GALILEI, Vincenzio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GALILEI, Vincenzio

Raoul Meloncelli

Nacque a Santa Maria a Monte (oggi in provincia di Pisa) intorno al 1520 da Michelangelo e da Maddalena di Carlo di Bergo. Non si hanno notizie sulla sua prima formazione musicale, anche se la sua abilità quale suonatore di liuto farebbe pensare a una iniziazione nella pratica di questo strumento, cui si accompagnò in seguito anche quella della viola.

Fu forse proprio la sua abilità di liutista a farlo notare da Giovanni Maria Bardi che lo prese sotto la sua protezione. Si trasferì a Pisa dove conobbe Girolamo Mei (con il quale intratterrà un lungo rapporto epistolare tra il 1572 e il 1581) e dove nel 1562 sposò Giulia Ammannati, di nobile famiglia pisana, dalla quale ebbe Galileo, primo di sei o sette figli. Probabilmente intorno al 1563 fu a Roma ove diede alle stampe Il primo libro delle intavolature de lauto e nel 1568 era sicuramente a Venezia ove frequentò G. Zarlino e pubblicò il Fronimo. Stabilitosi nel 1572 a Firenze, nell'anno seguente fu raggiunto dalla famiglia; nel 1578-79 fu a Monaco alla corte del duca di Baviera Alberto IV il Magnanimo. Prima del 1582 fu per due volte a Roma, quindi nuovamente a Venezia, Pisa, Siena, Marsiglia e Messina; nel 1584 fu presso Jacopo Corsi a Firenze e nell'estate del 1587 presso Pietro Lazzaro Zefirini a Siena.

Compositore, liutista, cantore e insegnante, la sua fama è però legata all'attività di teorico. Fondamentale fu la sua partecipazione all'attività della Camerata dei Bardi, di cui fu considerato il teorico; illustrò le sue idee relative alla teoria musicale, all'acustica, all'organologia e all'estetica nel Dialogo della musica antica e moderna (Fiorenza, G. Marescotti, 1581), in cui - ricollegandosi probabilmente alle teorie di Girolamo Mei - volle dimostrare la superiorità della musica greca su quella moderna: a tal fine pubblicò i tre inni di Mesomede alla Musa, al Sole e a Nemesi, di cui, pur senza trascriverli, offrì una chiave di lettura attraverso la pubblicazione delle tavole di Alipio e riproducendo i segni di notazione vocale e strumentale dell'antica Grecia (Testi, 1970, p. 51). Egli mira a dimostrare il maggior rilievo attribuito dalla musica antica alla parola e di conseguenza al canto, realizzato attraverso la monodia rispettosa del ritmo poetico e del valore della declamazione. A essa venivano contrapposti la polifonia e il contrappunto in cui veniva a perdersi il significato della parola. L'opera si divide in due parti: nella prima il G. si diffonde in questioni di acustica e di estetica, nella seconda rivolge i suoi interessi agli strumenti musicali e agli strumentisti. Nella convinzione del graduale declino della polifonia e delle sue possibilità espressive, egli rivendicava il potere espressivo della monodia dichiarando che "la parte più nobile importante e principale della musica […] sono i concetti dell'animo espressi col mezzo delle parole, e non gli accordi delle parti come dicono e credono i moderni prattici" (Dialogo, p. 83). Nei suoi scritti veniva delineato il nascere dello stile monodico che avrebbe di lì a poco condotto al sorgere del melodramma. Le sue tesi, talora discutibili allorché si scaglia contro la tecnica polifonica volendo dimostrare come "le regole di moderni contrapuntisti" sono "di diretto contrarie alle perfettione delle ottime et vere harmonie et melodie" (ibid., p. 81), sono giustificate comunque dalla convinzione che le complesse strutture della polifonia cinquecentesca, pervenuta a una esasperata elaborazione contrappuntistica, costituivano un impedimento alle possibilità di esprimere musicalmente un testo poetico.

Le sue composizioni di carattere monodico che avrebbero potuto offrire un utile riferimento circa il modello di composizione che egli vagheggiava sono andate perdute, a eccezione di alcune trascrizioni per voce e liuto di madrigali polifonici. Ci rimane tuttavia un giudizio espresso su di esse da G.B. Doni: "sopra un corpo di viole esattamente suonate, cantando un tenore di buona voce, e intelligenza […]" esse appaiono non prive di "una certa rozzezza e troppa antichità".

Analizzando il rapporto parola-musica il G. poneva le basi di una concezione di carattere estetico espressa nell'inedita opera Della pratica del contrappunto…: "Hoggi è inteso per l'imitazione delle parole non l'imitar col canto il senso di esse et di tutta l'oratione come appresso gli antichi ma il significato del suono di una sola". In tal modo venivano a porsi le basi del "recitar cantando" che avrebbe portato gradualmente allo stile monodico, singolare compromesso tra la recitazione oratoria e il canto vero e proprio.

Tuttavia neppure il G. poté esimersi dal cimentarsi nelle tecniche polifoniche come manifestano suoi madrigali polifonici, al pari della maggior parte dei compositori del secolo XVI. Pressoché perduto il Primo libro dei madrigalia 4 e 5 voci, di cui si conserva solo la parte del tenore, il Secondo libro non si discosta dalle tecniche coeve; abbondano in essi passaggi virtuosistici sostenuti da una scrittura armonica non priva di originalità e in cui vengono sfruttati con sapienza soluzioni di carattere cromatico sia sul piano armonico sia su quello melodico; in alcuni casi, tuttavia, si manifesta un'evidente tendenza per uno stile declamato assai vicino agli ideali monodici sostenuti così efficacemente sul piano teorico. A questo riguardo si può affermare come soprattutto nel Secondo libro di madrigali a 4 e 8 voci avesse concesso non poco allo stile "moderno", individuabile in certi convenzionalismi sia melodici sia di carattere armonico. Tuttavia in alcuni madrigali si individuano chiari riferimenti allo stile monodico e alla declamazione, oltre taluni caratteri innovativi quali l'adozione di un particolare cromatismo sia melodico sia armonico, nonché certi ritardi dissonanti che appartengono a una nuova concezione, tipica dello stile propugnato dal G. che a esso rivolse pressoché tutti i suoi interessi di teorico.

Ammirato liutista, nonché valente esecutore di viola, il G. pubblicò la raccolta Intavolature de lauto, madrigali e ricercatelibro primo (Roma, V. Dorico, 1563) e tra gli scritti di carattere teorico: il Fronimo: Dialogo nel quale si contengono le vere enecessarie regole del intavolare la musica nel liuto (Venezia, G. Scotto, 1568), parzialmente ristampato con il titolo La 2a parte delDialogo… della intavolatura di liuto (ibid. 1569) quindi in una edizione ampliata e riveduta con il titolo Fronimo. Dialogo sopra l'arte del bene intavolare et rettamente sonare la musica negli strumenti artificiali sì di corde come di fiato & in particulare nel liuto (ibid., l'Herede di G. Scotto, 1584). L'edizione del 1563, conservata in unico esemplare nella Österreichische Nationalbibliothek di Vienna è costituita da ventiquattro intavolature di madrigali di A. Romano, G. Nasco, V. Ruffo, Ph. Archadelt, Orlando di Lasso, dello stesso G. e di altri, oltre che da sei ricercari di Francesco da Milano; il manoscritto conservato nella Biblioteca nazionale di Firenze, in parte trascritto dal Chilesotti, contiene nella prima parte romanesche, pass'e mezzi, saltarelli e nella seconda pass'e mezzi e romanesche; in una parte terza si trovano gagliarde, forma di danza in cui a detta del Fano si manifesta una uniformità nell'andamento melodico e armonico e "tale uniformità diventa, a lungo andare monotona […]" (La camerata fiorentina, pp. LXI s.). La seconda edizione del Fronimo, ampliato "et dall'Autore istesso arricchito e ornato di novità di concetti et d'essempi" contiene 124 saggi d'intavolature di liuto, alcune originali altre trascrizioni di composizioni vocali polifoniche di A. Willaert, A. Striggio, A. Padovano, A. Ferrabosco, G. Pierluigi da Palestrina, C. de Rore, Ph. Verdelot, Ph. de Monte, C. Porta, J. de Wert, O. di Lasso, G. Contino, G.A. Dragoni, M.A. Ingegneri, B. Donato, P. Vinci e dello stesso Galilei. Tali trascrizioni costituiscono, sempre a detta del Fano, una dimostrazione di come il G., monodista convinto, si accostò alle composizioni dei grandi maestri della polifonia e le trascrisse per uno strumento peraltro ben poco adatto a "sviluppi polifonici" (ibid., p. LVI: conservato in manoscritto nella Österreichische Nationalbibliothek di Vienna è il Libro d'intavolatura di liuto, nel quale si contengono i passemezzi, le romanesche, i salterelli et le gagliarde et altre cose ariose composte in diversi tempi da Vincentio Galileiscritto l'anno 1584). Il G. fu autore inoltre di fondamentali trattati di carattere didattico che rivestono grande interesse per quanto riguarda la tecnica e la prassi strumentale e vocale, nonché soluzioni di problemi relativi all'intonazione del liuto, peraltro già affrontati da G. Gorzanis e che nel G. trovarono ulteriori approfondimenti oltre che nel già citato Fronimo, in altri scritti di carattere teorico-pratico conservati in manoscritto, ove viene affrontato il problema del "temperamento" dello strumento, realizzato secondo soluzioni funzionali privilegiate rispetto agli strumenti a tastiera o alle voci. Si ricordano, conservati in manoscritto nella Biblioteca nazionale di Firenze (Fondo Galilei, 1-8): Compendio nella theorica della musica (1571 circa), Il primo libro della prattica del contrappunto intorno all'uso delleconsonanze (1588-91); Discorso intorno all'uso delle dissonanze (1588-91); Discorso intorno all'uso dell'enharmonio et di chi fusse autore del cromatico (1590-91); Dubbi intorno a quanto ioho detto dell'uso dell'enharmonio con la solutione di essi (1591); Discorso intorno a diversi pareri che ebbero le tre sette più famose; degli antichi musici; Discorso particolare intorno all'unisono; Discorso particolare intorno alla diversità delle forme del diapason; inoltre considerazioni sui Sopplimenti di G. Zarlino e sul De musica di Plutarco. Si ricordano ancora tra gli scritti teorici: Dialogo della musica antica e della moderna (Firenze 1581) e Discorso intorno alle opere di messer GioseffoZarlino da Chioggia (ibid., G. Marescotti, 1589). Compose inoltre: Il primo librode madrigali a 4 e 5 voci (Venezia, figli di Ant. Gardano, 1574); Contrapunti a 2 voci (Firenze 1684); Il secondo libro de madrigali a 4 et 5 voci (Venezia, Ang. Gardano, 1587).

Il G. morì a Firenze, ove fu sepolto il 2 luglio 1591.

Liutista e compositore fu anche il figlio Michelangelo, nato il 18 dic. 1575 probabilmente a Firenze ove trascorse gli anni giovanili. Allievo del padre, nel 1601 si trasferì in Polonia ove rimase sino al 1606; nel 1607 si stabilì a Monaco di Baviera e si dedicò prevalentemente all'insegnamento avendo numerosi allievi. Pubblicò: Il primo libro d'intavolatura di liuto, nel quale si contengono varie sonate: come toccate, gagliarde, correnti, voltepassemezzi & saltarelli (Monaco 1620). Alcune sue toccate furono inserite in raccolte dell'epoca. Morì a Monaco il 3 genn. 1631.

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