Ugo da San Vittore

Enciclopedia Dantesca (1970)

Ugo da San Vittore

Sofia Vanni Rovighi

È nominato da D. in Pd XII 133; lo presenta s. Bonaventura come uno di coloro che è accanto a lui e ai francescani Illuminato e Agostino. Si potrebbe pensare che D. vedesse una certa affinità tra Bonaventura e U., il cui pensiero è ispirato a quello di s. Agostino, tanto che fu chiamato " secondo Agostino "; o avesse presente l'elogio che Bonaventura fa di U. nel De Reductione artium ad theologiam (§ 5): " Anselmus sequitur Augustinum, Bernardus sequitur Gregorium, Richardus sequitur Dionysium, quia Anselmus in ratiocinatione, Bernardus in praedicatione, Richardus in contemplatione - Hugo vero omnia haec "; ma la compagnia nella quale U. si trova è così eterogenea che la conclusione più ragionevole sembra quella che egli sia nominato semplicemente come uno dei maggiori dottori cristiani. Accanto a lui sono infatti non solo Pietro Mangiadore (Petrus Comestor), anch'egli canonico regolare dell'abbazia di San Vittore, e Pietro Ispano, famoso soprattutto come logico e posteriore di più di un secolo a U., ma anche s. Giovanni Crisostomo, s. Anselmo e Donato maestro di grammatica a tutto il Medioevo.

Pochissime e incerte sono le notizie sulla vita di U.; non si sa se sia originario delle Fiandre, come ritengono E. Croydon e R. Baron, o della Sassonia; non si conosce la sua data di nascita. Fu educato dai canonici di Hamersleben e venne a Parigi verso il 1120 nell'abbazia dei canonici regolari di San Vittore, dove insegnò e visse fino alla morte, nel 1141. Della scuola di San Vittore intesa come corrente di pensiero egli fu il vero iniziatore, anche se il fondatore fu Guglielmo di Champeaux. Notevole fu l'influsso del suo insegnamento, come attestano le molte questioni inedite che lo riflettono e gli appunti di scolari (cfr. Bischoff e Weisweiler).

Fra le molte sue opere certamente autentiche ricordiamo, oltre a commenti alla Scrittura e alla Gerarchia celeste dello pseudo-Dionigi: Didascalicon o Eruditio didascalica, Practica Geometriae, De Grammatica; De Sacramentis christianae fidei; gli opuscoli De tribus diebus (in Patrol. Lat. indicato come VII libro del Didascalicon), De Unione corporis et spiritus; i trattati mistici De Arrha animae; De Arca Noe morali, De Arca Noe mystica, De quinque septenis; l'attribuzione a U. della Summa Sententiarum, edita sotto il suo nome, è ancora in discussione. (Per l'elenco completo si veda il Baron, Science et Sagesse, cit. in bibliografia).

In un secolo nel quale coloro che, fiduciosi nella ragione, applicano l'indagine razionale alla teologia, e sono per questo vivamente contrastati da altri che affermano l'assoluta superiorità della fede e temono che ogni esercizio della ragione ne intacchi la purezza - nel secolo, per fare due nomi emblematici, di Abelardo e di s. Bernardo - U. è rappresentante di un atteggiamento conciliante: è un mistico che non ha paura del sapere; caratteristica la frase di lui: " omnia disce; videbis postea nihil esse superfluum: coarctata scientia iucunda non est " (Didasc. VI 3). Il Didascalicon, che porta il sottotitolo de studio legendi (nel legere si compendia infatti ogni attività di ricerca), è un trattato di metodologia scientifica, e riguarda sia le scienze umane sia la Sacra Scrittura. La philosophia è il complesso delle scienze umane (" saeculares ") e U. ne dà una divisione che combina insieme quella aristotelica (conosciuta attraverso Boezio) del sapere teoretico in teologia, matematica e fisica, con quella delle sette arti liberali. Oltre alla " theorica ", c'è la " practica " e la " mechanica ". Notevole l'interesse per quest'ultima che si suddivide in " lanificium ", " armatura ", " navigatio ", " agricultura ", " venatio ", " medicina ", " theatrica ".

La " lectio " è il primo passo verso il sapere: " lectio est cum ex his quae scripta sunt regulis et praeceptis informamur. Trimodum est lectionis genus: docentis, discentis, vel per se inspicientis. Dicimus enim ‛ lego librum illi ' et ‛ lego librum ab illo ' et ‛ lego librum ' " (Didasc. III 7). Sia l'apprendimento sia l'insegnamento devono realizzarsi in tre momenti successivi: " littera, sensus, sententia ": la prima è la spiegazione delle parole, il " sensus " è la ricerca del significato più ovvio, la " sententia " è la comprensione approfondita (" profundior intelligentia ", III 8).

Nella sua grande opera teologica, il De Sacramentis christianae fidei, U. ha cercato questa intelligenza della Sacra Scrittura e ha diviso l'esposizione in due libri dedicati rispettivamente alla creazione e alla redenzione (" opus conditionis ", " opus restaurationis "). A differenza dalla divisione abelardiana, più sistematica (" fides, charitas, sacramentum "), questa di U. si attiene a una visione della teologia, che ha per oggetto la storia della salvezza, distinta in due periodi dall'evento centrale dell'incarnazione del Verbo.

Alla " lectio " deve seguire la " meditatio ", che è definita " cogitatio frequens cum consilio, quae causam et originem, modum et utilitatem uniuscuiusque rei prudenter investigat " (Didasc. III 10). La " meditatio " per eccellenza è la ricerca di Dio attraverso il creato, " per ea quae facta sunt ", e, fra le creature, l'uomo è quella che meglio ci fa conoscere Dio perché ne porta in sé l'immagine, che è la " mens rationalis ", spirituale e autocosciente. " Non enim... se ipsam esse aliquid ignorare potest, cum ex his omnibus quae in se (hoc est in corpore suo) visibilia videt, nihil se esse vel esse posse ignorare potest. Secernit ergo et dividit se per se ab eo toto quod visibile videt in se, et tamen videri se non posse videt " (De Sacram. I III 7). Passo, questo, nel quale è evidente l'influsso agostiniano (cfr. De Trinitate X X 13). Anche la natura esteriore, però, aiuta ad ascendere a Dio: " Universus enim mundus iste sensibilis quasi quidam liber est scriptus digito Dei, hoc est virtute divina creatus, et singulae creaturae quasi figurae quaedam sunt, non humano placito inventae, sed divino arbitrio institutae ad manifestandam invisibilium Dei sapientiam " (De tribus diebus, Patrol. Lat. CLXXVI 814 B). Anche questo testo riflette un pensiero agostiniano (cfr. Enarr. in Psalm. XLV 7), ma U. indugia molto più a lungo in questa lettura del mondo corporeo e invita a contemplare nei vari aspetti della natura, dalle innumerevoli stelle del cielo alla perfezione degli organi di piccoli insetti, la manifestazione della potenza, della sapienza e della bontà divina.

E tuttavia la manifestazione di Dio non è senza oscurità per l'uomo in questa vita: Dio volle essere " nec totus manifestus nec totus absconditus " (De Sacram. I II 2), affinché la fede non fosse priva di merito, e, d'altra parte, fosse aiutata nella ricerca dell'intelligenza, " ci fosse qualcosa di noto per nutrire il cuore dell'uomo e qualcosa di nascosto che stimolasse la sua ricerca ".

La " meditatio " deve portare alla " oratio ", alla " operatio " e, infine, alla " contemplatio ", che è un pregustare la gioia del Paradiso (Didasc. V 9).

Nel De quinque septenis, U. afferma di aver trovato nella Sacra Scrittura cinque " septenae ", e le enumera per indicare poi i rapporti che hanno fra loro. Sono: i sette vizi capitali, le sette domande del Pater, i sette doni dello Spirito Santo, le sette virtù, le sette beatitudini. F. Vernet dice che il metodo catechistico che consiste nel presentare il dogma e la morale riferendoli a sette parti, ora opposte ora assimilate, fu messo in voga da Ugo. Si potrebbe quindi vedere un influsso di U. su D. nella successiva purificazione dai sette peccati capitali nel Purgatorio; influsso indiretto, tuttavia, data la diffusione assunta da quel metodo ai tempi di Dante.

Bibl. - Le opere di U. si trovano nella Patrol. Lat. CLXXV-CLXXVII. Edizioni critiche: Didascalicon (senza il De tribus diebus), ediz. Ch. H. Buttimer, Washington 1939; De Grammatica, a c. di J. Leclercq, in " Arch. d'Hist. Doctr. Littér. du Moyen Age " (1943-45) 263-322; Epitome in philosophiam, a c. di R. Baron, in " Traditio " XI (1955) 91-148.

Studi: H. Ostler, Die Psychologie des Hugo von St. Viktor, Münster 1906; M. Grabmann, Die Geschichte der scholastischen Methode, II, Friburgo in B. 1911 (rist. Basilea-Stoccarda 1956) 229-309; F. Vernet, Hugues de St. V., in Dictionnaire de Théologie Catholique VII 1, Parigi 1922, coll. 240-308; J. de Ghellinck, Le mouvement théologique du douzième siècle, Bruges-Parigi 1948², 185-203 (che cita e utilizza i propri studi monografici su U.); R. Baron, Science et sagesse chez Hugues de Saint Victor, Parigi 1957 (con ampia bibl.); ID., Études sur Hugues de St. Victor, Parigi-Bruges 1963; D. Van Den Eynde, Essai sur la succession et la date des écrits de Hugues de St. Victor, Roma 1960; C. Schutz, Deus absconditus Deus manifestus. Die Lehre Hugos von St. Viktor über die Offenbarung, Roma 1967. Sull'influsso di U.: B. Bischoff, Aus der Schule H. von St. Victor, in Mittelalterliches Geistesleben (Miscellanea Grabmann), Münster 1935, 246-250; H. Weisweiler, Zur Einflussphäre der Vorlesungen H. von St. Victor, in Mélanges de Ghellinck, II, Gembloux 1951, 527-581.

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