PASTORE, Valentino Annibale

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PASTORE, Valentino Annibale

Gaspare Polizzi

PASTORE, Valentino Annibale. – Nacque a Orbassano il 13 novembre 1868, da Lorenzo e Luigia Peirani.

Studiò presso l’oratorio di Don Bosco a Torino. Proseguì quindi gli studi presso la facoltà di lettere dell’Università di Torino, dove si laureò nel 1892 con Arturo Graf. La sua tesi di laurea, La vita delle forme letterarie. Studi critici di scienza della letteratura (Torino 1892), tentava di interpretare in maniera evolutiva la storia letteraria moderna.

Per l’improvvisa morte della madre, «mutato il senso della vita» (Il mio pensiero filosofico, in M.F. Sciacca, Filosofi italiani contemporanei, Milano 19462, p. 402), abbandonò la critica letteraria e si dedicò alla filosofia della scienza, studiando per undici anni da autodidatta matematica, fisica, biologia e psicologia sperimentale. Si formò sotto la guida del logico e matematico Giuseppe Peano, del fisico Antonio Garbasso, del medico e fisiologo Angelo Mosso e dello psicologo Friederich Kiesow, nel cui laboratorio di psicologia sperimentale compì le prime ricerche applicate. Si laureò in filosofia nel 1903 con Pasquale D’Ercole, discutendo una tesi di laurea dal titolo Sopra la teoria della scienza: logica, matematica e fisica (Torino 1903). Il 28 novembre 1899 si sposò con Maria Mucchi, dalla quale ebbe la figlia Carla.

Fu prima libero docente di filosofia teoretica a Torino nel 1904, tenne quindi corsi liberi all’Università di Genova dal 1906. Fu supplente nella cattedra di filosofia teoretica dell’Università di Torino (1910-11) di D’Ercole, che lo indirizzò allo studio della filosofia greca (Aristotele), italiana e tedesca (Kant ed Hegel) e alla filosofia di Pietro Ceretti, che lasciò «una traccia indelebile nella mia mente» (ibid., p. 405). Ottenne l’incarico di insegnamento nella medesima disciplina, mantenendolo dal 1914 al 1921. Contemporaneamente insegnò filosofia al liceo di Asti dal 1910 al 1915. Nel 1921 divenne titolare di filosofia teoretica, vincendo il concorso a cattedre grazie all’opera Il problema della causalità, con particolare riguardo alla teoria del metodo sperimentale (I-II, Torino 1921). Insegnò all’Università di Torino fino al collocamento a riposo nel 1939.

Diresse il laboratorio di psicologia sperimentale dopo la morte di Kiesow (1940) e il laboratorio di logica sperimentale, da lui fondato nel 1935-36 presso l’istituto di psicologia dell’Università di Torino. Nelle sue ricerche logiche e sperimentali si avvalse di due fidati allievi e collaboratori: l’ingegnere Pietro Mosso, morto tragicamente in guerra il 29 gennaio 1945, in stretto rapporto con il quale scrisse i Principi di logica del potenziamento (Torino 1923, primo titolo della collana Biblioteca di filosofia teoretica, diretta dallo stesso Pastore) e l’elettrotecnico Ernesto Albano, che realizzò i suoi progetti meccanici, morto anch’egli durante la seconda guerra mondiale.

Fino al 1939 si indirizzò prevalentemente a ricerche logiche e teoretiche, che videro la più matura sintesi nei due volumi La logica del potenziamento coi “Principii” di Pietro Mosso (Napoli 1936) e Logica sperimentale, con Appendice di Pietro Mosso (Napoli 1939), pubblicati anche grazie all’aiuto dell’ex allievo Ludovico Geymonat. Dopo la guerra svolse soprattutto studi di estetica, etica e mistica. Sviluppò una critica del pensiero kantiano, evidenziandone l’acrisia per la subordinazione della ragione teoretica alla ragione pratica e sostenendo l’indipendenza tra la prima e la seconda ragione, entrambe motivate da un’esigenza metafisica (L’acrisia di Kant: contributo alla critica della Critica, Padova 1940). Propose un esame degli aspetti filosofici del leninismo, criticato alla luce del socialismo riformista di Filippo Turati, in La filosofia di Lenin (Milano 1946). Si confrontò tra i primi in Italia con la filosofia esistenzialistica e fenomenologica, in particolare nel volume La volontà dell’assurdo. Storia e crisi dell’esistenzialismo (Milano 1948), per rivendicare lo sforzo della filosofia in direzione del potenziamento del pensiero universale e non dell’«essere per la morte».

Fu membro della Reale Accademia delle scienze di Torino dal 1937. Collaborò alla Rivista di filosofia dal 1910 al 1954. Morì a Torino il 27 febbraio 1956.

Alcuni studi di estetica vennero pubblicati postumi nella Introduzione alla metafisica della poesia. Saggi critici (Padova 1957) e in Dioniso. Saggi sul pensiero tragico (Padova 1957), insieme a ulteriori ricerche logiche, raccolte in Logicalia. Saggi di logica e di filosofia della scienza (a cura di Carmelo Ottaviano, Padova 1957). L’opera su Origine della filosofia dallo spirito della tragedia annunciata fin dal 1936 (La logica del potenziamento, cit., p. 209, nota 19), non venne mai realizzata. Scrisse opere letterarie, poetiche e teatrali; collaborò con la Gazzetta del popolo di Torino.

Pastore è stato tra i maggiori filosofi della scienza italiani del primo Novecento. Fu tra i primi in Italia a elaborare una filosofia della scienza in funzione della ‘rivoluzione scientifica’ che si produsse in matematica e in fisica alla fine dell’Ottocento. Fu tra i primi epistemologi italiani – usò il termine epistemologia per la prima volta già nel 1907 (Del nuovo spirito della scienza e della filosofia, Milano - Torino - Roma 1907, p. 206) –, studiando la struttura logica e metodologica delle scienze a partire dalla conoscenza diretta delle più recenti teorie scientifiche, in ispecie la nuova logica matematica, le geometrie non euclidee, la teoria della relatività, la meccanica quantistica, le ricerche psicofisiche.

Espresse in solitudine una ricerca anomala rispetto alla tradizione filosofica italiana, in quanto non aderì né al positivismo né al neoidealismo, prestando invece grande attenzione agli sviluppi della filosofia europea. Il suo rifiuto del positivismo, pure seguito nei primi studi, si condensò nell’affermazione della conoscibilità di una realtà ultima oltre il dato, che identificò con il pensiero. La distanza dal neoidealismo fu ancora più netta in quanto egli pose al centro il metodo sperimentale, unico strumento per la comprensione della realtà.

La parte più consistente della sua riflessione ebbe carattere logico ed epistemologico: essa iniziò con le ricerche confluite nella tesi di laurea del 1903 e si orientò verso la definizione della ‘logica del potenziamento’.

Nella sua prima opera epistemologica – Del nuovo spirito della scienza e della filosofia, dai toni simili a quelli della più nota, e successiva, opera di Gaston Bachelard, Le nouvel esprit scientifique (1934) –, Pastore è consapevole di partecipare «al glorioso movimento di revisione dei principi e dei metodi della scienza, quale proruppe nella seconda metà del secolo, dalle più progredite analisi dell’epistemologia» (La logica della ricerca scientifica: relazione al X Congresso nazionale di filosofia, in Archivio di filosofia, V (1935), 4-5, p. 292, quindi in Logica sperimentale, cit., p. 4; anche per questo scritto va segnalata l’assonanza con la Logik der Forschung (1934) di Karl R. Popper).

Egli affrontò innanzitutto il problema della natura del metodo scientifico, sostenendo che «Il metodo per la scienza è uno, deduttivo e sperimentale ad un tempo» (Del nuovo spirito della scienza e della filosofia, cit., p. 7). La descrizione di «un vigoroso indirizzo sperimentale e deduttivo per la scienza» (p. 12), radicato già nel metodo galileiano e confermato dai «bisogni nuovi dello spirito scientifico», «caratterizzati dal crescente rigore deduttivo dei ragionamenti» (p. 18), è arricchita dal dialogo con alcune rilevanti concezioni epistemologiche del proprio tempo, quali il convenzionalismo geometrico di Henri Poincaré e la teoria fisica dei modelli di Heinrich Hertz, che nella concezione della teoria scientifica univa aspetto teorico deduttivo, metodo sperimentale e apporto strumentale, e alla quale Pastore aderì con convinzione. L’esito epistemologico del libro consiste in un razionalismo sperimentale di matrice galileiana. Alla proposta epistemologica collegò una sfera teoretica, dedicata a illustrare il ‘nuovo spirito della filosofia’, nella quale introdusse la dottrina dell’infinita verità, a sua detta, «il miglior frutto filosofico di questo primo periodo» (Il mio pensiero filosofico, cit., p. 337). Tale dottrina è vista come la «suprema sintesi» del «principio dell’identità metodologica della deduzione e dell’esperimento come preludio ad una nuova teoria del metodo sperimentale» e insieme del «principio del presente scientifico come armonia delle cognizioni e dei fatti» (Del nuovo spirito della scienza e della filosofia, cit., p. 99).

Sulla base del progetto di ricerca proposto nella tesi di laurea del 1907, Pastore sviluppò da un lato un’originale teoria logica ed epistemologica e dall’altro una concezione teoretica e metafisica, entrambe integrate nella ‘logica del potenziamento’. Il consolidamento della concezione logica ed epistemologica di Pastore passò attraverso l’opera in due volumi Il problema della causalità, una delle più rilevanti ricerche storico-epistemologiche sulla questione, individuata come «la pietra di paragone della filosofia» (I, p. 7).

Anche in questo caso non si limitò alla ricognizione storico-epistemologica del problema, ma ne evidenziò anche l’interesse teoretico e morale. Se sul piano storico-epistemologico rimase ferma l’adesione al metodo sperimentale e alla teoria dei modelli, su quello teoretico e morale egli ricercò «i rapporti del problema della causalità col problema della contingenza e della necessità, soprattutto in ordine al problema psicologico e morale della libertà umana» (ibid., p. 8), ponendo così una questione speculativa e morale sull’origine e sul valore dell’idea di causa «in ordine ai massimi problemi dell’essere e del conoscere» (ibid., p. 10). Egli univa in tal modo in una sintesi filosofica superiore i mezzi della scienza – «il calcolo e l’esperimento cioè la deduzione pura (per concetti) o applicata (per oggetti)» – con i mezzi della coscienza – «l’amore e l’azione cioè l’intuizione», entrambi «rivelazione dell’universale concreto che pensa e vibra nell’infinito ordine dell’universo» (ibid., p. 29). L’«interpretazione autocausativa della causalità, che in fondo si riduce alla interpretazione liberistica della necessità» costituisce la soluzione che risolve «il grande conflitto tra la scienza e la coscienza» (ibid., p. 28), eliminando «ogni interpretazione apodittica delle cause metafisiche» (ibid., p. 20). Dalle conseguenze teoretiche dell’opera emerge la concezione di un ‘pensiero reale’, visto «come attività distintiva e unitiva del soggetto in relazione all’oggetto» (ibid., II, p. 2), in grado di intendere la realtà-pensiero insieme come unica e bipolare.

La logica matematica fu sviluppata in forma indipendente rispetto alla logica matematica del maestro Peano. Essa si basa sui concetti di potenza logica e di potenziamento, dai quali vengono ricavati, tramite equazioni logiche, principi e teoremi generali, e si estende ai modelli meccanici di Hertz.

La logica del potenziamento «sposta il centro di gravità d’ogni ricerca dalla logica particolare come sistema alla logica generale come logicità» (La logica del potenziamento, cit., p. 50). Essa procede tramite due principi: il principio di base dell’identità, che pone l’esistenza dell’ente nella sua variazione relativa, e il teorema del potenziamento, o principio di sviluppo, che permette di conoscere lo sviluppo relativo dell’esistente. Ne deriva una logica sintetico-costruttiva che unisce, in matematica, fisica e psicologia sperimentale, la deduzione del Discorso (D) con l’intuizione logica dell’Universo (U). Viene quindi ammessa una dualità operativa che lega U e D, presupponendo sempre la precedenza dell’intuizione logica; essa orienta una logica sperimentale realizzata in laboratorio che dalla teoria logica permette di costruire modelli meccanici. Il più noto macchinario prodotto da Pastore con l’aiuto di Albano fu l’ortomotore autosincrono, presentato alla Mostra torinese dell’autarchia nel 1938.

Sul piano teoretico la logica del potenziamento, le cui più alte aspirazioni teoretiche trovano «la loro ragione, il loro ritmo e un effettivo potenziamento nel pensiero puro dell’universale relatività» (Il mio pensiero filosofico, cit., p. 416), fu «il compito più alto della metafisica relativistica» (Introduzione alla metafisica della poesia, cit., p. 99). Essa sfociò in un relativismo panlogicista che risolse in modo immanente l’essere e il pensiero nell’ente logico, escludendo sia il soggettivismo e l’idealismo, che l’irrazionalismo e lo scetticismo. Lontano dal positivismo della formazione per la sua convinzione nell’esistenza di una realtà-pensiero che si può raggiungere tramite un’infinita verità, Pastore lasciò uno spazio sempre maggiore a «una fiducia alogica rispetto alla regione oscura» (ibid., p. 73) della vita concreta. Indagando sul piano estetico, morale e mistico tale realtà-pensiero, la vide ancorata a una dimensione vitale e tragica dalla quale scaturiva la filosofia stessa, come scrisse in conclusione dell’auto-presentazione del suo pensiero: «la funzione catarsica del dolore e l’origine della filosofia dallo spirito della tragedia» (ibid., p. 418).

Si ricordano, oltre a quelle citate, le seguenti opere: Logica formale dedotta dalla considerazione di modelli meccanici (Torino 1906); Dell’essere e del conoscere (Torino 1911); Il pensiero puro (Torino 1913); Il solipsismo (Torino 1924); Scritti di varia filosofia (Milano 1939).

Fonti e Bibl.: Le carte del Fondo P., contenente lettere, manoscritti di opere edite e inedite, oltre a schemi di corsi universitari, sono conservate presso l’Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria di Firenze.

F. Selvaggi, Dalla filosofia alla tecnica: la logica del potenziamento, Roma 1947, passim; N. Bobbio, A. P., in Rivista di filosofia, XLVII (1956), 2, pp. 245-246; F. Selvaggi, Un filosofo triste: A. P., in La Civiltà cattolica, CVII (1956), Quaderno n. 2540, pp. 156-167; G. Russo, A. P. Istanze e limiti del potenziamento, Catania 1982; Le carte di A. P. Fondo dell’Accademia La Colombaria, a cura di F. Bazzani, Firenze 1991; M. Castellana, Razionalismi senza dogmi: per una epistemologia della fisica-matematica, Soveria Mannelli 2004.

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