Voce

Enciclopedia Dantesca (1970)

voce

Domenico Consoli

" Suono prodotto dalle vibrazioni delle corde vocali ", riferito normalmente all'uomo.

Sembra opportuno considerare innanzi tutto alcune occorrenze in cui il vocabolo fa parte di un giro contestuale allusivo al momento genetico del suono: sì volli dir, ma la voce non venne / com'io credetti (If XVII 92); Era la mia virtù tanto confusa, / che la voce si mosse, e pria si spense / che da li organi suoi fosse dischiusa (Pg XXXI 8); la voce allentò per lo suo varco (XXXI 21: cioè " venne meno ", " si spense in gola ").

Ha qualche attinenza con i precedenti il luogo di Pd XX 28 Fecesi voce quivi [il mormorar dell'aquila nel collo], e quindi uscissi / per lo suo becco in forma di parole.

Come suono inarticolato v. ha in due luoghi della Commedia il valore generico di " lamento ": If III 27 voci alte e fioche (il sostantivo è quinto termine della graduata sequenza ‛ lingue ', ‛ favelle ', ‛ parole ', ‛ accenti ', conclusa da ‛ suon di man '); XIII 26 Cred'ïo ch'ei credette ch'io credesse / che tante voci uscisser, tra quei bronchi, / da gente che per noi si nascondesse (voci qui riprende i guai del v. 22).

Sull'esempio affine di XXVII 10 s'incrociano e si sovrappongono, tragicamente, riflessi umani e ferini: Come 'l bue cicilian... / mugghiava con la voce de l'afflitto: entro il singolare strumento di tortura costruito da Perillo per Falaride, un toro di rame che veniva arroventato, il lamento del condannato si trasformava, per ingegnoso gioco di risonanze, in muggito bovino, conferendo all'inerte forma un'allucinante parvenza di vita.

Anche quando il suono vocale viene emesso dalla gola per evolversi in linguaggio, può fallire il fine e rimanere confuso, indistinto: una voce uscì de l'altro fosso, / a parole formar disconvenevole (If XXIV 65).

Benché proiettata verso l'esito del canto, la revestita voce (Pg XXX 15) che intonerà ‛ alleluia ' il giorno del giudizio universale vuol prima di tutto indicare una v. in senso generico, non più soltanto spirituale, ma corporea (per la variante revestita carne, v. Petrocchi, Introduzione 218-220).

Più frequentemente v. definisce un suono articolato in parole e significante.

La costruzione comune, in questa circostanza, vede il termine preceduto o seguito da un verbo (del quale è di solito soggetto) che esprime in concreto l'atto del dire: una voce sottile / che dice, ecc. (Rime LIX 12); Odesi voce dir subitamente (CXVII 7); [il] nome che sonò la voce sola (If IV 92: la v. di Omero, secondo l'interpretazione vulgata; quella dei quattro poeti del Limbo che salutano il ritorno di Virgilio " d'une seule voix ", secondo il Pézard); Assai la voce lor chiaro l'abbaia (VII 43); una voce di presso sonò (Pg IV 98); La prima voce che passò volando / ‛ Vinum non habent ' altamente disse (XIII 28); voce che giunse di contra dicendo, ecc. (XIV 132); Io sentia voci, e ciascuna pareva / pregar per pace e per misericordia (XVI 16); Così per una voce detto fue (XVI 28); una voce disse, ecc. (XVII 47; e cfr. XXIV 134, Pd XXVI 19); una voce per entro le fronde / gridò, ecc. (Pg XXII 140); a pena ebbi la voce che rispuose (XXXI 32); tal voce uscì del cielo e cotal disse, ecc. (XXXII 128); io udì'... / una voce modesta ... risponder (Pd XIV 35); la voce tua sicura, balda e lieta / suoni la volontà, suoni 'l disio (XV 67).

L'attestazione di Pd XXVI 40 la voce del verace autore, / che dice a Moïsè, di sé parlando: / ‛ Io ti farò vedere ogne valore ', attribuisce la v. a Dio, ma in concreto riferisce il messaggio divino tramandato dalle Scritture.

Il rapporto v.-parola può interessare, prima che l'aspetto intelligibile, l'accento, il tono, il timbro, ovvero le qualità, le modalità del parlare: in quest'accezione il sostantivo è accompagnato per lo più da attributi, proposizioni relative, vari complementi di modo: voce con sospiri mista (Rime CIV 32); la mia voce ch'è fatta sottile (Rime dubbie XV 10; si è già vista una voce sottile in Rime LIX 12); Era la voce mia sì dolorosa / e rotta sì da l'angoscia del pianto (Vn XXIII 19 15, ripreso in XXIII 30; ma v. anche l'anticipo in XXIII 13); una voce che sovente mena / le lagrime dogliose a li occhi tristi (XXXIV 10 10); vanno chiamando Amor ciascuno a prova / in quella voce che lo fa sentire (Cv III Amor che ne la mente 47: cioè con una v. tanto forte che Amore non può non sentirla); con angelica voce (If II 57); parlavan rado, con voci soavi (IV 114); cominciò Pluto con la voce chioccia (VII 2); sospirando e con voce di pianto (XIX 65); con lieta voce disse (Pg XV 35); in voce assai più che la nostra viva (XXVII 9); con voce più dolce e soave (Pd XVI 32); Poi procedetter le parole sue / con voce tanto da sé trasmutata, ecc. (XXVII 38); con atto e voce di spedito duce (XXX 37); voci püerili (XXXII 47).

Si riconnettono all'uso di v. quale indice di personali qualità timbriche che consentono l'identificazione del parlante, quand'anche i tratti del suo volto siano alterati, i luoghi di Vn XXII 13 3 Tu risomigli a la voce ben lui, / ma la figura ne par d'altra gente, e Pg XXIII 44 Mai non l'avrei riconosciuto al viso; / ma ne la voce sua mi fu palese / ciò che l'aspetto in sé avea conquiso.

Per quanto riguarda Pd XI 68 la trovò sicura [la povertà] / con Amiclate, al suon de la sua voce, / colui ch'a tutto 'l mondo fé paura, e anche XXII 6 madre che soccorre / sùbito al figlio palido e anelo / con la sua voce, che 'l suoi ben disporre, non par dubbio che il diverso effetto della v. sia affidato non solo al contenuto concettuale delle parole dette, ma anche al tono, all'inflessione con cui son dette (imperiosa in Cesare, dolce e affettuosa nella madre).

È invece oggetto di discussione la terzina in cui D. afferma che, se riuscirà a vincere la guerra dei concittadini, con altra voce omai, con altro vello (Pd XXV 7) ritornerà a Firenze poeta, dove v. è di volta in volta intesa in senso realistico (con v. mutata per l'età), o, in senso figurato, per " fama " buona, diversa dalla ‛ mala voce ' che l'aveva seguito nell'esilio (Ottimo, Buti, Venturi), ovvero per " canto " più elevato e maturo di quello giovanile (Landino, Lombardi, Torraca, Casini-Barbi, Porena, Grabher, Chimenz). L'interpretazione realistica parrebbe autorizzata dal parallelismo di v. con vello (ambedue i termini sono correlati alla figura dell'agnello, v. 5); ma certo il ricordo dell'età avanzata comporta l'idea di una crescita morale e artistica, elemento non secondario del ritratto di sé che D. proietta in un futuro intimamente vagheggiato: " tutta la frase significherà: ‛ invecchiato ormai e canuto '; e si capisce che il passare degli anni l'avrà maturato anche come poeta e come uomo, porgendo una materia di gran lunga più vasta alla sua ispirazione e arricchendo il suo animo di saggezza e prudenza " (Sapegno).

A una zona intermedia tra i valori tonali e quelli semantici appartiene l'occorrenza di Cv IV VI 3, dove D., discorrendo del verbo auieo e commentandone il significato di " legar parole ", nota: E chi ben guarda lui, ne la sua prima voce apertamente vedrà che elli stesso lo dimostra (il suo significato di legare parole), in quanto composto di sole cinque vocali, che sono anima e legame d'ogni parole. L'espressione ne la sua prima voce sarà qui da collegare alla semplice struttura fonetica del vocabolo, prescindendo dalle altre sue caratteristiche.

Altrove è evidente una pertinenza più diretta con ciò che la v. dice, con le " parole ", con il " discorso " eletto a veicolo di comunicazione.

Va però osservato che di rado il testo di D. attribuisce una funzione esclusivamente ‛ pratica ' al vocabolo: la sua scelta, implicitamente o esplicitamente, vale quasi sempre a toccare la corda emotiva: lo savio uomo con lo strumento de la sua voce fa[r]ia mansuescere e umiliare li crudeli cuori (Cv II I 3); poi / si convertì quel vento in cotal voce: / " Brievemente sarà risposto a voi... " (If XIII 92); Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce / nel mondo sù dovria esser gradita (XVI 41: " cui si cives credidissent non recepissent illam stragem magnam ad Montem Apertum " [Benvenuto], e così in genere gli altri commentatori; ma il Marti [in " L'Alighieri " VIII [1967] I, 9, n. 11, e Nuove Lett. II 95] ritiene che v. corrisponda qui a " fama ": " il condizionale dovria non sarebbe da intendersi, dunque... come un rimprovero ai fiorentini che non ascoltarono il consiglio di Tegghiaio, ma come espressione di presunzione, nella mancanza di certezza, da parte del dannato "); ‛ Te Deum laudamus ' mi parea udire in voce mista al dolce suono (Pg IX 141); forse sua sentenza è d'altra guisa che la voce non suona (Pd IV 56); " Deh, chi siete? " fue / la voce mia di grande affetto impressa (VIII 45); se la voce tua sarà molesta / nel primo gusto, vital nodrimento / lascerà poi, quando sarà digesta (XVII 130: occorrenza eccezionale, poiché v. vi coincide in larga misura con la Commedia); hanno valore simile If IV 79 e 82, Pg XIII 34, XXII 5, Pd IX 76, XII 29, XIV 11, XIX 11, XXI 136, XXV 130.

Dalla corrispondenza tra v. e " discorso " dipendono parecchie locuzioni: ‛ drizzar la v. ' (Cv II II 5, If XXIII 127, XXVII 20) per " indirizzare la parola "; ‛ alzar la v. ' (Pg XX 123) per " sollevare il tono " della v. in modo da renderlo percepibile; ‛ gittar v. di fuori ' (If XXVI 90), detto del corno de la fiamma antica in figura di lingua che parla, per " emettere la v. ", " parlare "; ‛ muovere la v. ' (V 80) per " iniziare a parlare ".

Altre locuzioni ricorrono nei seguenti esempi: Come a color che troppo reverenti / dinanzi a suo maggior parlando sono, / che non traggon la voce viva ai denti (Pg XXXIII 27), " non esprimon la parola in forma che si possa chiaramente intendere " (Vellutello); quel che mi convien ritrar testeso, / non portò voce mai, né scrisse incostro (Pd XIX 8), " non fu mai detto "; sì forte era la mia imaginazione, che piangendo incominciai a dire con verace voce (Vn XXIII 10): " parlando ", " emettendo realmente la voce "; nessuno dubita, che s'elle comandassero a voce, che questo non fosse lo loro comandamento (Cv I VII 11): si avanza l'ipotesi che se le canzoni da commentare nel trattato potessero comandare, facendo veramente sentire la loro v., pretenderebbero di venire spiegate a tutti gli uomini nel loro volgare natio.

Col senso di " diceria ", " fama ", il vocabolo figura in Vn X 2 per questa cagione, cioè di questa soverchievole voce che parea che m'infamasse viziosamente (si veda al § 1 troppa gente ne ragionava oltre li termini de la cortesia, con allusione alla seconda donna dello schermo); Cv III V 3 seguendo la volgare voce; If VII 93 dandole biasmo a torto e mala voce (‛ dar mala v. ' equivale naturalmente a " infamare "); XXXIII 85 se 'l conte Ugolino aveva voce / d'aver tradita te de le castella; Pg XI 103 Che voce avrai tu più, se vecchia scindi / da te la carne, che se fossi morto / anzi che tu lasciassi il ‛ pappo ' e 'l ‛ dindi ', / pria che passin mill'anni?; XXVI 121 A voce più ch'al ver drizzan li volti (stanno attenti al ‛ sentito dire ' più che alla verità); Pd XVIII 32 beati, che giù, prima / che venissero al ciel, fuor di gran voce.

V. può anche valere " appello ", " richiamo ": Almen tre / voci t'ho messe (Pg XIX 35); " comando ": questo è lo nocchiero, a la cui voce tutti obedire deono (Cv IV IV 5); Né 'l mondo mai non fu né sarà sì perfettamente disposto come allora che a la voce d'un solo, principe del roman popolo e comandatore, fu ordinato (V 8).

In Pd I 35 forse di retro a me con miglior voci / si pregherà perché Cirra risponda, D. pensa a qualche poeta che dopo di lui e per lo stimolo della Commedia (la favilla cui forse seguirà una gran fiamma) invochi la Musa con v. migliori della sua. Le voci sono qui strumenti validi a ottenere da Cirra un aiuto maggiore, cioè un'ispirazione più ricca che consenta di esprimere una più alta poesia, e non coincidono esse stesse con la poesia, benché ne siano la preparazione: " idest facundiori sermone, quasi dicat: forte veniet alius poeta eloquentior me, qui magis movebit Apollinem " (Benvenuto). Ma nella gamma semantica di v. rientra anche l'accezione di " poesia " (Degno fa voi trovare ogni tesoro / la voce vostra sì dolce e latina, Rime CXIII 2: si parla delle dolci e chiare rime di Cino da Pistoia), come quella ben estesa di " canto ", con particolare riferimento alle varie tonalità e ai diversi timbri di cui si compone: dicemo bello lo canto, quando le voci di quello, secondo debito de l'arte, sono intra sé rispondenti (Cv I V 13); Diverse voci fanno dolci note (Pd VI 124); come in voce voce si discerne, / quand'una è ferma e altra va e riede (VIII 17), dove la distinzione riguarda la v. che in un canto a due tiene la nota ferma e quella che variamente si modula lungo la scala musicale; vid'ïo la gloriosa rota / muoversi e render voce a voce in tempra / e in dolcezza ch'esser non pò nota (Pd X 146); e quindi Pg XII 110, XXVII 55, Pd X 66.

Talvolta il contesto, più che sul canto in sé, si appunta sull'individuazione del significato espresso dalle parole cantate: ‛ Te Deum laudamus ' mi parea / udire in voce mista al dolce suono (Pg IX 141); la virtù ch'a ragion discorso ammanna, / sì com'elli eran candelabri apprese, / e ne le voci del cantare ‛ Osanna ' (XXIX 51). Cantare ad una voce (Pg II 47) vuol dire ovviamente cantare " all'unisono ", mentre il ‛ levare la voce ' (Pd XIV 21; si ricordi il caso simile, già citato, di Pg XX 23) di quei che vanno a rota mette in evidenza la letizia dei danzatori che si traduce in un canto più alto (cfr. v. 19).

V. si riferisce ad animali in Rime C 30 li altri [uccelli] han posto a le lor voci triegue, e Cv IV V 18 la voce d'una oca, testimonianza questa della Provvidenza divina che volle con mezzo sì umile salvare il Campidoglio dall'assalto dei Galli (cfr. Mn II IV 7; Livio V XLVII 4; Virg. Aen. VIII 655-656).