ZAGATO, Ugo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZAGATO, Ugo

Alessandro Sannia

– Nacque a Gavello, in provincia di Rovigo, il 25 giugno 1890, ultimo di sei fratelli, in una famiglia contadina di umili condizioni. Quando venne alla luce, suo padre era già morto.

Nel 1905, lasciò il paese natale per lavorare in una piccola azienda metallurgica di Colonia, in Germania, seguendo così la sua passione per la meccanica. Vi rimase per quattro anni, fino a che non fu costretto a rientrare in Italia per assolvere all’obbligo del servizio militare di leva, che svolse presso il 3º reggimento bersaglieri a Livorno. Al termine del periodo si trasferì a Milano e poi a Varese, dove trovò impiego, grazie alla sua esperienza nella lavorazione dei metalli, presso la Carrozzeria Belli, un’antica fabbrica di carrozze che stava gestendo la transizione verso l’automobile. Il titolare, l’ingegner Carlo Belli, riconobbe nel giovane Zagato le doti di un professionista promettente e lo istruì nel disegno tecnico, arrivando a promuoverlo fino al livello di capo-officina e spingendolo a frequentare la scuola serale di disegno industriale del Regio Istituto tecnico Santa Marta (oggi Istituto di istruzione superiore Carlo Cattaneo) a Milano. Nel capoluogo conobbe Amelia Bressello, che proveniva anche lei dalla medesima zona del Veneto e che sarebbe poi diventata sua moglie, e con la quale nel 1921 ebbe Elio e nel 1929 Gianni.

Con lo scoppio della prima guerra mondiale venne precettato con alcuni suoi collaboratori per lavorare nella nascente industria aeronautica, a Torino, presso la Fabbrica aeroplani ing. O. Pomilio. In questo modo Zagato non fu impiegato in operazioni militari e, allo stesso tempo, maturò una grandissima esperienza nelle lavorazioni leggere ma resistenti richieste dagli aerei, che poi in tempo di pace saprà abilmente riproporre sulle automobili. Diede anche prova di ottime doti organizzative, passando da una produzione di pochi aerei al mese ad alcuni alla settimana. Questo, grazie alle clausole del suo contratto a cottimo, gli consentì anche di accumulare un piccolo capitale da investire successivamente quando, nel 1919, si sentì ormai pronto per mettersi in proprio e aprì la sua prima bottega di carrozziere a Greco Milanese (un sobborgo di Milano poi inglobato nella città), in via Francesco Ferrucci, con l’aiuto di un solo battilastra. Attirò presto l’attenzione di un gruppo di investitori, che gli propose di realizzare un’impresa di dimensioni decisamente maggiori, garantendogli il necessario apporto di capitali. Nel 1923, dunque, venne fondata la Società anonima Ugo Zagato, con sede in un moderno stabilimento in viale Brianza 10. Soci finanziatori erano Giuseppe Gasparini e il senatore Aldo Finzi, il cui fratello Gino assunse l’incarico di presidente; la compagine degli investitori aveva anche i giusti contatti per garantire all’azienda importanti commesse dall’Alfa Romeo, che iniziarono con la collaborazione per lo sviluppo della 6C 1500. Questo garantì successo e notorietà e permise alla produzione di crescere rapidamente, estendendosi ai principali châssis del tempo – Diatto, FIAT, Isotta-Fraschini, Itala, OM e persino Rolls-Royce – che Zagato allestiva con carrozzerie che andavano dai modelli di lusso a, soprattutto, quelli sportivi. Proprio i risultati ottenuti in gara delle vetture carrozzate da Zagato contribuirono maggiormente al successo e alla visibilità dell’azienda, ma la gestione finanziaria non si dimostrò alla stessa altezza di quella tecnica. Dunque, anche a causa degli effetti della crisi economica del 1929, che in Italia giunsero con un certo ritardo ma colpirono ugualmente, soprattutto la produzione dei beni di lusso, la Zagato subì un tracollo dal quale non sembrava potersi risollevare. I soci che detenevano allora la maggioranza – Cesare Francia, Aurelio Moro e la baronessa Ruby Nalderl – furono costretti a porla in liquidazione nel 1932 e, con una mossa alquanto azzardata, ne rilevarono contestualmente stabilimento e maestranze per fondare l’indomani la Carrozzeria Brianza (dal nome del luogo dove aveva sede, in corso Brianza 10).

Ugo Zagato fu coinvolto nella nuova iniziativa. Gli azionisti gli offrirono, infatti, gratuitamente una quota di minoranza per garantirsi il suo ruolo di direttore tecnico. Tuttavia, egli decise di tirarsi indietro quasi subito, contando sulla promessa dell’Alfa Romeo di affidargli la produzione delle carrozzerie per la 6C 1750 berlina. Con questa prospettiva trovò alcuni finanziatori per rilevare da Vittorio Ascari (il fratello del famoso pilota Antonio) la Carrozzeria Dux e, dunque, aprire nel medesimo locale di via Marco Ulpio Traiano 38 (proprio davanti allo stabilimento Alfa Romeo del Portello) la Anonima carrozzeria Ugo Zagato & C. In realtà, la commessa dell’Alfa Romeo non sarebbe mai arrivata e nel 1934 Zagato fu costretto nuovamente a chiudere.

Ritornò brevemente alla Carrozzeria Brianza come consulente, ma poi riuscì a convincere Teresa Johnson a finanziare la costituzione della Carrozzeria italiana La Zagato, con sede in un’officina in corso Sempione 25. La nuova attività partì molto in sordina, limitandosi inizialmente alla sola riparazione di vetture danneggiate. Sempre su châssis usati, però, tornò presto a costruire qualche vettura sportiva, ottenendo fiducia dalla Scuderia ambrosiana e dalla Scuderia fiorentina de Rham grazie alla sua abilità nel realizzare carrozzerie leggerissime. Applicando le competenze maturate ai tempi delle costruzioni aeronautiche, infatti, si specializzò nella lavorazione dell’alluminio, divenendone uno dei massimi specialisti italiani. Ne derivò, alla fine degli anni Trenta, anche una fortunata serie di barchette (vetture da competizione con carrozzeria aperta) su base Fiat 500 Topolino, sovente in collaborazione con la SIATA (Società Italiana Applicazioni Tecniche Auto-Aviatorie), azienda torinese specializzata in componentistica per le auto da corsa.

Con la chiusura della Carrozzeria Brianza, nel 1938, acquisì anche la commessa, non illustre ma certamente remunerativa, per le cabine degli autocarri Isotta-Fraschini. La crescita dei profitti gli consentì comunque di rilevare dalla Johnson il pacchetto di maggioranza della società per diventarne unico proprietario, trasferendola al contempo in un locale più grande dall’altro lato della strada, in corso Sempione 27.

Durante la seconda guerra mondiale la fabbrica fu completamente distrutta dai bombardamenti che colpirono duramente la città di Milano. Zagato, sfollato a Saronno, fu costretto a ricominciare tutto da zero, facendo piccoli lavori di riparazione. Tornò a Milano a guerra finita e costruì una nuova fabbrica in via Giovanni Battista Giorgini 16.

La produzione ripartì rapidamente, grazie anche al contributo di suo figlio Elio, buon pilota, che portò nella nuova carrozzeria del padre una nuova clientela sportiva. Accanto alle cabine per gli autocarri Isotta-Fraschini, dunque, apparvero nuovamente carrozzerie leggere e aerodinamiche per vetture da competizione. Inoltre, sviluppò la Panoramica, che sfruttava la recente tecnologia delle lastre trasparenti in Perspex, una novità del dopoguerra, per creare ampie superfici curve, altrimenti impossibili con il vetro. Il sistema fu applicato con successo a diverse tipologie di vetture, dalle Fiat 500 Topolino e 1100, Lancia Ardea, MG 1500, Alfa Romeo 6C 2500, fino alle costose Ferrari 166 MM e Maserati A6G.

Dalle Panoramiche derivarono a partire dagli anni Cinquanta le leggerissime granturismo in alluminio che resero celebre il marchio della Z in tutto il mondo. Nel 1952 Zagato iniziò ad allestire alcune Fiat 8V e poi, visto il modesto successo ottenuto dalla vettura di serie, che aveva uno stile elegante ma antiquato, rilevò in blocco dalla FIAT alcune decine di vetture e châssis e li modificò rispettivamente in carrozzerie elaborate oppure in leggerissime fuoriserie GTZ (Gran Turismo Zagato).

Il medesimo approccio stilistico fu riproposto su numerosi modelli dell’epoca, come Maserati A8G e Ferrari 250 GT, ma anche con la più esotica AC Ace e poi le piccole Abarth 750, 850 e 1000. Con Carlo Abarth si instaurò una strana collaborazione – i due personaggi avevano entrambi caratteri forti e non certo inclini a compromessi e mediazioni – che funzionava in parte a distanza e in parte con subfornitori torinesi che lavoravano su licenza Zagato. Il rapporto fu burrascoso e naufragò già nei primi anni Sessanta, ma intanto la 1000 coupé nel 1960 vinse il Compasso d’oro come miglior esempio di design italiano.

Nel frattempo la solida fama conquistata dalle Zagato sui campi di gara – ad esempio, tra il 1927 e il 1957 con cinque (1928-1930, 1933-1934) vittorie alla Mille miglia di vetture con le sue carrozzerie – lo aveva reso particolarmente appetibile anche nei confronti dei costruttori più grandi. Nel 1957, infatti, realizzò la Lancia Appia Cammello (così chiamata per la doppia gobba sul tetto che migliorava il rapporto fra abitabilità e aerodinamica e diventò una sorta di firma delle vetture Zagato di quel periodo). Ne seguì una piccola produzione in serie, fino a che, nel 1959, fu la stessa Lancia a incaricarlo di derivarne un modello da vendere direttamente attraverso i propri concessionari: l’Appia GTE. Nel 1959 iniziò anche la produzione della più costosa Flaminia sport e nel 1961 arrivò la nuova Appia sport, primo lavoro del neoassunto Ercole Spada, destinato poi a diventare un celebre stilista di automobili.

Il rilancio della collaborazione con l’Alfa Romeo risale, invece, al 1956, quando Zagato ricostruì la carrozzeria di una Giulietta incidentata. Il risultato fu talmente buono che dapprima costruì una ventina di vetture simili – le Giulietta SVZ su base Sprint Veloce – e poi realizzò due serie (coda tonda e poi coda tronca) della Giulietta SZ fra il 1960 e il 1962, seguendo un progetto realizzato da Francesco Scaglione alla Bertone, ma la cui produzione in serie fu affidata a lui, in quanto indiscusso specialista dell’alluminio in Italia.

Spada, astro nascente dello stile italiano, disegnò anche alcuni esemplari unici, come la Bristol 407 GTZ esposta al Salone di Torino del 1960 e la Mini Cat, un tentativo di interpretare la piccola vettura inglese come berlinetta convenzionale, esposta al Salone di Londra del 1961. Fu, però, con l’Aston-Martin DB4 GT del 1960 che il giovane stilista dimostrò al mondo le sue capacità, disegnando una delle automobili più belle di tutti i tempi e incrementando ulteriormente fama e commesse per la propria azienda. Spada dimostrò, infatti, subito di essere la persona giusta per mettere a frutto le abilità costruttive di Zagato: dotato di grande intuizione, capacità tecniche e gusto anticonvenzionale e innovativo, non si limitò a disegnare belle linee, ma sperimentò soluzioni sempre nuove alla ricerca di leggerezza ed efficienza aerodinamica. Osservando il comportamento dei prototipi condotti in autostrada ad alta velocità con i fili di lana incollati alla carrozzeria, mise a punto forme nuove e sviluppò le celebri soluzioni a ‘coda tronca’. Dalle sue ricerche nacquero capolavori come le Alfa Romeo TZ (1963) e TZ2 (1964) e l’anticonvenzionale Lancia Flavia sport (1963) con i finestrini laterali che girano sopra al tetto. Alla ricerca di nuove idee, Spada disegnò concept-car come la Fiat 850 Z coupé e la Hillman Zimp del 1964, ma portò avanti anche la collaborazione fra Zagato e le grandi case costruttrici per i modelli di serie, come le Lancia Flaminia super sport (1964) e Fulvia sport (1965), le Alfa Romeo 2600 SZ (1965) e Junior Z (1969).

Inoltre, nel 1965 Zagato ripropose, su iniziativa della rivista Quattroruote, l’Alfa Romeo gran sport, ovvero una replica su base Giulia della sua celebre 6C 1750 degli anni Trenta, capostipite della moda di quegli anni delle vetture in stile retrò.

Altri interessanti studi ed esemplari unici realizzati da Zagato in quel periodo furono la Lamborghini 3500 GTZ (1965), la Fiat 125 GTZ (1967), la Lancia Fulvia super sport (1967), la Rover 2000 TCZ (1967), la Lancia Fulvia spider (1968), la Zanzara su base Fiat 500 e Honda N360 (1969), la Volvo GTZ 2000 (1969) e la Cadillac NART (1970) realizzata per Luigi Chinetti, che cercava un’alternativa alla Ferrari che importava normalmente negli USA.

Da tempo malato di cuore, Ugo Zagato morì nella sua casa di Terrazzano di Rho il 31 ottobre 1968.

La sua azienda gli sopravvisse, guidata dal figlio Elio e dal fratello minore Gianni, superando la grave crisi del settore negli anni Settanta. Oggi la Zagato è una delle principali realtà italiane che si occupano di carrozzerie e vetture speciali ed è guidata da Andrea Zagato, figlio di Elio.

Fonti e Bibl.: G. Fagiuoli - G. Gerosa, Zagato, Roma 1969; P. Di Taranto - A. Zagato, Zagato Milano (1919-2009), Vimodrone 2009; G. Portinari - A.M. Seno - A. Zagato, Zagato Milano (1919-2014), Vimodrone 2014; E. Deganello, Carrozzieri italiani, Milano 2016, pp. 376-387; A. Sannia, Enciclopedia dei carrozzieri italiani, Torino 2017, pp. 147-148, 200, 598-618; L. Greggio - A. M. Seno, Zagato masterpieces of style, Vimodrone 2018; G. Portinari, Zagato 100 anni di passione. 1919-2019, Milano 2019.

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