UMBERTO III, conte di Moriana Savoia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

UMBERTO III, conte di Moriana Savoia

Paolo Buffo

UMBERTO III, conte di Moriana Savoia. – Nacque intorno al 1135 verosimilmente entro i domini sabaudi; la tradizione che lo vuole nato ad Avigliana non ha fondamenti documentari. Era verosimilmente il primo figlio avuto da Amedeo III, conte di Moriana, con la seconda moglie, Matilde dei conti di Albon.

Amedeo III morì a Nicosia (Cipro) nel 1148. Umberto, che già l’anno precedente si era associato a una rinuncia del padre a favore della Chiesa di Aosta, gli succedette nel titolo comitale sotto la tutela del vescovo di Losanna e abate di Hautecombe Amedeo; uscì dalla minore età entro il 1150, anno in cui il presule figura non più come tutore, ma solo come consigliere.

I primi anni della sua dominazione furono occupati dalla gestione dei rapporti con alcuni poteri locali, in Piemonte e in Vallese. Negli anni Trenta e Quaranta Amedeo III occupò a più riprese la città di Torino, i cui cives probabilmente approfittarono della sua morte per rendersi autonomi dal controllo degli Umbertini; nel 1149 Torino era collegata ai Comuni di Asti e Vercelli e i suoi consoli, in previsione di una guerra contro Umberto, strinsero un’alleanza con Ribaldo, signore di Rivalta. In Vallese furono regolati i rapporti fra la dinastia umbertina e l’abbazia di Saint-Maurice d’Agaune, ai cui monaci Amedeo III rimise nel 1128 il diritto di nomina del prevosto e in seguito fece importanti concessioni giurisdizionali, come pegno per l’ingente finanziamento da essi erogato in previsione della crociata nella quale avrebbe trovato la morte. Umberto e il vescovo di Losanna repressero l’usurpazione di Rinaldo, il fratello di Amedeo III allontanato nel 1128 dalla carica di prevosto, che dopo la morte del conte si appropriò di vari possedimenti dell’ente; nel 1150 Umberto riscattò da Saint-Maurice le giurisdizioni impegnate dal padre.

L’esperienza politica di Umberto fu condizionata, per quasi tutta la sua durata, dal confronto con il potere imperiale. Federico I, eletto re dei Romani nel 1152, avviò presto una serie di tentativi per recuperare un controllo effettivo non soltanto sul Regno italico, ma anche su quello di Borgogna, i cui poteri principeschi si procurarono, nella prima metà del secolo, un’autonomia rispetto al coordinamento imperiale non minore di quella delle civitates italiane. Già nel 1152 Federico intervenne nel Nord della regione rinsaldando l’alleanza con il duca Bertoldo IV di Zähringen, cui confermò il titolo, di ascendenza pubblica, di rector della Borgogna. Negli anni immediatamente successivi Bertoldo e il sovrano furono impegnati in un misto di azioni militari e negoziazioni intese al ripristino dell’egemonia imperiale su parte del regno. Umberto fu, in questa fase, tra gli esponenti di spicco dell’aristocrazia borgognona che offrirono il minore sostegno al programma di Federico I. Era probabilmente impegnato, a sua volta, in un tentativo di intromissione nella politica della Contea di Provenza, come dimostrerebbe il suo matrimonio, entro il 1152, con una Faidiva che la tradizione storiografica colloca entro la dinastia dei conti di Tolosa.

Faidiva morì poco più tardi senza figli e Umberto sposò, forse a metà degli anni Cinquanta, Gertrude, figlia di Thierry, conte di Fiandra; questo secondo matrimonio terminò, probabilmente anch’esso senza prole, entro l’inizio degli anni Sessanta. Una fonte narrativa posteriore sostiene che Gertrude, imprigionata da Umberto, fu fortunosamente liberata e che in seguito divorziò.

I rapporti fra Umberto e l’Impero peggiorarono ulteriormente dopo la prima spedizione italiana di Barbarossa, iniziata nel 1154. In quell’occasione l’imperatore, portatosi in Piemonte, trovò un alleato nel vescovo torinese Carlo, deciso a sfruttare la prossimità politica dell’Impero per costruire un dominio intorno alla civitas a scapito delle pretese umbertine e dell’autonomia di centri sottomessi come Chieri, che Federico assediò e devastò. Il sovrano fu raggiunto nella regione dal delfino Guigo V, nemico di Umberto, che gli prestò fedeltà e ottenne il permesso di istituire una zecca a Cesana, in alta valle di Susa, in concorrenza con quella segusina controllata dai Savoia.

Gli eventi degli anni 1154-55 inaugurarono una politica imperiale intesa a indebolire le egemonie regionali degli Umbertini sottraendo loro il controllo delle chiese urbane, nel contesto di una diffusa insofferenza dei vescovi rispetto ai tentativi di coordinamento espressi dai conti. Tale insofferenza emerse con chiarezza già nei decenni di Amedeo III e tornò a manifestarsi, per esempio, nel 1152, quando la Chiesa di Aosta ottenne da papa Eugenio III il riconoscimento di diritti di ascendenza pubblica sul comitato aostano, in parte confermati da Umberto stesso poco più tardi. Nell’età di Barbarossa l’incoraggiamento dato dall’Impero alle autonomie vescovili incentivò le contrapposizioni tra Umberto III e i vescovi delle diocesi sottoposte al suo dominio.

Nel 1156 Federico, che aveva acquisito un controllo diretto sulla Contea di Borgogna, indennizzò Bertoldo IV di Zähringen attribuendogli l’avvocazia imperiale per gli episcopi di Ginevra, Losanna e Sion. Nel 1159 accordò alla Chiesa torinese ampie concessioni, che comprendevano la giurisdizione pubblica sulla città e sulle dieci miglia circostanti, oltre al possesso di decine di curtes e castelli; alcuni dei diritti concessi, come le decime della valle di Susa e il controllo di Pinerolo e di S. Michele della Chiusa, ricadevano entro l’area di influenza umbertina. Le concessioni del 1159 posero le basi per il compattamento politico della pianura circostante la città entro un vero principato vescovile, che costituì, sino ai primi anni del Duecento, il più serio ostacolo alla penetrazione sabauda in Piemonte. Altri e più forti contrasti con vescovi delle Alpi occidentali riguardarono Umberto in anni di poco successivi.

Nei primi anni Sessanta quasi tutte le Chiese della regione alpina occidentale avevano aderito al fronte imperiale e appoggiavano Vittore IV; si mantenevano alleati di Barbarossa i Delfini, con cui Umberto era in guerra: una situazione che comportava il sostanziale isolamento del conte, il cui sostegno era intanto premiato da Alessandro III mediante il privilegio di non poter subire scomunica se non dal pontefice. Charles William Previté Orton data al 1162-63 la notizia, riferita da una fonte posteriore e difficilmente verificabile, della cattura di Umberto da parte di un fedele dell’Impero, il conte Gerardo di Mâcon, e del suo rilascio dietro pagamento di un riscatto.

Verso la metà del decennio l’isolamento di Umberto risultò almeno in parte superato. Bertoldo IV di Zähringen, i cui rapporti con l’Impero si erano raffreddati, si avvicinò al conte, che nel 1164 ne sposò la sorella Clemenza. È probabile che in quel-l’occasione Umberto abbia recuperato da Bertoldo il diritto a investire dei regalia i vescovi di Sion. Andava nel frattempo indebolendosi nella regione il fronte dei vescovi scismatici, alcuni dei quali riconobbero infine Alessandro III. L’allentarsi delle tensioni fra Umberto e l’Impero fu probabilmente facilitato anche dall’atteggiamento meno ostile di Barbarossa, che aveva constatato come il formale ripristino della funzionalità della Borgogna come circoscrizione pubblica non avrebbe inciso sul controllo di zone cruciali per l’intraprendenza militare dell’Impero e troppo saldamente sottoposte al dominio umbertino.

L’occasione per il decisivo avvicinamento fu offerta dalle difficoltà incontrate da Barbarossa nell’inverno del 1167-68, al termine della sua quarta campagna in Italia. Umberto, grazie forse alla mediazione di Guglielmo V di Monferrato e di Bertoldo IV di Zähringen, offrì al sovrano – il cui esercito, decimato dalle febbri, era bloccato tra forze ostili nella pianura Padana – una via d’uscita dall’Italia attraverso i suoi domini. Federico poté raggiungere la Borgogna attraverso il Moncenisio, non senza aver subito, nei territori umbertini, l’ostilità della popolazione di Susa.

Giovanni di Salisbury racconta che Umberto si fece promettere da Barbarossa, in quell’occasione, ingenti contropartite in termini pecuniari e giurisdizionali. Il conte, in ogni caso, raccolse ben presto i frutti del legame stabilito con l’Impero. Mentre possiamo solo supporre che, sul fronte transalpino, uno degli esiti del suo appoggio al sovrano in difficoltà fu il consenso di quest’ultimo al suo controllo dei regalia di Sion, è certo che l’assenza di contrasti con il fronte imperiale permise a Umberto di guadagnare, durante gli anni Settanta, importanti posizioni nel Piemonte occidentale. Nel 1172 aveva un proprio castellano a Miradolo; in un trattato del 1173 si sentì in grado di promettere una cessione dei luoghi, per il momento verosimilmente non controllati, di Torino, Cavoretto, Collegno e degli omaggi dei conti di Canavese e Castellamonte; nel 1176 un trattato di alleanza stipulato dai torinesi con i marchesi di Romagnano fece salvi l’imperatore e il conte; nello stesso periodo appartenevano alla sfera d’influenza di Umberto i luoghi di Avigliana, Pianezza, Rivalta e Carignano, acquisiti per occupazione o in virtù di omaggi feudali, la cui usurpazione fu denunciata in anni successivi dalla Chiesa torinese. L’egemonia ottenuta sulle basse valli di Susa e Chisone fu consolidata potenziando i legami con gli enti religiosi dell’area, come S. Antonio di Ranverso e S. Maria di Pinerolo, cui Umberto concesse doni ed esenzioni intorno al 1180. Sempre nell’ambito dell’adesione al fronte imperiale il conte fu impegnato, insieme con Guglielmo V di Monferrato, in un conflitto con il Comune di Asti; probabilmente a questi anni si riferisce la notizia della cattura di mercanti astigiani entro i domini umbertini.

Nel 1171 i rapporti non conflittuali tra Federico I e il re d’Inghilterra Enrico II, che condivideva con Umberto l’ostilità verso Raimondo V di Tolosa, facilitarono l’avvio di negoziazioni che avrebbero condotto a un’alleanza matrimoniale tra Enrico e il conte. L’accordo fu stretto intorno al 1173, anno in cui i due parteciparono in Alvernia a un trattato di pace con Raimondo V: Giovanni, figlio del re (il futuro Giovanni Senzaterra), avrebbe sposato la maggiore delle due figlie di Umberto, Alice; se Umberto non avesse avuto figli maschi, Alice avrebbe trasmesso al marito tutto il suo comitatus in cambio di un ingente indennizzo pecuniario; in caso contrario avrebbe portato in dote un vasto insieme di giurisdizioni tra Borgogna e Piemonte. Il trattato non ebbe seguito a causa della morte di Alice, avvenuta entro il 1178.

Umberto sostenne attivamente Barbarossa nella sua quinta campagna italiana. Nel 1174 l’imperatore raggiunse l’Italia attraverso il Moncenisio, punì gli abitanti di Susa devastando il centro, ma risparmiando il castello comitale, sottomise Torino e Asti. L’anno successivo il conte partecipò entro la comitiva imperiale ai negoziati di Montebello con le città nemiche. Restò legato al fronte imperiale anche dopo la sconfitta da questo subita a Legnano nel 1176 e approfittò del sostegno di tale schieramento per proseguire la sua politica di intervento nei territori subalpini. Il persistere di una sintonia con Barbarossa è dimostrato dal matrimonio celebrato probabilmente nel 1177 tra Umberto, rimasto nuovamente vedovo, e Beatrice, figlia del conte Gerardo di Mâcon, il principale sostenitore dell’Impero in Borgogna. I rapporti con il sovrano erano forse ancora buoni nel 1183, quando Umberto comparve tra i principi che avrebbero dovuto giurare l’osservanza degli accordi stipulati con il fronte comunale a Pavia.

Il periodo di collaborazione tra Umberto e Barbarossa non comportò un significativo miglioramento dei rapporti fra il conte e quelle Chiese cittadine con cui gli Umbertini erano in conflitto per il controllo di prerogative pubbliche. È probabile che negli anni Sessanta e Settanta Umberto derogasse alle rinunce che egli stesso e suo padre avevano eseguito, intorno al 1150, a favore della Chiesa di Aosta; i canonici sentirono infatti la necessità di ottenerne una nuova conferma mediante un privilegio pontificio, nel 1175, e l’ampiezza che nel decennio successivo assunse il conflitto giurisdizionale tra i due poteri è desumibile dall’entità delle concessioni che poco dopo la morte di Umberto il figlio Tommaso I accordò all’episcopio. È meglio documentato il contrasto fra Umberto e Antelmo, vescovo di Belley, che rivendicava diritti pubblici legati soprattutto all’esercizio della giustizia; il presule, che non esitò a scomunicare Umberto malgrado l’esenzione riconosciutagli da Alessandro III, ottenne nel 1175 da Federico I il riconoscimento dei regalia, ma Umberto si appropriò nuovamente di diritti spettanti a quella Chiesa dopo la sua morte, avvenuta nel 1178. Un’ulteriore controversia, che opponeva il conte alla Chiesa di Sion, fu chiusa nel 1179 con la mediazione dell’arcivescovo di Tarentaise: i limiti reciproci fra le giurisdizioni comitale e vescovile furono riportati alla situazione del 1147 e Umberto trattenne il diritto di investitura dei regalia.

I contrasti con i poteri vescovili ebbero un peso fondamentale nel peggioramento dei rapporti fra Umberto e Barbarossa, riscontrabile a partire dal 1184. In quell’anno il legato imperiale in Italia condannò in contumacia il conte per avere occupato la giurisdizione reclamata dal vescovo di Torino Milone nel luogo di Pianezza. L’anno successivo Milone accusò Umberto di aver violato la fedeltà vassallatica cui era obbligato nei confronti della Chiesa torinese e ottenne dal legato un ordine di restituzione all’episcopio di una serie di giurisdizioni, controllate da Umberto, che si ritenevano feudali, come quelle di Avigliana e Rivalta. Nel 1186 Barbarossa assecondò le pretese dell’arcivescovo di Tarentaise riconoscendogli i regalia e assolvendolo da ogni vincolo nei confronti di Umberto.

L’appoggio accordato dal sovrano ai vescovi della regione alpina occidentale e il parallelo allontanamento da Umberto sono stati spiegati da Previté Orton con la necessità, da parte di Federico I, di rendere effettivo e non intermittente il controllo sui collegamenti viari tra Italia, Borgogna e Germania, dopo che il matrimonio del futuro Enrico VI e di Costanza d’Altavilla aveva aperto la strada all’esercizio di un’influenza sul Regno di Sicilia. In verità troppo precaria fu l’intesa, raggiunta nel 1168, tra una dinastia comitale abituata a muoversi in totale autonomia nella politica piemontese e borgognona e un sovrano che non rinunciò mai – come prova la sua incoronazione a re di Borgogna nel 1178 – a rendere effettivo, di là dalle provvisorie convergenze politiche con l’inaffidabile potere umbertino, il suo controllo sulla Borgogna intesa come circoscrizione pubblica nell’ambito dell’Impero.

L’atteggiamento di Barbarossa nei confronti di Umberto trova puntuali corrispondenze nelle vicende di Guglielmo I, conte di Ginevra, che nel 1186 fu sottoposto al bando imperiale per avere usurpato le prerogative della Chiesa ginevrina. Il bando colpì, quello stesso anno o all’inizio del successivo, anche Umberto, che fu dichiarato nemico pubblico per non aver risposto degli attacchi da lui inferti ai diritti dell’episcopio di Torino. Nell’ottobre del 1187 Enrico VI prese e devastò il castello comitale di Avigliana. La perdita di questo e altri luoghi durante gli ultimi anni della vita di Umberto non annullò del tutto il radicamento da lui conseguito nel Piemonte occidentale e non giustifica l’unanimità con cui la tradizione erudita ha ritenuto disastrosi gli esiti delle sue politiche.

Morì il 4 marzo 1189 e fu sepolto nell’abbazia cistercense di Hautecombe. Gli succedette nel titolo comitale il solo figlio maschio, Tommaso I, avuto da Beatrice di Mâcon; da Clemenza di Zähringen aveva avuto, oltre alla già menzionata Alice, Sofia, che andò in sposa al marchese d’Este Azzo VI.

Come i predecessori portò il titolo di conte di Moriana (introdotto nella documentazione da Amedeo III) e di marchese in Italia (adottato a partire da Umberto II). Dagli anni Settanta la documentazione prodotta per Umberto incominciò a usare, come comitato eponimo, la Savoia in alternanza con la Moriana: alternanza riscontrabile, nello stesso periodo, anche nelle fonti narrative. Negli anni finali del secolo, peraltro, la titolatura comitale si formalizzò provvisoriamente a vantaggio dell’espressione comes Mauriannensis et Italie marchio.

Umberto III fu dichiarato beato da Gregorio XVI nel 1838. La devozione di cui fu fatto oggetto in età moderna non dipese tanto da azioni storicamente documentate – come le consuete donazioni agli enti religiosi che sorgevano entro i suoi domini, per esempio la certosa di Allion da lui fondata – quanto dall’immagine che del personaggio costruirono, nel Quattrocento, le Chroniques de Savoie.

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