Vicino Oriente antico. Le conoscenze geografiche

Storia della Scienza (2001)

Vicino Oriente antico. Le conoscenze geografiche

Mario Liverani

Le conoscenze geografiche

Geografia e cosmologia

Nel Vicino Oriente antico le conoscenze geografiche sono strettamente legate alle concezioni cosmologiche e cosmogoniche, e condizionate da esse. In ambito sumerico e poi babilonese la Terra è concepita come piatta e grosso modo circolare e la superficie terrestre è una sorta di interfaccia tra l'atmosfera (sumerico an, accadico šamê) dominata dai venti (cui è preposto il dio Enlil) e il sottosuolo (sumerico ki, accadico erṣetu) acquifero (cui è preposto il dio Enki). La separazione tra cielo e Terra è momento essenziale della cosmogonia. Tutt'intorno alla Terra gira un 'oceano' (sumerico a-ab-ba, accadico tâmtu), che è effettivamente raggiunto e conosciuto soltanto dove si addentra nel continente; il Golfo Persico è detto 'mare inferiore' (tâmtu šaplītu) e il Mediterraneo 'mare superiore' (tâmtu ēlenītu), con evidente riferimento al corso dell'Eufrate. Altre manifestazioni del 'mare superiore' sono poi individuate, nel corso del tempo, in grandi laghi montani, come il lago di Van e quello di Urmia e, infine, nel Mar Caspio.

La Terra è divisa in quattro quadranti (sumerico ub-da limmú, accadico kibrāt arba'i), cui si aggiunge il nucleo centrale, secondo una diffusa tassonomia legata al senso dell'orientamento. In Mesopotamia le quattro parti del mondo assumono definizioni geografiche e una marcata rotazione (rispetto ai nostri 'punti cardinali', cioè rispetto all'orientamento con il Sole e con la stella polare) dovuta all'andamento trasversale del Tigri e dell'Eufrate. Nella disposizione classica, il quadrante denominato Amurru è l'Ovest (o meglio il Sud-Ovest), Subartu il Nord (Nord-Ovest), Elam l'Est (Nord-Est), Sumer il Sud (Sud-Est); al centro è Babilonia. Questa disposizione è frutto di un'evoluzione storica (in particolare il 'centro' si sposta da Sumer a Babilonia quando quest'ultima diventa capitale) e si perpetua anche quando i termini usati sono ormai incomprensibili o almeno ambigui. Così, per esempio, in età neoassira l'interpretazione dei presagi astronomici (che usano questa terminologia) richiedono decodificazioni da parte degli esperti, del tipo "Subartu siamo noi" (cioè l'Assiria), oppure più problematiche identificazioni come la seguente:

L'eclissi lunare, che ha avuto luogo nel mese di Kanunu, riguarda Amurru: il re di Amurru morrà, la sua terra diminuirà o andrà in rovina. Quanto a [cosa sia esattamente] Amurru, gli esperti diranno al re, mio signore, che Amurru è Khatti o Sutu oppure la Caldea. [Perciò] uno dei re di Khatti o della Caldea o degli Arabi sopporterà [le conseguenze del] presagio […]. [Oppure:] il re d'Etiopia, o il re di Tiro, o Mugallu [re di Tabal, la Cappadocia] morrà di morte naturale, o verrà catturato dal re mio signore. (Parpola 1993, p. 287, n. 351)

In altri ambienti, soprattutto di carattere pastorale, l'orientamento è semplicemente derivato dalla posizione dell'osservatore rivolto al sorgere del Sole. Così, per le genti semitiche di Siria-Palestina, l'Est è 'davanti' (ebraico qedem), l'Ovest 'dietro' (᾽aḥôr, ᾽aḥrôn), il Sud 'destra' (yamîn), il Nord 'sinistra' (sĕm'ol). Per queste stesse genti, comunque, con riferimento alla topografia della loro regione, l'Ovest può essere anche 'il mare' (Mediterraneo), e il Nord 'il monte Safôn' (il Gebel Aqra all'estremo nord della costa siriana).

La visuale mesopotamica è soprattutto condizionata dalla centralità di un bassopiano irriguo circondato da montagne e tavolati. La contrapposizione tra pianura centrale e montagne circostanti si evidenzia già a livello terminologico: in sumerico mada è il paese interno, kur.kur le montagne e cioè i paesi stranieri. Un mito sumerico (Lugal-e, risalente al XXI sec.) visualizza la Mesopotamia come un campo agricolo, con il Tigri e l'Eufrate come canali di irrigazione e i monti Zagros come argine del bacino di raccolta. La mappa mentale più celebre e funzionale è quella (definibile come 'imbutiforme') che troviamo nelle iscrizioni di Gudea di Lagash (XXI sec.) per la fondazione del tempio del dio cittadino Ningirsu; il tempio sorge al centro della pianura e vi affluiscono materiali (legname, pietre) da tutte le montagne circostanti, opportunamente collegate al centro da corsi d'acqua, per facilitare l'afflusso dei materiali stessi.

Tav. I

Questa visione di un paese centrale ben governato, coltivato, popolato e civile, circondato da montagne pressoché vuote di uomini ma ricche di risorse, ricorre abbastanza spesso e si concretizza in liste di montagne associate ciascuna al suo prodotto caratteristico, di norma un albero d'alto fusto, o un metallo, o una pietra: c'è la montagna del cedro e quella del cipresso, la montagna del lapislazzuli e quella della diorite, la montagna del rame e quella dell'argento, e così via (Tav. I).

Queste liste implicano che il mondo è stato organizzato in funzione del paese centrale; nessuno infatti potrebbe sopravvivere di solo cedro o di solo lapislazzuli, mentre il paese centrale sopravvive per la sua produzione agricola e acquisisce i prodotti 'esotici' opportunamente disposti tutt'intorno ad esso.

Geografia e politica: ecumene e impero universale

Questa visione funzionale del mondo rende immediatamente conto di come le conoscenze geografiche progrediscano a seguito delle iniziative commerciali e politico-militari. Analogamente a quanto avviene in periodi storici posteriori, la ricerca di risorse e la conquista territoriale sono stimolo per attività di 'esplorazione geografica' e per una messa a punto delle conoscenze tecniche (strade, topografia, etnografia e altro). Certi materiali archeologici, dei quali è nota o accertabile l'origine prima (ossidiana, conchiglie, pietre dure), documentano sin dalle varie fasi del Neolitico (X-VI millennio) e del Calcolitico (V-IV millennio) importanti reti di commerci a lunga distanza che collegano tra loro le diverse regioni del Vicino e Medio Oriente, dal Mediterraneo alla valle dell'Indo, dall'Asia centrale al Sudan, implicando contatti (magari mediati) e conoscenze geografiche assai estese. Tali conoscenze 'preistoriche' sono poi ricalcate da quelle dei periodi storici e sono documentate da testi scritti che forniscono informazioni preziose sulle motivazioni e sulle modalità dell'esplorazione stessa.

Sul piano ideologico, lo stimolo all'allargamento delle conoscenze geografiche viene dalla concezione del cosiddetto 'impero universale': concezione che inizia almeno con la dinastia di Akkad (XXIV-XXIII sec.) e che permane fino alle sue più clamorose realizzazioni da parte assira (IX-VII sec.) e persiana (VI-IV sec.). Poiché soltanto il paese interno è correttamente governato, grazie al rapporto positivo tra il sovrano e il mondo divino, mentre i paesi esterni sono invece in preda al caos, ovvia incombenza del sovrano centrale è quella di 'allargare i confini' del paese centrale, cercando di farli coincidere con i confini stessi del mondo, riuscendo ad attuare così la completa vittoria del Cosmo sul Caos e contribuendo alla realizzazione finale dell'impresa iniziata dagli dèi con la creazione (o sistemazione) delle strutture portanti del mondo fisico.

L'impero universale, il controllo del sovrano centrale su tutte le terre, richiede un'attività di conquista che può assumere varie forme. La forma ottimale è quella del completo controllo amministrativo e fiscale; la spedizione militare che vince (almeno momentaneamente) i nemici e raggiunge (almeno occasionalmente) il confine estremo è già soddisfacente. Esistono comunque anche forme più sfumate di presenza, soltanto commerciale o soltanto conoscitiva, cui pure si attribuisce un qualche valore di possesso.

Il confine del mondo nella sua materializzazione ovvia è l'oceano che circonda la Terra. Poiché l'oceano si insinua nella Terra in alcuni punti più accessibili, il vanto ricorrente è quello di aver raggiunto o di dominare "dal mare inferiore al mare superiore", in cui i due estremi contrapposti implicano la totalità. Ove l'oceano non sia raggiungibile, altri elementi naturali possono fungere da accettabili succedanei ‒ montagne impervie, grandi fiumi, lande desertiche ‒ che per configurazione liminare, di non attraversabilità, di non abitabilità, sembrano essere stati creati proprio per il motivo di marcare il margine estremo. Quando un re riesce a raggiungere il mare o un'altra manifestazione del confine ultimo, vi pone la sua stele (su un cippo o su una parete rocciosa) a commemorare l'impresa e ad affermare il suo dominio, proprio come il cippo di confine marca la proprietà di un campo.

Per arrivare al confine ultimo, occorre attraversare paesaggi ardui e ostili ‒ deserti dove "un uccello non trova dove posarsi", montagne ripide "come la pinna dorsale di un pesce", foreste impenetrabili "che nascondono la luce del Sole" ‒ espressione di quel Caos che proprio la conquista imperiale ricondurrà in Cosmo. L'apertura di una strada in un terreno fino ad allora impraticabile è un motivo tipico, perché è ottenuta abbattendo alberi e tagliando rocce, scavando pozzi e allestendo posti di sosta, sconfiggendo nemici e uccidendo fiere. Il motivo della 'via difficile' si intreccia non di rado con quello della 'priorità eroica', cioè il re che per primo ha aperto una nuova via ha contribuito eroicamente alla sistemazione cosmica del mondo.

L'ideale dell'impero universale contiene una buona dose di utopia: al di là del fiume si vede la riva opposta, al di là della montagna si immaginano facilmente altre vallate, persino al di là dell'oceano si favoleggia di isole e altri continenti. Si deve anche riconoscere che certe realizzazioni imperiali (da quella di Akkad fino a quella achemenide), che collocate su un mappamondo rivelano tutta la loro limitatezza regionale, coprono però gran parte dell'ecumene allora conosciuta; esse coprono, in sostanza, gran parte (se non la totalità) delle terre agricole e urbanizzate, oltre le quali non restano che deserti e montagne dalla rarefatta frequentazione pastorale.

L'ecumene mesopotamica e i sistemi minori

Nell'ambito delle civiltà dell'antico Oriente, l'ecumene più importante (cui abbiamo fatto riferimento preferenziale finora) è senza dubbio quella mesopotamica, incentrata sulla vallata del Tigri e dell'Eufrate, che va dal "mare superiore al mare inferiore", chiusa a nord-est dal Tauro e dagli Zagros e a sud-ovest dal deserto siro-arabico. Su questa vallata s'imposta lo schema (già descritto) delle "quattro parti del mondo", oltre le quali c'è l'oceano e il confine estremo. Si possono qui rapidamente ricordare elementi di somiglianza e divergenza rispetto all'ecumene egizia (v. La scienza egizia, cap. III), impostata sul corso del Nilo e che quadripartisce anch'essa i paesi circostanti; ma l'esatta ortogonalità del corso del Nilo con quello del Sole consente un collegamento tra geografia e astronomia che in Mesopotamia è meno agevole. In entrambi i casi, peraltro, la successiva conoscenza di altre terre, che non corrispondono all'immagine attesa di periferia montana o desertica, mal s'inquadra nello schema di base; questo vale soprattutto quando l'Egitto conquista parte dell'Asia (Palestina e Siria) e quando l'Assiria conquista l'Egitto.

Poco ci è noto della concezione hittita (Anatolia del II millennio), se non di elementi che richiamano quelli mesopotamici: i limiti estremi posti 'da mare a mare' (in questo caso Mar Nero e Mediterraneo orientale), una disposizione circolare dei paesi esterni, la loro funzione di convogliamento di materiali verso il paese centrale, l'erezione di stele ai confini del mondo.

Ben diversa è la 'mappa mentale' che caratterizza le genti pastorali, con le loro strutture sociali di base che sono piuttosto gentilizie che non territoriali. Nella biblica Tavola dei Popoli (Genesi, 10), attribuibile al VII sec., tutte le popolazioni note sono disposte in un unico gigantesco albero genealogico, inizialmente tripartito nei rami di Sem, Cam e Jafet e in seguito sempre più ramificato in una miriade di popoli e tribù, che ricoprono un'area assai vasta, dall'Europa all'Arabia meridionale, dalla Libia all'Iran. All'interno dell'albero genealogico i rapporti di parentela esprimono alleanze politiche, affinità culturali e linguistiche, rapporti economici o altro.

Ancora diversa è la 'mappa mentale' del commercio di Tiro (quale conservata in Ezechiele, 27); i partner commerciali della città fenicia, elencati grosso modo dal nord-ovest al sud-est ed estesi dalla Spagna allo Yemen, costituiscono, in effetti, delle fasce concentriche a seconda dei prodotti scambiati: agropastorali nella fascia interna, artigianali in quella mediana, metallici in quella esterna. La lista documenta comunque vaste conoscenze geografiche e merceologiche che abbracciano tutto il Mediterraneo e il Vicino Oriente, durante la fase culminante della colonizzazione fenicia (fine VII sec.).

Le forme della conoscenza

Dall'elenco all'itinerario

Se le conoscenze geografiche si inseriscono più o meno facilmente nelle 'mappe mentali' cosmologiche, assai più difficile è la loro registrazione tecnica in assenza di un adeguato supporto cartografico. Tale supporto cartografico, che è frutto di una lunga e faticosa progressione, rimane assai carente per tutta l'età preellenistica. La forma di registrazione tipica delle conoscenze nell'antica Mesopotamia e nelle regioni circostanti è la lista lessicale, l'elenco di nomi e dunque, nel caso delle conoscenze geografiche, l'elenco di toponimi. Già verso la metà del III millennio (nel cosiddetto "atlante geografico" di Ebla; cfr. Pettinato 1978) si hanno liste di toponimi, di redazione scribale e scolastica, che registrano un'ampia messe di dati ma si rivelano poi incapaci a collocare gli stessi dati nello spazio. Questa conoscenza 'elencativa' si perpetua per tutto il corso della storia mesopotamica, con liste o in sé conchiuse o inserite in contesti narrativi (per esempio, elenchi di città o paesi vinti, nel racconto di conquiste militari).

Il procedimento più ovvio per dare alle liste una qualche rispondenza alla collocazione spaziale è quello della sequenza per contiguità, cioè l'elenco si organizza (per progetto intenzionale o per semplice associazione mentale) procedendo da un estremo all'altro, per lo più in senso orario (soprattutto da nord-ovest a sud-est, nell'elencare paesi della periferia montana), ovvero seguendo il progredire della spedizione (dunque dal centro verso la periferia). Altro procedimento organizzativo è quello del sommario che indica solamente i due estremi della sequenza o del percorso ('dal tal paese fino al talaltro'), estremi ritenuti sufficienti per affermare la totalità della conoscenza o del possesso.

L'elencazione che segue il corso della spedizione sfocia in veri e propri itinerari, tappa per tappa, che implicitamente informano anche sulla distanza tra un posto e l'altro ‒ sia pure con l'approssimativa unità di misura della 'giornata di marcia'. I primi itinerari dettagliati, di carattere amministrativo, molto frammentari, si hanno forse già in età accadica (XXIII sec.), poi, soprattutto, in età paleobabilonese (XVIII sec.: tutto il percorso dalla Bassa Mesopotamia alla Siria settentrionale; cfr. Hallo 1964). In Assiria la tradizione degli itinerari è già ben formata al tempo dei commerci paleoassiri con la Cappadocia (XIX sec.; cfr. Nashef 1987), e riaffiora poi in età medioassira (XIII sec.). Col IX sec. alcune iscrizioni assire (Tukulti-Ninurta II e Assurnasirpal II; cfr. Kühne 1980) contengono itinerari piuttosto lunghi, inseriti in iscrizioni celebrative:

Partii da Dayashetu, mi accampai e pernottai di fronte a Idu, dov'è la sorgente del bitume e la stele dei grandi dèi; Idu sta sulla riva opposta dell'Eufrate. Partii da Idu, mi accampai e pernottai a Kharbu; Kharbu sta sulla riva opposta dell'Eufrate. Partii da Kharbu, mi allontanai dalle paludi dell'Eufrate; si attinse acqua giorno e notte. Mi indirizzai verso una montagna desolata, priva di vegetazione, percorsi un pianoro desolato, mi accampai e pernottai nelle montagne, terra assetata. Partii dalla terra assetata, mi accampai e pernottai a Khudubilu che sta sul[la riva del]l'Eufrate. Partii da Khudubilu, mi accampai e pernottai tra Zadidanu e Sabiritu; Sabiritu sta [su un'isola] in mezzo all'Eufrate. (Grayson 1991, p. 174)

Anche questi itinerari, tutti relativi a regioni situate all'interno dell'impero, hanno chiara origine amministrativa, che è ben documentata dall'itinerario di Zamua (VIII sec. a.C.; cfr. Levine 1989); la conduzione delle campagne presuppone infatti una logistica adeguata e, dunque, la conoscenza di vie e distanze, punti di sosta e rifornimento, valichi montani e guadi fluviali.

Dal catasto alla mappa

L'altro strumento di lavoro, la mappa, ha tutt'altra origine ed è legata alla registrazione di proprietà. La maggior parte delle mappe conservate sulle tavolette cuneiformi sono relative a singoli campi (o al massimo blocchi di campi attigui) o a singoli edifici urbani. Se ne hanno già in età accadica (XXIII sec.) e poi soprattutto neosumerica (XXI sec.; cfr. Liverani 1990) e delineano la forma del campo aggiungendo a margine le misure dei lati, oltre a indicazioni di interesse giuridico (nomi dei confinanti) o amministrativo (entità del raccolto o altro). Questa tipologia si perpetua per due millenni senza particolari mutamenti; un lotto consistente proviene dalla Babilonia achemenide (V sec.; cfr. Nemet-Nejat 1982). Quanto all'orientamento delle mappe, esso è talvolta implicito nella terminologia relativa ai lati del campo (quando sono definiti dai punti cardinali). Oltre alle piante effettivamente disegnate sulle tavolette, si hanno numerose 'piante implicite' in testi che, riportando le misure dei lati, contengono i dati necessari per disegnarne la sagoma.

Le mappe, che abbracciano un'estensione maggiore e che, dunque, assumono un interesse non soltanto catastale ma propriamente geografico, sono rare. È nota una tavoletta da Nuzi (XXIII sec.) con la pianta di un intero distretto agricolo; è nota una tavoletta da Nippur (XV sec.) con la pianta dell'intera città, pianta che gli scavi archeologici hanno rivelato essere accurata. Anche nel caso delle mappe corografiche, ne esistono di 'implicite' (cioè ricavabili da misure riportate per iscritto ma non rese graficamente), come nel cosiddetto 'catasto' delle province della III dinastia di Ur (XXI sec.).

Esiste, infine, una mappa del mondo intero, di età neobabilonese (Sippar, V sec.), di forma circolare, con Babilonia al centro, con il Tigri e l'Eufrate, con le montagne circostanti e l'oceano tutt'intorno e con distretti esterni disposti in forma stellare (v. cap. II). Più che precise conoscenze geografiche, questo mappamondo rende graficamente un'idea generale, cosmologica, tipica della tradizione mesopotamica.

Lo stereotipo paesaggistico ed etnografico

Mentre le conoscenze spaziali sono difficili da registrare, la descrizione dei luoghi e delle genti, che si affida alla narrazione, è più agevole. Intervengono su questo aspetto quelle semplificazioni e quei preconcetti che viziano le descrizioni del Vicino Oriente né più né meno di quelle di altre culture. Paesi e genti straniere sono di norma definite in contrapposizione al paese centrale e alle sue usanze. La 'normalità' e la 'civiltà' del paese centrale comportano che gli scarti che caratterizzano l'esterno e l'alieno abbiano valore negativo e siano denunciati come tali. Lo scarto può assumere due forme: per assenza o per rovesciamento.

Lo scarto per assenza descrive i popoli esterni quali mancanti di fondamentali elementi della civiltà, per cui negli stereotipi sumerici i Martu (pastori siriani) "non conoscono orzo", "non conoscono città", "in vita non hanno casa, in morte non hanno tomba". Lo scarto per opposizione attribuisce ai popoli esterni comportamenti opposti a quelli del paese centrale, procedimento più raro in Asia (i Martu "mangiano carne cruda", i Kashka "allevano maiali e coltivano lino") che non in Egitto (dove gli Asiatici "seminano d'estate, mietono d'inverno"). In vari casi l'assenza o l'anormalità di tratti tipicamente umani configura gli stranieri come animali; questo paragone si estende anche al linguaggio e persino all'aspetto fisico (i Gutei sono "gente con corpi da pipistrelli, uomini con facce da corvi", hanno "intelligenza da cane, aspetto da scimmia").

L'apprezzamento delle capacità tecniche e dei prodotti artigianali può essere invece, almeno in alcuni casi, positivo. Per esempio, un passo dell'VIII campagna di Sargon (fine VIII sec.) descrive con evidente ammirazione il paesaggio 'costruito' delle vallate d'Armenia (Urartu e Mannea), con le fortezze a guardia dei passi montani, con le canalizzazioni ingegnose e i campi irrigati, con le mandrie di cavalli addestrati a ogni manovra. In linea generale, l'ammirazione per i luoghi e i prodotti stranieri diventa esplicita nel momento della conquista, della distruzione o dell'appropriazione; l'intento evidente di conferire maggior gloria al re vittorioso del paese interno non toglie comunque che la diversità e l'esoticità venisse apprezzata nei suoi valori tecnici, economici e anche estetici.

7. L'orizzonte del III millennio

La documentazione nella prima metà del III millennio è piuttosto discontinua e parziale. Una lista di toponimi mesopotamici rinvenuta a Ebla mostra la diffusione di conoscenze per via scolastico-scribale; i commerci a lunga distanza sono ben sviluppati, fino all'Afganistan (da cui proviene il lapislazzuli) e alla valle dell'Indo, ma si tratta di contatti mediati, di conoscenze pratiche di mercanti e trasportatori. L'orizzonte delle conoscenze 'ufficiali' resta limitato tra "mare superiore" e "mare inferiore" (espressione per la prima volta utilizzata da Lugalzaggesi di Uruk, XXIV sec.). I rapporti tra Egitto e Siria sono attestati sia da reperti sia da notizie di parte egizia e hanno un carattere ufficiale (doni cerimoniali) che comporta una conoscenza formale.

Con la dinastia di Akkad gli orizzonti si ampliano sulla scia dell'ideologia dell'impero universale. Nella direzione del "mare inferiore" Naram-Sin si spinge certamente fino a Magan (Oman) e anche Melukhkha (valle dell'Indo) entra nell'ambito dei rapporti commerciali diretti. Nella direzione del 'mare superiore' Sargon e Naram-Sin raggiungono Ebla e il Mediterraneo, la "montagna dei cedri" (Amano) e quella "dell'argento" (Tauro), mentre puntate fino a Cipro e all'Anatolia centrale sono loro attribuite dalla tradizione storiografica posteriore. Il poema Re della battaglia contiene alcuni passi sulla difficoltà di raggiungere la Cappadocia superando i proverbiali sette fiumi e sette montagne e mette in scena gli specialisti delle conoscenze geografiche, consultati prima di intraprendere la spedizione; il parere prudenziale dei mercanti si contrappone a quello baldanzoso del re per farlo risaltare meglio. Anche certi poemi sumerici prendono forma per impulso delle imprese dei re accadici: così, le spedizioni di Lugalbanda ed Enmerkar verso la lontana Aratta (Sistan) e quella di Gilgamesh alla "foresta del cedro" e fino alla transoceanica Dilmun (Bahrein).

La III dinastia di Ur (XXI sec.) consolida più che allargare le conoscenze. Si precisa il controllo territoriale e amministrativo del paese interno (catasti locali e generali), ma attorno a esso i testi letterari presentano popolazioni strane e minacciose: a ovest i Martu, a est i Gutei, con gli stereotipi già visti. In stretta contiguità temporale, le dinastie di Akkad e di Ur III palesano dunque atteggiamenti opposti ‒ di avventuroso espansionismo e di timorosa difesa ‒ che possono avere varie spiegazioni: si pensa in genere alla mobilità e vastità di orizzonti dei Semiti di origine nomade e al radicamento agricolo e urbano dei Sumeri; ma forse la turbolenza di fine millennio, con l'addensarsi di pericolose correnti migratorie che convergono sulla Mesopotamia, è anch'essa un fattore di ripiegamento e contenimento.

8. L'orizzonte del II millennio

All'inizio del II millennio, dopo le invasioni dei nomadi Martu/Amorrei, l'orizzonte si allarga ulteriormente. Ad ovest la Siria e la Palestina sono organicamente parte del mondo mesopotamico e i rapporti commerciali con il Mediterraneo fanno comparire il nome di Cipro e di Creta nei testi cuneiformi (Mari, XVIII sec.). I testi di Kanesh (XIX sec.) documentano in dettaglio i traffici tra Assiria e Cappadocia e altre reti commerciali del tutto analoghe dovevano esistere in altre direzioni, come prova l'esportazione assira in Cappadocia dello stagno proveniente dall'Afganistan, attraverso l'Elam. L'altopiano iranico, già area di provenienza dei minacciosi Gutei, è ormai inserito in contatti politici e diplomatici, con scambi epistolari e matrimoniali. Prende forma quel mondo vicino-orientale, dal Mediterraneo all'Indo e dall'Asia centrale alla valle del Nilo, che coincide grosso modo con l'area di diffusione della scrittura e delle società urbanizzate, oltre le quali, effettivamente, non restano che comunità di livello organizzativo semplice e malamente identificabili per un'ottica spiccatamente 'scribale' e amministrativa.

Tav. V

Verso la metà del II millennio si configura in maniera più esplicita (e per noi meglio documentata) un vero e proprio 'sistema regionale'; il Vicino Oriente è infatti diviso tra una mezza dozzina di sfere politiche interagenti: l'Egitto (saldamente in possesso della Siria-Palestina), la Babilonia nella Bassa Mesopotamia, Mitanni e poi l'Assiria nell'Alta Mesopotamia, il regno di Khatti in Anatolia, quello dell'Elam in Iran. L'interazione avviene su un piano di parità e facendo uso di mezzi di comunicazione condivisi (scrittura cuneiforme e lingua babilonese). È l'epoca dei trattati internazionali, dei matrimoni interdinastici, dei commerci palatini intensi, degli scambi di oggetti pregiati e di specialisti. Nelle lettere di el-Amarna (XIV sec.) si segnala, tra l'altro, un passo indicativo di come i contatti a lunga distanza, pur stretti e formalizzati, mettessero in crisi le nozioni correnti. Il re babilonese sembra ignorare se l'Egitto, suo interlocutore abituale, fosse vicino o lontano; se ne informa presso i messaggeri egizi e babilonesi e dà mostra di apprenderlo soltanto allora. Anche tenendo conto delle intenzioni polemiche, la discrasia resta significativa (Tav. V).

Al di fuori di questo 'sistema regionale', il mondo privo di organizzazione statale e di scrittura, e dunque privo degli strumenti di interazione formale, resta largamente ignoto e ignorato. I testi vicino-orientali non citano terre situate a ovest di Creta e dell'Egeo, nonostante l'intensità dei traffici micenei tra costa siriana e Mediterraneo centrale. La direttrice del sud-est sembra addirittura restringersi con l'uscita di scena di Magan e Melukhkha (a seguito del crollo delle locali civiltà urbane) e non andare oltre Dilmun. Lungo due millenni, per tutta la cosiddetta Età del Bronzo, la rete delle conoscenze geografiche si compatta più che estendersi; la provenienza di materiali esotici non è più distante che nelle fasi preistoriche, il consolidarsi del mondo urbanizzato e statalizzato continua a respingere la sua periferia verso un'oscurità nella quale non sembra interessato a individuare partner dotati di nome e di collocazione precisa.

9. L'orizzonte della prima Età del Ferro

Dopo la crisi finale dell'Età del Bronzo ‒ invasioni dei 'popoli del mare' di provenienza balcanica (Filistei in Palestina, Frigi in Anatolia), sedentarizzazione dei nomadi del deserto siro-arabico, innovazioni tecniche nei mezzi di trasporto marittimo e terrestre (cammello) ‒ e un paio di secoli oscuri per carenza di documenti scritti, intorno al 1000 gli orizzonti risultano improvvisamente allargati. Un primo sostanzioso allargamento è segnato dalla carovaniera che collega lo Yemen alla valle dell'Eufrate e al Mediterraneo; carovane di cammelli attraversano di oasi in oasi la penisola arabica e la civiltà sud-arabica (Sabei e Minei) entra nel novero degli interlocutori ufficiali delle vecchie civiltà vicino-orientali, portando merci preziose (oro e spezie, anche di più lontana provenienza transoceanica). La meridionale 'via dell'incenso' del Sud arabico (basata sul dromedario) ha il suo corrispettivo nel primo abbozzo della settentrionale 'via della seta' (basata sul cammello battriano), che da Babilonia risale, attraverso la Media, verso l'Asia centrale. Entrambe queste dilatazioni sfondano nettamente gli orizzonti dell'Età del Bronzo e fuoriescono da quel mondo 'mesopotamocentrico' che aveva configurato per due millenni un'ecumene compatta e relativamente piccola.

Analogo sfondamento avviene sul mare, a opera dei traffici commerciali dei Fenici (già in fase precoloniale, X-VIII sec.), che arrivano abbastanza improvvisamente fino alla Spagna meridionale (Tarshish della Bibbia) e trasformano il mare aperto da barriera ultima (com'era sempre stato per gli imperi terrestri del Vicino Oriente) in via di comunicazione.

Tav. VII
Tav. VIII

Lo stesso vale per l'Oceano Indiano (anche se la documentazione è meno sicura) verso l'India e anche girando attorno alla penisola arabica per ricollegarsi con la direttrice del Mar Rosso. La conoscenza del mondo, ferma per tanto tempo ai confini estremi del "mare superiore" e del "mare inferiore", è ormai estesa ai ben più lontani terminali della navigazione fenicia a Tarshish e delle carovaniere del Sud arabico nello Yemen ‒ oltre i quali s'intravedono terre ancor più remote. La già citata Tavola dei Popoli della Genesi presenta un ventaglio di genti che per estensione e per struttura non ha nulla che derivi dalla tradizione mesopotamica, ma ricava le sue informazioni da commerci e nomadismo, e spazia dalla Libia e dall'Etiopia fino alla Scizia, dal Mediterraneo fino all'Oceano Indiano (Tav. VII e Tav. VIII).

10. La misurazione assira della Terra

Con l'VIII sec. riprende vigore l'ideale dell'impero universale, che l'Assiria realizza a includere per intero la vecchia ecumene dell'Età del Bronzo, per proiettare attorno ad essa una periferia ben più ampia. Verso ovest gli Assiri conquistano Cipro, entrano in contatto con la Lidia e la Ionia, e usufruiscono dei contatti marittimi dei Fenici con il Mediterraneo intero. Potenza prettamente continentale, gli Assiri ampliano la loro mappa mentale fino a includere due isole poste simmetricamente l'una (Yadnana, ossia Cipro) nel "mare superiore" e l'altra (Dilmun, cioè Bahrein) in quello "inferiore". Verso sud conquistano (sia pur fugacemente) l'Egitto ed entrano in contatto diretto con la Nubia; mandano eserciti nel deserto arabico fino a Duma (wadi Sirhan) nell'interno e a Bazu (la costa di fronte a Bahrein) sul Golfo Persico e usufruiscono dei contatti carovanieri con lo Yemen. Successivamente i Babilonesi conquistano anche lo Higiaz (Teima e fino a Medina). Verso nord gli Assiri fronteggiano e assoggettano le nuove genti nomadi iraniche (Medi) e turaniche (Sciti e Cimmeri) e conducono spedizioni militari fino al Demavend e al Mar Caspio. Soltanto verso est l'Elam sembra costituire uno sbarramento insuperabile non solamente per la conquista ma anche per la conoscenza.

Alcune delle spedizioni militari assire sconfinano decisamente dal mondo amministrativamente controllato: sono le spedizioni di Esarhaddon e Assurbanipal in Egitto (attraverso il deserto orientale della Valle del Nilo), nello wadi Sirhan (Duma) e sulla costa del Golfo (Bazu). Queste imprese sono sottolineate da descrizioni del paesaggio desertico e degli animali pericolosi e fantastici che lo popolano e soprattutto fanno uso, per la prima volta su ampia scala, di un diverso sistema di registrazione delle distanze. Il sistema tipico era stato fino ad allora (IX-VIII sec.) l'itinerario, che scandiva il percorso in tappe giornaliere e ben si adattava a paesaggi popolati e amministrativamente noti. Uscendo dal mondo abitato e organizzabile in stazioni di posta, si deve far ricorso alla stima della distanza complessiva in bēru ("doppia ora" [di marcia], che in termini lineari corrisponde a circa 10,7 km). La valutazione dei percorsi in "doppie ore" (da Ninive a Bazu, da Ninive a Duma, da Damasco a Menfi, tutte nell'ordine di 120/160 bēru) sono piuttosto accurate e derivano, senza dubbio, da registrazioni effettuate in corso di marcia.

Al culmine di queste operazioni si pone un testo scolastico, che descrive il mondo con riferimento alle mitiche imprese di Sargon di Akkad, ma che va attribuito con ogni probabilità ad Assurbanipal (Grayson 1974-77). Le varie regioni del mondo sono misurate in "doppie ore" e l'intento dichiarato è quello di fornire una misurazione complessiva del mondo ("Sargon re dell'Universo, quando conquistò tutte le terre che stanno sotto al cielo, ne delimitò i confini e ne misurò l'estensione"). Il testo è piuttosto confuso, contiene informazioni e toponimi fortemente stratificati (certi toponimi arcaici, citati per meglio alludere a Sargon di Akkad, erano ormai anacronistici in età assira) ed è forse incerto nell'intendere le cifre come relative all'estensione del singolo paese oppure alla sua distanza dall'Assiria. Ne risulta, comunque, un tentativo di impostare la misurazione del mondo seguendo i due assi tradizionali della Mesopotamia: quello orientale lungo il Tigri e gli Zagros, e quello occidentale lungo l'Eufrate, punti di riferimento della vecchia ecumene mesopotamica, attorno alla quale le nuove conoscenze si accumulano in forma alquanto caotica.

Un secolo dopo, in età neobabilonese, il già citato 'mappamondo' di Sippar palesa gli stessi limiti di accentramento mesopotamico e di schematizzazione periferica di quelle conoscenze addizionali che mal si adattano al modello di base. La cultura scolastica babilonese, fedele alla scrittura cuneiforme, non ha saputo prendere atto dell'allargamento di orizzonti che caratterizza l'Età del Ferro e che, non a caso, era segnato dalla diffusione dell'alfabeto dal Mediterraneo allo Yemen.

11. L'impero achemenide

Nella seconda metà del VI sec., l'impero achemenide allarga ulteriormente i confini dell'ecumene vicino-orientale e ne disloca il baricentro verso est, stanti le strette relazioni allacciate con la valle dell'Indo e con l'Asia centrale. Gli elenchi dei popoli e delle regioni incluse nell'impero, quali risultano dalla lista delle satrapie fornita da Erodoto (III, 89-94) e da varie iscrizioni dei re achemenidi, abbracciano spazi molto più ampi dei corrispettivi elenchi di province assire o babilonesi. Il mondo amministrativamente controllato include l'intero altopiano iranico, il bacino dell'Egeo e la Valle del Nilo, l'Asia centrale e la valle dell'Indo. Ai margini restano due grandi raggruppamenti di pastori nomadi: gli Arabi a sud e gli Sciti a nord. Ampie zone che erano sconosciute agli Assiri, sono ora esplorate dai Persiani: la Tracia e la costa settentrionale del Mar Nero, il Caucaso, la costa orientale del Mar Caspio, tutta la Turkmenia (oltre la quale si proietta la via che porta in Cina) e, oltre l'Indo, si affacciano ulteriori terre popolose e urbanizzate nella valle del Gange e nell'India peninsulare.

Alcune di queste 'esplorazioni' hanno carattere palesemente militare e scopo di conquista o almeno di sottomissione a tributo. Erodoto narra della spedizione contro gli Sciti, che, per la prima volta, porta eserciti asiatici ben addentro in Europa. La schematizzazione dei dati geografici, la colorita contrapposizione dei costumi scitici a quelli 'nostri', il seguito di aneddoti che costellano la narrazione sono correntemente attribuiti a Erodoto e al mondo greco. è però legittimo sospettare che essi derivino in gran parte da fonti o da informatori persiani su cui il racconto erodoteo è indubbiamente basato.

Altre esplorazioni hanno carattere propriamente conoscitivo e sono eseguite su mandato imperiale. L'esempio più evidente è l'incarico conferito da Dario a Scilace di Carianda (515 ca.) di esplorare le coste dell'Oceano Indiano, per collegare la valle dell'Indo col Golfo Persico (porta d'accesso alla Babilonia) e questo, a sua volta, col Mar Rosso (porta d'accesso all'Egitto), circumnavigando la penisola araba. Analogo chiarimento fu probabilmente tentato per il Mar Caspio, lasciando lo strascico di dibattiti sulla sua chiusura settentrionale, vale a dire sulla sua eventuale comunicazione con l'oceano esterno.

Alla stessa epoca risalgono le esplorazioni marittime e terrestri in Africa settentrionale, anch'esse ufficialmente ordinate dall'imperatore persiano, o almeno partite da basi incluse nell'impero. Delle esplorazioni terrestri resta notizia ancora in Erodoto; l'avventuroso viaggio dei Nasamoni (II, 32-33) e la carovaniera transahariana, schematizzata in tappe da oasi a oasi di 10 giorni l'una (IV, 181-185), collegano infatti la Valle del Nilo e l'oasi di Siwa all'ansa del Niger oltre la quale si situano le zone di produzione dell'oro. Le spedizioni navali lungo la costa dell'Africa settentrionale, in senso antiorario (quella massaliota di Eutimene, 520 ca.; quelle persiane di Scilace, 490 ca. e di Sataspe, 470 ca.; quella cartaginese di Annone, 480 ca.), tendono anch'esse alla stessa meta e ben si differenziano da quella in senso orario ordinata dal faraone Necao pochi decenni prima.

Il taglio dell'istmo di Suez, eseguito da Dario, s'inquadra in questo stesso progetto di largo respiro, di collegare tra loro tutti i bracci dell'oceano esterno che penetrano addentro nella massa continentale: Mediterraneo, Mar Nero, Mar Caspio, Golfo Persico, Mar Rosso. L'oceano esterno, che per millenni era rimasto confine ultimo, elemento piuttosto cosmologico che non propriamente geografico, è ora concepito come una sorta di circonvallazione marittima, utilizzabile per traffici commerciali.

Nel IV sec., dunque, quando emerge la geografia greca cui siamo abituati a conferire caratteri di innovazione assoluta, quasi di invenzione di una nuova scienza (la geografia), si situa piuttosto il culmine dell'elaborazione vicino-orientale delle conoscenze geografiche, da attribuirsi correttamente all'impero persiano e alle sue iniziative di indagine e prospezione. Se di questo grande progetto non restano che quegli episodi tramandati dai Greci, appropriandosene i meriti e rileggendoli nella loro ottica, occorre però ritenere che il quadro complessivo fosse assai più equilibrato, con spedizioni e viaggi in tutte le direzioni, anche se di gran parte di essi si è persa la memoria.

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