DAL PORTICO, Vincenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 32 (1986)

DAL PORTICO, Vincenzo

Laura Ronchi De Michelis

Nacque a Lucca dal nobile Girolamo il 4 marzo 1520. Intrapresa la carriera ecclesiastica, prestò a lungo servizio nella Curia romana e fu governatore delle Marche; nel 1568 ricopriva l'incarico di protonotario apostolico, allorché venne designato come nunzio in Polonia, in sostituzione di Giulio Ruggieri.

La politica di tolleranza adottata da Sigismondo Augusto nei confronti degli eretici, la sua pressante richiesta di divorzio da Caterina d'Asburgo, la riluttanza ad impegnarsi in uno scontro con i Turchi manifestata in più modi erano alla base dei rapporti tesi tra la Santa Sede e il trono polacco; su tutto poi si innestava il risentimento per l'inefficienza della mediazione pontificia nella spinosa questione dell'eredità di Bona Sforza, duchessa di Bari e madre di Sigismondo. Dopo anni burrascosi, sembrava però finalmente raggiunta una certa distensione: Sigismondo aveva accettato il temporaneo impedimento al divorzio, si era dichiarato disponibile all'esecuzione delle decretali tridentine, non minacciava più di staccarsi dalla Chiesa romana ma anzi favoriva l'insediamento della Compagnia di Gesù che, nel 1565, apriva il suo primo collegio in terra polacca.

Giunto a Cracovia nel luglio del 1568 con il compito precipuo di sollecitare la convocazione dei sinodo provinciale, il D. ebbe modo, di lì a poco, di assistere alla Dieta di Lublino, che sancì l'unione istituzionale e non più personale tra il granducato di Lituania ed il regno di Polonia e la nascita della Rzeczpospolita. Nel 1570 il pontefice affidò al D. un ulteriore incarico: concordare la adesione del gran principe di Mosca a una lega dei principi cristiani contro i Turchi.

Preoccupato per il rinnovarsi della pressione ottomana sull'isola di Cipro, Pio V aveva posto mano all'organizzazione di una nuova coalizione in difesa dei cristiam minacciati: Filippo II di Spagna, Carlo IX di Francia e l'imperatore Massimiliano II avevano promesso di partecipare, ma per garantire risultati migliori che nel passato il papa tentava di allargare il fronte delle adesioni alla Polonia e alla Moscovia.

Ignaro della realtà russa. informato parzialmente e male, il pontefice riteneva che Ivan IV avrebbe di buon grado accettato di partecipare all'iniziativa e, perfino, acconsentito all'unione della Chiesa ortodossa russa con quella cattolica romana in cambio del riconoscimento della dignità regia e che il problema principale fosse costituito dalla tenace opposizione di Sigismondo Augusto all'invio di rappresentanti romani a Mosca. Dando al Commendone notizia dei suo operare, il D. aveva scritto: "Io son visto volentieri, udito volentieri non ho da mendicare udienze, et Sua RIaestà pare che mi creda più che non merito assai" (A. Theiner, Monumenta historica Poloniae, Romae 1861, II, p. 771); la personale, profonda amicizia tra il sovrano e il nunzio poteva essere il mezzo con cui superare l'ostacolo apparentemente insormontabile. Ed effettivamente Sigismondo diede il suo assenso purché a partire fosse lo stesso D. o altra persona a lui vicina e gli scopi della missione fossero di carattere prettamente religioso.

Per preparare il suo arrivo, fi D. inviò a Ivan IV un primo messo nel maggio del 1571 ed un secondo nel luglio dello stesso anno, ma non si ha notizia che essi siano giunti a destinazione. Nel frattempo egli aveva raccolto infóqnazioni più precise sul paese e sul sovrano da un soldato della Pomerania, Albert Schlitting, che era stato prigioniero a Mosca per sette anni, ed il suo entusiasmo per l'impresa era notevolmente diminuito. Di lì a poco, la memorabile vittoria della flotta cristiana a Lepanto sembrò rendere superflua l'adesione russa e il nunzio venne sollevato dall'incatico.

Il D. svolse in Polonia una attività energica ed efficiente nella riforma degli Ordini monastici, per l'esecuzione delle risoluzioni tridentine, contro gli eretici; curò il sequestro di più di centocinquanta opere "lutherane" e la diffusione in polacco di opere cattoliche di controversistica; favorì la costruzione dei collegi dei gesuiti e per loro ottenne in lascito da Sigismondo II Augusto "una notabilissima libreria d'ogni sorta di libri, di valuta assai" (Relazione..., c. 89v); non ottenne invece la convocazione del sinodo provinciale, cui nella sua Relazione attribuisce la massima importanza.

"Uomo energico e di un attivismo notevole, ma mediocre diplomatico e troppo ambizioso", secondo il giudizio eccessivamente duro di H. Biaudet (p. 158), che pone alla base del suo agire l'aspirazione alla porpora, il D. tentò anche, durante la sua permanenza in Polonia, di ricondurre la Svezia luterana all'obbedienza a Roma servendosi dell'amicizia e della stima di cui godeva presso gli Jagelloni, imparentati con Giovanni III di Svezia. Di propria iniziativa, servendosi di Anna, il D. avanzò una proposta allettante: la mediazione del papa nel conflitto tra la Danimarca e la Svezia in cambio dell'abbandono del -protestantesimo da parte della Svezia. Ma il papa rifiutò di occuparsi della pace tra due nazioni eretiche ed anzi, saputo che Caterina si comunicava sotto le due specie, diffidò il nunzio dal procedere nei contatti. Nel 1572,però, allorché Sigismondo Augusto morì senza eredi, il D. si inserì, senza mandato, nel problema della successione, dapprima appoggiando la candidatura di Anna Jagellone, poi ponendosi in contatto con il rappresentante svedese e trattando l'appoggio della Santa Sede all'elezione di Giovanni III di Svezia in cambio del ritorno alla confessione cattolico-romana. Tale arbitraria condotta gli costò il richiamo a Roma.

Nel 1575 il D. fu designato arcivescovo di Ragusa. Fu poi nominato governatore di Roma, ma nel 1583, in seguito ai tumulti provocati dagli Orsini indignati per una irruzione poliziesca nel loro palazzo, venne rimosso da Gregorio XIII ed inviato come governatore ad Anagni.

La morte nel 1584 di Ivan IV, che lasciava sul trono un figlio minorato, indusse in Stefano Báthory, re di Polonia e vincitore della Russia nell'annoso conflitto per la Livonia, la speranza di.riuscire ad impadronirsi del paese; con un esercito russo-polacco avrebbe poi marciato contro i Turchi e liberato definitivamente l'Europa dalla minacciosa presenza ottomana. Un romano al suo servizio, Virgilio Crescenzi, promise l'appoggio del papa ed effettivamente Gregorio XIII e il successore, Sisto V, sembrarono interessati all'impresa.

Sisto V ricevette a Roma Andrea Báthory, cardinale e fratello di Stefano, si consultò con l'ambasciatore veneto e con Antonio Possevino, che per quanto conosceva della situazione moscovita caldeggiò l'iniziativa, e convocò a Roma anche il D. per avere il suo parere. Ma l'improvvisa morte di Stefano Báthory troncò sul nascere il progetto.

Il D. morì nel 1590, senza essere riuscito ad ottenere la nomina a cardinale cui tanto teneva e che era stataappoggiata in lettere al pontefice dai reali di Polonia. Venne sepolto a Lucca, nella chiesa di S. Romano, nel sepolcro che s'era apprestato fin dal 1586.

Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vatic., Arm. LXIV, t. 29, cc. 166r-168v: Lett. di Sigismondo II Augusto, Re di Polonia (1571), Lett. di Anna Jagellone, regina di Polonia (1579 e 1585); Ibid., cc. 86r-93r: Relazione di Vincenzo Dal Portico sulla sua nunziatura (1573); Archivio di Stato di Lucca, Bibl., Mss. 127: Famiglie lucchesi, t. V, c. 104v; Ibid., Bibl., Mss. 22: B. Baroni, Alberi di famiglie, III,p. 83; Ibid., Bibl., Mss. 130: D. Barsanti, Pantheon delle famiglie patrizie di Lucca [1886], c. 50r e p. 149; I. Turgenev, Historica Russiae Monumenta, t. I, Petropoli 1841, pp. 218-223; A. Theiner, Monumenta Historica Poloniae, Romae 1861, II, pp. 728 s., 748. 770-76; G. Catena, Vita del glorioso papa Pio V, Roma 1587, p. 185; G. A. Gabuzio, Vita di Pio V (1568-1572). Roma 1605, p. 155; P. Pierling, Rome et Moscou (1547-1579), Paris 1883, pp. 140-144; Id., La Russie et le Saint-Siège, Paris 1896, pp. 379397; H. Biaudet, Le Saint-Siège et la Suède (1570-1576), Paris 1907, ad Indicem; L. v. Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, VIII, Roma 1924, ad Indicem; IX, ibid. 1925, ad Indicem; X, ibid. 1928, ad Indicem; Portico Wincenty, in Encyklopedyja Powszechna, XXI, Warszawa 1865, p.

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