi estivi. Prevalgono le stesse coltivazioni della pianura ungherese: molti cereali, tabacco, canapa, peperoni, cocomeri, cetrioli e, nelle parti più umide, anche riso.

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