OLCESE, Vittorio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

OLCESE, Vittorio

Fabio Berio

OLCESE, Vittorio. – Nacque a Milano l’8 ottobre 1861, unico figlio di Agostino, operaio, e di Teresa Ariani.

Iscrittosi alle scuole tecniche, lasciò gli studi nel 1873, quando fu assunto nell’officina meccanica Baldassarre Pisani di Milano, dove lavorò come apprendista disegnatore fino al 1877. Passò quindi allo stabilimento meccanico dell’Elvetica, la futura Breda, in cui divenne tracciatore e montatore, lavorando alle prime locomotive a vapore tramviarie.

Nel settembre 1882, assolti gli obblighi di leva, rientrò nella vita civile e, alla ricerca di un nuovo lavoro, si inserì nel settore cotoniero come assistente nella filatura di Capriate d’Adda (oggi Capriate San Gervasio, Bergamo) di proprietà della famiglia Crespi. Lì lavorò in diversi reparti, approfondendo i vari aspetti dei processi di produzione del filato e conquistando via via la stima dei superiori. Nel novembre 1886, grazie all’appoggio del direttore degli stabilimenti di Capriate, divenne direttore della nuova filatura acquistata dai Crespi a Baveno, sul Lago Maggiore.

Nel 1890 passò alla direzione della Weimann Somaini di Somma Lombardo (Varese). A seguito di un incendio che nel 1893 distrusse lo stabilimento, Francesco Somaini lo incaricò di progettare e realizzare a Lomazzo (Como) una nuova fabbrica, che fu costruita fra il 1893 e il 1894. Il nuovo impianto, concepito su tre piani e considerato allora uno dei più avanzati, divenne in seguito oggetto di una disputa alimentando dissapori tra Somaini e Olcese che nel 1931 avrebbe annotato: «il Somaini che in quel tempo nulla conosceva della tecnica di filatura se ne servì per essere creato Cavaliere del lavoro», tentando di «toglier[mi] ogni benemerenza» (Arch. storico Cavalieri del lavoro, b. CXXXIV, f. 4, lettera autografa 1931).

Verso la fine del 1895 fu convocato dalla famiglia Feltrinelli con la proposta di lavorare al progetto di una nuova filatura a Campione, sul Lago di Garda, e trovandosi «a disagio col Somaini» (ibid.), accettò. Il 16 gennaio 1896 nacque il Cotonificio Feltrinelli & C., al quale Olcese partecipò con una piccola quota azionaria.

Il terreno di Campione del Garda, da poco acquistato dai Feltrinelli, altro non era che «una lingua di terra delta di fiume con la roccia a picco alta 400 metri dietro ove vi risiedevano solo 2 persone marito e moglie e vi si va oggi colla nuova strada Gargnano Riva ma prima non c’era che la via del Lago» (ibid.). Qui Olcese realizzò un’opera assai più complessa e ambiziosa delle precedenti: la stessa Crespi d’Adda dovette essergli di ispirazione per la fondazione di un villaggio operaio destinato a inserirsi solidamente nel solco della tradizione paternalista dell’industria tessile: «Là costrussi filatura, case, cooperativa, chiesa, scuole, ecc. e formai un paese di molti abitanti» (ibid.).

Fin dall’inizio dei lavori scelse di trasferirsi a Campione nell’unico palazzo che vi si trovava, già proprietà di Giovan Antonio Archetti, con la moglie, Annunziata Polli, conosciuta a Baveno e sposata pochi anni dopo, e col figlio Achille, nato nel 1892: «L’antico Palazzo […] divenne la residenza del Direttore del Cotonificio che, più che Sindaco, è principe e re del piccolo paese» (cit. in Simoni, 1988, p. 87). Prima delle abitazioni destinate agli operai e alle strutture necessarie alla vita del villaggio, si dovette procedere alla costruzione dello stabilimento stesso che, diversamente da quello di Baveno, fu realizzato su un unico piano: i vantaggi della fabbrica orizzontale erano molteplici, non ultimo dei quali la limitazione dei pericoli di incendio e l’economicità nei costi di realizzazione.

Per disporre della forza motrice necessaria all’attività della fabbrica, le acque del torrente Tignale furono incanalate in una condotta forzata con un salto, dietro Campione, di oltre 100 m. Passando l’impianto dagli iniziali 20.000 fusi ai 32.000 del 1902, fino ai 54.000 del 1905, si dovette provvedere all’aumento della forza idraulica, materia sulla quale Olcese agì da innovatore. Anziché utilizzare il sistema delle grandi turbine che trasmettevano il moto, mediante un complesso di pulegge, alle singole macchine, propose di applicare a ciascuna delle 64 nuove macchine una piccola turbina – la cui potenza sarebbe stata regolata direttamente dall’operaio addetto – ma incontrò una certa opposizione, sia all’interno della società sia nel dibattito tecnico dell’epoca; il sistema rimase in funzione a Campione per decenni, ma non conobbe, a quanto è dato sapere, una diffusione significativa. Un’altra importante innovazione fu la creazione, dapprincipio anch’essa non gradita ai proprietari, di un vasto bacino di raccolta delle acque (circa 20.000 m3) per far sì che, in seguito all’abolizione del lavoro notturno, la produzione potesse restare invariata. Disponendo di una maggiore quantità di acqua accumulata durante le ore di inattività della fabbrica, diventava infatti possibile alimentare un maggior numero di fusi.

Da abile tecnico Olcese divenne quindi un competente manager, figura all’epoca poco diffusa nel panorama industriale italiano. Oltre alla vocazione paternalista, la sua carriera fu contrassegnata da un’altra tendenza costante: il progressivo accentramento nella sua persona di un sempre maggior potere (complice l’assenteismo della famiglia Feltrinelli nella direzione della società), col quale tornava ad avvicinarsi «al ruolo del più classico imprenditore ottocentesco, dominatore incontrastato di ogni elemento del processo vitale dell’impresa» (Romano, 1992, p. 425). Nel 1902 avocò a sé tutti i poteri della direzione, compresi quelli della sezione commerciale, trasferendosi con la famiglia nella sede di Milano.

Nel 1904, quando ebbe «da parte di un gruppo l’offerta di una forza idraulica in Valle Camonica» (Arch. storico Cavalieri del lavoro, b. CXXXIV, f. 4, lettera autografa 1931), propose ai Feltrinelli di costruire una nuova filatura nella località di Cogno (Brescia), ma incontrò ancora la loro ostilità. Decise dunque di lasciare l’azienda e fondò una nuova società col concorso dei capitali della famiglia Turati: il Cotonificio Francesco Turati, che assorbì la Filatura Turati di Montorio Veronese e che vide Olcese, a partire dal 1° gennaio 1905, assumere le vesti di amministratore delegato e socio.

A Cogno i lavori per la nuova filatura iniziarono contestualmente a quelli per lo sfruttamento delle acque del Trobiolo, incanalate su un unico salto di 408 m – altezza notevole per la tecnologia del tempo – costruendo anche qui un grande serbatoio accumulatore. Benché alcune conquiste tecniche fossero indubbiamente avanzate, non si può dire che lo stabilimento si posizionasse in tutto sulla frontiera tecnologica, giacché fu necessario attendere gli anni Trenta per passare alla trasformazione dell’energia idraulica in elettrica, in deciso ritardo rispetto alle grande centrali idroelettriche allora attive a Paderno (6000 kW) e a Clavezzo sul Bembo (2500 kW).

Nel 1908 Cogno era la più grande filatura d’Italia, realizzata anch’essa su un solo piano di 13.000 m2. Vi erano attivi 100.000 fusi a filare e 20.000 a ritorcere. Ma le somiglianze con il Cotonificio Feltrinelli non si esaurivano nelle soluzioni tecniche: anche qui Olcese volle edificare un villaggio operaio improntato ai capisaldi dell’assistenzialismo e del paternalismo di stampo ottocentesco, fornendo alle maestranze tutti i possibili servizi: scuole, dopolavoro, spaccio aziendale.

Durante la prima guerra mondiale il Cotonificio Turati ampliò ancora la produzione in Val Camonica, vendendo lo stabilimento di Montorio e trasformando in filatura una tessitura a Casino Boario, a 6 km da Cogno. Dopo la guerra mentre si profilavano occasioni per allargare ulteriormente quello che si stava configurando come un impero della filatura del cotone, la famiglia Feltrinelli invitò Olcese a riprendere in mano le sorti dello stabilimento di Campione, acquisito dal Cotonificio Francesco Turati nel 1919.

Nel frattempo Olcese assunse visibilità su scala nazionale e sempre maggiori responsabilità all’interno delle associazioni cotoniere. Nel 1922 fu nominato presidente del Consorzio filatori di cotone e della sezione ‘filatura’ dell’Associazione cotoniera italiana, di cui divenne poi presidente dal 1934 al 1939, e vicepresidente dell’Istituto cotoniero italiano. Pur insignito negli anni Venti di diverse onorificenze, solo nel 1931 fu nominato cavaliere del lavoro, dopo essere stato scartato nel 1920, perché, quantunque reputato «un abile industriale, attivo ed intelligente», era non di meno sospettato di essere «persona di pochi scrupoli in linea morale» (Arch. di Stato di Milano, Fondo Prefettura, b. 923, lettera questura di Milano, 21 giugno 1920). Benché mai iscritto al Partito nazionale fascista, mantenne normali rapporti con le organizzazioni del regime, contribuendo anche con aiuti «finanziari al movimento politico fascista» (ibid., lettera questura di Milano, 17 aprile 1926).

Nella seconda metà degli anni Venti l’espansione societaria proseguì senza sosta: nel 1925 fu acquisita la maggioranza delle azioni del Cotonificio Entella, che contava due filature in Liguria: una a Voltri (smantellata nel 1930) e una a Lavagna; e nel marzo 1928 avvenne la fusione con la Filatura Bergamasca, che annoverava fra i suoi stabilimenti quelli di Clusone (Bergamo), Novara, Carrù (Cuneo) e Vergiate (Varese). Grazie alle nuove acquisizioni, il cotonificio divenne la prima filatura d’Italia per numero di fusi (480.000 circa). Nel 1928 i soci del Cotonificio Francesco Turati votarono per il cambiamento della ragione sociale in Cotonificio Vittorio Olcese.

Durante gli anni Trenta le notizie attorno all’attività dell’imprenditore si fanno più rade.

Per la filatura di Cogno è noto che fu costruito un nuovo bacino di raccolta delle acque (300.000 m3), sul Pian di Lova, con una centrale idroelettrica entrata in funzione nel 1934; ma la gran parte delle energie aziendali furono impiegate a difesa delle posizioni acquisite nel decennio precedente e messe a rischio dagli effetti della crisi del 1929. La produzione fu adattata alle politiche economiche impostate dal regime, dando inizio alla lavorazione degli autarchici fiocchi di raion, della canapa e di altre fibre sostitutive del cotone.

Verso la fine del decennio Olcese lasciò la direzione al figlio Achille, mantenendo solo la carica di presidente.

Morì a Milano il 19 maggio 1940.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Fondo Prefettura, Gab., cat. 38, Onorificenze, bb. 923, 868; Roma, Arch. storico Cavalieri del lavoro, b. CXXXIV, f. 4; Milano, Archivi famiglia Feltrinelli, Fondo Giacomo Feltrinelli, att. impr. 1865-1911, Cotonificio Feltrinelli & C., b.1, ff. Cornali e Olcese; Il cotonificio V. O.: nelle sue origini, nelle sue vicende e nella sua attualità, Milano 1939; V. Castronovo, L’industria cotoniera in Piemonte nel secolo XIX, Torino 1965, pp. 47 s., 134 s., 177, 220; A. Bernard, Storia dell’Associa-zione cotoniera italiana, Milano 1982, pp. 114, 120, 122, 137, 140, 170 s.; C. Simoni, Oltre la strada. Campione sul Garda: vita quotidiana e conflitto sociale in un villaggio operaio periferico, Brescia 1988; R. Romano, L’industria cotoniera lombarda dall’Unità al 1914, Milano 1992, pp. 46, 226, 230, 258, 424 s., 429, 434, 436-438, 440, 447; I Cavalieri del lavoro (1901-2001). Storia dell’Ordine e della Federazione, II, Modena 2001, p. 460; A. Castagnoli - E. Scarpellini, Storia degli imprenditori italiani, Torino 2003, ad ind.; L. Segreto, I Feltrinelli. Storia di una dinastia imprenditoriale (1854-1942), Milano 2011, pp. 166, 168 s.