VALERIANO da Milano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VALERIANO da Milano

Alessandro Catalano

VALERIANO da Milano (Massimiliano Magni). – Nacque a Milano l’11 ottobre 1586 come quarto dei sette figli di Costantino Magni e di Ottavia Carcassola e fu battezzato con il nome di Massimiliano.

Il padre, di origini comasche, fu consigliere segreto di Massimiliano II e di Rodolfo II, e si trasferì nel 1588 a Praga, dove lo seguì anche Massimiliano, probabilmente nel 1597. Destinato alla carriera ecclesiastica e a un futuro trasferimento a Roma sotto l’egida di Ippolito Aldobrandini, studiò a Praga presso i gesuiti al collegio di S. Clemente.

Nel 1602, nonostante l’opposizione della madre, allora già vedova, entrò a Praga nell’Ordine dei cappuccini, ispirato dalla predicazione di Lorenzo da Brindisi, prendendo il nome di Valeriano da Milano. Trascorso il noviziato prevalentemente a Vienna, nel 1605 iniziò a studiare filosofia e teologia a Praga, portando a termine gli studi quattro anni più tardi, per poi essere nominato predicatore a Vienna.

Nel 1616 fu inviato per la prima volta in missione diplomatica a Varsavia e a Roma per trattare l’introduzione dell’Ordine dei cappuccini nel Regno di Polonia e la fondazione di un nuovo Ordine cavalleresco (in seguito noto con il nome Ordinis Christianae Militiae). Al momento della defenestrazione di Praga del 1618 si trovava a Linz, dove fu quasi ucciso dai protestanti e fu costretto a fuggire in Italia (a questo incidente risale il soprannome Monaco lungo, dovuto alla sua altezza). Poté far rientro solo nel 1620, dopo la battaglia della Montagna Bianca. L’anno successivo, nominato secondo definitore e guardiano, si trasferì nuovamente a Vienna, ma fu presto chiamato a Parigi nell’ambito della discussa missione cappuccina coordinata da Giacinto da Casale che aveva l’obiettivo di realizzare il trasferimento del titolo di principe elettore palatino a Massimiliano I di Baviera e di trovare una soluzione alla questione della Valtellina.

Nell’estate del 1623 fu designato a Praga come definitore, guardiano e lettore di filosofia (l’anno successivo sarebbe stato eletto provinciale), con l’incarico di collaborare alla riforma religiosa del Regno di Boemia. Valeriano, che sarebbe divenuto confessore e principale consigliere del nuovo arcivescovo Ernst Adalbert von Harrach, può essere definito il ‘padre spirituale’ dell’ambizioso piano di riconquista religiosa di un Paese a maggioranza protestante. Fu inoltre uno dei principali attori della lunga contesa con i gesuiti e con l’imperatore a proposito dell’Università Carolina e delle complesse trattative per la restituzione dei beni ecclesiastici alienati nel corso delle guerre hussite.

Quando nel 1625 si recò a Roma al capitolo generale del suo Ordine, riuscì a garantirsi il sostegno della corte romana e di conseguenza anche un accesso privilegiato alla corte imperiale. Il complessivo progetto di riforma elaborato da Valeriano incontrò però a Vienna nel 1626-27 l’opposizione dei gesuiti e dei consiglieri imperiali, dando inizio alle dure contrapposizioni che avrebbero caratterizzato gli anni successivi.

Un nuovo soggiorno romano nel 1628-29 contribuì a rinsaldare la sua posizione e la nomina a missionario apostolico rappresentò una sorta di investitura ufficiale a trattare a nome della congregazione de Propaganda Fide. Al suo ritorno, però, con una serie di aspri memoriali indirizzati a Ferdinando II innescò una violenta polemica con la Compagnia di Gesù, e anche il cardinal nepote Francesco Barberini giudicò che erano stati scritti «con molta imprudenza».

Subito dopo la firma dell’importante trattato di compensazione per i beni ecclesiastici alienati, nel 1630, Valeriano fu costretto a lasciare Vienna in tutta fretta perché il père Joseph (François Le Clerc du Tremblay), l’eminenza grigia del cardinale Richelieu, lo aveva convocato a Milano per cercare di trovare una soluzione alla crescente tensione internazionale. Fu anche molto attivo alla Dieta di Ratisbona contro Albrecht von Wallenstein, sul quale aveva già inviato una serie di relazioni segrete a Massimiliano I di Baviera tra il 1626 e il 1628, giocando un ruolo determinante nella crescente rivalità tra i due. Il suo operato a Ratisbona fu in verità criticato non solo a Roma, ma anche da parte di Massimiliano I di Baviera stesso.

Il peggioramento della situazione bellica, culminato con la presa di Praga da parte dei sassoni nel novembre del 1631, coinvolse in prima persona Valeriano, in quel momento uno dei più conosciuti cattolici presenti a Praga. Le sue attività in difesa della religione cattolica furono però nuovamente osservate con disappunto nella corte papale e nella primavera del 1632 tornò a Roma per giustificarsi e con un importante incarico diplomatico ricevuto da Wallenstein.

Tornato a Vienna, a partire dall’incoronazione del 1633, intensificò i rapporti con il re polacco Ladislao IV Vasa e il suo raggio d’azione si spostò progressivamente verso la Polonia, dove sarebbe divenuto uno dei principali consiglieri del giovane sovrano. Nonostante l’opposizione del nunzio e della corte papale, un ruolo centrale fu ricoperto da Valeriano nell’ambizioso tentativo ecumenico di sanare la frattura con la Chiesa uniate, osservato con interesse anche da Comenio. La discussa nomina di Valeriano a cardinale a opera di quest’ultimo, e una non meglio specificata «calumnia» morale avanzata nei suoi confronti da un condiscepolo, portarono però a una sua nuova convocazione a Roma. Sorprendentemente, al termine di questo soggiorno romano (1633-34), Francesco Barberini gli affidò comunque una missione segreta che mirava alla creazione di una lega tra tutti i sovrani cattolici.

Nel gennaio del 1635 fu uno dei più attivi nell’ambito della consulta di teologi convocata per stabilire se fosse lecito stipulare la pace con la Sassonia. Nei mesi successivi agì per incarico del re polacco come diplomatico e nel 1636 ebbe a Danzica una disputa pubblica, seguita con interesse anche fuori dalla Polonia, con il calvinista Bartholomäus Nigrinus, che in seguito si sarebbe convertito al cattolicesimo. Allo stesso periodo risalgono le attività di Valeriano in sostegno di Galileo Galilei, culminate nel noto intervento in favore dello scienziato italiano da parte del re polacco Ladislao IV.

Alla morte di Ferdinando II, il 15 febbraio 1637, Valeriano presentì la possibilità di riprendere la riforma religiosa della Boemia, ma nel giro di pochi mesi tornò a indirizzare infuocati memoriali a Ferdinando III sull’università, sulla difesa dell’immunità ecclesiastica e sul «buon governo» ecclesiastico della diocesi, facendo così nuovamente divampare la polemica con i gesuiti. Di conseguenza fu costretto a ritirarsi «dalla Missione di Boemia» e trascorse quattro anni in Moravia, dove nel convento di Brno si dedicò all’attività letteraria.

Dopo aver trascorso alcuni mesi a Roma nel 1642-43 e nel 1645, fu insignito del titolo di missionario apostolico per la Polonia. Le sue iniziative politiche e religiose (le più note sono la difesa dell’Ordine degli scolopi e il fallimentare Colloquium charitativum svoltosi a Toruń nel 1645) furono in questi mesi accompagnate da un’intensa attività scientifica, che portò nel 1647 alla pubblicazione del noto trattato De atheismo Aristotelis e dell’opuscolo sul vuoto Demonstratio ocularis, molto discusso anche in Italia e Francia, dove fu accusato di plagio. Nel 1648 si levarono anche in Polonia molte voci contro il suo operato e la morte di Ladislao IV rese impossibile un suo ulteriore soggiorno presso la corte polacca.

La definitiva rottura con la Compagnia di Gesù ebbe luogo in seguito a un’ulteriore disputa pubblica che portò nel 1652 alla conversione del langravio Ernesto d’Assia-Rheinfels, il cui merito venne rivendicato tanto dal cappuccino quanto dai gesuiti. Nell’ondata di polemiche che ne seguì, Valeriano fu costretto a difendersi dall’accusa di aver sostenuto posizioni eretiche sull’infallibilità papale e pubblicò nel 1654 il volume De homine infami personato, apprezzato da Blaise Pascal nella quindicesima delle sue Lettere provinciali. A questo punto da Roma gli venne vietato di pubblicare alcunché senza espressa autorizzazione, ma il cappuccino, dopo aver denunciato più volte l’intera Compagnia di Gesù al S. Uffizio e all’imperatore, fece stampare nell’autunno 1660 la sua opera più celebre, l’Apologia Valeriani Magni contra imposturas Jesuitarum, da lui stesso poi inviata al papa e ai membri della congregazione.

Fu quindi arrestato il 1° febbraio 1661 e, mentre veniva trasportato a Roma, morì a Salisburgo il 29 luglio.

Opere. L’opera letteraria di Valeriano da Milano trova la sua forma più originale nel tentativo di offrire una nuova concezione filosofica cristiana moderna e coerente, a partire dalla prima opera controversistica, De acatholicorum credendi regula iudicium (Pragae 1628), che aveva suscitato interesse per l’assenza di dogmatismo nell’affrontare la discussione con i «non cattolici» o «biblisti» (seguirono varie edizioni e, nel 1641, la versione ampliata con il titolo Iudicium de acatholicorum et catholicorum regula credendi). La sua prima opera filosofica, De Luce mentium et ejus imagine, pubblicata a Roma nel 1642, era basata sulla critica di Aristotele e sulla ricerca di un nuovo sistema filosofico fondato sull’insegnamento di s. Bonaventura e s. Agostino (nel 1646 pubblicò a Vienna anche un De Luce mentium et ejus imagine ex sanctu patribus Augustino & Bonaventura). Dopo i Principia et specimen philosophiae (1652), Valeriano iniziò con il primo volume del suo Opus philosophicum (1660) la pubblicazione di una grande opera che avrebbe dovuto riformare l’intera filosofia cristiana, che rimase però incompiuta.

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