VIOLA

Enciclopedia Italiana (1937)

VIOLA

Francesco VATIELLI

Musica. - Col termine viola (nel francese medievale vièle) si compresero, prima dell'apparizione di una vera e propria famiglia, strumenti ad arco, varî nella forma e nei particolari, e che erano cominciati già ad apparire e ad essere usatí fino dal sec. IX.

Vi erano due tipi sufficientemente ben distinti: viole a fondo curvo o piriforme e viole a fondo dritto.

Quelle a fondo curvo, come le ribeche e le gighe (v. giga; ribeca) avevano una diretta origine orientale: quelle a fondo diritto erano, con ogni probabilità, strumenti di origine occidentale trattati da prima a pizzico o a plettro e ai quali, più tardi, era stato applicato, come nuovo agente sonoro, l'arco allora conosciuto e importato dall'Oriente. Tale è il caso della crotta (v.). Da questo secondo tipo derivò la viola medievale.

La viola in genere era conosciuta allora sotto il nome latinizzato di fidula e una delle più antiche raffigurazioni ci è conservata in un psalterium della biblioteca dell'università di Utrecht, che risale al sec. XI.

Delle vièles, che apparvero posteriormente alla crotta, si trovano notizie nei trattati di Giovanni Grocheo e di Girolamo da Moravia.

Il primo ci parla della superiorità che aveva la vièle sugli altri strumenti "potendo su di essa il bravo artista fare ogni specie di canto, di cantilena e qualunque genere di musica".

Lo Speculum musicae del da Moravia (1250) parla di tre accordature che ai suoi tempi si praticavano nella vièle a cinque corde. Particolare attenzione richiama su una di esse adatta ad accompagnare la musica "volgare" come egli dice. Mentre in due delle accordature si usava una corda bordone collocata fuori della tastiera (e probabilmente suonata a pizzico) nell'accordatura per la musica "volgare" questa corda bordone era inclusa nella tastiera e doveva essere quindi suonata per mezzo dell'arco, in modo che lo strumento veniva ad avere tutte le corde in una scala ininterrotta di quinte e di quarte. Ora, quelli che usavano la vièle col bordone, collocato esteriormente, non toccavano singolarmente le corde laterali; quelli invece che usavano l'accordatura per la musica volgare, sì. Per toccare quindi le corde laterali bisognava che il corpo dello strumento avesse da entrambe le parti un incavo affinché l'arco potesse avere possibilità e facilità di giuoco.

Questo fatto condusse all'apparizione di strumenti di varia foggia che si distinguevano per avere una linea accentuata a sguancio a metà dello strumento, ossia dove l'arco doveva passare, o addirittura due aperture laterali molto pronunciate e che davano allo strumento la figura di un otto. In strumenti così fatti le corde erano tre e riunite superiormente in una specie di piccolo disco: i fori laterali prendevano la forma di un C.

Le lire ad arco rappresentano gli strumenti di trapasso delle viole vere e proprie. La lira da braccio aveva cinque corde sulla tastiera e due all'infuori come bordone. Tutte queste corde erano annodate alla sommità dello strumento in una voluta fatta a forma di foglia. Nel periodo più antico le corde in bordone erano trattate come un pedale uniforme e continuo, ma più tardi, con l'affermarsi del nuovo senso armonico, furono trattate liberamente e solo quando si voleva metterle in rapporto con la melodia che si eseguiva. Anche nella lira da braccio i fori laterali avevano forma di un C.

Col tempo la lira da braccio assunse forme più perfezionate: le corde furono aggruppate nella sommità dello strumento da una vera e propria chiocciola o riccio, le aperture laterali andarono assomigliando sempre più a quelle usate negli strumenti moderni. Giova dire che la lira da braccio non scomparve con l'apparire della viola da braccio, ma, mantenendosi indipendente, visse contemporaneamente ad essa per diversi decennî.

La lira da gamba non fu altro che una forma ampliata di quella da braccio, ma in più nel suo piano armonico si apriva una "rosa" mediana uguale a quella che era nei liuti. Nella lira da gamba le corde variavano da nove a tredici e due delle corde erano in bordone all'infuori della tastiera. Quando la lira da gamba ebbe notevoli proporzioni prese il nome di lirone o di lira arciviolata.

La viola da braccio e la viola da gamba rimasero nei primi decenni del Cinquecento esemplari unici di quella che doveva essere la famiglia strumentale da esse rispettivamente originata. Caratteristiche delle viole furono le spalle spioventi, il fondo dritto, le fasce molto alte, la mancanza di orlature delle tavole del piano e del fondo armonico, i fori in forma di C, la chiocciola molto inclinata.

La viola da gamba fu la prima a formare una famiglia di varî membri analoghi diminuendo o ampliando proporzionalmente il suo modello. Si ebbe così in un primo tempo la viola discanto, l'alto, il tenor e il basso. Le sei corde si susseguivano con un'accordatura di quarte. Una particolarità curiosa, nelle viole di registro basso specialmente, consisteva nell'attorcigliare dei pezzi di corde intorno al manico dello strumento per indicare con precisione l'intonazione (viola tastata). A dare poi sempre una maggiore comodità al passaggio dell'arco e alla tenuta dello strumento si accentuarono esageratamente le aperture laterali e si modificò, nella parte superiore, la tavola del fondo. Fu per la grossezza che allora avevano le corde e per la forte tensione che esercitavano, che, ad ottenere una maggiore resistenza, la chiocciola venne molto inclinata all'indietro. I membri della famiglia della viola da gamba col tempo aumentarono di numero, specialmente quelli di registro basso, e ai tre membri sopra nominati se ne aggiunsero altri nel sec. XVII con un numero di corde vario da tre a cinque e di grandezza sempre maggiore sì che l'armatura delle viole precedenti si modificò. Ma di tutti i varî individui di questa famiglia, uno, il basso di viola (e non era altro che una viola tenor perfezionata) sopravvisse lungamente agli altri e fu specialmente indicato per sostenere il basso continuo e in alcuni paesi, come in Francia, divenne uno strumento da concerto che contò eminenti cultori. Si ebbero in questo tempo strumenti bastardi, che avevano cioè caratteristiche tanto della viola da gamba, come della lira da gamba. Le viole bastarde, oltre ai fori laterali a forma di C, e qualche volta di S, avevano sotto la tastiera in mezzo al piano armonico una rosa (come avevano i liuti) e la chiocciola si ornava alla sommità di una testina scolpita: l'accordatura era a quarte e a quinte.

Questi tipi di strumenti furono specialmente in voga in Inghilterra ove sembra che per la prima volta si sia praticata l'usanza di aggiungere alle corde di budello, che erano tese sulla tastiera, una serie di corde di metallo che passavano di sotto e che vibravano per legge di simpatia.

Fra questi tipi bastardi ne vanno ricordati due: la viola baritono - che gl'Italiani chiamavano viola bordone - e la viola d'amore.

È interessante conoscere una particolarità dell'esecuzione delle viole baritono: su esse il suonatore col pollice della mano sinistra, che sosteneva lo strumento, doveva anche pizzicare le corde di metallo che si trovavano sotto la tastiera. Giova anche ricordare che verso la metà del sec. XVII ci si accorse che la sonorità degli strumenti ad arco di quell'epoca era in ragione inversa del numero delle corde. Qualcuno aveva tentato di tendere sopra la tastiera corde di metallo o di filo argentato, ma ciò non aveva dato buon risultato: ne usciva una sonorità aspra e dura e fu allora appunto che si pensò di mettere queste corde metalliche sotto alla tastiera. Le difficoltà che si presentavano nel suonare strumenti di questo genere non compensavano il rendimento che essi davano. Con tutto ciò la viola baritono ebbe appassionati cultori fino alla fine del Settecento e Haydn stesso, per compiacere il suo protettore, principe Esterházy, scrisse un buon numero di pezzi per tale strumento. La viola d'amore, che fu pure d'invenzione inglese, poteva considerarsi un alto della viola bastarda. La viola d'amore aveva da cinque a sette corde di budello sulla tastiera e circa quattordici corde di metallo sotto, vibranti per simpatia. Particolarità della viola d'amore era quella di avere dei contorni molto frastagliati e di linea fantastica e, per la necessità di contenere i cavicchi delle molte corde, come accadeva nelle viole baritono, una chiocciola molto lunga e ampia, sormontata da una testina raffigurante per lo più un Amore bendato; donde probabilmente le venne il nome. Nel Sei e Settecento la viola d'amore fu uno strumento coltivato da diversi compositori, ma non tutti gli esemplari erano identici, specie per il variare del numero delle corde. Il Pirro pensa che la viola d'amore di Bach avesse quattro o cinque corde metalliche sulla tastiera, ma che, fosse priva di quelle simpatiche. Quattro corde metalliche, e probabilmente unitamente a quelle simpatiche, dovette avere la viola di A.M. Ariosti, famoso cultore di questo strumento. In questa categoria si può infine includere anche la violetta marina usata da Händel e che non era altro che un pardessus de viole, munita di corde simpatiche.

Secondo l'opinione di qualche organologo, la lira da braccio sarebbe stata direttamente l'antenata della viola da braccio. Questa opinione non è generalmente accolta perché, prima che la lira da braccio si fosse sviluppata, e cioè sulla fine del Quattrocento, si riscontrano in talune raffigurazioni pittoriche esemplari di viole con le fasce basse, con gli orli delle due tavole sporgenti e con altri particolari che le accostano ai modelli degli strumenti ad arco moderni. La trasformazione quindi della lira da braccio verso una forma più assomigliante alle viole (come il diminuito numero delle corde) viene ad essere in arretrato poiché l'apparizione della viola da braccio era già avvenuta.

Più probabile quindi sembra che la viola da braccio tragga la sua origine dalla viola da gamba di cui in minori proporzioni ripeteva il modello. Certo è che durante il Cinquecento notiamo una continua e rapida trasformazione e uno scambio di particolari di tutti questi strumenti.

Nelle viole da gamba, la viola tenor è come il capostipite della famiglia dopo la quale appare l'alto che diventa la viola da braccio. Le viole da gamba di registro più basso si chiamarono violoni e le viole da braccio si chiamarono viole. Verso la metà del Cinquecento le viole da braccio ebbero la tendenza ad impiccolirsi generando altri membri della famiglia che furono denominati col diminutivo: violina o violino, senza essere veramente un violino nel significato moderno. Così che sulla fine del Cinquecento troviamo già costituita una famiglia di viole da braccio designate con questi diminutivi (v. Violino).

Nella partitura dell'Orfeo del Monteverdi troviamo notati: due contrabassi di viole, tre viole da gamba e dieci da braccio. Anteriormente nei concerti di G. Gabrieli con la parola violini s'indicavano evidentemente viole da braccio come lo si può dedurre dalla loro accordatura. Certo è che sulla fine di quel secolo la nomenclatura è confusa e, come in L. Zacconi, la parola violini designava tanto i violini ordinarî quanto le viole di registro acuto (v. Violino).

Nelle orchestre del sec. XVII e dei primi anni del XVIII si ritrovano suonatori di alto-viola e di tenor-viola. Il primo di essi corrisponde alla nostra viola (alto del violino), il secondo era di formato più grande, tanto che per sonarla occorreva posarla o sul ginocchio o sopra un parapetto; era accordata a una quarta inferiore. Ma si comprende come, essendo di difficile maneggio presto cadesse in disuso.

Ricordiamo inoltre la viola pomposa, specie di piccola viola da gamba a cinque corde e accordata a intervalli di quinta. Bach se ne fece costruire un esemplare dal Hoffmann di Lipsia. Ma fu strumento di eccezione e di breve durata. E infine accenneremo anche al Quinton, pure a cinque corde, accordate per quinta e quarta e che rientra nel novero di quegli strumenti ad arco di trapasso dalle viole ai violini (v. Quinton): alcuni musicologi - come M. Brenet - l'identificano col pardessus de viole.