VITAMINE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

VITAMINE (XXXV, p. 462)

Achille RONCATO

Generalità. - Le vitamine sono sostanze che, pur non facendo parte di veri e proprî costituenti delle cellule, gli organismi animali devono introdurre in piccolissima quantità (sostanze oligodinamiche) con gli alimenti, e senza le quali essi non possono effettuare determinati processi, spesso essenziali per la vita (coagulazione del sangue, ossificazione, alcuni tra i numerosi processi costituenti le complesse catene onde risulta il metabolismo delle singole sostanze nutritive, riproduzione, ecc.).

Si distinguono dagli ormoni e dagli enzimi, con i quali condividono il carattere della oligodinamicità ed assieme ai quali costituiscono i cosiddetti ergoni, perché non sono preparabili dagli organismi animali e quindi devono essere introdotte dall'esterno con gli alimenti. Sono di origine vegetale e gli animali le introducono o direttamente alimentandosi di vegetali o indirettamente alimentandosi con cibi animali, i cui tessuti contengono più o meno sotto forma di riserva, una certa quantità di vitamine, alla loro volta di provenienza vegetale. Alcune vitamine non sono introdotte con gli alimenti, ma sono fabbricate da microrganismi presenti nel tubo digerente; anche in questo caso però provengono evidenteménte dal di fuori dell'organismo.

Il carattere di vitamina non è assoluto, ma relativo alla specie animale alla quale ci si riferisce. Così, per es., l'aeido ascorbico è una vitamina per la cavia, mentre non lo è per il ratto e per il coniglio, i quali non ne abbisognano perché possono sintetizzarlo.

Il fabbisogno di una stessa vitamina, per una stessa specie animale, varia a seconda di tante condizioni. Tra queste hanno importanza età, lavoro muscolare e, particolarmente, la prevalenza di questo o di quel principio alimentare (lipidi, glacidi, protidi) nella dieta.

Si è più volte tentato di sostituire il termine di vitamina con altre denominazioni: fattori accessorî della nutrizione, ormoni della nutrizione, nutramine, eutonine, ecc., ma senza fortuna. Le singole vitamine, a mano a mano che erano scoperte, venivano indicate con le diverse lettere dell'alfabeto e, successivamente, per evitare confusioni, furono loro date denominazioni che ricordassero o la malattia da esse curata o la loro composizione chimica; per es., la vitamina B1 fu chiamata anche tiamina e aneurina.

Con gli alimenti non sempre le vitamine sono introdotte in condizioni da essere immediatamente attive, bensì sotto forma di sostanze che l'organismo, mediante alcune modificazioni chimiche, riesce a trasformare in attive. Tali sostanze trasformabili in vitamine si chiamano provitamine.

Col progredire degli studî si è constatato sempre più che le tre classi di sostanze, ormoni, vitamine, enzimi, le quali in minima quantità sono tutte necessarie per lo svolgimento di fondamentali processi biologici, non sono separate tra loro, ma legate da relazioni reciproche.

Così, per es., si è dimostrato che alcune vitamine sono necessarie, in quanto l'organismo le impiega nella costruzione di enzimi, altre invece ingranano la loro azione con quella di ormoni. Si tratta di relazioni talora assai complesse, che gli studî vanno sempre più chiarendo. Si è dimostrata l'esistenza di correlazioni anche tra differenti vitamine, che possono essere di natura chimica, fisica o biologica e si risolvono in potenziamenti o in attenuazioni reciproche della loro azione. Si comprende quindi come il fabbisogno di una vitamina può essere condizionato dall'introduzione di un'altra.

L'isolamento e la purificazione di una determinata vitamina sono possibili solo quando si è trovato un animale adatto (teste), nel quale si possono riprodurre i fenomeni di una ben determinata avitaminosi, mediante una dieta opportuna. In possesso di un teste appropriato, la determinazione quantitativa e qualitativa dell'azione vitaminica di una sostanza (che potrebbe essere una vitamina in via di concentrazione durante il suo isolamento, oppure un alimento, in cui si voglia determinare il contenuto di una determinata vitamina) riesce oltremodo facilitata. A tale scopo il teste viene trattato con una dieta che contenga tutti i principî alimentari, e tutte le vitamine ad eccezione di quella da determinarsi. Si somministra allora la sostanza che è in studio, e si determina la quantità minima di essa necessaria ad impedire l'insorgenza di fenomeni di avitaminosi. È questo il cosiddetto metodo preventivo. Esiste anche il cosiddetto metodo curativo che consiste nel somministrare la sostanza dopo che si è prodotto lo stato di avitaminosi. Con questo secondo metodo si stabilisce la quantità minima necessaria della sostanza in esame per guarire la malattia.

Classificazione. - Allo stato presente, conosciamo un gran numero di vitamine, la loro natura chimica e il contenuto di esse nei diversi alimenti. Esse vengono suddivise in due gruppi: idro- e liposolubili, a seconda che possono essere estratte dai prodotti naturali con solventi a base di acqua o con i comuni solventi di sostanze grasse (etere, acetone, cloroformio, ecc.). Ecco l'elenco delle vitamine finora note e i loro sinonimi:

Complesso B. - Le prime 10 vitamine di questo elenco costituiscono il cosiddetto complesso B. Esse sono state riunite in un unico gruppo perché si è dimostrato che l'estratto acquoso della pula di riso e quello della crusca di tutti i cereali e più ancora quello del lievito, oltre ad essere ricchi dell'originaria vitamina B antiberiberica, contengono anche le altre nove vitamine di questo complesso.

Queste vitamine del complesso B hanno in comune la proprietà di essere sempre presenti, in quantità variabilissima, in tutte le piante, dalle più semplici tallofite alle più complesse spermatofite, e dove abbonda l'una, generalmente, abbonda l'altra; esse infine sono indispensabili a tutti gli esseri viventi e quindi non sono relative a determinate specie animali. Per separare le diverse vitamine del complesso B si parte generalmente dall'estratto acquoso di lievito. Questo estratto viene filtrato su terra di follone, che adsorbe la tiamina, la riboflavina, la niacina e la piridoxina. Nel filtrato passano le altre sei vitamine di questo complesso e per questo esse vengono dette fattori del filtrato. Tutte le vitamine del complesso B sono assai resistenti al calore (termostabili), la meno resistente è la vitamina B1, quantunque per distruggerla in un estratto acquoso bisogni riscaldarlo in autoclave a 120° C per 5 ore.

Vitamina B1 (tiamina, aneurina). - Cronologicamente è la prima vitamina conosciuta; fu scoperta da C. Funk (1912) e ottenuta allo stato puro da B. C. Jansen e W. F. Donath (1926). La sua costituzione chimica fu definita da R. R. Williams (1935) che la preparò anche per via sintetica. Nell'uomo la deficienza della vit. B1 produce la malattia detta beriberi, frequente nei popoli che si cibano prevalentemente di riso brillato (Giapponesi, Cinesi, Indiani). Essa è caratterizzata da disturbi nervosi (neuriti periferiche, disturbi della motilità, specie degli arti inferiori), cardiaci (bradicardia, dilatazione del cuore) e del ricambio idrico (edemi).

Viene in commercio sotto forma di sale, il cloruro di aneurina, la cui formula chimica è la seguente:

È indispensabile per il metabolismo dei glicidi, tanto è vero che il suo fabbisogno cresce quanto più la dieta è abbondante di questi principî alimentari. Oggi si comprende agevolmente la ragione di questa indispensabilità, essendosi dimostrato che la vitamina B1, sotto forma di estere pirofosforico, costituisce il cofermento di un enzima, la carbossilasi, necessario per la decarbossilazione dell'acido piruvico, che si forma come prodotto intermedio nel metabolismo dei glicidi. Questa decarbossilazione condiziona l'ulteriore metabolizzazione di questo acido che altrimenti si accumulerebbe nei tessuti. Non è questo l'unico meccanismo d'azione della vitamina B1, ma certo uno dei principali; essa interviene anche nell'attività dei nervi colinergici.

Tutti gli animali hanno bisogno di vitamina B1, ma alcuni sono capaci di sintetizzarla in quantità sufficiente per mezzo di batterî del tubo digerente. I ruminanti, per es., la producono nel rumine, di dove viene assorbita. Il teste più appropriato per gli studî sulla vitamina Bi è il piccione.

È contenuta in tutti i cibi vegetali, dei quali i più ricchi ne sono il lievito, i cereali (specialmente la crusca e il germe) e, tra le frutta, le noci. Tra i cibi animali è contenuta nel tuorlo d'uovo, nel fegato, nel rene. Le carni e il latte ne sono piuttosto poveri.

Non è ancora ben precisato il fabbisogno giornaliero di vitamina B1 per l'uomo. È certo che deve essere assunta in quantità non inferiore ai 0,3 mg., ma è prudente che l'alimentazione ne contenga 0,5-0,6 mg. Nell'alimentazione comune dei popoli europei, a base di pane, sono assai rari i casi di deficienza di vitamina B1. La vitamina B1 trova largo impiego come farmaco anche in malattie, specialmente del sistema nervoso periferico, che niente hanno a che fare con una ipoavitaminosi B1.

Vitamina B2 (lattoflavina, riboflavina). - Nel 1916 E. V. McCollum e C. Kennedy avevano dimostrato che nell'estratto acquoso di lievito e di cereali e nel latte esisteva una sostanza necessaria per l'accrescimento dei ratti. In un primo tempo si è creduto che questa sostanza si identificasse con la vitamina antiberiberica; successivamente si è stabilito che si trattava di altra vitamina; l'antiberiberica fu allora indicata con B1 e il fattore idrosolubile dell'accrescimento con B2.

Nel 1933 P. György, R. Kuhn e J. Wagner-Jauregg identificarono la vitamina B2 con la flavina, che essi avevano ottenuto dal tuorlo d'uovo (ovoflavina), e con quella ottenuta da P. Ellinger e U. Koshara dal latte (lattoflavina). Due anni dopo (1935) Kuhn e P. Karrer ne dimostrarono la costituzione chimica e la prepararono per sintesi.

Per la presenza di ribitolo nella sua molecola, alla vit. B2 fu dato il nome, che è quello più in uso, di riboflavina.

Le sue soluzioni, di color giallo, dànno un'intensa fluorescenza verde. Per azione di sostanze riducenti assume due atomi d'idrogeno, trasformandosi in un derivato incoloro (leucoderivato) che, per azione dell'ossigeno molecolare dell'aria, torna a riossidarsi riprendendo il colore giallo. Si tratta quindi di un sistema di ossido-riduzione reversibile, il che, come vedremo, si riconnette con la sua azione biologica.

In conseguenza della diffusione della vitamina B2 nella gran parte degli alimenti e anche in conseguenza della sua grande resistenza agli agenti fisici e chimici, i casi di ipoavitaminosi B2 nell'uomo sono rari e non molto chiari. Invece decise sindromi di carenza di vitamina B2 si possono riprodurre in animali (ratto, cane, pollo, porco) trattati con particolari diete. Tali sindromi consistono in dermatiti, alterazioni del sistema nervoso e, se l'animale è in sviluppo, in arresto della crescenza.

La vitamina B2 è presente in tutte le cellule degli organismi. Ciò è indispensabile perché sotto forma di estere pirofosforico, unita a proteine, entra nella costituzione dei cosiddetti fermenti gialli, che presiedono alla respirazione cellulare. Attraverso questi fermenti essa interviene in molteplici processi del metabolismo intermedio.

La riboflavina non esterificata si trova nella retina dei pesci in tale abbondanza (50 mg. % nella retina di merluzzo) come in nessun altro tessuto di origine animale o vegetale. Questa ricchezza sembra essere in relazione con la funzione visiva di questi animali. Abbondante è pure negli organi luminescenti di alcuni animali (lucciole). Non avendo a disposizione ammalati sicuramente da carenza di vitamina B2, non è stato possibile stabilire con precisione nell'uomo il fabbisogno giornaliero di vitamina B2. Si crede che quello minimo sia di 1 mg. La vitamina B2 si accumula facilmente nei tessuti animali, il fegato ne è il più ricco; tra i cibi vegetali i più ricchi ne sono i legumi. Il lievito ne è pure ricchissimo.

Vitamina B6 (adermina, piridoxina). - J. Goldberger nel 1926 dimostrò che i giovani ratti trattati con dieta contenente la sola vitamina B1 presentavano, oltre che arresto di sviluppo, anche lesioni cutanee simmetriche sulle zampe, le orecchie e il naso. Tale sintomatologia guariva con la somministrazione di estratti autoclavati di lievito nei quali la vitamina B1 era andata distrutta per azione del calore e quindi avrehbero dovuto contenere esclusivamente la vitamina B2. Si è dedotto che la vitamina B2 non solo provvedeva alla crescenza, ma era necessaria anche per l'incolumità della cute. Nel 1934 P. György dimostrava che la guarigione di tale sintomatologia cutanea, che egli chiamò acrodinia in quanto si accompagna spesso a paresi degli arti posteriori, non era da ascrivere alla vitamina B2, ma a un'altra vitamina, pure presente nell'estratto autoclavato di lievito, e che egli chiamò vitamina B2.

Nel 1938 tale vitamina fu ottenuta allo stato puro e poco dopo (1939) veniva determinata la sua formula chimica da Kuhn, che proponeva di chiamarla adermina. Nello stesso anno S. A. Harris e K. Folkers la ottennero per sintesi e, in relazione alla sua natura di ossidoderivato della piridina, la chiamarono piridoxina. La formula della vitamina B6 è:

La piridoxina, oltre che per il ratto, è necessaria anche per altri animali (cane, maiale) e anche per lo sviluppo di alcuni batterî. Oggi, anziché di piridoxina, si parla di piridoxine, perché anche alcuni suoi derivati, e precisamente il piridoxale e la piridoxamina, hanno effetto curativo. Sembra però doversi ammettere che la vera vitamina B6 sia il piridoxale che alcuni organismi riescono ad ottenere dalla piridoxina, altri dalla piridoxanina, altri da tutte e due (per es. il ratto).

Nell'uomo non si conosce una sindrome che possa riferirsi a deficienza di vitamina B6; con probabilità l'uomo può sintetizzarla. In ogni modo recenti studî, non ancora del tutto definiti, concorderebbero nel dimostrare che questa vitamina parteciperebbe a molti processi metabolici. Il piridoxale fosforilato entrerebbe addirittura nella costituzione del coenzima della decarbossilasi di aminoacidi e in quello della transaminazione. Notevole influenza eserciterebbe la vitamina B6 pure nel metabolismo del triptofano, della serina e in quello dei lipidi. Il fabbisogno si crede ammonti, per l'uomo, a 2 mg. pro die. È diffusa in tutti gli alimenti vegetali e animali; particolarmente ricco ne è il tuorlo d'uovo.

Vitamina PP (niacina, vitamina antipellagrosa, il termine "vitamina PP" proviene da Pellagra Preventive factor). - Si era dimostrato che l'autoclavato di lievito di birra, oltre a guarire quella dermatite dei ratti che abbiamo visto essere causata da deficienza di vitamina B6, guariva anche la pellagra umana, per cui in un primo tempo alla vitamina B6 fu attribuita anche la proprietà di vitamina antipellagrosa. Successivamente si è dimostrato che la dermatite dei ratti non ha niente a che fare con la pellagra e che quindi la vitamina antipellagrosa doveva essere diversa dalla vitamina B6, con la quale solo coesisteva nell'autoclavato di lievito.

Che la vitamina B6 e quella PP fossero diverse era anche da sospettarsi, in quanto l'estratto di fegato dimostrava grande efficacia curativa nella pellagra umana, ma poca o nessuna nella dermatite del ratto. Intanto, mediante diete pellagrogene, si erano potute riprodurre negli animali alcune malattie, e precisamente la black tongue (lingua nera) nei cani e una particolare dermatite nei porci, guaribili sia con l'autoclavato di lievito, sia con l'estratto di fegato.

Una volta in possesso di appropriati testi animali si è potuto studiare il problema eziologico della pellagra portandolo nel campo sperimentale e quindi con maggiore speranza di buon esito. Infatti nel 1937 si dimostrava che l'acido nicotinico o la sua amide curavano brillantemente sia la black tongue dei cani sia la pellagra umana, e nel 1938 C. A. Elvehyem riusciva a stabilire che il fattore antipellagroso, abbondantemente presente negli estratti di fegato e nell'autoclavato di lievito, era precisamente l'acido nicotinico (acido 3-piridincarbonico) o la sua amide. La formula della vitamina antipellagrosa è dunque:

Per deficienza della vitamina antipellagrosa insorge la pellagra, malattia, in passato assai diffusa specie nelle popolazioni (Italia settentrionale, Romania, Egitto, regioni meridionali degli Stati Uniti) ad alimentazione poco variata, prevalentemente a base di mais.

La sintomatologia della pellagra s'inizia con eritemi nelle parti della cute esposte ai raggi solari e disturbi del tubo digerente; disturbi a cui seguono degenerazioni degli organi, alterazioni psichiche, cachessia e morte. Vogliamo ricordare che la pellagra è stata riconosciuta come una malattia da avitaminosi prima ancora che le vitamine fossero scoperte. A. Stefani, fisiologo presso l'università di Padova, con intuito divinatore, fin dal 1910 affermava che l'uomo e gli organismi animali, per mantenersi in buone condizioni di salute, hanno bisogno di introdurre con gli alimenti, oltre che le sostanze fondamentali note (grassi, proteine, glicidi), anche sostanze ancora ignote, necessarie in piccola quantità, ma tanto indispensabili che senza di esse è compromessa la vita. Alla mancanza di queste sostanze negli alimenti egli riferiva la pellagra, e poiché queste sostanze sono necessarie in minime quantità, egli le chiamava gl'imponderabili. Il concetto preciso delle vitamine è quindi di origine italiana.

Casi di avitaminosi per deficienza di vitamina PP si verificano solo nell'uomo e in qualche specie animale (cane, porco) che non sono in grado di sintetizzarla, ma l'acido nicotinico è necessario a tutti gli animali e anche ad alcuni microrganismi (per es. lo stafilococco aureo), perché entra nella costituzione delle cosiddette codeidrasi I e II, che sono i gruppi attivi di alcuni enzimi deidrogenanti, d'importanza generale nel metabolismo.

Si calcola che il fabbisogno giornaliero di acido nicotinico sia di 10 mg. Si trova in quantità differente in tutti gli alimenti vegetali. Il mais e gli erbaggi ne sono poveri, mentre ne è ricco il frumento. Tra i cibi animali ne sono ricchissimi i visceri e anche i muscoli; poveri il latte e le uova.

Acido pantotenico. - La sua formula è la seguente:

È sostanza assai diffusa nel regno vegetale (specie nei lieviti) e in alcuni organi animali (specialmente nel fegato). Era conosciuto prima ancora che si conoscesse la sua azione vitaminica. Questa azione è stata dimostrata nel 1932 da Elvehyem, il quale, mediante quantità infinitesime di acido pantotenico, riuscì a guarire pulcini affetti da una dermatite prodotta da particolari diete carenzate. Si è dimostrato successivamente che l'acido pantotenico è necessario anche per l'accrescimento del cane, del porco e del ratto e che esso costituisce il cosiddetto fattore antigrigio, necessario per la colorazione del pelo degli animali. Sull'importanza dell'acido pantotenico per l'uomo non si hanno conoscenze ben definite. La larga diffusione di questa vitamina nella quasi totalità degli alimenti dà ragione della mancanza di sindromi umane decisamente riferibili a deficienza di questa vitamina.

Vitamina H1 (acido paraminobenzoico). - Ha la formula:

È una vitamina necessaria per lo sviluppo di certi batterî. Fu scoperta da E. F. Möller (1938), il quale constatò che il latte di mucche nutrite con foraggio insilato non si prestava alla fabbricazione di formaggi duri, in quanto questo latte era deficiente di uno speciale fattore, presente tra quelli del filtrato di lievito, e che è necessario per lo sviluppo di quei batterî che intervengono nella maturazione dei formaggi. L'identificazione di questa vitamina con l'ac. paraminobenzoico spetta a K. Schwarz (1941). Pare che questa vitamina non sia solo necessaria per molti batterî, ma anche per alcuni mammiferi; ma le cognizioni in proposito sono incerte. I sulfamidici esercitano un'azione antidotica rispetto a questa vitamina e in ciò consiste il loro potere batteriostatico, in quanto bloccano un fattore necessario allo sviluppo dei batterî (v. anche accrescimento, rattori di, in questa seconda App., I, p. 12).

Vitamina H (biotina). - Si conoscono due vitamine H, α e β, che provengono dal tuorlo d'uovo o dal fegato.

La struttura chimica della biotina β è stata chiarita da V. du Vigneaud (1942) e confermata l'anno successivo, mediante la sintesi, da S. A. Harris. Quella della biotina α è ancora sub iudice.

Come risulta dalla sua formula, la biotina β è data dalla condensazione di un riucleo imidazolico con un nucleo tiofenico, al quale è attaccata una catena dell'acido valerianico. La sua presenza nell'autoclavato di lievito è stata sospettata in seguito all'azione curativa di questo su certe gravi malattie cutanee di tipo seborroico, desquamativo, che si presentano nei ratti nella cui dieta le proteine siano state sostituite con albume d'uovo. Sindromi simili, con alimentazione pure ricca di bianco d'uovo, furono successivamente riprodotte nel cane, nei polli e anche nell'uomo. Questa vitamina, in quanto è uno dei costituenti del cosiddetto Bios, è necessaria anche per la moltiplicazione dei lieviti, sulla quale si fa risentire anche nella diluizione 1 per 40 miliardi.

Data la diffusione della biotina in tutti i prodotti naturali e dato che essa agisce in quantità infinitesime, i fenomeni di avitaminosi H si verificano solo negli animali trattati con diete ricche di bianco d'uovo, perché questo contiene una particolare proteina, l'avidina, che si combina con la biotina, bloccandone l'azione..

Acido folico. - In questi ultimi anni, da parte di diversi ricercatori erano stati descritti nuovi fattori vitaminici, denominati diversamente e ritenuti individualità chimiche differenti. Tali erano il fattore di accrescimento per il Lactobacillus casei e per lo Streptococcus lactis, la vitamina Bc che curava una speciale anemia delle scimmie e altri ancora. Il sospetto dell'identità di questi fattori vitaminici, si tramutò in certezza nel 1946 quando tale fattore, efficace per tutte queste forme di avitaminosi, poté essere isolato. Subito dopo si determinò anche la sua formula e si preparò sinteticamente, dando alla sostanza ottenuta il nome di acido folico, già usato da H. K. Mitchell e collaboratori per indicare una sostanza estratta dagli spinaci, capace di indurre la crescita del Lactobacillus casei e dello Streptococcus lactis. Gli Americani lo chiamano, in relazione alla sua struttura chimica, acido pteroilglutammico. La struttura chimica di tale acido è la seguente:

L'acido folico è dunque formato dall'unione di un derivato della pteridina, con acido paraminobenzoico e acido glutammico. Gli studî sull'acido folico, data la sua recente scoperta, sono ancora in pieno sviluppo. Si è già accertato che esso è efficace nella cura di certe anemie dipendenti da deficienze alimentari, quali l'anemia pellagrosa e quella della sprue. Pare che notevole efficacia eserciti anche sull'anemia perniciosa.

Fattore estrinseco antipernicioso. - Per la formazione dei globuli rossi occorre una sostanza, il fattore antipernicioso o anemina, che ecciti e regoli la funzione emopoietica del midollo delle ossa. Tale fattore, a sua volta, è formato dalla partecipazione di due fattori, uno detto fattore intrinseco (emogenasi o emipoiasi), prodotto dalla mucosa dello stomaco e contenuto anche nel fegato, e l'altro, detto fattore estrinseco (emogeno), contenuto negli alimenti e particolarmente nel lievito. Fattore estrinseco + Fattore intrinseco = Principio antipernicioso.

(emogeno) + (emogenasi) = (anemina).

Per la mancanza del fattore estrinseco si hanno anemie perniciosiformi, curabili con il lievito di birra, che lo contiene abbondantemente. Tale fattore ha quindi il carattere di vitamina. Sulla sua natura e sui suoi rapporti con l'azione antianemica, svolta dall'acido folico, siamo ancora in piena oscurità.

Inositolo (mesoinosite). - Ha la seguente formula:

Che l'inositolo avesse funzione vitaminica per lo sviluppo dei lieviti era già noto, essendo esso uno dei costituenti del Bios assieme all'acido pantotenico e alla biotina. Secondo recenti ricerche esso sarebbe necessario anche per curare o prevenire una particolare alopecia del ratto e interverrebbe pure nel metabolismo lipidico. In base a quest'ultima azione sembra che esso svolga nell'uomo azione curativa e preventiva nell'infiltrazione grassa nel fegato.

Vitamina C (vitamina antiscorbutica, acido ascorbico). - Come dice il nome previene e cura lo scorbuto. Una volta dimostrata l'esistenza di malattie da avitaminosi, lo scorbuto appariva con tutti i caratteri di una di queste. Esso infatti interveniva in particolari condizioni di vita, quando nell'alimentazione erano abolite le verdure e le frutta fresche (durante i lunghi viaggi di mare dei tempi passati, nelle popolazioni di città assediate, in eserciti costretti ad usare cibi conservati, nelle regioni nordiche dopo lunghi inverni) e guariva con la somministrazione di questi alimenti e specie di agrumi. Prima ancora che si conoscesse la vitamina C, si sapeva anche che lo scorbuto poteva essere riprodotto nelle cavie alimentandole solo con cereali; questa possibilità rendeva facile la determinazione del potere antiscorbutico dei varî alimenti e costituiva la condizione indispensabile per l'isolamento della sostanza antiscorbutica, il quale fu compiuto da Szent-Györgyi nel 1932. La struttura di essa è stata stabilita da E. L. Hirst nel 1935 e confermata da T. Reichstein che ne fece la sintesi. La formula è:

Solo l'uomo e poche specie di animali hanno bisogno di vitamina C, perché le altre specie possono sintetizzarla. Poco sappiamo sul meccanismo col quale l'acido ascorbico previene lo scorbuto; sappiamo in ogni modo che esso interviene nel metabolismo, perché assieme al suo immediato prodotto di ossidazione - l'acido deidroascorbico - costituisce uno dei tanti sistemi d'ossido-riduzione presenti negli organismi, e perché è dimostrato che esso attiva alcuni enzimi, mentre ne paralizza altri.

I tessuti animali contengono una certa quantità di acido ascorbico, sotto forma di riserva, che però è distribuita in modo assai vario nei singoli organi. I più ricchi sono l'ipofisi, le surrenali e il corpo luteo, i quali ne contengono 100-150 mg. per 100 gr. di tessuto. Riguardo al fabbisogno dell'uomo, la maggioranza degli studiosi ritiene che esso si aggiri intorno ad 1 mg. per kg. di peso corporeo. I bambini, legestanti e i lavoratori ne hanno, relativamente, maggior bisogno. I prodotti che contengono in maggior quantità la vitamina C sono il mallo di noce, il frutto di rosa canina, il rizoma di iris fiorentina, la paprica, i peperoni e gli agrumi. È la più termolabile delle vitamine. Gli erbaggi, se non sono conservati in luogo fresco, perdono in 24 ore, per decomposizione ossidativa, circa la metà del loro acido ascorbico. Questa perdita si accentua in seguito a cottura, specie se fatta in recipienti di rame, perché tracce di questo metallo catalizzano la decomposizione dell'acido ascorbico.

Vitamina P (citrina). - I sintomi più caratteristici dello scorbuto sono fondamentalmente due: emorragie che iniziano dalle gengive e si estendono poi alle mucose, ai muscoli, alla pelle, e lesioni del tessuto osseo (alterazioni e caduta dei denti, fragilità ossea, gonfiore delle articolazioni). A questa sintomatologia, nei casi gravi, consegue astenia, cachessia, morte. Ora, è stato osservato che somministrando succo di agrumi o preparati di paprica, anziché acido ascorbico puro, si ottengono effetti curativi migliori, nel senso che dell'acido ascorbico possono maggiormente beneficiare le alterazioni ossee che non quelle emorragiche. Si è perciò pensato che negli agrumi e nella paprica esista una sostanza diversa dalla vitamina C che agirebbe specificatamente sulla permeabilità vasale. Questa sostanza, che Szent-Györgyi e collaboratori riuscirono ad estrarre nel 1936, fu denominata citrina o vitamina P. Questa vitamina si può ottenere sotto forma di cristalli misti e formati da due glicosidi flavinici, dei quali il più abbondante, detto esperidina per idrolisi dà rutinoso (β-ramnoside-6-glucosio) e un gruppo agluconico, l'espertina, l'altro, il più scarso, per idrolisi dà ramnoso ed eriodictolo.

La vitamina C2 o y, descritta da H. V. Euler nel 1936, la quale agirebbe contro certe malattie infettive e specialmente contro la polmonite, è contenuta pure negli agrumi e si identifica, secondo Euler stesso, con la citrina.

Vitamina A (vitamina antixeroftalmica, axerftolo). - E. V. McCollum, poco dopo la scoperta della vitamina antiberiberica, aveva notato che una dieta priva di grasso produce in giovani ratti arresto di sviluppo, gravi lesioni distrofiche degli occhi e rachitismo. Tale sintomatologia guariva con somministrazione di burro o dei lipidi del tuorlo d'uovo, ma particolarmente con l'olio di fegato di merluzzo. Inefficaci erano invece gli olî vegetali e il lardo. In base a questa osservazione, poi integrata dallo studio dell'azione dei grassi, McCollum concludeva che esisteva nel burro e nei grassi di organo una particolare vitamina che designò con la lettera A, per distinguerla da quella antiberiberica, la sola allora conosciuta, che egli designò con la lettera B. Successivamente si constatava (Mellamby, 1920) che, mentre il burro e l'olio di fegato hanno azione curativa pressoché eguale nel guarire le lesioni oculari e per eccitare lo sviluppo dei ratti sottoposti a diete di grassi, l'olio di fegato di merluzzo aveva un'azione curativa sul rachitismo molto superiore a quella del burro. Si suppose che la vitamina A fosse costituita da due vitamine differenti, mescolate in proporzioni diverse in certi alimenti grassi, ciò che fu confermato nel 1922 da McCollum, il quale dimostrò che l'ossidazione dell'olio di fegato di merluzzo gli faceva perdere la sua azione sulla crescenza e sulle lesioni oculari, mentre non gli toglieva la sua azione antirachitica. Alla sostanza che guariva le lesioni oculari ed eccitava la crescenza fu conservato il nome di vitamina A, a quella antirachitica fu dato il nome di vitamina D.

Un grande passo per la determinazione della natura chimica della vitamina A fu compiuto quando si poté stabilire che essa deriva dai carotinoidi, precisamente da quelli che possiedono un determinato aggruppamento atomico ciclico, il cosiddetto β-ionone, che dá loro il carattere di previtamina A. La formula della vitamina A, determinata da P. Karrer (193 I), è la seguente:

Nel 1937 fu preparata sinteticamente da R. Kuhn e C. J. Morris.

Oltre all'arresto dello sviluppo degli animali in crescenza, l'avitaminosi A dà luogo ad una manifestazione morbosa particolare dell'occhio. Dapprima si ha secchezza e opacamento della cornea (xeroftalmia) e successivamente rammollimento ed ulcerazione della cornea (cheratomalacia) fino anche a perforazione del bulbo e cecità. Queste lesioni sono precedute da un sintomo singolare, la cosiddetta emeralopia o cecitd crepuscolare, consistente in un'esagerata diminuzione del visus quando la luce non è molto intensa (luce crepuscolare). Però le lesioni oculari non sono che un episodio, il più impressionante, di una condizione anormale, generale dell'organismo, consistente in una diminuzione di resistenza di tutte le mucose, le quali diventano facilmente aggredibili da agenti infettanti e da azioni meccaniche, che comunemente sono inefficaci. Per questo la vitamina A è anche chiamata epitelio-protettrice.

Le lesioni oculari sopraricordate vanno precisamente riferite a diminuita resistenza della mucosa dell'occhio, cioè della congiuntiva. Nella letteratura medica erano noti molti casi di epidemie di cheratomalacia e conseguente cecità, specie nei bambini; la più nota era quella che ha avuto luogo in Danimarca nel 1917, durante la prima Guerra mondiale, per la scarsità del latte e la sostituzione del burro con margarina. Simili epidemie si sono verificate spesso in Cina durante i periodi di carestia.

Il fabbisogno di vitamina A nell'uomo non è stato stabilito con sicurezza, perché una certa aliquota non costante di essa viene distrutta durante i processi digestivi. In ogni modo si considera buona norma l'introduzione di circa 1,5 mg. di vitamina al giorno. Se viene introdotta sotto forma di previtamina, cioè sotto forma di appropriati caroteni (specialmente α, β, γ carotene), di questi occorrono almeno 7-8 mg. pro die, dato che i caroteni non sono facilmente assorbiti.

La vitamina A si trova solo negli alimenti; nei vegetali si trova come componente di caroteni. Si credeva che l'alimento più ricco di vitamina A fosse il fegato di merluzzo (Gadus morrhua); successivamente si è dimostrato che ne è molto più ricco il fegato di balena e quello dell'Hippoglossus, e più ancora quello di una specie di sgombri del Mar Nero, che contiene la vitamina A in circa il 15% del suo peso, vale a dire 300-600 volte più del fegato di merluzzo. Anche il burro e il tuorlo d'uovo sono ricchi di questa vitamina. Tra i vegetali che contengono abbondantemente carotinoidi, di natura tale che l'organismo animale può trasformarli in vitamina A, ricorderemo gli spinaci, le carote, il pomodoro e il mais giallo. La vitamina A è molto resistente ai processi di cottura.

Vitamina D (vitamina antirachitica o calciofissatrice). - Una volta stabilito da McCollum (1922) che la vitamina D era diversa dalla A e che l'olio di fegato di merluzzo ne era particolarmente ricco, si è cercato di isolarla e di identificarla. Questo compito era facilitato dalla possibilità di riprodurre, mediante opportune diete, il rachitismo in animali (cani e ratti). Il filo di tali ricerche fu offerto dalla dimostrazione (K. Uldschisky) che il rachitismo è ottimamente curato con la semplice irradiazione dell'animale con raggi ultravioletti. A. F. Hess pose la questione se questi raggi fossero capaci di indurre un'azione antirachitica su materiali grassi che si erano dimostrati inefficaci nel rachitismo sperimentale. Si è così potuto stabilire che certi materiali grassi sotto l'azione dei raggi ultravioletti acquistano attività antirachitica, e che tale proprietà è da riferirsi a una sostanza di natura sterolica, contenuta nei grassi. In base a questi risultati A. Windaus (1927) dimostrava che, tra tutti gli steroli da lui irradiati, l'ergosterolo, lo sterolo tipico dei funghi, può trasformarsi in vitamina antirachitica.

Andava intanto sorgendo il dubbio che la vitamina derivata dall'ergosterolo non fasse quella stessa contenuta nell'olio di fegato di merluzzo, ma che questa si originasse da una previtamina differente dall'ergosterolo. E infatti ben presto si dimostrò che la vitamina dell'olio di fegato di merluzzo deriva dal 7-deidrocolesterolo. Alla vitamina derivante dall'ergosterolo si diede allora il nome di vitamina D2, a quella derivante dal 7-deidrocolesterolo, D2.

Oggi si sono trovati altri due steroli che sono previtamine D, la D4 e D5. Essendosi dimostrato che la cute contiene una certa quantità di 7-deidrocolesterolo, si è compresa la ragione, prima inesplicabile, perché, indipendentemente dalla somministrazione di vitamine D, il rachitismo poteva essere curato esponendo la cute all'azione dei raggi ultravioletti (azione benefica della luce sulla spiaggia del mare). In queste condizioni infatti il 7-deidrocolesterolo cutaneo si trasforma in vitamina D3. Poiché era nota la formula delle previtamine D, si poté rapidamente stabilire anche quella delle vitamine da esse derivate, non appena si riuscì a conoscere le trasformazioni fotochimiche che le diverse previtamine D subiscono sotto l'azione dei raggi ultravioletti.

Le formule delle vitamine D2 e D8 sono le seguenti:

L'azione della vitamina D si esercita sul metabolismo del calcio e del fosforo. In sua deficienza, soprattutto negli animali in via di sviluppo, non avviene la mineralizzazione delle ossa (rachitismo). Sul meccanismo di tale azione esistono solo delle ipotesi. Molto probabilmente la vitamina D agisce mantenendo costante il rapporto tra calcio e fosforo nel sangue (nell'uomo 1 : 2). Infatti il rachitismo insorge con tanta maggiore facilità, e per curarlo occorrono dosi tanto maggiori di vitamine D, quanto più questo rapporto si allontana dal valore normale. Questo allontanamento si verifica particolarmente nei bambini allattati artificialmente o in quelli nei quali l'assorbimento intestinale sia alterato.

Il fabbisogno non è ben conosciuto, perché, come abbiamo visto, dipende dal rapporto ematico tra calcio e fosforo e dalla possibilità che il bambino viva in ambiente luminoso e ricco di raggi ultravioletti. Nel bambino normale si crede che il fabbisogno sia di 2 γ pro die, nei rachitici si deve arrivare a 10 v. La somrninistrazione eccessiva di vitamine D porta a disturbi (ipervitaminosi). La vitamina antirachitica è poco diffusa negli alìmenti. I più ricchi sono il fegato e le uova di molti pesci. Anche il fegato di uccelli e di mammiferi ne contiene quantità discrete e così pure il tuorlo d'uovo. Essa è resistente ai comuni processi di cottura.

Vitamina E (tocoferolo). - H. M. Evans e K.S. Bishop osservarono (1922) che ratti alimentati con dieta sintetica bene equilibrata, sia per principî alimentari sia per vitamine, divenivano sterili, e la sterilità cessava con la somministrazione di qualche foglia di lattuga o un po' di germi di frumento. In questi alimenti dunque era contenuta una vitamina ancora ignota, che fu designata con la lettera E, e più tardi col nome di tocoferolo. Nel 1938, con la partecipazione di diversi ricercatori, si dimostrò l'esistenza di tre vitamine E (α, β e γ-tocoferolo), con un nucleo comune del cromano e differe. iziate nella catena laterale, la quale però era sempre un derivato del fitolo. La più attiva si dimostrò l'α-tocoferolo di cui riportiamo la formula:

La vitamina E oggi si può preparare per sintesi.

La mancanza di vitamina E conduce a processi morbosi differenti nel maschio e nella femmina; nel maschio produce degenerazione degli epitelî germinativi del testicolo e finalmente aspermia irreversibile, nella femmina rende impossibile il compimento della gestazione per morte e assorbimento del feto. Quando l'avitaminosi E è modica, si può anche arrivare al parto, ma i neonati o non sono vitali o, se tali, la madre li abbandona pur avendo la possibilità di allattarli. Oltre che alterazioni della funzione riproduttiva l'avitaminosi E produce anche gravi alterazioni della muscolatura striata e disfunzioni del sistema vascolare. Sul meccanismo d'azione della vitamina E nulla sappiamo. Essa è assai diffusa nei vegetali, ma quasi sempre in tracce, eccetto che nei germi di cereali. Gli animali ne fanno una certa riserva e gli organi che ne sono più ricchi sono le ghiandole surrenali, e in minor grado il tessuto grasso, il cuore, i testicoli, il cervello. È resistente ai comuni processi di cottura e di conservazione degli alimenti.

Vitamine K (fillochinoni, vitamine della coagulazione, antiemorragiche). - H. Dam aveva osservato (1928) che pulcini alimentati con parlicolari diete, che avrebbero dovuto essere complete sia di principî alimentari sia delle vitamine fino allora conosciute, presentavano facili emorragie sottocutanee e intramuscolari, nei punti soggetti ai comuni traumi. Tale stato cessava con la somministrazione di erbaggi. Evidentemente si trattava di una particolare avitaminosi. Passarono dieci anni prima che s'isolasse tale vitamina e se ne determinasse la natura chimica. A seconda del materiale di partenza, dal quale viene isolata, alla vitamina K spettano due formule chimiche diverse, per cui si distinguono la vitamina K1 e la vitamina K2; ambedue però contengono lo stesso nucleo fondamentale, il 2-metil-1-4-naftochinone e differiscono per la catena laterale, che però ha scarsa influenza sull'azione della vitamina stessa.

Dalla mancanza di vitamina K viene ostacolata la coagulazione del sangue per deficienza di uno dei fattori della coagulazione, e precisamente di un proenzima, la protrombina. Sul meccanismo d'azione della vitamina K poco si conosce; si sa, in ogni modo, che essa non prende parte alla costituzione della protrombina, ma favorisce la formazione di questa, agendo sul fegato che della protrombina è l'organo produttore.

Nell'uomo non è frequente uno stato d'ipoprotrombinoemia per deficienza di vitamina K, perché gli alimenti di cui comunemente si ciba ne sono provvisti in quantità esuberante, e perché la vitamina K può essere prodotta per opera dei batterî delle putrefazioni intestinali e assorbita. Solo in due condizioni può verificarsi nell'uomo l'ipoprotrombinoemia e precisamente: a) nella prima settimana dopo la nascita, se il neonato non è provvisto della normale riserva di vitamina K; in tale condizione si possono avere emorragie anche mortali. Questo stato pericoloso guarisce in poche ore con la somministrazione di vitamina K; b) quando, per mancato versamento di bile nell'intestino, il riassorbimento della vitamina K è reso impossibile. Anche in questo caso può istituirsi una diatesi emorragica, che può riuscire pericolosa se, per es., l'individuo deve sottoporsi a un atto operatorio. Ma questa condizione oggi è facilmente eliminabile con la somministrazione parenterale di vitamina K.

La vitamina K si trova nelle parti verdi delle piante. Tra gli organi animali si accumula in maggior copia nel fegato. Non è ancora stabilito con esattezza il fabbisogno giornaliero per l'uomo. Nei casi di avitaminosi, data la scarsa tossicità dei naftochinoni, si possono somministrare 2-3 mg. di 2-metil-1-4-naftochinone, la cui azione è pressoché della stessa intensità di quella della vitamina K naturale.

Bibl.: G. Quagliariello, Lezioni di chimica biologica, Napoli 1947; P. Rondoni, Elementi di biochimica, Torino 1945; W. Stepp, Ernährungslehre, Berlino 1939; R. Abderhalden, Vitamine, Hormone, Fermente, Basilea 1946; E. J. Bigwood, Enseignement de la guerre 1939-45 dans le domaine de la nutrition, Parigi 1947; Zeit. f. Vitaminforschung, Berna 1932 segg. Per i metodi di fabbricazione v.: F. Seitz, Vitamine u. Hormone und ihre technische Darstellung, 1939 (ristampa New York 1944); C. R. Addinall, Synthesis and Production of Vitamins, in Chemical and Engineering News, 25 dicembre 1944.

TAG

Sistema nervoso periferico

Coagulazione del sangue

Respirazione cellulare

Prima guerra mondiale

Ghiandole surrenali