Trovatori e trovieri

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

trovatori e trovieri

Luisa Curinga

Poeti-musicisti nella Francia dell’epoca cavalleresca

Con i termini trovatori e trovieri – dal francese troubadours e trouvères – si indicano dei poeti-musicisti attivi rispettivamente nella Francia meridionale e settentrionale dalla fine dell’11° alla fine del 13° secolo. Solitamente di nobile famiglia, essi componevano ed eseguivano raffinate e intellettuali chansons di soggetto per lo più amoroso

Troubadours

Il termine italiano trovatore deriva dal francese troubadour, che ha origine dal verbo trobar, a sua volta connesso al termine tardo-latino tropare, con cui si indicava l’arte di inventare rime su una melodia già esistente o, al contrario, di rivestire un testo poetico con una nuova melodia.

L’arte trovadorica si sviluppò in Provenza tra il 1070 e il 1220 circa, utilizzando la lingua in uso nella Francia meridionale, detta lingua d’oc, dalla particella affermativa che significava «sì». Con i trovatori si sviluppò nell’Europa medievale (Medioevo) una nuova sensibilità, che portò a dignità culturale, letteraria e artistica la musica profana; precedentemente infatti la musica elevata (cioè non da ballo o di intrattenimento) era destinata alle sole celebrazioni religiose.

I trovatori appartenevano solitamente alla nobiltà, essendo principi, cavalieri o, in qualche caso, dame. La loro poesia raffinata ed elegante, anche se talvolta artificiosa, celebrava i valori dell’amor cortese e della bellezza della natura.

I trovatori codificarono diversi procedimenti poetici: il trobar clu, cioè «chiuso», di difficile comprensione; il trobar overt, ossia «aperto», «chiaro»; il trobar ric, «fiorito»; il trobar leu, «lieve», «semplice».

Della lirica trovadorica ci sono pervenuti circa 2.600 componimenti poetici di oltre 450 poeti, ma solo circa 260 melodie. Tra i più importanti trovatori di cui si sono conservate anche le musiche vi sono Guglielmo IX duca d’Acquitania, Marcabru, Jaufré Rudel, Bernard de Ventadorn, Peire Vidal, Rambault de Vaqueiras e Guiraut Riquier.

Trouvères

L’arte dei trovatori e dei trovieri fiorì durante il tragico periodo delle crociate. Proprio una di esse, quella spietata contro gli eretici albigesi (1208), rappresentò un colpo insanabile per la Provenza e per i trovatori, favorendo nella Francia del Nord una fioritura artistica analoga a quella provenzale.

I poeti-musicisti della Francia settentrionale presero il nome di trouvères (derivato dalla stesso termine latino, in italiano trovieri); la loro lingua era quella detta d’oil – anch’essa denominata dal modo di dire «sì» – da cui si sviluppò il francese moderno. Dei trovieri ci sono rimaste maggiori testimonianze musicali: i codici infatti contengono più di 2.000 composizioni di oltre 200 poeti e circa 800 melodie.

Come nel caso dei trovatori, è generalmente facile attribuire i testi ai singoli poeti, mentre molto più difficile è individuare gli autori delle melodie. I trovieri più significativi sono stati Chrétien de Troyes, Blondel de Nesles, Gace Brulé, Conon de Béthune, Gautier d’Epinal, Thibaut IV ultimo re di Navarra e infine Adam de la Halle, che insieme a Perotinus fu il più grande musicista francese del 13° secolo.

I generi musicali più diffusi

Le composizioni dei trovatori e dei trovieri erano tutte monodiche, cioè a una sola voce, a eccezione di quelle composte da Adam de la Halle. I codici hanno tramandato solo delle melodie; tuttavia dalle fonti iconografiche del tempo, soprattutto miniature, sappiamo che i canti dei trovatori e dei trovieri erano spesso accompagnati da strumenti, come piccole arpe o vielles. I componimenti, designati come canso (nella lingua d’oc) e chanson (nella lingua d’oil), erano soprattutto di argomento amoroso; tuttavia vi erano anche altri termini che indicavano particolari forme caratteristiche, usate o dai trovatori, o dai trovieri, o da entrambi.

I generi più diffusi erano l’alba, che descriveva il risveglio di due amanti; la ballata, una canzone da ballo; la pastorella, di ambiente campestre; il sirventese, a carattere satirico o moraleggiante; il plahn, un lamento; la discordia, in cui ogni strofa era scritta in una lingua diversa; infine il tenso, in forma di dialogo su temi di attualità e politici.

Se l’andamento delle melodie è oggi decifrabile abbastanza agevolmente, l’imprecisione della notazione del tempo riguardo alla ritmica rende molto problematico ogni tentativo moderno d’interpretazione e di trascrizione.

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