VETRO

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

VETRO (XXXV, p. 260; App. II, 11, p. 1106)

Vittorio GOTTARDI

Negli ultimi dieci anni i progressi che si sono fatti nel campo del v. sono veramente notevoli; essi riguardano anzitutto la conoscenza della sua natura e delle sue proprietà e si sono successivamente tradotti in miglioramenti nella produzione e nella lavorazione e in un aumentato numero di tipi che rispondono alle sempre maggiori esigenze della tecnica e alle nuove possibilità di applicazione.

Costituzione. - La teoria di W. H. Zachariasen e di B.E. Warren, che per tanti anni ha rappresentato il filo conduttore di ogni studio sulla costituzione del vetro e che ha permesso di interpretare tante caratteristiche fisico-chimiche di tale materiale, non sembra aderire pienamente a tutti i nuovi risultati sperimentali.

Zachariasen e Warren nei loro modelli si sono ispirati ai criterî classici della cristallografia. La tendenza più moderna sembra piuttosto voler cercar soluzioni per analogia nella chimica degli alti polimeri o nella fisica dei solidi. L'impiego della microscopia elettronica allo studio del v. ha permesso di concludere che anche nei v. apparentemente più omogenei esistono delle zone a diversa composizione di 0,01-0,1 micron. La tecnica cromatografica applicata a certi v. speciali ha confermato la presenza in seno al v. di catene a struttura e lunghezza diverse.

La fisica dei solidi, soprattutto nel campo dei metalli, ha recentemente trovato valido aiuto nella teoria delle dislocazioni e dei difetti reticolari. Quantunque l'accostamento possa sembrare a prima vista azzardato, la teoria dei difetti reticolari, applicata al v., ha permesso di spiegare alcuni aspetti delle sue caratteristiche ottiche e ha anche consentito la preparazione di vetri dotati di azione protettiva, nei confronti delle radiazioni nelle reazioni nucleari, fatto questo che ha permesso di inserire validamente il v. fra i materiali necessarî allo sviluppo delle nuove tecniche.

La coesistenza, tuttora attuale, di tante teorie sulla costituzione del v. trova facile spiegazione nel fatto che col nome di v. si abbraccia un numero vastissimo di prodotti con caratteristiche e proprietà largamente diverse e che in maggiore o minore misura partecipano di un ideale "stato vetroso". E perciò che si tende ora ad annettere sempre più grande importanza alla storia termica subìta dal v. nel suo processo di formazione e alle sue possibili evoluzioni strutturali in funzione del liquido da cui è originato. L'ipotesi ad esempio che nello schema classico al posto di ioni ossigeno, con compito di fissatori del reticolo si trovino anche gruppi OH, permette di giustificare la limitata trasparenza del v. nell'infrarosso (fino a 2,8 μ).

La incertezza sulla caratterizzazione del v. e sul suo inquadramento in uno schema ben preciso rende ancor oggi, come per il passato e nonostante gli innegabili risultati raggiunti, assai difficile la definizione del vetro. G. W. Morey definisce il v. come "una sostanza inorganica continua e analoga allo stato liquido ma che ha raggiunto, attraverso una variazione reversibile della viscosità nel raffreddamento, una così elevata viscosità da poterla considerare rigida a tutti gli effetti". Più recentemente J. Jablowski ha suggerito una definizione secondo la quale il v. "è un prodotto che si mantiene essenzialmente non cristallino per fusione di determinati materiali e per successivo raffreddamento al di sotto della temperatura alla quale si ha apprezzabile cristallizzazione". Una serie di ricerche sono state condotte per precisare la natura e le proprietà delle superfìci del v. È chiaro che i citati difetti strutturali saranno in maggior misura presenti all'interfase e che ad essi saranno da ricondursi i fenomeni di scambio e di assorbimento che si sono ripetutamente notati su superfici vetrose. Una più approfondita conoscenza della costituzione della superficie del v. permetterà senza dubbio un corrispondente progresso nella tecnica del trattamento e della lavorazione del v. nonché delle sue proprietà di resistenza.

Nuovi tipi di vetro. - Molte novità riguardano applicazioni del v. già note. I perfezionamenti adottati nella composizione, nella fusione, nella lavorazione, hanno consentito in tal caso una maggior latitudine di affermazione del vetro. In altri casi invece si tratta di vere e proprie innovazioni che aprono nuove prospettive di impiego. Il settore dei contenitori di v. è forse quello che si è maggiormente dilatato fra tutti. La produzione di contenitori di v. dal 1938 al 1958 è più che triplicata in America e più che raddoppiata in Gran Bretagna e in Francia. In Italia l'aumento è stato particolarmente notevole negli ultimi anni. Nel 1951 si sono prodotti contenitori di v. per un totale di 120.000 t, nel 1958 si è arrivati a 253.000 t. Tale sviluppo è da giustificarsi non solo in base a favorevoli condizioni di mercato, ma anche a seguito delle migliori conoscenze acquisite sul vetro.

Dal punto di vista delle proprietà meccaniche si fabbricano ora bottiglie di v. più leggere del 25% e della stessa resistenza di quelle che venivano prodotte in passato. Ma soprattutto è possibile ora per ogni prodotto proporre il v. migliore, inattaccabile cioè dal contenuto e protettore nei confronti delle lunghezze d'onda eventualmente nocive. La grande capacità assorbente nell'ultravioletto di v. contenenti ossido di ferro e soprattutto ossido di cerio, permette la conservazione in recipienti di vetro anche di prodotti alterabili alle piccole lunghezze d'onda.

I risultati raggiunti sono particolarmente notevoli nel campo del v. neutro, dei contenitori cioè per uso farmaceutico. Un aumento nella resistenza alle sollecitazioni meccaniche e all'attacco chimico del v. si può avere anche con trattamenti superficiali del v. stesso. Fra i più noti si cita la solforazione, che consiste in un riscaldamento in atmosfera di anidride solforosa che provoca il bloccaggio superficiale degli ioni alcalini sotto forma di solfati, e la siliconatura. L'aderenza del film di silicone al vetro (l'applicazione è generalmente fatta ad alta temperatura) è notevole e dipende dall'azione del gruppo Si-O, fortemente polare, che reagisce con i gruppi OH liberi alla superficie del vetro.

Nel campo delle lastre di vetro i progressi riguardano soprattutto le migliori caratteristiche meccaniche ottenibili nonché le maggiori possibilità di impiego offerte dal v. doppio. Il v. doppio consiste di due lastre affiancate e opportunamente saldate sì da lasciare fra di esse una intercapedine nella quale può essere fatto il vuoto o immesso un gas, naturalmente privo di umidità. L'insieme così ottenuto presenta grande potere isolante.

Numerosissime sono state in questi ultimi anni le richieste di brevetti per nuovi procedimenti atti a perfezionare il trattamento di brusco raffreddamento necessario per ottenere i v. di sicurezza. Con la tecnica della metallizzazione sotto vuoto si riesce ora a depositare film sottilissimi di metallo su lastre di v. che non ne turbano la trasparenza e nello stesso tempo rendono la superficie conduttrice, fatto questo che può essere variamente sfruttato.

Un altro settore in pieno sviluppo è quello delle fibre di vetro (v. anche fibre tessili, in questa App.). Il v. fuso può, come è noto, essere tirato in fibre sottilissime che godono di straordinarie caratteristiche. Il rapporto fra carico di rottura e peso è il più elevato fra quelli offerti da tutte le fibre naturali e artificiali. Poiché la superficie della fibra si forma a una temperatura assai alta, essa è praticamente senza difetti e la resistenza si avvicina a quella che può essere calcolata considerando la forza di coesione. Una fibra del diametro di 1 μ può avere in produzione un carico di rottura a trazione di 200 kg/mm2, ma in laboratorio si possono ottenere anche 1000 kg/mm2. Quanto minore è il contenuto in alcali del v., tanto maggiori diventano le difficoltà di lavorazione, ma altrettanto maggiori sono le possibilità di impiego dei prodotti ottenuti.

L'elevata resistenza al calore, la piccola dilatazione, la resistenza all'umidità, la incombustibilità, l'alto potere dielettrico, la scarsa reattività chimica, contribuiscono al largo impiego delle fibre di v. in applicazioni elettriche. La possibilità di ottenere degli aggregati di fibre a basso peso specifico apparente, rende possibile la loro applicazione come isolante termico. Il loro comportamento al fuoco permette di approntare pareti e indumenti praticamente incombustibili.

Numerosi sono i tessuti in fibre di v. e assai diffusa è attualmente la tendenza di armare con fibre di v. alcune materie plastiche. Si ottengono per tale via dei materiali nuovi, altamente resistenti che vanno sempre più diffondendosi in numerosissime applicazioni.

Nel campo dei vetri speciali ricordiamo le buone prospettive aperte al v. d'ottica dalle nuove conoscenze sulla stabilizzazione del v., i nuovi v. per saldature, che assicurano una gamma pressoché completa di coefficienti di dilatazione e permettono i migliori risultati nelle giunzioni vetro-metallo, i nuovi colori a disposizione del v. artistico con l'impiego delle terre rare, in special modo del cerio, del neodimio e del praseodimio.

Formidabili sono stati i progressi conseguiti dall'industria nella fabbricazione del v. usato per la fabbricazione di televisori. Si arrivano a fare in serie tubi di 69 cm e del peso di circa 20 kg con la cura e la perfezione fino ad ora richieste solamente, in pratica, per il v. d'ottica.

Una produzione tipicamente italiana è quella del mosaico che, dalle sue funzioni prevalentemente artistiche dei secoli scorsi, è giunto ora a grande diffusione grazie alle sue possibilità di impiego quale rivestimento per interni e per esterni in architettura. Il mosaico è un v. generalmente opaco. L'opacizzazione è ottenuta o mediante composti fluorurati o attraverso una fusione bloccata al tempo opportuno, sì da impedire la completa solubilizzazione dei componenti la miscela vetrificabile. Si tratta di un prodotto essenzialmente eterogeneo, che l'elevata resistenza sia chimica sia meccanica e le infinite possibilità di colorazione rendono particolarmente gradevole al consumatore.

Fra i vetri nuovi un particolare cenno meritano i v. messi a punto per fronteggiare le esigenze delle moderne industrie nucleari. Le particelle α e β sono facilmente assorbite, ma per bloccare le radiazioni γ è necessario ricorrere a v. contenenti 60% e anche 80% di ossido di piombo. Come assorbenti di neutroni i più efficaci si sono dimostrati i v. a base di ossido di boro e contenenti ossido di cadmio.

Grande sviluppo ha preso negli ultimi anni lo studio dei v. fotosensitivi. Se si aggiungono a certi v. piccole quantità di sali di oro, rame o argento o oro e palladio e li si espongono alla luce, gli ioni metallici sono ridotti ad atomi. Si può così avere una immagine latente che può essere rivelata mediante trattamento termico. La constatazione che la luce può indurre anche fenomeni di cristallizzazione in una massa vetrosa, ha consentito di arrivare dai v. fotosensibili, di modesta importanza pratica, al v. cui è stato dato il nome di "Pyroceram" e che rappresenta una delle più brillanti realizzazioni degli ultimi anni. Il "Pyroceram" è un v. cristallizzato per il 95% sotto l'azione della luce o del calore. È a base di silicato di litio e contiene quali agenti nucleanti tracce di argento o platino. La cristallizzazione minutissima e uniforme e assai ben controllabile dà luogo a un prodotto con caratteristiche meccaniche triple rispetto a quelle del v. normale. Il Pyroceram è caratterizzato da un coefficiente di dilatazione bassissimo e può sopportare agevolmente sbalzi di temperatura.

Un'applicazione pratica delle eterogeneità strutturali, rivelate come si è detto al microscopio elettronico, è il v. cosiddetto Vycor. Si tratta di un borosilicato sodico in cui è possibile per trattamento termico accentuare la separazione di due fasi, l'una praticamente costituita da silice, la seconda di borato sodico. Poiché quest'ultima è solubile in acido diluito, per attacco si può ottenere un prodotto poroso che per successivo riscaldamento a 1250° può ritirarsi e acquistare nuovamente compattezza e trasparenza. Senza superare i 1250° si ottiene quindi per tal via un v. costituito essenzialmente da SiO2 per arrivare al quale, secondo i metodi classici, si sarebbe dovuto partire da 1800°.

Produzione e lavorazione del vetro. - Le novità nel campo della produzione e della lavorazione del v. sono numerosissime. Si tratta per lo più di perfezionamenti a processi già esistenti, di migliorie nella scelta delle materie prime e dei macchinarî di cui è qui impossibile dare una dettagliata descrizione. A grandi linee nella costruzione dei forni per v. notevoli miglioramenti si sono avuti con l'uso di materiali refrattarî particolarmente resistenti. Notevolmente diffusi i refrattarî elettrofusi a base di allumina o di ossido di zirconio.

Lo studio delle correnti nei forni a bacino, sia mediante modelli sia servendosi di traccianti radioattivi, ha consentito una miglior progettazione dei forni da v. e l'ottenimento di liquidi il più possibile omogenei, presupposto questo indispensabile per le migliori caratteristiche del prodotto finale.

In Italia quasi tutte le industrie del settentrione han trovato vantaggioso trasformare i loro impianti per riscaldamento a metano. Sia pure limitata finora a particolari applicazioni, la fusione del v. in forni elettrici va incontrando crescente favore. La necessità di diminuire i costi e gli scarti e di ottenere produzioni di larghissima serie, va orientando l'industria vetraria verso una lavorazione il più possibile automatica.

La lavorazione automatica richiede un rigoroso controllo e conseguentemente una rigorosa costanza delle condizioni operative, quali la temperatura e l'atmosfera del forno, la viscosità e la tensione superficiale del vetro. I migliorati sistemi di ispezione e di misura permettono ora di ottenere dalla lavorazione automatica ottimi risultati. L'automazione nel campo della fabbricazione dei contenitori ha messo a fuoco anche il problema degli stampi per la scelta di materiali con la minima corrodibilità e la massima stabilità dimensionale. Seppure le ghise grigie siano ancora il materiale preferito, in molti casi si è trovato opportuno ricorrere all'acciaio o meglio ancora all'acciaio inossidabile.

Un processo rivoluzionario nella fabbricazione delle lastre di v. (float glass) è stato recentemente messo a punto dalla Pilkington in Inghilterra. Esso consiste nel far passare il nastro di v., che esce dal forno di fusione, su di un bagno di metallo fuso in atmosfera controllata. Si realizza in tal modo sulla superficie del v. una perfetta lucidatura a fuoco che permette di evitare le successive operazioni di arrotatura e levigatura.

Nella fase finale della lavorazione del v. notevoli sono i progressi ai fini della lucidatura derivati dalla maggior conoscenza della natura della superficie vetrosa e dall'aumentato numero di prodotti abrasivi a disposizione. Un cenno particolare merita il processo di politura all'acido che si è dimostrato specialmente efficace nel caso dei v. al piombo e dei v. al bario.

L'industria del vetro in Italia. - La situazione dell'industria vetraria italiana può essere desunta dalle seguenti cifre che si riferiscono alla produzione espressa in quintali per l'anno 1958. V. in lastre: v. lucido, v. greggio, cristallo, opalina - di ogni tipo e colore: q 1.530.000; v. pressato: diffusori per V.C.A., tegole, piastre, forti, mosaico da rivestimento e pavimentazioni edilizie: q 135.000; v. cavo in genere: damigiane, fiaschi, bottiglie e flaconi di ogni tipo e colore - bofferia toscana: q 2.533.000; v. bianco in genere: articoli da tavola, da cancelleria, da illuminazione, fantasia, vasi per dolciumi e simili: q 200.000; v. tecnico industriale: isolatori elettrici, globi, bulbi, fari per auto e cicli, catarifrangenti, v. da segnalazione per ferrovie, lenti colorate da sole, sbozzi per occhialeria: q 120.000; v. tecnico scientifico: per laboratorî igienico-sanitari, tubo e simili: q 47.000; v. artistico: conterie, mosaici artistici, soprammobili: q. 70.000 (totale complessivo q 4.635.000).

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