TUNISIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

TUNISIA

Giovanni Cameri
Alberto Ventura
Isabella Camera d'Afflitto
Enrico Acquaro
Sophie El Goulli
Stefania Parigi

(XXXIV, p. 488; App. II, II, p. 1034; III, II, p. 995; IV, III, p. 699)

Dall'ultimo censimento risulta che nel marzo 1984 la popolazione ammontava a 6.966.173 unità, mentre una stima delle Nazioni Unite indicava presenti, nel 1993, 8.572.000 ab. (distribuiti su un territorio di 154.530 km2), pari a 55 ab./km2. Il tasso medio annuo d'incremento demografico (1,9%) è leggermente più contenuto rispetto al passato e decisamente più basso di quello degli altri paesi del Maghreb. La speranza media di vita alla nascita è di 68,9 anni. L'elevato tasso di analfabetismo (34,7%) e il notevole addensamento della popolazione nei centri urbani (52,8%) costituiscono gravose ipoteche per uno sviluppo equilibrato del paese. La T. fa parte dell'OUA (Organizzazione dell'Unità Africana), della Lega Araba e, dal 17 febbraio 1989, dell'Unione del Maghreb Arabo (UMA), assieme a Mauritania, Marocco, Algeria e Libia.

Condizioni economiche. - La massiccia presenza della mano pubblica nell'economia e le scarse risorse a disposizione dell'iniziativa privata limitano le prospettive di sviluppo a breve termine del paese. Non sono mancate in passato (1978) timide aperture liberiste, orientate anche a guadagnare la fiducia degli investitori esteri, ma contrastate aspramente dal sindacato e culminate in sanguinosi tumulti, repressi con estrema energia. Le speranze riposte nella scoperta di nuove risorse petrolifere, affiorate all'inizio degli anni Ottanta, non hanno trovato riscontro nella realtà. La recessione economica, che ha afflitto nello stesso periodo l'Europa, ha causato alla T. una drastica riduzione dell'afflusso turistico, provocando un'immediata contrazione delle entrate in valuta pregiata.

Nel 1983 scoppiarono seri moti di piazza causati dall'aumento del prezzo del pane. Due anni più tardi ulteriori ripercussioni negative furono indotte dal rimpatrio forzato di circa 23.000 lavoratori tunisini, dei 90.000 presenti in Libia, attuato a seguito di una delle tensioni politiche ricorrenti nello scacchiere maghrebino. Programmi di austerità, basati sull'aumento della pressione fiscale per le classi abbienti e su tagli nei finanziamenti dei piani di espansione industriale, sono stati varati nel tentativo di equilibrare un'economia ricca soprattutto di braccia.

L'agricoltura contribuisce con il 16% alla formazione del prodotto interno lordo, l'industria manifatturiera con il 17% e l'estrattiva con il 6,7% (1992). Fra i prodotti agricoli sono di rilievo i cereali: 15,8 milioni di q di frumento nel 1992 e 5,7 milioni di q di orzo. Importanti anche le primizie (5,5 milioni di q di pomodori) e le colture da frutto (albicocche, prugne, mele e pere). Buona la produzione di agrumi (980.000 q di arance) e di olive (6,3 milioni di q), tuttora vanto della Tunisia. Da esse si ottiene una quantità ragguardevole di olio (1.210.000 q), che inserisce la T. al 4° posto nella graduatoria mondiale del settore. L'allevamento può contare su 7,1 milioni di ovini, 1,4 milioni di caprini, 659.000 bovini e 231.000 cammelli. La pesca fornisce 85.000 t di prodotto all'anno.

Le principali risorse minerarie sono costituite dai fosfati (6,2 milioni di t nel 1990), che dall'area di produzione (Kalaat Djerda e Gafsa) vengono avviati all'imbarco attraverso la ferrovia che fa capo ai porti di Biserta e Sfax. Di modesto interesse sono i depositi di minerali di ferro (153.000 t nel 1991), di piombo (800 t di metallo contenuto nel 1992) e di zinco. La produzione petrolifera (5 milioni di t nel 1991) non ha evidenziato negli ultimi anni gli attesi progressi, analogamente al gas naturale, praticamente fermo sui livelli estrattivi del passato (304 milioni di m3). Le industrie manifatturiere sono orientate soprattutto verso la produzione di olio, cotone, zucchero, birra e superfosfati. Non mancano impianti per la metallurgia del piombo e siderurgici. A Biserta è attiva una raffineria di petrolio. La modesta produzione di energia elettrica (5,5 miliardi di kWh nel 1991) testimonia un preoccupante ritardo nello sviluppo dell'economia. Principale centro industriale e commerciale del paese è Tunisi, il cui porto, oltre a costituire il maggiore scalo per il traffico dei passeggeri, è il punto di partenza dei minerali e dei prodotti agricoli avviati all'esportazione. Al porto di Skhirra fanno capo gli oleodotti provenienti dai giacimenti petroliferi di al-Būrma e Douleb e dai pozzi algerini.

La bilancia commerciale della T. è ancora pesantemente deficitaria: le esportazioni, per gran parte indirizzate verso i paesi dell'Unione Europea sulla base di accordi di libero scambio, riguardano il petrolio, i fertilizzanti, l'olio di oliva, i fosfati, ecc. Il turismo (3.855.500 arrivi nel 1994), favorito da una ben sviluppata rete di comunicazioni (29.000 km di strade e 1940 di ferrovie), costituisce una fonte di entrate essenziale. Il prodotto interno lordo (1.780 dollari pro capite nel 1993) colloca la T. in una posizione di rilievo fra gli altri paesi africani.

Bibl.: S. Chaabane, M. Lakhdar, S. Ben Abid, Administration du développement rural, Tunisi 1984; K. Taamallah, A. Girard, Population et emploi en Tunisie, ivi 1987; M. Guen, Les défis de la Tunisie: une analyse économique, Parigi 1988; M.A. Tajina, Le tourisme saharien et son impact sur le développement régional du Sud-tunisien, in Cahiers du CERES, 18 (1991), pp. 137-87; S. Jedidi, Tunisie: le gouvernement face aux islamistes, in Afriques noires, Afriques blanches. Hérodote, 65-66 (1992), pp. 78-92.

Storia. - La popolazione in rapida crescita e gravi problemi di disoccupazione, unitamente all'età ormai avanzata e alla cattiva salute di Burghiba (Bū Rqūba), crearono a partire dal 1977 un clima d'instabilità e d'incertezza nel panorama politico della Tunisia. Un rimpasto governativo operato dal presidente, con epurazione di tutti i ministri dissidenti, non riuscì a garantire un maggiore controllo della situazione. La grave crisi politica ed economica suscitò infatti la reazione dell'UGTT (Union Générale des Travailleurs Tunisiens), che sfociò in uno sciopero generale indetto per il 26 gennaio 1978. Il governo decise di affrontare la situazione con energia: l'intervento dell'esercito causò 51 vittime, vennero proclamati lo stato d'emergenza e il coprifuoco, e fu avviata una vasta politica repressiva nei confronti degli esponenti sindacali. Gli anni successivi furono tuttavia contrassegnati da caute aperture democratiche, che si fecero più concrete con la nomina a primo ministro di Muḥamad al-Mzālī (aprile 1980).

Il nuovo capo del governo instaurò immediatamente una politica di maggiore apertura, concedendo numerose amnistie e avviando il dibattito sul pluripartitismo. Nel 1981 lo stesso Burghiba si pronunciò in favore di una più articolata dialettica politica nel paese, e il Partito comunista tunisino (PCT) ottenne il riconoscimento ufficiale. In occasione delle elezioni politiche del novembre 1981 fu deciso che analogo riconoscimento avrebbero ottenuto quei partiti che nelle consultazioni fossero riusciti a conseguire il 5% dei voti.

I risultati elettorali sancirono tuttavia una schiacciante vittoria (94,6%, tutti i 136 seggi disponibili) del Fronte Nazionale, coalizione del Partito socialista desturiano e dell'UGTT. Altri due partiti, il Mouvement des Démocrates Socialistes (MDS) e il Mouvement d'Unité Populaire (MUP), che non riuscirono a ottenere il 5% richiesto, vennero riconosciuti ufficialmente solo nel 1983. La situazione sembrò di nuovo precipitare nel gennaio 1984, quando l'aumento del prezzo del pane e il malcontento per la perdurante crisi economica fecero scoppiare violente sommosse popolari. Ancora una volta l'esercito fu chiamato a intervenire, e le fonti ufficiali stilarono un bilancio di 89 vittime. Nel biennio successivo l'opera del governo tese soprattutto ad arginare il dissenso crescente. Nell'aprile 1986 fu nominato ministro dell'Interno Zayn al-῾Abidīn Ben ῾Alī, e nello stesso anno il primo ministro Mzālī fu sostituito da Rašīd Ṣfār.

La principale opposizione al regime di Burghiba fu rappresentata in quegli anni dal Mouvement de la Tendance Islamique (MTI), formazione dell'integralismo islamico già attiva sin dai primi anni Ottanta. A una sequela di arresti, processi e condanne si aggiunse un periodo di difficili relazioni con l'Iran, che il governo tunisino accusava di sostenere gli esponenti del fondamentalismo religioso. In un ultimo tentativo di riequilibrare una situazione sempre più precaria, nel 1987 Burghiba depose il primo ministro Ṣfār e nominò in sua vece il ministro degli Interni Ben ῾Alī. Ben presto, però, fra Burghiba e Ben ῾Alī si creò un insanabile attrito, che sfociò nella clamorosa deposizione del vecchio presidente.

Il 7 novembre 1987 un collegio di medici stabilì che Burghiba non era più adatto al governo, con conseguente nomina dello stesso Ben ῾Alī a presidente della Repubblica. Il nuovo capo dello Stato inaugurò il suo mandato all'insegna di una maggiore tolleranza, avviando un periodo di amnistie, riforme e aperture verso le opposizioni. Come segno della rinnovata politica, nel febbraio 1988 il Partito socialista desturiano mutò la propria denominazione in Rassemblement Constitutionnel Démocratique (RCD). Le prime riforme costituzionali consistettero nell'abolizione della carica di presidente a vita e nella norma che prevede ogni cinque anni l'elezione a suffragio universale del presidente della Repubblica. Le nuove elezioni politiche, tenutesi il 2 aprile 1989, registrarono un grande successo del RCD, ma notevole e inattesa fu anche l'affermazione dei movimenti islamici. Tuttavia, in virtù della legge elettorale maggioritaria, il RCD conquistò tutti i 141 seggi della camera unica.

Ben ῾Alī subito dopo la sua elezione promulgò un'amnistia generale restituendo i diritti politici e civili a più di cinquemila persone condannate dal precedente regime. Alla fine di quello stesso anno però respinse la richiesta di riconoscimento legale avanzata dall'ex MTI, ora Ḥizb al-Nahḍa o Parti de la Renaissance, e ciò causò violente dimostrazioni antigovernative in numerose università da parte dei fondamentalisti islamici. Nel maggio 1990 l'Assemblea Nazionale, in risposta alle pressioni dei partiti di opposizione, approvò una riforma elettorale che introduceva una quota proporzionale per le imminenti elezioni amministrative. Il partito vincitore avrebbe ottenuto il 50% dei voti, mentre l'altro 50% sarebbe stato distribuito fra tutti gli altri partiti in proporzione ai voti ottenuti. Le elezioni amministrative, che si tennero nel giugno 1990, furono comunque boicottate dai partiti di opposizione legali e il RCD si assicurò così il controllo di 244 sui 245 consigli municipali.

In politica estera, Ben ῾Alī dimostrò interesse a incrementare l'immagine di una T. moderata e aperta al dialogo con i paesi occidentali. Al tempo stesso fu avviata una politica di stretta cooperazione con la Libia, e fu in vario modo favorita una più ampia collaborazione fra tutti i paesi del Maghreeb. Nell'agosto 1990, dopo l'invasione del Kuwait da parte dell'῾Irāq, Ben ῾Alī condannò l'῾Irāq, ma, a causa del crescente nazionalismo arabo all'interno della T., disapprovò anche l'intervento nella regione della forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti. Questa scelta non valse a evitare la formazione di una nuova forza politica organizzata, il Comité National de Soutien à l'Iraq, che comprendeva molti partiti di opposizione e associazioni professionali. In settembre comunque il governo tunisino annunciò di approvare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite concernenti l'῾Irāq, compresa l'imposizione dell'embargo commerciale. Alla fine del 1990 numerosi arresti furono operati tra le file di al-Nahḍa, accusato di preparare attentati terroristici e di voler instaurare un regime islamico in Tunisia. Gli arresti provocarono dimostrazioni da parte di militanti islamici e nel gennaio 1991, in concomitanza con l'inizio della Guerra del Golfo, migliaia di tunisini presero parte a manifestazioni a favore dell'῾Irāq.

Alla fine di dicembre 1991 Ben ῾Alī annunciò alcune modifiche al sistema elettorale, questa volta a livello nazionale, che sarebbero state varate nel 1992, in vista delle elezioni del marzo 1994 e che avevano lo scopo di limitare il potere del RCD garantendo una più larga rappresentanza agli altri partiti. Questa apparente volontà di cooperare con l'opposizione legale fu tuttavia accompagnata da ulteriori atti di repressione nei confronti del fondamentalismo islamico, con un incremento degli interventi di censura verso quelle pubblicazioni che mostravano una qualche adesione alle tesi dei fondamentalisti. Nelle elezioni presidenziali, che ebbero luogo contemporaneamente a quelle politiche nel marzo 1994, Ben ῾Alī fu rieletto con più del 99% dei voti. Il RCD si assicurò 144 seggi, mentre dei 19 seggi che, secondo la nuova legge elettorale, spettavano all'opposizione, 10 andarono al MDS, 4 al MR (Mouvement de la Rénovation), 3 all'Union Démocratique Unioniste e 2 al Parti de l'Unité Populaire.

Bibl.: N. Salem, Habib Bourguiba, Islam and the creation of Tunisia, Londra 1984; M. Caman, Tunisie au présent, Parigi 1987; Oriente Moderno, 57-60, 1977-80; M. Toumi, La Tunisie de Bourguiba 'a Bel Ali, Parigi 1989; Tunisia: the political economy of reform, a cura di W. Zartman, Boulder 1991; S.E. Waltz, Human rights and reform: changing the face of North African politics, Berkeley 1995.

Letteratura. - Pur se in tono minore rispetto agli altri paesi maghrebini colonizzati dalla Francia, anche in T. esiste il problema del bilinguismo francese e arabo. Per la poesia in lingua araba spicca il nome di uno dei massimi poeti di tutto il Nord Africa: Abū al-Qāsim al-Šābī (1909-1934), la cui breve e intensa vita e la cui poesia fanno pensare a Rimbaud. Al-Šābī ha lasciato una sola raccolta di poesie, Agānī al-Ḥayāt ("Canti di vita"), pubblicata postuma al Cairo nel 1954, e un'opera autobiografica, Muḏakkirāt al-Šābī ("Memorie di al-Šābī"), pubblicata a Tunisi nel 1965. Personalità di spicco per tutta la cultura araba, fece parlare di sé per un suo famoso saggio del 1929 sull'immaginazione poetica presso gli Arabi e per alcuni articoli che furono contestati dagli ambienti tradizionalisti della secolare università islamica al-Zaytūna di Tunisi.

La visione riformista di al-Šābī si può mettere in relazione con un altro grande intellettuale tunisino dell'epoca, Ṭāhar al-Ḥaddād (1899-1935), noto per il saggio Imratunā fī šarīwa al-muǧtama῾ ("La nostra donna nella legislazione e nella società", 1930). Un altro intellettuale degno di essere menzionato è ῾Alī Du῾aǧī (1909-1949), autore di un'originale opera satirica (Ǧawlat ḥawl ḥānāt al-baḥr al-abyaḍ al-mutawassiṭ ("Viaggio per le taverne del Mediterraneo", 1935), versione moderna degli antichi resoconti dei viaggiatori arabi. Lo scrittore Maḥmūd al-Mas῾adī (n. 1911) va ricordato soprattutto per il dramma al-Sudd ("La diga", 1940) e per un'opera che utilizza la forma classica e canonica del ḥadīṯ: Ḥadaṯa Abū Hureyra Qāla ("Così parlò Abū Hureyra", 1973). I suoi scritti, ispirati all'esistenzialismo occidentale moderno, si rifanno tuttavia ai grandi interrogativi dell'antico umanesimo arabo-musulmano. Per la narrativa realista emerge al-Bašīr H̱arayef (1917-1983), autore di numerosi romanzi che gli valsero nel 1969 un premio letterario di stato.

Considerato uno dei maggiori scrittori di lingua araba di tutto il Maghreb, criticato per aver utilizzato il dialetto tunisino nei dialoghi, s'impone alla critica con un romanzo del 1961, Barq al-Layl ("Il lampo della notte"), e con al-Diǧla fī arāgīnihā del 1969, tradotto in francese dalla scrittrice algerina Assia Djebar (La terre des passions brulées, 1989).

Rašād Hamzawī (n. 1934), autore di un romanzo Būdūdā māt ("Būdūdā è morto"), è conosciuto soprattutto per i suoi racconti, tra cui il più famoso è Tarnanno (1959). La scrittrice Leylā Ben Māmī, molto influenzata dalla libanese Leylā Ba῾albakkī, ha scritto un romanzo contro il dispotismo maschile di certi ambienti tradizionalisti. Altra personalità di spicco per l'emancipazione della donna è Ǧalīla Ḥafṣiyya, animatrice dei circoli culturali Ṭāhar al-Ḥaddād e Sophonisbe; ha scritto un romanzo autobiografico in francese, Cendre à l'aube (1978). Tra le scrittrici più giovani emergono Nafla Zahāb (n. 1948), autrice di racconti brevi e di racconti per l'infanzia, e ῾Arūsiyya al-Nalūtī (n. 1950), che dopo un esordio nella poesia si è affermata per i suoi racconti di contenuto sociale che denunciano la disparità tra uomini e donne e tra i diversi ceti della popolazione.

Dopo anni di stasi, la poesia ha ritrovato un nuovo vigore sotto la spinta operata nel mondo arabo da Bayyātī, Adonis, al-Sayyāb, con i tunisini Nūr al-dīn Ṣammūd (n. 1932), poeta di tendenza neoromantica, Munṣif Gaššām (n. 1946), la cui poesia di protesta è scritta in arabo dialettale, e Aḥmad Qadīdī (n. 1948), un poeta che appartiene alla corrente d'avanguardia.

Ṣāliḥ Qarmadī, scrittore e poeta bilingue, autore di due raccolte di poesie, è uno dei fondatori della rivista progressista al-Taǧdīd. Maǧīd al-Ḥūssī (n. 1941) fa confluire più lingue e più culture nelle sue poesie alla ricerca delle sue radici berbere-maghrebine. Tra gli altri scrittori che si esprimono in lingua francese spicca il nome di Abdelwahhab Meddeb (n. 1946) con i romanzi Talismano (1979), Le tombeau d'Ibn Arabi e Phantasia, pubblicati nel 1986 a Parigi, dove lo scrittore risiede.

Va ricordata infine la nuova produzione teatrale tunisina, che attualmente si trova all'avanguardia del mondo arabo con i drammaturgi Moḥammed Idrīs, Tawfīq Ǧabālī, Raǧā' Farḥat.

Bibl.: J. Déjeux, Littérature maghrébine de langue frana̧ise, Sherbrooke 1973; J. Fontaine, Vingt ans de littérature tunisienne, 1956-1975, Tunisi 1977; Literatura tunecina contemporánea, Madrid 1978; Le rose del deserto e Le rose del deserto 2, a cura di G. Toso Rodinis, Padova 1978 e 1982; Aspects de la littérature tunisienne (1975-1983), Tunisi s.d.; T. Bavvar, S. Garmadi, Ecrivains de Tunisie, Parigi 1981; M. Gontard, Violence du texte, La littérature marocaine de langue frana̧ise, ivi 1981; Majid El Houssi, Pour une historie du théâtre tunisien, Abano Terme 1982; J. Déjeux, Dictionnaire des auteurs maghrébins de langue frana̧ise, Parigi 1984; Anthologie de la poésie tunisienne de langue frana̧ise, a cura di H. Kadar, ivi 1985; P. Martinez Montavez, Introducción a la literatura árabe moderna, Madrid 1985; Ch. Bonn, Le roman algérien de langue frana̧ise, Montréal-Parigi 1985; A. Memmi, Ecrivains francophones du Maghreb (antologia), Parigi 1985; J. Fontaine, La littérature tunisienne contemporaine, ivi 1991.

Archeologia. - In questi ultimi decenni la ricerca archeologica in T. ha sviluppato appieno le proprie potenzialità sia attraverso l'attività dell'Institut national d'archéologie et d'art (oggi Institut national du patrimoine), sia attraverso un'intensa collaborazione internazionale promossa dall'UNESCO a Cartagine, dove il Centro scavi di Torino ha iniziato recentemente la rilettura della pianta della città. Numerosi sono stati gli interventi di restauro, dai siti antichi come Kerkouane, Bulla Regia, Duqqa, Utica, al-Ǧam, Sbeitla e Ḥaydra, a siti arabo-islamici come Kairouan, Monastir e Sūsa. Lo stesso numero dei musei archeologici è aumentato con il potenziamento, accanto ai musei nazionali di Cartagine, di Tunisi, del Bardo e di Kairouan, dei musei regionali di Sfax, Nabeul, Sūsa, e dei musei locali di Utica, Bulla Regia, Maktar, Sbeitla, al-Mahdiyya, Moknine, Jerba, Tabarka e Kerkouane. Nel contempo, la stessa editoria archeologica tunisina ha conosciuto un notevole incremento con la pubblicazione di Reppal, la rivista del Centre d'étude de la civilisation phénicienne-punique et des antiquités libyques.

Alla seconda metà degli anni Settanta datano la scoperta, 24 km a nord di Sīdī Zīn, di un'industria litica risalente a 100.000 anni a.C., e la messa in luce e valorizzazione di numerose stazioni preistoriche sul litorale nord-ovest della T. e nell'area di Capo Bon, con un'antropizzazione che va dal 25° millennio sino al 3° millennio a.C. Ad al-Mekta, nel Maghreb, si sono analizzati i caratteri di un'arte e di una cultura figurativa rupestre di cui è portatore, a partire dall'8° millennio e per tutto il 7° millennio a.C., un popolo definito Protomediterraneo. Nuova attenzione è stata posta al Neolitico diffuso dalla regione di Jendouba a quella di Maktar, con l'importante necropoli di al-Radayf, al sud della T., mentre le necropoli megalitiche di Ellès e il complesso di Haounet del Capo Bon sono testimonianza del passaggio dalla protostoria all'età punica, per cui l'edizione dell'Atlas préhistorique costituisce un indispensabile strumento di lavoro.

L'interesse per l'archeologia punica della T. si è focalizzato sia nella rilettura del sito di Kerkouane, una città restituita alla ricerca nella sua fase di abbandono avvenuta alla metà del 3° secolo a.C., sia nelle più significative scoperte della campagna internazionale di salvaguardia di Cartagine (Byrsa e il quartiere di Annibale, il quartiere magonide, i porti punici), tuttora in atto e pubblicata nel CEDAC.

La T. romana ha trovato nuovo spazio grazie alla ricordata campagna internazionale che ha messo in luce un quartiere paleocristiano a sud di Byrsa, nonché grazie ai rinnovati studi sui mosaici, in particolare quelli delle terme di Sīdī Ġarīb. Il periodo islamico ha rinnovato il proprio interesse soprattutto nei riguardi delle stele funerarie di Kairouan, Tunisi, Sūsa e Monastir, e delle monete con zecche a Tunisi, Bejaia, Biskra e Gafsa. Vedi tav. f.t.

Bibl.: G. Camps, Les civilisations préhistoriques de l'Afrique du Nord et du Sahara, Parigi 1974; A. Graueb, A. M'timet, Recherches préhistoriques sur le littoral Nord-Ouest de la Tunisie, in L'Anthropologie, 83, 1 (1979), pp. 43-66; F. Decret, M.H. Fantar, L'Afrique du Nord dans l'antiquité, Parigi 1981; AA.VV., 30 ans au service du patrimoine. De la Carthage des Phéniciens à la Carthage de Bourguiba, Tunisi 1986; M.H. Fantar, Carthage. Approche d'une civilisation, Parigi 1993.

Arte. - Un'analisi non superficiale della produzione artistica tunisina, che s'inserisce fra i due poli − astrazione e figurazione − su cui da millenni ruotano le arti, non può non tener conto del sostrato storico, socio-politico e culturale che caratterizza la Tunisia.

Il mezzo di espressione artistica attualmente più diffuso è la pittura a olio e di cavalletto, genere essenzialmente occidentale introdotto solo alla fine del 19° secolo con l'instaurazione del Protettorato francese. Le tradizioni artistiche di cui la T. beneficia, molto più numerose di quanto è stato spesso sostenuto, hanno in effetti facilitato l'accettazione di questo mezzo espressivo e contribuito ad arricchirlo e a renderlo peculiare. Queste tradizioni si sono nutrite di tutto il bagaglio culturale e delle espressioni artistiche dei vari popoli succedutisi sul territorio, dai mosaici punici astratti agli affreschi e ai mosaici figurati romani, alle arti e tecniche tipiche della civiltà arabo-islamica (calligrafia, miniatura, incisione su pietra e su legno) e, in tempi più recenti, dalla pittura sottovetro a quella popolare su legno (carretti, cassoni, oggetti diversi). La pittura di cavalletto, adottata dagli artisti tunisini, ha avuto uno sviluppo sorprendente e, nel corso di appena un secolo, si è espressa secondo quasi tutti i modi delle correnti artistiche contemporanee occidentali.

Sebbene la T. non abbia attratto gli ''orientalisti'' con lo stesso vigore di altri paesi arabi (artisti come P. Klee e A. Macke, che la visitarono, non possono rientrare in tale categoria), questi pittori occidentali, affascinati dalla luce, dalla vita e dalla cultura dei paesi del Vicino Oriente, hanno permesso agli artisti tunisini di conoscere e quindi di elaborare tutto un lessico di ''segni'' plastici.

All'inizio, alcuni si adeguarono all'immagine adulatrice di loro stessi che appariva nei quadri degli ''altri'' e dunque privilegiarono l'aneddoto: così i pittori di corte e delle famiglie borghesi, come Hédi Khayachi o Ben Osman. Una maggiore libertà si ritrova, a partire dagli anni Trenta, in quella che fu in seguito denominata ''Scuola di Tunisi'', nonostante la varietà degli stili e l'origine prevalentemente europea dei suoi esponenti. Negli anni del Protettorato francese, infatti, la pittura era praticata essenzialmente da europei nati o trasferitisi in T.: il profugo russo A. Roubtzoff, attratto da un certo orientalismo; il francese H.-G. Jossot che, convertito all'Islam, cambiò il suo nome in Abdul Karim; P. Boucherle, francese nato in T., la cui opera, per misura ed equilibrio, s'inserisce nella tradizione classica della pittura francese; M. Levy, nato in T., che, compiuti gli studi in Italia, ha trascorso la vita tra Tunisi e Viareggio e con la sua opera ha proposto una vigorosa sintesi tra tradizione macchiaiola ed espressionismo.

Ambedue autodidatti, Turki Yahia e Ammar Farhat non s'impegnano nella stessa direzione: con un linguaggio personale d'impronta naïf, Yahia narra la vita di Tunisi, mentre Ammar Farhat deriva sicuramente dalla sua origine rurale la potenza espressiva delle sue pennellate. J. Lellouche allarga il suo repertorio a tutta l'Africa del Nord, mettendo l'accento sulla poetica figuratività del Mediterraneo; M. Bismuth si fa cantore della giudaità araba, rappresentando personaggi tipici, rabbini, interni di sinagoga. La miniatura, genere privilegiato delle arti arabo-musulmane, è praticata da Jelal Ben Abdallah e Aly Ben Salem: nelle loro opere, il primo persegue una bellezza ideale, il secondo introduce, con una certa dose di humor, elementi caricaturali.

Nei disegni e nei dipinti di Zoubeir Turki la vita tunisina, passata e attuale, è resa con tratti ora idealizzanti ora caricati, mentre Abdellaziz Gorgi, alla ricerca dello sguardo innocente dell'infanzia, ricorre alla semplificazione e all'umorismo per delineare i suoi personaggi. Le tecniche, gli stili, le tematiche e i segni del patrimonio artistico e artigianale offrono ai quadri di Aly Bellagha l'occasione di rendere nuovamente attuali e rivalorizzare le molteplici ricchezze artistiche della Tunisia. Una ricerca strutturale delle cose e degli esseri ha portato con naturalezza E. Naccache da una visione aneddotica a modi astratti vicini alle correnti non figurative degli anni Cinquanta. Anche N. Levy, nello stesso periodo e con lo stesso spirito, opta in modo personale per l'astrazione. Negli anni Sessanta anche Hédi Turki, dopo un viaggio negli Stati Uniti, si esprime in modi vicini all'Action painting senza però rinunciare al disegno figurativo. Un esponente dell'espressionismo astratto, El Mekki, si è poi volto verso ricerche vicine all'iperrealismo e alla pop art.

La seconda generazione di pittori tunisini elabora modi sia figurativi sia astratti con spirito diverso, libero dall'aneddotica locale e da schemi classici. El Bekri, nelle sue ricerche, utilizza ed esalta solo il patrimonio nazionale, rappresentandolo con stile quasi impressionistico; Sadok Gmach, dopo aver denunciato la vita moderna nei modi occidentali attraverso la nuova figurazione, si volge all'aneddoto locale. Per Sarfati la ricerca del colore si coniuga al soggetto, costituito dalla vita tunisina delle due comunità, musulmana ed ebraica. Il suo espressionismo trova un precedente nell'astrattismo dai grafismi tortuosi e dai colori cupi di Moncef Ben Amor. Ben Mahmoud, già pittore astratto, pratica oggi nelle sue opere migliori un espressionismo alla Goya, al limite dell'astrazione; un espressionismo tenue, quasi da pastello, è quello di Ben Zakour. Anche il surrealismo ha trovato i suoi adepti: Moncef Mensy con una pittura mistica, Lakhdar con quadri vivacemente onirici, Fouad Zaouche con immagini prima angosciose poi serene. Adel Megdiche ha abbandonato l'astrazione per una pittura fantastica e surrealista alla ricerca dell'immaginario come fonte della pittura pura, traendo possibilità infinite dalla tradizione arabo-islamica; Youssef Rekik ha riutilizzato la tecnica della pittura sottovetro. Seppur in modi diversi, Chébil, Ben Fraj, Rafik Kamel, Ridha Bettaïeb, Tounsi, Khaled Lasram, Zenaïdi, Azzabi, Fendri, Ben Abdallah praticano l'astrazione totale. Al contrario, altri pittori ricorrono all'aneddoto, sebbene a volta appena accennato, come struttura dell'opera, e si abbandonano all'astrazione per far cantare i colori: Mahmoud Sehili, Hamadi Ben Saad, Mostari Chakroun, Abdelkader Gorgi, Madjaouli, Ben Messaoud, Hassen Soufy. Le prime esperienze di Nja Mahdaoui, collages nell'ambito dell'astrazione lirica, sono state seguite da una ricerca segnica elaborata sulle lettere arabe, elemento strutturale e cromatico del dipinto. L'autodidatta Ahmed Hajeri, scoprendo con entusiasmo la pittura a Parigi, si è imposto per la sua forte immaginazione.

Pochi artisti in T. si sono dedicati alle arti grafiche, in particolare all'incisione: monocroma o a colori, dai modi classici o vicini alle arti primitive dell'America latina in Ben Meftah, pervasa dalla ''luce ocra del deserto'' in Brahim Dahak. Triki ricopre la pagina di forme e colori, segni vorticosi, espressione di un'immaginazione esuberante ma rigorosamente controllata; Ben Mika ricerca il classicismo mentre Sheltout si abbandona all'espressionismo. Nel campo della tessitura d'arte notevoli sono gli arazzi di Safia Farhat e di Njah, che senza allontanarsi dalla tradizione la rinnovano adattandola alla modernità.

Quanto alla scultura, non sorprende che essa sia poco sviluppata in T., se si tiene conto della forte limitazione imposta dall'islamismo. Tra i pochi scultori si possono ricordare Selmi, che elabora forme sia astratte che antropomorfe; Marzouk, legato alla scultura accademica, e Zribi, che come mezzo espressivo ha preferito il legno. La ceramica è praticata da N. Levy e da Gorgi; quest'ultimo ed El Mekki si sono cimentati anche nel mosaico.

Mostre individuali e di gruppo contribuiscono a diffondere i vari tentativi nella ricerca di un linguaggio autenticamente nazionale, e non più a livello di contenuto aneddotico, ma proprio a livello di scrittura e di stile. Alcuni pittori svolgono le loro ricerche in diverse direzioni cercando di operare una sintesi che riconcili insieme il passato e il presente dell'arte tunisina. Quale che sia la via scelta, oggi gli artisti tunisini non sono più alla sistematica ricerca di una consacrazione in Occidente, ma a questo stesso Occidente, di cui non rifiutano modi ed esperienze artistiche, intendono offrire una visione, una scrittura, uno stile diversi, più specifici e quindi più originali, in grado di divenire essi stessi fonte d'ispirazione, complemento al patrimonio universale dell'arte. Si tratta dunque di stabilire un dialogo fruttuoso, con il passato e con l'Occidente, grazie a un linguaggio di cui si è sempre più padroni. La pittura realizzata in T. prova, in ogni caso, che i miti sono cambiati: l'Oriente mitico ha ceduto il posto alla maghrebità, all'africanità, all'arabismo. Il prestigio dell'Occidente non è più, o quasi più, segno di alienazione, ma stimolo e fonte di riflessione sul proprio ambiente e sul proprio mondo e invito alla creazione. Vedi tav. f.t.

Cinema. - La storia del cinema tunisino prima dell'indipendenza dalla Francia (1956) è la storia del tentativo, costantemente frustrato, di affermare la cultura e le tradizioni nazionali. Veramente rari furono infatti i prodotti culturalmente e finanziariamente indipendenti realizzati a partire dal 1922, anno in cui Albert Samama-Chikli aprì le porte alla produzione nazionale con il cortometraggio Zohra. Nel 1937 venne girato in T. un lungometraggio, Le fou de Kairouan, ma questo rimase senza seguito; né le cose migliorarono dopo il 1956, a differenza di quanto molti avevano sperato. Le strutture industriali e tecniche erano di livello così basso da rendere impossibile la costruzione di solide basi per una cinematografia che si trovava in fase di avvio. I pochi film realizzati dopo l'indipendenza videro la luce grazie all'impegno di alcuni produttori indipendenti: si tratta di opere che spesso non riescono a superare una certa approssimazione e ingenuità. Ad aggravare la situazione contribuì lo scarso intervento dello stato, che fece ben pochi sforzi in favore del cinema nazionale. A farne le spese sono stati talvolta registi dotati di notevole talento, quali Ferid Boughedir, anche storico e critico, Abdel-Latif Ben Ammar, Ridha Behi. Negli anni Settanta e Ottanta pochi sono stati i cineasti che con pazienza hanno continuato a girare; tra questi vanno ricordati il documentarista Tayeb Louhichi (el-Khammes, 1975; Dhil a-lardh, "L'ombra della terra", 1982), e il pittore e poeta Nacer Khemir, autore fra l'altro del mediometraggio L'histoire du pays du Bon Dieu (1978), di Les baliseurs du désert (1984) e del fiabesco Le collier perdu de la colombe (1991), ispirato alle Mille e una notte. Nei primi anni Novanta si sono avuti segni di risveglio. La produzione ha annoverato una decina di film per stagione, Halfaouine, l'enfant des terrasses (1990) di Boughedir ha fatto incetta di premi nei festival, e la federazione dei cineclub, spesso in lotta con la censura, si è rafforzata.

Bibl.: T. Cheriaa, Cinéma et culture en Tunisie, Beirut 1964; V. Bachy, Le cinéma en Tunisie, Tunisi 1978; M. Chelbi, Musique et société en Tunisie, ivi 1985; V. Bachy, To have a history of African cinema, Bruxelles 1987; Variety International Film Guide, a cura di P. Cowie, Londra 1993.

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