Kandinskij, Vasilij Vasil'evič

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Kandinskij, Vasilij Vasil'evič

Bettina Mirabile

Lo spirito delle forme e la risonanza dei colori

Kandinskij è il pittore russo che, fra Ottocento e Novecento, ha aperto la strada alla pittura astratta. Con i suoi dipinti e con l’attività di teorico e di insegnante al Bauhaus, ha dimostrato come i colori associati a forme astratte abbiano il potere di suscitare emozioni nello spettatore e facciano riscoprire, in un’epoca in cui dominano valori materiali, una dimensione spirituale dimenticata

Una pittura musicale e una Russia incantata

Nato a Mosca nel 1866, Vasilij V. Kandinskij studia legge e suona il pianoforte e il violoncello. Ma la sua passione più grande è la pittura, al punto che per dipingere rinuncia alla carriera di professore universitario. Inventa un nuovo linguaggio artistico, uno stile astratto, solo all’apparenza disordinato, in cui macchie di colore e linee sono accostate secondo un ritmo musicale. Intitolando le sue opere come brani musicali (molte le Improvvisazioni o le Composizioni), Kandinskij crede che gli accordi di colori e forme infondano nell’animo dello spettatore la stessa armonia dei suoni.

I suoi primi dipinti descrivono la Russia come un mondo incantato, una fiaba medievale popolata di cavalieri, dame e paesi in lontananza. Kandinskij dispone le pennellate sulla tela come tessere di mosaico, con uno stile che ricorda la pittura fatta di punti di colore degli artisti del pointillisme, l’ultima fase dell’impressionismo. Accosta colori vivaci come blu e rossi, gialli e viola, descrive i costumi della tradizione popolare russa, le acconciature delle dame, i tetti e le nuvole, immergendo ogni scena in un’atmosfera magica. Il colore è il vero protagonista delle tele, poiché l’artista non disegna i contorni, ma evoca le figure attraverso le pennellate.

Verso l’astrattismo: nasce il Cavaliere azzurro

Quando a una mostra impressionista osserva, senza riconoscerlo, un pagliaio di grano dipinto da Claude Monet, Kandinskij si rende conto che un quadro può esprimere intense emozioni anche senza avere un soggetto riconoscibile. A Monaco di Baviera frequenta circoli di intellettuali, poi si rifugia sulle Alpi Bavaresi, a Murnau, a dipingere le montagne e le case del paese con una tavolozza di colori accesi e gioiosi come quelli dei pittori francesi chiamati fauves. I quadri diventano più sintetici, il pittore descrive pochi dettagli e si concentra sul colore, che inizia a occupare spazi sempre più ampi e autonomi rispetto alle forme. È il 1910 quando dipinge un acquerello in cui macchie colorate sembrano galleggiare sullo sfondo chiaro: la strada all’astrattismo è così aperta.

Dall’incontro di Kandinskij con il pittore tedesco Franz Marc e dalle comuni passioni per l’azzurro e per i cavalli nasce il gruppo Der blaue Reiter («Il cavaliere azzurro»). Insieme realizzano quadri in cui linee e macchie di colore convivono sulla tela con elementi ancora riconoscibili: campanili, cavalieri, animali, barche. La loro pittura non è ornamentale, ma è lo strumento per risvegliare la spiritualità in chi osserva, come spiega Kandinskij nel suo libro Lo spirituale nell’arte (1910). La Prima guerra mondiale interrompe i successi di Der blaue Reiter: Marc muore al fronte e Kandinskij rientra in Russia, dove dipinge pochissimo.

Un’arte da insegnare

Subito dopo il conflitto, nel 1921, Kandinskij è chiamato a insegnare nella scuola tedesca del Bauhaus, dove analizza gli elementi fondamentali della composizione – punto, linea, superficie – ed elabora un vocabolario di forme da usare come fossero lettere che compongono parole. Giunge a una progressiva geometrizzazione delle forme: quelle che prima erano semplici macchie colorate diventano ora cerchi, triangoli, quadrati, scacchiere. Da questo gioco di colori associati a forme geometriche lo spettatore riceve impressioni più forti: il giallo trasmette più energia e dinamismo se inserito in triangoli, il blu trasmette quiete se inserito in cerchi.

Quando il nazismo, nel 1933, costringe il Bauhaus a chiudere, Kandinskij si trasferisce a Parigi, dove muore nel 1944. Le tele dell’ultimo periodo sono animate da forme che sembrano microrganismi biologici, come insetti fantastici su sfondi colorati o cellule osservate al microscopio: Kandinskij si rivela ancora capace di entusiasmarsi per il mistero della vita.

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