UNGHERIA

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

UNGHERIA.

Silvia Lilli
Ilenia Rossini
Chiara Puri Purini
Giulio Sangiorgio

– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Architettura. Cinema. Bibliografia

Ungheria

Demografia e geografia economica di Silvia Lilli. – Stato dell’Europa centrale. Con una popolazione di 9.937.628 ab. registrata nel censimento del 2011 e di 9.933.173 ab. stimata da UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) per il 2014, l’U. ha confermato la tendenza al decremento demografico già avviata dagli anni Ottanta del secolo scorso, con un decremento dello 0,2% per il quinquennio 2005-10. Il tasso di urbanizzazione rimane relativamente elevato, con il 70% della popolazione residente in centri urbani, tra cui il maggiore è costituito dalla capitale, Budapest, e il suo agglomerato (2.258.672 ab.). La composizione etnica rilevata nel 2011 conferma il quadro sostanzialmente omogeneo, con l’85,6% di magiari, in lieve calo rispetto ai rilevamenti del 2001, probabilmente dovuto ai flussi di immigrazione dai vicini Paesi dell’ex Iugoslavia, dalla Romania e dall’Ucraina. Tra le minoranze, la più consistente è quella rom (3,2%), sottostimata, forse, in linea con la persistente discriminazione cui l’etnia è soggetta. Numerosa è, al contrario, la componente magiara dislocata nei Paesi confinanti, specialmente in Slovacchia, Ucraina, Romania e Serbia: a questa si è rivolta una legge approvata nel 2011 che ha concesso la cittadinanza agli ungheresi residenti fuori dai confini nazionali, e che è stata motivo di tensione con la Slovacchia.

Condizioni economiche. – Dal punto di vista dell’economia, l’U. ha ripreso a crescere nel 2013 (1%) e nel 2014 (2,8%), dopo una fase altalenante (+1,6% nel 2011, −1,7% nel 2012) seguita alla crisi del 2009. Politiche riformatrici in campo economico sono state attuate negli ultimi anni, tra cui l’istituzione di una nuova imposta sugli istituti finanziari, sulle società energetiche e di telecomunicazioni e sul settore agricolo, molto avversata per la mancanza di criteri strutturali, tanto da provocare la sospensione della quota finale (5,5 miliardi di dollari) di un finanziamento stanziato dall’Unione Europea, dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale nel 2008 per sostenere l’economia ungherese. Ciononostante, sono stati positivi gli ultimi dati relativi al 2013: l’inflazione è rimasta contenuta all’1,7%, la disoccupazione all’8,2% (2014), il deficit al −2,9%; proprio il contenimento del deficit sotto il 3% ha permesso all’U. di uscire, per la prima volta dal suo ingresso, dalla procedura per il deficit eccessivo dell’Unione Europea. Sempre preoccupante, invece, è il debito pubblico, stimato per il 2013 al 79,8% del PIL. Dal punto di vista della produzione, l’economia ungherese si fonda sull’industria e sul terziario (29% e 64%); minore è il contributo dell’agricoltura (anche nell’assorbimento della forza lavoro), che ha registrato una produttività molto negativa rispetto al triennio 2004-06. Partner commerciale per eccellenza è la Germania, che tratta il 25% delle operazioni commerciali, sia in entrata sia in uscita. Nel settore terziario, significativo è anche il turismo, con oltre 10 milioni di ingressi nel 2012. Dal punto di vista energetico, nel Paese vengono estratti petrolio, gas e carbone, e quattro reattori nucleari a Páks coprono il 20% della capacità totale installata; non marginale, tuttavia, è il ruolo della Russia nell’approvvigionamento energetico.

Indicatori economico-sociali

Storia di Ilenia Rossini. – A metà del primo decennio del 21° sec. l’U. continuava a essere gravata da uno dei debiti pubblici più imponenti d’Europa. Il governo di coalizione tra il Partito socialista ungherese (MSZP, Magyar Szocialista Párt) e l’Alleanza dei liberi democratici (SZDSZ, Szabad Demokraták Szövetsége), guidato dal socialista Ferenc Gyurc sány, in carica dal 2006, fu costretto ad applicare stringenti misure di austerity per riallineare il Paese ai parametri imposti dall’Unione Europea, con una riforma della pubblica amministrazione e un corposo pacchetto di privatizzazioni, tra cui anche quella del sistema sanitario pubblico, sostituito con uno semiprivato. Su richiesta del principale partito di opposizione, la conservatrice Federazione dei giovani democratici-Unione civica ungherese (FIDESZ-MPSZ, Fiatal Demokraták Szövetsége-Magyar Polgári Szövetség), nel 2008 questa misura fu sottoposta a un referendum e bocciata da oltre l’80% dei votanti.

La crisi economica ungherese assunse tinte drammatiche nel 2008 e, in ottobre, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’UE concessero all’U. un prestito di oltre venti miliardi di euro, in cambio dell’assicurazione di riforme per limitare il deficit di bilancio. Indebolito dalla crisi economica, dall’uscita dei liberali dal governo e dalle violente manifestazioni di piazza, nel marzo 2009 Gyurcsány si dimise e fu sostituito dall’indipendente György Gordon Bajnai.

Nel 2010 la coalizione di centrodestra tra la FIDESZMPSZ e il Partito popolare cristiano-democratico (KDNP, Kereszténydemokrata Néppárt), guidata dall’ex premier Viktor Orbán, vinse le elezioni con il 52,7% dei voti, sconfiggendo la coalizione MSZP-SZDSZ (19,3%, 59 seggi) e aggiudicandosi i due terzi dei seggi del Parlamento (263 seggi su 386). Buono fu anche il risultato del partito di estrema destra Movimento per un’Ungheria migliore (Jobbik Magyarországért Mozgalom, 16,7%, 47 seggi). Nato tra il 2002 e il 2003, Jobbik aveva una forte connotazione antisemita e razzista e negli anni precedenti si era contraddistinto per gli attacchi condotti dalle sue formazioni paramilitari contro la comunità rom. Nell’agosto del 2010 Pàl Schmitt (FIDESZ) fu nominato presidente della Repubblica. Dimessosi nel 2012, in quanto era emerso che aveva copiato parte della sua tesi di dottorato, fu sostituito da János Áder, uno dei fondatori della FIDESZ.

Nel corso del 2011 Orbán cercò di ridurre il debito pubblico attraverso moderati tagli al welfare ed elaborò una nuova Costituzione che, fortemente criticata dall’opposizione, entrò in vigore il 1° gennaio 2012. Basata sulla centralità della famiglia e della tradizione e sulla religione cattolica, dimezzava anche il numero dei parlamentari. Il governo di Orbán, sempre più nazionalista, populista e antieuropeista, varò poi una serie di leggi restrittive della libertà dei media (sottoposti al giudizio di una commissione governativa) e delle libertà politiche e civili (ridefinizione tradizionalista del concetto di famiglia, diritto alla tutela giuridica del feto fin dal concepimento, riduzione dei poteri della Corte costituzionale, nuova legge elettorale che favoriva la dispersione dei voti delle opposizioni ecc.). Per questo motivo l’U. fu oggetto di richiami formali da parte dell’UE e Orbán, pur accusandola di ingerenza negli affari interni, dovette infine apportare alcune delle modifiche richieste.

Alle elezioni politiche dell’aprile 2014 la coalizione tra la FIDESZ-MPSZ e il KDNP, con il 45% delle preferenze, conquistò nuovamente la maggioranza di due terzi del Parlamento (133 seggi) e Orbán ottenne un secondo mandato. La coalizione dei partiti di centrosinistra si fermò al 25,7% (38 seggi), mentre Jobbik raccolse il 20,3% (23 seggi). I consensi per Orbán, tuttavia, calarono nella seconda metà del 2014, tanto per il suo avvicinamento alla Russia, quanto per il progetto di una tassa su Internet, poi abbandonato dopo le imponenti manifestazioni della fine del 2014.

Tra agosto e settembre 2015 l’U. si trovò al centro della crisi determinata dal massiccio aumento di migranti provenienti soprattutto dalla Siria (v. rifugiati): l’U. costituiva per essi il primo Paese dell’UE in cui giungere passando per i Balcani e, in particolare, dalla Serbia, prima di arrivare in Austria e in Germania, che tuttavia bloccarono gli accessi ai loro Paesi. Anche il governo ungherese provò a fermare questi ingressi e, dopo aver fatto costruire una recinzione al confine con la Serbia (iniziata in giugno), il 14 settembre 2015 varò una nuova legge sull’immigrazione, che prevedeva il carcere per chi l’avesse oltrepassata. Contestualmente fu chiuso anche il valico di Horgos, principale punto d’ingresso nell’Unione Europea per i migranti, che fu poi riaperto dopo una settimana di violenti scontri tra migranti e forze di polizia. Negli stessi giorni furono richiamati i riservisti dell’esercito per gestire la situazione al confine con la Slovenia e fu costruita una nuova recinzione al confine con la Croazia.

Architettura di Chiara Puri Purini. – L’U. ha maturato un linguaggio architettonico di grande interesse in cui il funzionalismo ereditato dal dopoguerra si è progressivamente modificato verso un neomodernismo di gusto internazionale o verso forme diverse di regionalismo. Dalla caduta del muro di Berlino, l’U., storicamente parte del blocco orientale, si è ulteriormente occidentalizzata, adottando modelli economici neocapitalisti che hanno determinato una consistente crescita dell’industria delle costruzioni.

Tra i maggiori investimenti nel settore, si ricorda a Budapest il gigantesco complesso Millennium city center, affacciato sul Danubio: uno dei principali nell’Europa centrale dall’inizio del 21° sec., è stato promosso dalla Tri-Granit e comprende, fra l’altro: il nuovo teatro nazionale progettato da Mária Siklós, inaugurato nel 2002; il Palazzo delle belle arti inaugurato nel 2005, su progetto di Zoboki-Demeter and Associates Architects; il condominio Duna-Pest Residences (2005) di CET Budapest Architect; le torri per uffici Millennium Tower I (2006) di Fazakas Architects; Millennium Tower II (2008) di Schön Architects; Millennium Tower III (2008) di Schön Architects con Vadász Architects. Si segnalano inoltre la Budapest sports arena (2003), palazzo dello sport costruito in sostituzione del precedente Budapest Sportcsarnok, su progetto del gruppo KÖZTI, e l’ardito ponte Megyeri, precedentemente chiamato Northern M0, progettato da Mátyás Hunyadi e inaugurato nel 2008. Con i suoi 1862 m (la campata maggiore raggiunge i 300 m), è il più lungo dell’intero Danubio: collega Buda sulla sponda occidentale a Pest su quella orienta le, a nord della città, costituendo par te integrante del raccordo anulare che circonda la capitale.

Interessante è inoltre il rifacimento delle facciate del Kristina Palace (2010), progettato dallo studio francese di Dominique Perrault. Si segnala ancora la discussa, vistosa sede dell’Hungarian Autoklub Headquarters (2011) a Budapest, realizzata da Vikar & Lukacs Architects. Il progetto per il nuovo municipio di Budapest, che propone il completamento della preesistente storica sede ed è frutto di un concorso internazionale vinto dalla studio neerlandese di Erick van Egeraat nel 2008, non è stato realizzato.

A torinói ló

Cinema di Giulio Sangiorgio. – Figura principe del cinema ungherese dagli anni Ottanta in poi, Béla Tarr si è ritirato dopo l’Orso d’argento vinto al Festival di Berlino per A torinói ló (2011; Il cavallo di Torino), chiudendo la propria casa di produzione (con Magyarország 2011, 2012, film collettivo polemico con il governo di Viktor Orbán) e dedicandosi al progetto di una scuola per giovani registi, la Film Factory, ospitata dalla Sarajevo School of science and technology. Cantore della stasi desolata cui si riduce l’illusione del progresso, responsabile di un cinema che nella durata delle inquadrature annichilisce l’aspettativa di un futuro e chiede di concentrare lo sguardo sul dato presente, insieme sociale ed esistenziale, Tarr è partito da un romanzo di Georges Simenon, L’homme de Londres (1934), per girare quello che è il suo film maggiormente metariflessivo, A londoni férfi (2007; L’uomo di Londra), noir che si fa parabola morale sull’atto del guardare, e chiude la sua carriera con A torinói ló, apocalisse immanente, misera e minimale, in forma di attesa sfiancante.

Lo spettro del regime comunista, il senso di fine della storia su cui il cinema ungherese continua a interrogarsi sono alla base anche del lavoro di György Pálfi (Taxidermia, 2006), che fa del corpo umano un luogo di grottesca espressione politica, tra bulimia e annullamento del linguaggio, deformando in caricatura respingente il tradizionale surrealismo tipico dei Paesi dell’Europa dell’Est. Di Pálfi è da segnalare Final cut - Hölgyeim és uraim (2012, noto con il titolo Final cut - Ladies and gentlemen), saggio di montaggio, riflessione sulla sospensione dell’incredulità e sberleffo al diritto d’autore, in cui il regista monta frammenti di 450 film appartenenti alla storia del cinema (scaricati illegalmente dalla rete) in un’unica storia d’amore, un boy meets girl in cui centinaia di attori interpretano due fantasmatici protagonisti.

Benedek Fliegauf, anch’egli concentrato su una politica del corpo (Dealer, 2004), persegue un cinema iperrealista che scomoda nello spettatore un interrogativo etico, con stile eclettico che nell’immersione a bassa definizione di Rengeteg (2003, noto con il titolo Forest) e negli statici quadri in lenta contemplazione dell’assurdo di Tejút (2007, noto con il titolo Milky way) trova i suoi estremi. Il nuovo art film magiaro è ben rappresentato dall’opera di Kornél Mundruczó (Fehér isten, 2014; White God - Sinfonia per Hagen), tesa tra fenomenologia ed elegia, cupa metafora ed eccesso di realismo, e dai ritratti di incomunicabile dolore esistenziale di Ágnes Kocsis (Pál Adrienn, 2010). Mentre i film di Márta Mészáros e Miklós Jancsó (morto nel 2010) dialogano tra rilettura storica e analisi caricaturale del presente, in forme popolari rispetto a un tempo, e Péter Forgács continua a modulare la revisione del passato via found footage, l’U. scopre una nuova vocazione per la commedia, tra satire sociologiche (Pánik, 2008, di Attila Till), intimismi esistenziali (Van valami furcsa és megmagyarázhatatlan, 2014, noto con il titolo For some inexplicable reason, di Gábor Reisz), pastiches linguistici percorsi da humour nero (A nyomozó, 2008, noto con il titolo The investigator, di Attila Gigor) e sguardi paradossali sulla Storia (Made in Hungaria, 2009, di Gergely Fonyó).

Bibliografia: P. Vecchi, Gyorgy, kornel, Benedek e gli altri, «BFM (Bergamo Film Meeting) - Catalogo generale», 2010; J.Rancière, Béla Tarr, le temps d’après, Paris 2013 (trad. it. Milano 2015).

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