SJÖSTRÖM, Victor

Enciclopedia del Cinema (2004)

SJOSTROM, Victor

Melania G. Mazzucco

Sjöström, Victor (propr. Victor David)

Regista e attore teatrale e cinematografico svedese, nato a Silbodal (Värmland) il 20 settembre 1879 e morto a Stoccolma il 3 gennaio 1960. Grande interprete, capace di confermarsi in un arco di tempo vastissimo, autore appartato e schivo, che pose sempre al centro dei suoi film l'uomo e il suo ambiente, l'universo sociale e la realtà dello spirito, ma anche artigiano del linguaggio, votato alla sperimentazione tecnica per esigenza narrativa e mai per virtuosismo fine a sé stesso, dotato di un pittorico gusto dell'immagine, di un lirico sentimento della natura e di un'umanistica pietas per i suoi personaggi, fu il padre fondatore della cinematografia svedese e uno dei maestri del cinema muto. Quando aveva appena un anno, i suoi genitori emigrarono negli Stati Uniti; alla morte della madre (1893), S. tornò in Svezia, dove andò a vivere da una zia, e poi a studiare in una scuola di Uppsala. Dalla madre, Lisen Hartman, nota attrice, aveva ereditato la passione per il teatro, mentre il padre, sfortunato uomo d'affari, che aveva cercato invano fortuna, voleva che il figlio si dedicasse al commercio. Alla morte del padre (1897) lasciò la scuola per la carriera di attore, lavorò in una compagnia finno-svedese diretta da E. Ahlblom, quindi in Finlandia per il teatro di Vasa e per lo Svenska Teatr di Helsingfors, poi in Svezia, dove si affermò come primo attore nella compagnia di H. Selander e in quella di H. Rönnblad. Considerato il principale artista drammatico di Svezia, venne scritturato come attore per la Svenska Biografteatern, debuttando nel 1912 nel film di Mauritz Stiller De svarta maskerna (Le maschere nere) cui seguì Vampyren (1913, Il vampiro). Ma presto passò alla regia, firmando fra il 1912 e il 1916 una quarantina di film, per lo più melodrammi sociali influenzati dallo stile sensazionale della cinematografia danese. Il primo film, Trädgårdmästaren (1912, Il giardiniere), basato su una sceneggiatura di Stiller e interpretato dallo stesso S., fu bloccato dalla censura per il contenuto violento: la protagonista, l'attrice danese Lili Bech, si suicidava in una serra dopo essere stata violentata dal giardiniere. Nel 1913 firmò Ingeborg Holm, dal dramma di N. Krook, fortemente legato alla realtà sociale svedese di quegli anni. Il film, che racconta la storia di una donna sfruttata e costretta a perdere la tutela dei propri figli, era un'aspra denuncia, e ottenne un tale successo che contribuì a determinare la modifica della legge sull'assistenza sociale. Durante la Prima guerra mondiale S. realizzò soprattutto commedie, ma al congeniale filone realistico si può ascrivere Strejken (1915, Lo sciopero) primo film dedicato a questo tema, che incorse nella censura. Dopo la morte della prima moglie e un matrimonio sfortunato con la vamp Lili Bech, si ammalò e, nel 1916, giurò di non girare più film. Dopo un viaggio nella regione natale e la lettura del poema di H. Ibsen, Terje Vigen, cambiò idea, e decise di dirigere e interpretare il film omonimo (1917), nonché di sposarsi con l'attrice Edith Erastoff. Dotato di fine struttura narrativa e di un potente romanticismo, il film doveva risultare una mistica celebrazione del mare e dei pescatori, e una denuncia delle perversità della guerra. Il motivo dell'ambivalenza della natura di fronte all'uomo sarebbe stato uno dei temi dominanti della sua cinematografia. Fu acclamato come un maestro, tra i primi a dimostrare che il nuovo mezzo poteva essere un'arte, per l'uso innovativo del montaggio, la costruzione narrativa non lineare a flashback, la misurata recitazione degli attori, la presenza invasiva della natura e la qualità luministica delle immagini rivelata nel film Berg-Ejvind och hans hustru (1918; I proscritti), tragica storia d'amore ambientata in Islanda tra un bandito e una vedova che rinuncia a tutto per seguirlo, conclusa dall'inesorabile morte degli amanti braccati nella neve. Tösen från Stormyrtorpet (1917; La figlia della torbiera, tratto da un romanzo di S. Lagerlöf), di un sommesso lirismo e di una toccante semplicità, fu il primo film dedicato alla condizione della classe contadina in Svezia. Ancora da una saga della Lagerlöf, Jerusalem, trasse ispirazione Ingmarssönerna (in due parti, 1919; I figli di Ingmar), e Karin Ingmarsdotter (1920, Karin figlia di Ingmar). La collaborazione con la scrittrice aggiunse alla sua inclinazione realista il gusto per il sogno e per il soprannaturale, che doveva trovare compiuta espressione nel suo capolavoro, Körkarlen (1921; Il carretto fantasma), anch'esso da un romanzo della scrittrice. Storia di un alcolizzato violento e crudele (interpretato dallo stesso S.) che, essendo morto il 31 dicembre, secondo un'antica leggenda svedese viene condannato a guidare il carro delle anime dei morti per tutto l'anno, ma ottiene di tornare in vita per salvare la moglie e redimersi, fiaba fantastica e insieme spaccato naturalistico, dalla struttura complessa, organizzata per flashback, memorie, allucinazioni, è un film di grandi qualità stilistiche, plastiche e visionarie, che ha esercitato un'influenza duratura nella storia del cinema. Negli stessi anni, il regista aveva realizzato però film molto diversi, come Hans Nåds testamente (1919, Il testamento di Hans Nåd), il commovente Mästerman (1920, Mastro Samuele), il gotico e tenebroso Klostret i Sendomir (1920, Il monastero di Sendomir), il sontuoso Vem dömer (1922, La prova del fuoco) ambientato nell'Italia del Medioevo, dalla fotografia innovativa per il susseguirsi di sovrimpressioni, movimenti di macchina e dissolvenze, e l'avventuroso Eld ombord (1922, Il vascello tragico). Ma, con il dopoguerra e l'invasione dei mercati europei da parte dei film statunitensi, il gusto del pubblico era cambiato e la cinematografia svedese volgeva al declino. S. accettò l'invito a trasferirsi a Hollywood, dove divenne noto con il nome Seastrom.Il suo primo film americano, Name the man (1924; La spada della legge), adattamento di un popolare romanzo di H. Caine, ottenne un grande successo, ripetuto, in forma ancora maggiore, dal secondo film, He who gets slapped (1924; Quello che si prende gli schiaffi), storia d'ambiente circense tratta da un'opera di L.N. Andreev. Dramma di rare qualità formali e dal ritmo incalzante, ispirò Charlie Chaplin per The circus (1928) e Josef von Sternberg per Der blaue Engel (1930). A differenza dell'amico Stiller, che mai si integrò nel mondo degli studios di Hollywood, S. divenne un regista apprezzato per la sua capacità di coniugare alti esiti visivi e qualitativi con il pregio di girare a basso costo e rapidamente. Purtroppo i sette film che girò a Hollywood (fra cui Confessions of a queen, 1925, Il diario di una granduchessa; The tower of lies, 1925, La torre delle menzogne, tratto da un romanzo della Lagerlöf e interpretato da Lon Chaney e Norma Shearer; The mask of the devil, 1928, La maschera del diavolo), sono andati perduti mentre di The divine woman (1928; La donna divina) interpretato da Greta Garbo, rimane un frammento (di otto minuti) conservato presso il Gosfil′mofond di Mosca. Quelli che restano, entrambi interpretati da Lillian Gish, sono però dei classici dell'ultimo cinema muto. Nel primo, The scarlet letter (1926; La lettera rossa, dal romanzo di N. Hawthorne), S. fece della Gish, aggressiva e fragile eroina in lotta contro le convenzioni morali del proprio tempo, una memorabile Hester Prynne dello schermo. Il secondo, The wind (Il vento) è uno dei capolavori della storia del cinema. In esso tornano tutti i temi del regista: la forza d'animo femminile, la degradazione morale, la forza redentrice dell'amore, la lotta contro il destino. La presenza ossessiva del vento del West, che con le sue tempeste di sabbia fa quasi impazzire la protagonista, infelicemente sposata a un brutale cowboy (che però, dopo l'omicidio del suo stupratore, imparerà ad amare), sintetizza e sublima il tema del rapporto difficile fra uomo e natura tanto caro al regista. Purtroppo il film, già pronto per uscire nel 1927, fu frettolosamente ritirato perché nel frattempo era stato presentato The jazz singer di Alan Crosland, il primo film sonoro della storia del cinema. Distribuito nel 1928 con una goffa colonna sonora in cui mal si sovrapponevano ululati di vento, latrati di cani e canzoni sentimentali, non piacque al pubblico, che lo trovò un western troppo poco convenzionale e, forse, non perdonò alla protagonista l'assassinio impunito. Sfiduciato, il regista lasciò Hollywood all'inizio del 1930. In Europa sperava di girare un film tratto dalla Signorina Giulia di Ibsen, ma i produttori, spaventati dall'idea di proporre un dramma durante la Grande depressione, gli imposero una commedia, Markurells i Wadköping (1931, La famiglia Markurell di Wadköping) che fu un insuccesso, come anche il film di cappa e spada Under the red robe (1937; Il manto rosso) realizzato in Inghilterra. S. interpretò ancora film svedesi, ma non ne diresse mai più uno. Fra il 1943 e il 1949 fu il direttore artistico della Svenska (già diretta con Stiller fra il 1916 e il 1920). In questa veste esercitò una considerevole influenza su giovani registi come Ingmar Bergman, del quale supervisionò la prima sceneggiatura. Durante la Seconda guerra mondiale fu attivo in teatro e al cinema, con allestimenti a carattere antinazista. Nel 1949 mise in scena Death of a salesman di Arthur Miller, tornando al tema, in fondo autobiografico, del sogno americano. Nel 1957, Bergman rese omaggio al suo antico maestro chiamandolo a interpretare il suo Smultronstället (Il posto delle fragole). Il ruolo dell'anziano professore che compie un pellegrinaggio nel tempo perduto della sua vita, reso con rara sensibilità e serena saggezza, fu una sorta di 'autoritratto di artista da vecchio', il testamento di un maestro del passato capace di comprendere pienamente il valore del futuro, consapevole della qualità del lavoro svolto e pronto ad accettare il suo destino.

Bibliografia

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G. Petrie, Hollywood destinies: European directors in Hollywood 1922-31, London-Boston 1985.

B. Forslund, La vita e l'opera di Victor Sjöström, in Schiave bianche allo specchio: le origini del cinema in Scandinavia (1896-1918), a cura di P. Cerchi Usai, Pordenone, 1986, pp. 367-83.

C. Viviani, Trois films américains pour connaître Victor Sjöström, in "Positif", juin 1989.

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