SAVOIA, Umberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SAVOIA, Umberto

Eric Lehmann

– Nacque a Torino il 4 febbraio 1884 da Giuseppe, ingegnere e insegnante di liceo, e da Gabriella Martinotti.

Dopo gli studi secondari scelse la carriera delle armi. Nel 1901 entrò all’Accademia militare di Torino; nel 1904 passò alla Scuola di applicazione d’artiglieria e genio, da cui uscì l’anno seguente. Nominato tenente del genio nel 1906, fu assegnato al 5° reggimento minatori.

Nel 1908 fu chiamato alla compagnia aerostieri in seno alla Brigata specialisti del genio a Roma, dove imparò a pilotare gli aerostati. In quel periodo il comandante della brigata, maggiore Maurizio Mario Moris – che era anche presidente del Club degli aviatori, fondato a Roma alla fine del 1907 –, stava trattando con il pioniere del volo statunitense Wilbur Wright la cessione al sodalizio romano di un suo velivolo e il suo impegno ad addestrare al pilotaggio due ufficiali italiani. Savoia venne scelto, insieme al sottotenente di vascello Mario Calderara – noto per le esperienze con alianti e per la costruzione di un biplano a elica trattiva con il francese Ambroise Goupy (Calderara - Marchetti, 1999, pp. 43-83) –, per volare con Wright su un campo alle porte di Roma (nella zona di Centocelle). Effettuò pochi voli con l’aeronauta statunitense, che si trattenne nella capitale italiana soltanto dal 1° al 28 aprile 1909.

Le lezioni impartite a Calderara furono più numerose: questi era quindi in grado di volare da solo e di continuare l’istruzione del compagno, come si evince da una lettera scritta da Wright al maggiore Moris il 30 aprile 1909: «Il tenente Savoia può andare per qualche tempo come passeggero senza toccare le leve, se il sottotenente Calderara preferisce, prima di cominciare ad esercitarsi lui stesso [...]. Fui molto compiaciuto del modo in cui il tenente Savoia maneggiò la macchina durante le poche lezioni che gli diedi e penso che gli possa essere presto insegnato ad agire del tutto solo» (Evangelisti, 1992, pp. 19-20).

Il 6 maggio 1909, Calderara ebbe un incidente in cui rimase distrutto il velivolo ceduto da Wright al Club degli aviatori. Savoia ne raccolse i rottami e – in un laboratorio allestito dalla Brigata specialisti del genio – ne fece costruire una copia, con cui Calderara volò per la prima volta il 1° luglio.

Sembra che i disegni preparatori per la riproduzione dell’apparecchio fossero stati approntati da Calderara e che Savoia avesse curato la parte meccanica, poiché in una lettera indirizzata a Wright il 4 luglio, l’ufficiale di Marina scrisse: «Temevo di non essere capace di copiare esattamente, ma adesso sono molto soddisfatto del mio lavoro. Il Signor Savoia si è occupato personalmente del motore e della trasmissione» (Calderara - Marchetti, 1999, p. 114).

Nel settembre del 1909 Calderara portò l’apparecchio al circuito aereo di Brescia, vincendo diversi premi, tra cui il premio Trasporto passeggeri, e portando in volo il tenente Savoia. Insieme, i due ufficiali concepirono anche un carrello retrattile per il decollo e l’atterraggio del velivolo, che nella versione originale era provvisto di pattini e il cui brevetto fu registrato in Francia l’8 settembre 1909, a nome di entrambi, con il numero 402.819 (Evangelisti, 1992, p. 28; Calderara - Marchetti, 1999, p. 115).

Questi trascorsi valsero a Calderara il brevetto di pilota aviatore italiano n° 1 (12 settembre 1909), mentre Savoia fu nominato socio emerito del Club degli aviatori di Roma il 24 novembre, prima di conseguire a sua volta il brevetto – era il n° 4 in Italia – il 4 luglio 1910 sul campo francese di Mourmelon-le-Grand, dov’era stato inviato nel mese di maggio per testare e trattare l’acquisto di apparecchi Henry Farman. Rientrato in patria, il 27 agosto 1910 stabilì il primato nazionale di altezza e il 14 settembre volò su Roma passando, tra l’altro, sulla verticale del Quirinale.

Sposatosi ad Alessandria il 6 maggio 1911 con Luigia Talenti, dalla quale avrebbe avuto poi due figlie, Andreina e Gabriella, Savoia tornò in Francia per testare e acquistare nuovi velivoli, motori e strumentazioni per conto del tenente colonnello di artiglieria Vittorio Cordero di Montezemolo, capo della sezione aviazione del battaglione specialisti del genio (che dal 1910 aveva sostituito la Brigata specialisti del genio).

Nell’autunno del 1911 dovette lasciare l’aviazione per frequentare i corsi della Scuola di guerra a Torino; non poté quindi partecipare alla conquista della Libia, né prestare servizio all’Ufficio di ispezione dei servizi aeronautici – istituito presso la Direzione generale di artiglieria e genio –, dove il neocolonnello Moris lo avrebbe voluto accanto a sé per trattare le questioni tecniche (Evangelisti, 1992, p. 50). Promosso capitano il 31 dicembre 1912, lasciò la Scuola di guerra nel 1914 per essere assegnato alla Direzione tecnica dell’aviazione militare di Torino (DTAM), dove prestò servizio sino all’autunno del 1917.

Con alcuni ufficiali e ingegneri anch’essi in servizio alla DTAM, Savoia fu parte attiva nella progettazione di diversi aeroplani. In collaborazione con l’ingegnere Ottorino Pomilio, progettò una serie di biplani biposto da ricognizione derivati dall’aeroplano francese Maurice Farman MF.11. Collaudato nel luglio del 1916, il Savoia-Pomilio SP.1 rimase allo stato di prototipo, mentre i modelli successivi, SP.2, SP.3 e SP.4, furono prodotti rispettivamente in 402, 300 e 152 esemplari dalla Società italiana aviazione (SIA), costituita dalla FIAT, dalla Società anonima per costruzioni aeronautiche ing. O. Pomilio & co. e dalla ditta torinese Aviazione e aeronautica (AER).

Con il capitano Rodolfo Verduzio e l’ingegnere Celeste Rosatelli, Savoia progettò anche il velivolo SVA (Savoia-Verduzio-Ansaldo). Inizialmente concepito come caccia, ma impiegato come ricognitore e bombardiere leggero, collaudato nel marzo del 1917 e costruito dal Cantiere aeronautico Ansaldo e da altre ditte, lo SVA fu prodotto in numerose versioni, per un totale di 1295 apparecchi. Con il modello biposto SVA.5, alcuni membri della 87ª squadriglia da ricognizione Serenissima, capitanati da Gabriele D’Annunzio, compirono il famoso raid su Vienna il 9 agosto 1918.

La commistione tra la non poco redditizia attività di progettazione e i doveri del servizio alla DTAM – che vedevano Savoia e colleghi impegnati nella stesura dei contratti e nella successiva vigilanza sullo svolgimento di essi da parte dei costruttori di aeroplani militari – non mancò di suscitare polemiche nell’ambiente aviatorio, dove progettisti e produttori facevano a gara per ottenere ordinazioni dalle autorità. Savoia si scontrò in particolare con l’ingegnere Giovanni Caproni, che nell’agosto del 1915 denunciò al Comando supremo le presunte «grane» causategli da Savoia e nel proprio diario lo accusò di essersi appropriato delle ricerche altrui nella progettazione di un velivolo (Lehmann, 2013, p. 46). Nella primavera del 1918, nella sua veste di consigliere tecnico della SIA, Savoia venne anche coinvolto nell’inchiesta provocata da ripetuti incidenti di volo accaduti ad apparecchi SIA 7B. Nel suo rapporto, l’allora direttore centrale di aviazione del Commissariato generale per l’aeronautica, colonnello Giulio Douhet, lo accusava di aver trascurato gli interessi dell’esercito e chiedeva che fosse punito con tre mesi di arresti in fortezza (Lehmann, 2013, p. 99). La richiesta non fu accolta dal commissario onorevole Eugenio Chiesa; Savoia dovette tuttavia lasciare l’aviazione per andare al comando del LV battaglione zappatori del XXVIII corpo d’armata in seno alla 3ª armata, dove ebbe poi la promozione a tenente colonnello.

Nel settembre del 1918 divenne insegnante al corso pratico di stato maggiore; ormai colonnello, passò alla Scuola di guerra di Torino, dove rimase fino alla fine del 1928, e successivamente all’Ispettorato tecnico automobilistico dell’esercito. Nel novembre del 1921 aveva completato gli studi universitari laureandosi in ingegneria civile presso il Politecnico di Torino.

Nel 1929 lasciò l’esercito per diventare direttore della FIAT aviazione, dove rimase fino al 1946. In questo ruolo sembra che curasse anzitutto i rapporti con gli ambienti ministeriali e con i vertici della Regia Aeronautica che ben conosceva, ma non risulta fosse direttamente coinvolto nella progettazione degli aerei, compito questo affidato agli ingegneri Celestino Rosatelli e Giuseppe Gabrielli.

Morì a Lido di Camaiore il 4 giugno 1954.

Fonti e Bibl.: Una fonte primaria sulla carriera militare di Savoia è reperibile presso l’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Aeronautica militare in Roma, fondo Personaggi, cartella 836 (raccoglie una sua biografia – dattiloscritta, anonima e non datata – e alcune riviste con articoli che trattano della sua carriera). L’unica sua biografia di una qualche ampiezza è quella di G. Evangelisti, Umberto Savoja pioniere del volo, Firenze 1992. Altre notizie si possono ricavare da L. Calderara - A. Marchetti, Mario Calderara. Aviatore e inventore, Firenze 1999, pp. 112-116, e da E. Lehmann, La guerra dell’aria. Giulio Douhet, stratega impolitico, Bologna 2013, pp. 17 s., 46, 97, 99, 105, 114.

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