VIVALDI, Ugolino e Vadino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

VIVALDI, Ugolino

e Vadino
Francesco Surdich

– I due fratelli nacquero a Genova attorno al 1260 da Amighetto, appartenente al ramo della famiglia Vivaldi derivante da Guglielmo, figlio di Robaldo. Sua moglie era Giovannina, figlia di Giovanni Zaccaria, dalla quale ebbe anche i figli Corrado e Gabriele.

La fama di Ugolino e Vadino si deve a una loro impresa: nel maggio del 1291 partirono da Genova per una spedizione al di là dello stretto di Gibilterra dalla quale non fecero più ritorno, ma di cui continuò a lungo a sopravvivere il ricordo, alimentando svariate e contrastanti ipotesi sul suo sviluppo e sul suo epilogo.

Altri dati sulle vicende familiari dei fratelli Vivaldi e sulla consistenza della loro attività commerciale e del loro patrimonio nel periodo immediatamente precedente tale impesa desumibili dagli atti notarili dell’Archivio di Stato di Genova sono stati reperiti da Charles de La Roncière e Paolo Revelli; mentre nel 1972 Gillian Moore avrebbe ricavato sempre da questo tipo di fonti indicazioni utili per avanzare nuove ipotesi sulle navi della spedizione.

Ancora all’inizio dell’Ottocento, relativamente alla spedizione dei Vivaldi si conoscevano soltanto le poche indicazioni contenute in tre cronache cinquecentesche della storia di Genova redatte da Agostino Giustiniani, Pietro Bizzarri e Oberto Foglietta, oltre a un accenno piuttosto confuso del Conciliator differentiarum di Pietro d’Abano, compreso in un brano riguardante il problema dell’abitabilità delle zone torride; ma nel corso dell’Ottocento emersero via via ulteriori informazioni di varia attendibilità sulle vicende della spedizione.

Da un manoscritto degli Annales Januenses ignoto a Ludovico Antonio Muratori si venne a sapere che nel maggio del 1291 Ugolino e Vadino, portando con loro anche due frati minori, si erano imbarcati nel porto di Genova con alcuni concittadini, dopo aver armato due galee provviste di tutto il necessario per compiere «un certo viaggio, che niuno sino ad allora erasi attentato minimamente di fare», dirigendosi «verso lo stretto di Setta, acciò che andassero attraverso il mare Oceano alle parti dell’India e di là portassero utili mercanzie», cosa che apparve «invero mirabile non solo a quelli che la videro, ma anco a quelli che l’ascoltarono»: «dopo che passarono il luogo che dicesi Gozora – come precisa il cronista, riferendosi al limite dell’Africa tropicale ancora sconosciuta, tra Safi e il Bambouk aurifero, più o meno di fronte alle Canarie –, di loro non si ebbero più notizie certe. Ma che il Signore li custodisca e li riconduca a casa sani e incolumi!» (Annali genovesi..., 1930, pp. 28 s.).

Fu George Heinrich Pertz, che stava attendendo all’edizione degli Annales Januenses per i Monumenta Germaniae Historica, a reperire un brano compilato da Jacopo D’Oria, mancante nell’edizione curata nel 1723 per i Rerum Italicarum Scriptores e compresa invece nel codice degli Annales allora conservato a Parigi: un brano di estrema importanza per la storia della spedizione dei Vivaldi, data la contemporaneità della sua redazione rispetto agli avvenimenti narrati (D’Oria consegnò la sua cronaca alla Repubblica di Genova nel luglio del 1294) e lo stretto legame di parentela fra il suo compilatore e l’armatore della spedizione, lo zio Tedisio D’Oria (Pertz, 1859). La fonte era già stata peraltro segnalata nel 1845, da Giovanni Maria Canale che la aveva reperita in un altro manoscritto degli Annales Januenses, quello conservato presso la Biblioteca reale di Torino, senza però che la notizia avesse avuto la necessaria diffusione.

Secondo un manoscritto quattrocentesco reso noto già nel 1802, inoltre, almeno alcuni membri della spedizione poterono raggiungere la costa orientale dell’Africa.

Uno studioso svedese, Gräberg de Hemsö, segnalò, dandone una sommaria descrizione e pubblicandone alcune parti, l’esistenza di un manoscritto della seconda metà del Quattrocento, noto come Itinerarium Antonii Ususmaris conservato nella Biblioteca universitaria di Genova (B. I 36, c. 9r e 10r; Olivieri, 1855, pp. 65-67; Canale, 1866, pp. 318-336). Nella prima parte di questo testo, sulla base di alcune notizie riferite da «mercatores Ethiopiani in civitate carii» (Il Cairo) si avanzava l’ipotesi che, dopo il naufragio di una delle galee all’altezza del golfo di Guinea, almeno alcuni membri della spedizione dei fratelli Vivaldi avessero potuto raggiungere la costa orientale dell’Africa, «ad civitatem unam Ethiopiae nomine Menam», situata «prope flumen Sion», dove i superstiti sarebbero stati trattenuti da un re cristiano, il Prete Gianni. La seconda parte di questo codice proponeva il testo di una lettera che il navigatore genovese Antoniotto Usodimare avrebbe indirizzato il 12 dicembre 1455 ai creditori residenti a Genova per informarli dei suoi viaggi in Guinea e nei territori circostanti, ricordando anche che nel corso del suo primo viaggio si era imbattuto all’altezza del golfo di Guinea in un discendente dei superstiti della spedizione dei Vivaldi naufragata in quell’area circa centosettant’anni prima.

Inoltre, a prescindere dalla veridicità o meno degli episodi richiamati, sono emersi – ad attestare la diffusione e persistenza del ricordo di questa impresa nel mondo mediterraneo – dati a proposito di un viaggio compiuto da Sorleone Vivaldi, figlio di Ugolino, sino alle coste somale, alla ricerca del padre e dello zio.

Ciò fu reso noto nel 1877 grazie alla pubblicazione, da parte dello studioso spagnolo Marco Jimenez de la Espada, del Libro del conoscimiento..., singolare resoconto di un viaggio immaginario attribuito a un francescano spagnolo, composto con tutta probabilità nella seconda metà del XIV secolo, nel quale si parla del naufragio della spedizione ma anche del viaggio di Sorleone (Libro del conoscimiento..., 1877, pp. 53, 67 s.). L’esistenza di quest’ultimo risultò confermata pochi anni dopo da alcuni atti notarili dell’Archivio di Stato di Genova, rogati da Ambrogio da Rapallo il 17 marzo 1302, segnalati da Luigi Tommaso Belgrano (1881).

In tempi recenti, infine, richiamando l’attenzione su una sezione intitolata Ystoria Ethiopie della Cronica generalis sive universalis del domenicano milanese Galvano Fiamma, nella quale erano state riferite svariate notizie relative all’Etiopia ricavate dal Tractatus de mappa Ianuensi quam composuit sacerdos Sancti Marchi de Ianua redatto da Giovanni da Carignano, Paolo Chiesa (2018, pp. 100-107) ha riproposto l’ipotesi secondo la quale almeno una parte dei marinai della spedizione Vivaldi sarebbero arrivati in Etiopia dove sarebbero stati fatti prigionieri alimentando notizie sulla loro sorte diffusesi nel Mediterraneo all’inizio del Trecento attraverso non meglio precisate fonti etiopiche.

Del tentativo dei Vivaldi la storiografia, tranne poche eccezioni, ha proposto a lungo un’interpretazione rivolta prevalentemente a una sua ricostruzione in senso romantico ed eroico, mentre si trattò di un’impresa senza dubbio eccezionale soprattutto per il realismo di quanti la concepirono, la prepararono e la realizzarono con la precisa consapevolezza delle nuove esigenze da affrontare e da risolvere, maturate nell’ambiente mercantile e marinaro genovese della seconda metà del Duecento, sulla spinta soprattutto di precise urgenze di carattere pratico: «... non un folle volo – come sottolineava nel 1933 Roberto Sabatino Lopez alludendo all’ipotesi, avanzata anche in seguito da diversi studiosi, di un collegamento fra questa vicenda e il canto dantesco dedicato a Ulisse (Revelli, 1925, p. 41; Nardi, 1942, pp. 89-99; Cioranescu, 1954, pp. 25 s.; Rogers, 1955, pp. 31-45) – ma una spedizione commerciale in piena regola, dove all’ardimento s’accoppiava il calcolo preciso delle percentuali che sarebbero toccate agli organizzatori...» (Lopez, 1933, p. 44).

La monografia più organica e argomentata resta quella di Alberto Magnaghi (1936). I fratelli Vivaldi non avrebbero tentato di circumnavigare l’Africa, impresa a suo parere sconsigliabile e prematura a quell’epoca per più motivi, ma, come lo studioso ha cercato di dimostrare confutando soprattutto le argomentazioni addotte a questo riguardo da Rinaldo Caddeo (Le navigazioni atlantiche di Alvise da Ca da Mosto, Antoniotto Usodimare, Niccoloso da Recco, Milano 1928), avrebbero tentato, due secoli prima di Cristoforo Colombo, di aprire una nuova via verso le Indie, obiettivo che per Magnaghi non era affatto da considerare impossibile per la fine del Duecento, quando era piuttosto diffusa la convinzione, riconducibile alla tradizione classica riproposta proprio in quel periodo dagli studi e dalle opere di Alberto Magno e Ruggero Bacone, dei matematici e geografi arabi, di Brunetto Latini, Cecco d’Ascoli e altri ancora, che l’Asia si estendesse notevolmente in longitudine.

Fonti e Bibl.: Libro del conoscimiento de todos los reynos y tierras y señoríos que son por el mundo..., a cura di M. Jimenez de la Espada, Madrid 1877; Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori. IX. Jacopo D’Oria (parte seconda), Genova 1930, pp. 28 s.

G. Gräberg de Hemsö, Storia della geografia dalla sua origine fino al secolo Decimonono, in Annali di geografia e di statistica, II (1802), pp. 280-291; M.G. Canale, Degli antichi navigatori e scopritori genovesi, Genova 1846, p. 6; A. Olivieri, Carte e cronache manoscritte per la storia genovese esistenti nella Biblioteca della R. Università Ligure, Genova 1855, pp. 65-67; G.H. Pertz, La plus ancienne tentative pour arriver à la découverte de la route aux Indes orientales en l’année 1291, in Nouvelles Annales de voyages, III (1859), pp. 257-272; M.G. Canale, Storia del commercio, dei viaggi, delle scoperte e carte nautiche degli Italiani, Genova 1866, pp. 318-336; L.T. Belgrano, Note sulla spedizione dei fratelli V. nel MCCLXXXI, in Atti della Società ligure di storia patria, XV (1881), pp. 317-327; Ch. de La Roncière, La découverte de l’Afrique au Moyen Age. Cartographes et explorateurs, I, Il Cairo 1924-1925, p. 50 ss.; P. Revelli, La Liguria nell’opera di Dante, in Dante e la Liguria, Milano 1925, p. 41; R.S. Lopez, Genova marinara nel Duecento. Benedetto Zaccaria, ammiraglio-mercante, Messina-Milano 1933, p. 44; A. Magnaghi, Precursori di Colombo? Il tentativo di viaggio transoceanico dei genovesi fratelli V. nel 1291, Roma 1936; P. Revelli, Cristoforo Colombo e la scuola cartografica genovese, Genova 1937, p. 441 ss.; J. De Freitas Ribeiro, Ligeiro coméntario a o tentativo de viagem dos genoveses irmāos V., in Boletim da Sociedad de Geografia de Lisboa, LVII (1939), pp. 533-535; A. Magnaghi, Il tentativo di viaggio transatlantico dei V. (1291) secondo un recente giudizio portoghese, in Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino. Classe di scienze morali, storiche e filosofiche, LXXV (1939-1940), pp. 317-363; B. Nardi, La tragedia di Ulisse, in Id., Dante e la cultura medievale, Bari 1942, pp. 89-99; A. Cioranescu, Dante y las Canarias, in Estudios de literatura española y comparada, 1954, pp. 25 s.; F.M. Rogers, The V. Expedition, in Annual Report of the Dante Society, LXXIII (1955), pp. 31-45; G. Moore, La spedizione dei fratelli V. e nuovi documenti d’archivio, in Atti della Società ligure di storia patria, LXXVI (1972), pp. 387-402; G. Ferro, I navigatori portoghesi sulla via delle Indie, Milano 1974, ad ind.; F. Surdich, Gli esploratori genovesi del periodo medievale, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, Genova 1975, pp. 41-61 (con un ricco apparato bibliografico); Id., I fratelli V., in Le Americhe annunciate. Viaggi ed esplorazioni liguri prima di Colombo, a cura di I. Luzzana Caraci, Reggio Emilia 1991, pp. 59-71; Ianuenses / Genovesi. Uomini diversi, nel mondo spersi (catal.), a cura di G. Olgiati, Genova 2010, pp. 43-48; P. Chiesa, Galvano Fiamma e Giovanni da Carignano. Una nuova fonte sull’ambasceria etiopica a Clemente V e sulla spedizione oceanica dei fratelli V., in Itineraria, XVII (2018), pp. 63-108 (in partic. pp. 100-107); A. Quartapelle, El «loco vuelo» de los hermanos en 1291, in Revista de historia canaria, CC (2018), pp. 227-249.

e

Vadino

TAG

Accademia delle scienze di torino

Monumenta germaniae historica

Ludovico antonio muratori

Roberto sabatino lopez

Luigi tommaso belgrano