MORTARI, Virgilio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MORTARI, Virgilio

Virgilio Bernardoni

– Nacque il 6 dicembre 1902 a Lainate (Milano) da Giuseppe e da Anna Barzan.

Studiò al Conservatorio di Milano con Costante Adolfo Bossi e Ildebrando Pizzetti. Temporaneamente attratto nell’orbita del secondo futurismo musicale, collaborò dal 1921 con la compagnia del Teatro della Sorpresa di Rodolfo De Angelis, per il quale scrisse il Fox-trot del Teatro della Sorpresa per pianoforte, che nella sostanza sonora asseconda il culto del jazz in auge nel futurismo postbellico, e nella forma grafica della partitura tenta lo sperimentalismo di pentagrammi sinuosi, corredati da figurine di gusto infantile. Altri lavori del periodo futurista sono un Dramma-Sinfonia per pianoforte e il brano vocale La mia anima è puerile, scritto su parole tratte da Distruzione di Filippo Tommaso Marinetti. Il 1° marzo 1923 firmò il manifesto I diritti artistici propugnati dai futuristi italiani, indirizzato a Benito Mussolini da Luigi Russolo e Marinetti, nel convincimento che «la rivoluzione politica deve sostenere la rivoluzione artistica». Mortari si limitò tuttavia a sottoscrivere la rivendicazione nazionalistica del diritto dei «giovani artisti italiani novatori» alla protezione politica dall’invasione delle opere di autori stranieri nei teatri e nelle sale da concerto italiane.

Nel 1924, ancora studente, vinse il primo premio nel concorso di composizione della Società italiana di musica contemporanea con la Sonata per pianoforte, violino e violoncello, brano che nello stesso anno Alfredo Casella presentò in un concerto romano della Corporazione delle nuove musiche, insieme a opere di Igor’ Stravinskij (fra cui l’Historie du soldat) e Mario Labroca. Da allora fu attratto nell’orbita di Casella, che ne apprezzò la vivacità dell’ingegno e l’entusiasmo delle iniziative, ne indirizzò le scelte artistiche, ne sostenne gli esordi e lo associò in alcune delle attività di maggior rilievo della Corporazione. Iniziò così un sodalizio personale destinato a durare nel tempo: Mortari rimase sempre legato a Casella e ne conservò riconoscente memoria (cfr. la commemorazione del maestro pubblicata col titolo La morale del musicista (a proposito di Alfredo Casella), in Quaderni dell’Accademia Chigiana, XIV [1947], pp. 25-36).

Nei lavori del primo periodo postfuturista figurano in maggioranza composizioni nel genere vocale, fra cui Mortari alterna opere dallo scanzonato atteggiamento caricaturale e infantile (le liriche per voce e pianoforte La partenza del Crociato su testo di Giovanni Visconti Venosta e Giro giro tondo su testi di Antonio Beltramelli, entrambe del 1925) a composizioni d’ispirazione popolaresca (l’opera da camera Secchi e Sberlecchi su libretto di Beltramelli, data al Teatro sociale di Udine nel 1927; E l’han ciamai Pierino del 1928 e i Due divertimenti su canzoni popolari lombarde del 1932, entrambe per coro). Si attesta in queste composizioni il lato ‘infantile’ di Mortari, ovvero la tendenza, in lui spontanea, a trarre ispirazione da soggetti di inusitata semplicità e umiltà.

Nel 1927 Mortari partecipò come pianista alla prima tournée italiana delle Noces di Stravinskij, organizzata da Casella per la Corporazione delle nuove musiche a Torino, Milano, Roma, Padova, Firenze, Napoli; prese parte anche alla tournée che l’anno dopo portò Les Noces in Spagna. Nel 1931 con la Rapsodia per orchestra, diretta da Casella, rappresentò l’Italia insieme a Mario Pilati al IX Festival della Società internazionale di musica contemporanea (Londra). Nel medesimo anno, col divertimento per voci miste Bella, se vuoi venire, vinse il concorso dell’Accademia filarmonica romana.

Nel 1928 conseguì i diplomi in pianoforte e in composizione nel Conservatorio di Parma. Nel 1933 – anno in cui sposò Luisa Forzani – fu nominato docente di armonia, contrappunto e fuga (più tardi di composizione) nel Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, dove l’anno successivo fondò l’Associazione per la Musica da camera.

Dopo una prima fase in cui si dedicò anche all’esecuzione pianistica e si cimentò nel campo della critica musicale (in particolare per Il convegno e L’Italia letteraria), dalla fine degli anni Venti si concentrò interamente sulla didattica, la composizione e l’organizzazione musicale. Come autore aderì al gusto per la forma solidamente costruita, per la tersa e diatonica cantabilità di chiara marca neoclassica (e caselliana), per la sensibilità strumentale raffinata, caratteri che informano i lavori orchestrali e da camera, fra cui le Partite per violoncello e per violino, entrambe con pianoforte (1926 e 1928), il Quartetto in Sol (1930), la Fantasia per pianoforte e orchestra (1933), Sarabanda e Allegro per violoncello e orchestra (1934, eseguita al Festival di Venezia), le Tre danze antiche (1937), il Concerto per quartetto d’archi e orchestra (1938), la Musica per archi (1939); nonché una serie di composizioni per pianoforte (Storiella, 1930; Intermezzo, 1931). In questo periodo il pianoforte è destinatario anche di un numero consistente di brani infantili (Cinque pezzi facili del 1932, le due serie della Musica per i bimbi del 1936 e 1938, Per i più piccini del 1939) e a quattro mani (Marcetta del 1932, Le favole e le danze dei vecchi tempi del 1937).

Nel 1939 Mortari collaborò con Casella alla costituzione e alla programmazione artistica delle Settimane musicali dell’Accademia musicale Chigiana di Siena. Per la prima edizione, dedicata ad Antonio Vivaldi, realizzò la revisione dell’Olimpiade. Nelle edizioni successive rivide e orchestrò una serie di opere di autori sei e settecenteschi (Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti nel 1940, il Giasone di Francesco Cavalli e Il re della caccia di Baldassarre Galuppi nel 1941, il Flaminio di Giovanni Battista Pergolesi nel 1942), ispirandosi a criteri di recupero pratico, non filologico, attenti ad assecondare gusti e idiosincrasie del pubblico contemporaneo. Nei suoi restauri Mortari eliminò sistematicamente il clavicembalo nell’orchestrazione delle arie accompagnate, puntò sulla varietà e la mutevolezza timbrica di organici strumentali essenziali, reinventati come antidoto alle ipertrofie sinfoniche ottocentesche, sfrondò senza remore i recitativi, ritenendo che fossero di «ostacolo alle esigenze della moderna attenzione» (L’«Olimpiade» e il teatro musicale di Antonio Vivaldi, in Antonio Vivaldi, Roma 1939, p. 25) e, quindi, che fosse indispensabile riportarli a «proporzioni accettabili dall’irrequieto ascoltatore moderno» (Il «Flaminio», G.B. Pergolesi (1710-1736). Note e documenti raccolti in occasione della settimana celebrativa, Siena 1942, p. 15).

Musicista di buona cultura e di solida preparazione tecnica, lo stesso Mortari riconobbe la limitatezza estetica e culturale di questo tipo di libere revisioni, tanto da attribuire un valore effimero alle proprie trascrizioni. In una lettera a Guido Chigi (15 dicembre 1939) scrisse: «Ho più volte ripensato al bel progetto di pubblicare l’Olimpiade, ma mi sono venuti degli scrupoli. Mi piange il cuore di dover impiegare una somma considerevole […] per un’opera che, così come io l’ho combinata per una vita occasionale, con spostamenti, tagli, abbondanti sostituzioni con brani di altre opere, ecc., non può avere valore di documentazione storica» (in Nicolodi, 1992, p. 191).

Ciò nonostante non si sottrasse al mercato del falso in stile antico, che costituì una prima occasione di recupero di titoli da tempo dimenticati, propiziata dalla domanda di novità da parte dei teatri. Oltre agli adattamenti realizzati per le Settimane musicali senesi (fra cui l’opera giocosa L’amante di tutti di Galuppi, 1948, e I tre amanti di Domenico Cimarosa, 1950) vanno ascritti a questo settore cospicuo dell’attività di Mortari le revisioni dell’Oca del Cairo di Wolfgang Amadé Mozart (Salisburgo, 1936), del Combattimento di Tancredi e Clorinda di Claudio Monteverdi e del Filosofo di campagna di Galuppi (Venezia 1938), nonché di Dido and Aeneas di Henry Purcell (Roma 1945).

Dal 1940 il fulcro dell’attività di Mortari, divenuto insegnante di composizione nell’Accademia di S. Cecilia, si radicò in Roma. Nel 1941 fece parte della commissione istituita dal ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai e presieduta da Ildebrando Pizzetti, incaricata di studiare le modalità per raggiungere l’autarchia della scuola italiana nei metodi d’insegnamento musicale. Nel 1944, dopo la liberazione di Roma, assunse la direzione artistica dell’Accademia filarmonica romana, che condusse in un biennio di transizione verso l’impegno a favore della musica contemporanea, poi definitivamente sancito dalla direzione di Casella nella stagione 1946-47.

Dall’esperienza delle Settimane musicali senesi scaturì nel 1946 il progetto di una prima edizione degli opera omnia di Vivaldi, patrocinata dall’Accademia musicale Chigiana e dall’Istituto milanese di alta cultura, e coordinata da Casella, Sebastiano Arturo Luciani e Mortari; il progetto abortì per la morte improvvisa di Casella nel marzo 1947 e per la defezione dello stesso Mortari.

Nel periodo 1945-46 Mortari lavorò inoltre con Casella al trattato La tecnica dell’orchestra contemporanea, «un manuale pratico e aggiornato che tratta della tecnica e delle possibilità espressive degli istrumenti nell’orchestra contemporanea», pubblicato nel 1948 e dedicato a Casella «quale omaggio di affetto, di devota gratitudine e di ammirazione». Nel medesimo periodo Mortari intitolò alla memoria di Casella i Due salmi funebri per voci sole e orchestra (1947), scritti in parallelo allo Stabat Mater per soprano, mezzosoprano, due corni, pianoforte, percussione e archi. Le composizioni formano un primo nucleo di lavori d’ispirazione religiosa che per intensa concentrazione espressiva e per linearità dell’intreccio sonoro non è esente da influssi delle composizioni sacre dell’ultimo periodo caselliano.

Nel dopoguerra Mortari indirizzò più spesso la propria attività compositiva al teatro, campo in cui ha dato esiti eclettici e di assoluto disimpegno nella scelta dei soggetti, talvolta perfino grotteschi, e ha prodotto opere distribuite su un ampio spettro di generi: il balletto con L’allegra piazzetta (coreografia di Aurél M. Milloss, Roma 1945) e Specchio a tre luci (Milano 1974), la commedia con La figlia del diavolo (su testo di Corrado Pavolini, improntato alla narrativa popolare quattrocentesca, Milano 1954), La scuola delle mogli (libretto di Cesare Vico Ludovici da Molière, Milano 1959) e Prima di colazione (da Eugene O’Neill, Vienna 1964), il teatro sacro con Resurrezione e vita (Venezia 1954: un dramma pantomimico con la coreografia di Léonide Massine, per il quale Mortari rielaborò brani di Giovanni Gabrieli e Claudio Monteverdi), l’opera da camera con Alfabeto a sorpresa (Como 1959), nonché la commedia radiofonica in un atto con Il contratto (testo di Giuseppe Marotta e Belisario Randone, RAI, Premio Italia 1962). Dal 1955 al 1959 fu anche sovrintendente del teatro La Fenice di Venezia.

Musicista informato delle tendenze musicali del suo tempo, Mortari non si è mai pienamente identificato con nessuna di esse, attenendosi a una libera vena espressiva, sotto molti aspetti tradizionale. Ciò vale sia per le composizioni orchestrali della maturità (Arioso e toccata, 1957), sia in particolare per la ricca serie di lavori strumentali solistici – da camera o concertanti – realizzata dopo la pausa teatrale degli anni Cinquanta, in cui ha messo a frutto l’elevata competenza delle tecniche strumentali moderne in composizioni dedicate ai più diversi strumenti, come l’organo (Fantasia, 1965; Paesaggi padani, 1974; Variazioni fantastiche, 1975), la viola (Concerto dell’Osservanza, 1968), l’arpa (Concerto, 1970; Concertino, 1976; Tre pezzi, 1984), il violino (Concerto, 1972, per Leonid Kogan; Capriccio, 1979), il flauto (Concerto, 1973, per Severino Gazzelloni; Roane, 1977), la chitarra (Ballata, 1974; Piccolo concerto, 1975; Sonatine miniature, 1977), il clavicembalo (La padovana, concerto, 1974), il fagotto (Concertino, 1976; Fantasia, 1982). Composizioni di salda fattura e di accattivante vena discorsiva, talvolta realizzate per strumentisti d’eccezione come il Concertoper Franco Petracchi per contrabbasso e orchestra (1966) e il Concertoa Mstislav Rostropovič per violoncello e orchestra (1969); il Concerto per contrabbasso, in particolare, è un divertimento su musiche di autori italiani del Settecento (Francesco Geminiani, Francesco Antonio Bonporti, Luigi Boccherini) e conclude con una rielaborazione della Campanella di Paganini.

Nel 1963 fu nominato vicepresidente dell’Accademia di S. Cecilia. Nella medesima istituzione conservò l’insegnamento fino al 1973. Già vincitore del Premio Euterpe nel 1955 con l’opera La scuola delle mogli e di un Premio Marzotto per la musica, nel 1980 ricevette il Premio Montaigne, assegnato per la prima volta a un italiano.

Nella piena maturità tornò a impegnarsi nella lirica, ormai svincolato dalla vena giocosa dei lavori giovanili e attento alla poesia italiana novecentesca con Xenia per voce e pianoforte, su 14 componimenti di Eugenio Montale (1974), e Domanda e risposta per soprano, baritono e quartetto d’archi, su testi di Salvatore Quasimodo (1982). Nell’ultimo decennio di vita ridusse la produzione di musica strumentale – sia orchestrale (Prospettive, 1986; Poema molisano, 1987; Ricercari, 1992) sia da camera (Offerta musicale per violino, violoncello e contrabbasso, 1981; Fantasia all’ungherese per trio d’archi, 1985; Fantasia e capriccio per violino, violoncello e pianoforte e Passatempo in 4, 1986) − per dedicarsi soprattutto alla composizione vocale sacra, ambito in cui ha espresso i sentimenti di una religiosità serena e pacificata, affidati a una fluente vena melodica. Fra le varie messe per coro a cappella (Missa pro pace animae, 1974; Missa Lauretana, 1975; Missa brevis, 1979) e per coro e orchestra (Gloria, 1979), spicca soprattutto l’elaborato Planctus Mariae per soprano, mezzosoprano, coro femminile e archi (1985): una commossa e intensa meditazione sulla passione di Cristo, culminante con l’umana invocazione della misericordia divina.

Morì a Roma il 5 settembre 1993.

Fonti e Bibl.: per il catalogo completo delle opere, cfr. Elenco delle opere: V. M., Roma 1993 (principali editori: Carisch, Curci, Ricordi, Suvini Zerboni, Universal, Zanibon). M. Castelnuovo Tedesco, V. M. Liriche, in Il Pianoforte, VII (1926), pp. 348 s.; A. Casella, Jeunes et indépendents, in Revue musicale, VIII (1927), pp. 65 s.; G.M. Gatti, Aspetti della situazione musicale in Italia, in La Rassegna musicale, X (1932), pp. 38-47; Id., ModernItalian composers, in Musical Quarterly, XVIII (1932), pp. 397-410; R. Mariani, Musicisti del nostro tempo: V. M., in La Rassegna musicale, XV (1937), pp. 43-49; D. de Paoli, La crisi musicale italiana (1900-1930), Milano 1939, pp. 171 s.; M. Rinaldi, Caratteri della musica di V. M., in All’ombra dell’Augusteo, Roma 1944, pp. 94-110; M. Mila, La scuola delle mogli di M., in Id., Cronache musicali 1955-1959, Torino 1959, pp. 183-185; F. d’Amico, M., Peragallo e gli abbonati della Scala, in Id., I casi della musica, Milano 1962, pp. 17 s.; R. Vlad, V. M., Amburgo 1980; R. Zanetti, La musica italiana nel Novecento, Busto Arsizio 1985, pp. 947-951, 1377 s.; F. Nicolodi, Gusti e tendenze del Novecento musicale in Italia, Firenze 1992, p. 191; Id., Der musikalische Futurismus in Italien zwischen Tradition und Utopie, in Der musikalische Futurismus, a cura di D. Kämper, Laaber 1999, pp. 45-67; M. Castelnuovo-Tedesco, Una vita di musica: un libro di ricordi, Fiesole 2005, pp. 101, 200, 250; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, V, pp. 205 s.; The NewGrove Dict. of Opera, III, p. 473; The NewGrove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XVII, pp. 150 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart,Personenteil, XII, coll. 500 s.

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