Villa

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Nella terminologia edilizia moderna, tipo di abitazione unifamiliare, di un certo lusso, accompagnata da un giardino più o meno esteso.

Nella corografia medievale, piccolo centro rurale comprendente svariate e distinte aziende agricole. Traccia di questo significato rimane ancor oggi in toponimi del tipo Villabate, Villalago ecc. In particolare, toponimi come Francavilla o Villafranca si riferiscono a villaggi che nel Medioevo godevano di particolari privilegi e immunità.

Le v. romane

fig. A

Nel suo significato originario, la v. è l’edificio per abitazione e attività agricola, isolato nella campagna e contrapposto come tale all’abitazione compresa nell’agglomerato urbano (fig. A).

Al tempo di Catone villa è l’equivalente di fundus, materializzazione del concetto stesso di proprietà; spesso il termine indicò tuttavia anche il solo edificio centrale del fundus e non il fundus nella sua interezza. Questo riflette il nuovo assetto della proprietà terriera in Italia, quale viene a determinarsi a cominciare dalla metà del 3° sec. a.C., con la formazione di grandi unità prediali, nell’ambito delle quali la v. rustica si presenta come semplice fattoria, centro dell’azienda agraria a conduzione prevalentemente schiavistica.

Già in parte nel 2° sec., ma poi soprattutto a cominciare dal 1° sec. a.C., compare il tipo della v. destinata al ritiro e all’evasione dalle ordinarie occupazioni della vita pubblica. La pluralità dei possedimenti porta ad allestire più v. per la temporanea dimora del dominus; ma questo è solo l’inizio di un processo che conduce alla creazione della v. esclusivamente di soggiorno, sita in luoghi paesisticamente piacevoli. Altro sbocco di questo processo è rappresentato dalla nascita della v. urbana, che nelle sue strutture riproduce il comodo e il decoro delle residenze di città. Fin dalla tarda Repubblica compare inoltre un tipo medio di v., che si potrebbe definire urbano-rustico. Gli imperatori, in quanto produttori su larga scala, favorirono lo sviluppo della v., sia di quella urbana (la Domus Aurea neroniana ne rappresenta un esempio grandioso) sia di quella urbano-rustica, che trova larga diffusione come residenza di funzionari.

Le v. nel Rinascimento e in epoca moderna

Nel Trecento, in Italia, si hanno i primi sintomi di una rinascita dell’antico concetto di v., specie in Toscana, dove la v. è residenza di campagna di un ceto cittadino abbiente e colto. Elementi dell’abitazione rustica e della casa-forte si fondono in modo armonioso e imprimono la loro fisionomia alle v. del primo Rinascimento, che spesso inglobano costruzioni precedenti. Con il Rinascimento, e più ancora nei secoli successivi, le forme chiuse della v. furono progressivamente sostituite da soluzioni di carattere sempre più definito architettonicamente (fastosa grandiosità degli edifici, arricchiti di colonnati, sculture, portici e logge, quanto geometrica regolarità dei giardini ad aiuole e terrazze, con fontane, scalee e spalliere verdi). Tuttavia, la v. toscana del Rinascimento non ha la complessa vastità dell’antica v. romana: si tratta, di solito, di un edificio all’esterno assai semplice, con ampie superfici bianche di calce e con forti incorniciature di pietra serena, anche se con interni adorni di pitture e sculture. Centro della costruzione è il cortile. I giardini e gli orti non sono distribuiti in grandiose simmetrie, ma ripartiti in brevi settori che si distendono secondo l’andamento naturale del terreno (v. medicee di Careggi e di Fiesole, di Michelozzo; quella di Poggio a Caiano, di Giuliano da Sangallo; quelle d’Artimino e della Petraia di B. Buontalenti, e ancora la v. Garzoni a Collodi, 17° sec., con superbo giardino).

A Roma (fig. B) e nel Lazio la v. è creazione più tarda e ha caratteri di maggior fasto (tra le prime, quella fatta costruire da Innocenzo VIII, 1484-92, sul Colle Vaticano, unita poi da Giulio II ai Palazzi Vaticani). Segue poi sulle rive del Tevere la v. per Agostino Chigi (1508-11, di B. Peruzzi, detta in seguito Farnesina), con facciata che si apre verso il giardino e con loggiato fra due ali sporgenti, con reminiscenze della scena del teatro classico. La casa di A. Mantegna a Mantova, con corte circolare centrale (forse progettata per essere chiusa da una cupola), suggerisce un altro tema che sarà ripreso da Raffaello, Vignola, Palladio, fino a Vanvitelli. È dalla v. creata per Giulio de’ Medici a Monte Mario (da Raffaello e Giulio Romano, detta poi v. Madama) che deriva il successivo tipo della v. romana, di complessa struttura, arricchita di grandiosi giardini architettonici a terrazze, con statue, vasche, ninfei, esedre arboree. Sorgono così la v. Medici sul Pincio, di A. Lippi, la v. Giulia sulla Flaminia, di Vignola, la v. d’Este a Tivoli di P. Ligorio, la v. Lante a Bagnaia (Viterbo) ecc. Una soluzione originale al tema della v. è fornita da Giulio Romano nel Palazzo Te a Mantova: un modello presto seguito in quasi tutta l’Italia settentrionale. Nel Seicento sorgono la v. Borghese sul Pincio e quella di Mondragone a Frascati, il ‘Belvedere’ di Frascati (Giacomo Della Porta, C. Maderno, D. Fontana), la v. Pamphilj fuori porta S. Pancrazio a Roma (1644-55): culmine della magnificenza della v. e del giardino all’italiana. Nel Settecento alla solennità rinascimentale e al fasto barocco (fig. D) succedono grazia e capriccio, anche su influenze francesi (v. Albani a Roma, 1750, di C. Marchionni).

Nel Veneto (fig. C) le prime v. sorgono all’inizio del Quattrocento, talora come trasformazione di preesistenti castelli, ma è A. Palladio che dà carattere inconfondibile alla v. veneta distesa in amplissimi spazi: spesso con facciata a forma di tempio (segno distintivo delle successive e numerose imitazioni inglesi e americane), soluzione tesa a conferire sacralità alla casa (aedes); scuderie, stalle, fienili, piscine fanno da corredo al nucleo strettamente residenziale.

In Liguria sin dal Trecento i ricchi usarono farsi costruire case di campagna ma è propriamente nel Cinquecento, con G. Alessi, che la v. genovese assume caratteri peculiari; dopo Alessi, invale l’uso di affrescare le facciate, in parte seguito in Piemonte, dove soltanto fra Seicento e Settecento il gusto della v. signorile si diffonde (Palazzina di caccia di Stupinigi di F. Juvarra).

Non prima del Settecento sorgono le più famose v. napoletane, specie presso la v. reale di Portici (1737-43), di A. Canevari, a Posillipo e sulla collina del Vomero (la Floridiana, inizio 19° sec.); esempio di v. monumentale sarà la reggia di Caserta (Vanvitelli).

È del Settecento la caratteristica produzione siciliana intorno a Palermo. In Lombardia la fioritura delle v. ha origini cinquecentesche e sviluppo sei-settecentesco. La v. lombarda raggiunge effetti di spettacolare grandiosità, specie con le complesse sistemazioni a giardino delle v. della Brianza e dei laghi: fra tutte, le v. borromee nelle isole del Lago Maggiore. Dalla seconda metà del Settecento, con l’affermazione del giardino all’inglese, la v. ridusse il carattere monumentale per divenire anche appannaggio della classe borghese.

Fuori d’Italia la costruzione della v., che ritarda a causa del prestigio che mantenne a lungo il castello (castelli della Loira ecc.), conserva i caratteri della sua origine latina. In Francia, dopo le prime maisons de plaisance, un vero e proprio tipo di v. non si sviluppa che nel Settecento, conservando nell’impostazione planimetrica qualcosa dell’antico castello (‘Petit Trianon’ di V. Gabriel a Versailles). In Inghilterra e in Olanda, alla prevalenza del castello usato come dimora di campagna, succede nel Settecento l’uso della v. con forti influenze palladiane (attraverso I. Jones) e francesi. Anche in Germania, come in Austria, in Polonia e in Russia l’architettura della v. si sviluppa dalla fine del Seicento, su schemi italiani e, spesso, per opera di architetti italiani (G.A. Viscardi e G. Gabrieli in Baviera, L. Retti a Stoccarda, D. Martinelli in Austria e in Polonia, B.C. Rastrelli, L. Rusca, G. Quarenghi in Russia ecc.). L’illuminismo tedesco tende a dare anche alla sistemazione del parco e dei vari padiglioni un significato programmatico e tendenzioso, mutuato sul pensiero matematico-filosofico di G.W. Leibniz, o sulle idee fisiocratiche. Nella seconda metà dell’Ottocento la grande v. tradizionale, che si potrebbe dire – come il giardino – ‘all’italiana’, cede il posto a soluzioni più economiche (villino). A un maggior rigore formale, e a una più chiara concezione del rapporto fra la casa e il giardino circostante, è improntata l’architettura della v. moderna (fig. E, F), tema frequente nelle progettazioni di architetti del 20° e 21° secolo.

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