Ultimo tango a Parigi

Enciclopedia del Cinema (2004)

Ultimo tango a Parigi

Emanuela Martini

(Italia/Francia 1972, colore, 126m); regia: Bernardo Bertolucci; produzione: Alberto Grimaldi per PEA/Artistes Associés; sceneggiatura: Bernardo Bertolucci, Franco Arcalli; fotografia: Vittorio Storaro; montaggio: Franco Arcalli, Roberto Perpignani; scenografia: Ferdinando Scarfiotti; costumi: Gitt Magrini; musica: Gato Barbieri.

Sui titoli di testa, due dipinti di Francis Bacon. Un maturo americano, Paul, cammina in una strada di Parigi; una ragazza, Jeanne, lo supera ed entra in un palazzo per vedere un appartamento sfitto. Nell'appartamento incontra ancora Paul, girano per le stanze, scambiano poche parole, all'improvviso fanno l'amore. Dopo, lei gli chiede come si chiami, ma l'uomo rifiuta di dirglielo e le propone un patto: affitteranno l'appartamento, dove si incontreranno senza sapere niente l'uno dell'altra, solo per fare l'amore. Jeanne accetta, esce e torna alla propria vita. Figlia di un ufficiale morto in Algeria nel 1958, è fidanzata con Tom, un giovane regista televisivo. Si sposeranno tra poco. Paul, invece, dopo una vita avventurosa, ha sposato la proprietaria di un alberghetto equivoco, Rosa, che si è appena suicidata. Nell'albergo vive anche Marcel, che da anni era l'amante di Rosa. Per tre giorni, gli incontri di Paul e Jeanne si susseguono; il sesso tra di loro si fa sempre più violento, Jeanne si innamora di Paul, che un giorno la sodomizza, pronunciando contemporaneamente un'invettiva contro la famiglia borghese e i suoi valori. Dopo un monologo davanti al cadavere di Rosa, Paul è come liberato. Raggiunge Jeanne per strada, tenta di raccontarle la propria storia, le dice di amarla. Vanno in un locale dove è in corso una gara di tango, si ubriacano mentre Paul continua a raccontare e Jeanne è sempre più delusa dalla 'normalità' dell'uomo; tentano di ballare e vengono cacciati. Jeanne scappa, Paul la insegue fino a casa, le parla, si mette il kepì del padre. Jeanne gli spara. Dirà che era uno sconosciuto, che l'ha seguita e aggredita.

Un uomo e una donna che non si conoscono; un appartamento sfitto e malandato a Passy, nel cuore di Parigi; tre giorni d'amore, senza riferimenti personali, senza nomi, senza i limiti imposti da una storia sentimentale che ha un passato e un futuro. I due protagonisti di Ultimo tango a Parigi consumano sullo schermo ogni possibile fremito, grido, dissacrazione, disillusione, tradimento. Storia antica, quella raccontata da Bernardo Bertolucci nel 1972, nel film che lo consacrò 'autore' a pieno titolo (fu applaudito dalla critica internazionale e anche da quella italiana, che era stata piuttosto guardinga davanti ai suoi film precedenti; ebbe un enorme successo di pubblico; fu sequestrato dalla censura, condannato al rogo, finalmente riabilitato con una sentenza di non oscenità del 1987, e lo stesso anno rieditato). Una storia che fa deflagrare il connubio classico di eros e thanatos, aggiornandolo alle inquietudini della sessualità e del desiderio di una generazione in cerca di nuovi valori e di nuova vita; che riprende e in parte rovescia la dinamica carnefice-vittima che già animava Il conformista; che consente al regista di riscrivere con la lingua del cinema moderno il genere più amato (o connaturato, per origine, formazione e gusto), il melodramma che in quei decenni viveva la propria epoca di maggiore sfortuna.

Stilizzato nei contenuti, sontuoso nella forma (carrelli, dolly che giocano intorno ai personaggi nello spazio chiuso, mentre persino i momenti a macchina fissa assumono un sapore avvolgente), Ultimo tango a Parigi è il film della modernità, nel quale l'autore (allora trentunenne) fa i conti con culture e famiglie, quella naturale e quelle cinematografiche dell'Actors' Studio di Brando e della Nouvelle vague di Léaud-Truffaut-Godard, con il contraddittorio senso di liberazione e assolutismo della sua generazione (incarnato dal personaggio volatile, ambiguo e infine rinunciatario di Jeanne), con il senso di morte che già circola nell'aria e che è implicito nell'atto del filmare. L'appartamento di rue Jules Verne è il limbo senza storia nel quale Paul e Jeanne mettono in scena l'amore nella sua forma quintessenziale: sconosciuti, senza sapere nemmeno i rispettivi nomi, guidati dalla curiosità di lei e dalla disperazione di lui, osano tutto e attraversano fulmineamente tutte le fasi della passione e della conoscenza, dalla scoperta dei corpi all'allegria complice, dall'esaltazione del dolore (la reciproca sodomizzazione) alle confessioni intime, dall'innamoramento al disinteresse. Fuori dall'appartamento, la vita quotidiana ci rivela ciò a cui i protagonisti tentano di sfuggire: per Jeanne, una famiglia borghese, un'assenza paterna, un fidanzato regista che si muove (e la macchina da presa di Bertolucci con lui) con la disinvoltura agile e sfaccendata del cinema-verità; per Paul, la vita un po' squallida di un avventuriero in pensione, un albergo da quattro soldi, una moglie che si è appena suicidata, lo 'specchio' rappresentato dall'alter ego che vive nella stanza accanto, l'amante della moglie, altrettanto anziano e triste, con una vestaglia uguale alla sua. Come vorremmo essere (spregiudicata lei, 'maledetto' lui) e come siamo davvero (una ragazza borghese che non vuole abbandonare la propria vita, un poveraccio attempato, tradito, abbandonato): Ultimo tango a Parigi ci racconta anche questo, l'impossibilità di aderire al sogno, e la capacità del cinema di svelare le rughe distorte della vita, ma anche di continuare, nono-stante tutto, a creare mito. Marlon Brando resterà sempre Marlon Brando, anche con la faccia segnata del suo primo incontro con Jeanne, anche nella disarmata malinconia del suo dialogo con Massimo Girotti, un altro 'bellissimo' che non esita a rivelare vecchiaia e stanchezza. Ma il tango che si balla nel locale parigino non è più quello, sensuale e corale, che si danzava due anni prima in Il conformista. I ballerini della gara di tango sono maschere di perfezione meccanica, in mezzo ai quali si insinua la fisicità disordinata dei due protagonisti, che scompigliano, provocano, ma non ne alterano la perfetta coordinazione. L'esterno è la minaccia che infine si concretizza e dissolve ogni illusione.

Accadeva nel 1972. Trent'anni dopo, a Parigi, la memoria ha fatto il proprio lavoro e dall'esterno, per una volta, può invece irrompere la vita. Nel 2003, The Dreamers percorre una strada coincidente e contraria a quella di Ultimo tango a Parigi: l'amore tra tre ragazzi in una grande casa vuota, la scoperta del sesso, il desiderio di morte, lo sgretolarsi degli assoluti. Sull'orlo della tragedia, un sasso rompe un vetro e i tre protagonisti scendono in strada in mezzo alla vita. Riconciliato con la propria storia, Bernardo Bertolucci apre The Dreamers con un movimento di macchina discendente analogo a quello di Ultimo tango a Parigi e lo chiude con un atto di ribellione al destino. Accada quel che accada, gli entusiasmi della Storia e della giovinezza (cinema compreso) non vanno rinnegati.

Interpreti e personaggi: Marlon Brando (Paul), Maria Schneider (Jeanne), Jean-Pierre Léaud (Tom), Massimo Girotti (Marcel), Maria Michi (madre di Rosa), Giovanna Galletti (prostituta), Catherine Allegret (Catherine), Marie-Hélène Breillat (Monique), Catherine Breillat (Mouchette), Veronica Lazare (Rosa), Luce Marquand (Olimpia), Gitt Magrini (madre di Jeanne).

Bibliografia

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E.A. Kaplan, The importance and ultimate failure of 'Last Tango in Paris', in "Jump Cut", n. 4, November 1974.

A. Barr, The better to see…: improbable vision in 'Last Tango in Paris', in "Film criticism", n. 2, Winter 1983.

R. Escobar, Un grande film, quindici anni fa, in "Cineforum", n. 262, marzo 1987.

F. De Bernardinis, M. W. Bruno, 'Ultimo tango a Parigi' 1972-2002, in "Segnocinema", n. 113, 2002.

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